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Autore: Vavi_14    17/02/2015    3 recensioni
A pochi mesi dalla morte dei loro genitori, Itachi e Sasuke si ritrovano improvvisamente soli, obbligati a coniugare gli studi con la gestione di un'Azienda prestigiosa che il maggiore ha ereditato in quanto primogenito della famiglia Uchiha. In questa situazione già ostile accadrà un fatto imprevisto che sconvolgerà per sempre le vite dei due fratelli. Starà a loro decidere se arrendersi alla crudeltà del fato, oppure continuare a lottare assieme per riemergere dal baratro che minaccia di inghiottirli per sempre.
***
Ho deciso di provare a pubblicare una long alla quale sono molto affezionata, perciò spero tanto di riuscire a far appassionare anche voi.
La storia contiene più di un nuovo personaggio e l'OOC è solo per sicurezza, io ho fatto del mio meglio! :)
[Prologo modificato]
Buona lettura!
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 14
Solo un bacio...o forse due.

 

 

 


Negli ultimi tempi Villa Uchiha sembrava aver acquisito le fattezze di una casa spettrale; l'ampio giardino era spesso immerso nella penombra e l'edera fiorita che circondava i muri pareva assumere le sembianze di uno spaventoso serpente che sibilava al soffiar del vento.
L'interno era quasi sempre vuoto, illuminato talvolta dalla debole abajour del soggiorno o dalla luce intermittente della televisione. Itachi cercava di starle alla larga, trascorrendo gran parte del suo tempo assieme a suo fratello, in facoltà, oppure in Azienda a dare una mano.

Si sentiva incredibilmente solo, come non gli era mai successo prima, e per arginare quel senso di malinconia cercava di tenersi impegnato il più possibile.
Quella sera, mentre scendeva le due rampe di scale che l'avrebbero portato all'uscita dell'ospedale, fu quasi tentato di presentarsi a casa di Shisui, sebbene lo considerasse un gesto avventato e poco corretto nei confronti del cugino.

A sconvolgere i suoi programmi fu il suono di un clacson che proveniva dal parcheggio dell'ospedale, a soli cinquanta metri dall'entrata del pronto soccorso. Quasi sobbalzò udendo quel rumore e, senza neanche pensarci, si diresse alla fonte che lo aveva provocato. Si trattava di una vecchia Suzuki blu, nella quale poté scorgere due candide mani femminili aggrappate allo sterzo e, poco più sopra, un dolce sorriso che gli sembrava familiare.
“Sali, Itachi-san” lo invitò la ragazza, sbloccando la sicura.
Itachi, ancora perplesso per quell'incontro inaspettato, aprì meccanicamente la portiera e si sedette accanto a lei. Passò qualche secondo prima che le sue iridi stanche si posassero sul viso di lei, ancora girata a guardarlo.
“Mitsuki, perché sei venuta?”
La ragazza gli sorrise e abbassò lo sguardo sui pedali. “Non mi va di farti tornare a casa con i mezzi a quest'ora della notte.”
Itachi non si aspettava quella risposta e inarcò entrambe le sopracciglia. “Ma questo non ha senso, Mitsuki. Insomma...”
“Non voglio lasciarti solo, Itachi-san. Vieni a casa mia, per questa sera.”
Stavolta il ragazzo la guardò ancora più incredulo. La patina di stanchezza che gli calava lentamente sulle palpebre e la sorpresa per quella richiesta non fecero altro che farlo cadere nella confusione più totale. Mitsuki, dal canto suo, strinse con più forza la presa sul volante, senza replicare.
“Non...non posso accettare Mitsuki” si decise finalmente a rispondere lui, dopo aver acquistato un po' di lucidità.
La ragazza alzò il volto, contrariata. “Perché no, Itachi-san? Sono stata io a proporlo, non devi sentirti in difficoltà. E poi ho una stanza per gli ospiti, anche la mia casa è grande, sai?”
Itachi rimase in silenzio, senza sapere come rispondere. Se avesse accettato si sarebbe sentito in colpa per aver approfittato della gentilezza di Mitsuki, mentre se avesse rifiutato era quasi certo che poi se ne sarebbe pentito in seguito.
Prima che potesse formulare una risposta appropriata Mitsuki girò la chiave e partì in direzione di casa sua.
Itachi la guardò stupito, ma un po' per l'imbarazzo e un po' per il sonno che minacciava di rapirlo da un momento all'altro, non fu in grado di opporsi in alcun modo. Solo a metà del tragitto riuscì ad alzare lo sguardo su di lei e a sorriderle sinceramente.
“Ti ringrazio, Mitsuki”
Lei fece un debole cenno con la testa e continuò a guidare in silenzio fino a casa sua.


L'abitazione della ragazza sorgeva all'interno di una palazzina, poco al di fuori del centro di Tokyo. Aveva due piani, era spaziosa ed arredata con mobili moderni ed essenziali. La cucina era collegata al soggiorno attraverso un arco in pietra e proprio sulla sala principale si affacciava un enorme terrazzo dal quale si scorgeva la città in tutta la sua bellezza.
Itachi entrò con cautela, guardandosi furtivamente attorno. Le luci erano soffuse e i contorni quasi sdoppiati, ma l'atmosfera che si respirava era totalmente diversa da quella di casa sua. Sebbene non fosse mai stato in quel posto, gli sembrò di conoscerlo da sempre e si sentì accolto molto più che a Villa Uchiha. Mitsuki gli sorrise e gli fece segno di seguirla al piano di sopra.
“La camera degli ospiti è da questa parte”
Itachi fece qualche passo, ma poi si fermò al primo scalino.
“Mitsuki, non c'è bisogno. Dormirò sul divano, andrà benissimo”
La ragazza si aggrappò al corrimano e guardò nella sua direzione.
“Vuoi scherzare Itachi-san? E perché mai dovrei lasciarti dormire sul divano?”
Ma non fece in tempo a finire di pronunciare questa frase che il ragazzo era già crollato sui soffici cuscini del soggiorno, con lo zaino ancora stretto tra le mani.
Mitsuki gettò un'occhiata per vedere se si fosse veramente addormentato, dopodiché salì in camera sua a recuperare una coperta e gliela adagiò fino alle spalle. Si sedette sul pavimento accanto a lui, ad osservarne il petto che si muoveva lentamente al ritmo del respiro ed i lineamenti del viso illuminati dai deboli raggi della luna. Si sollevò un poco facendo leva sulle ginocchia e spostò i capelli da un lato per impedire che ricadessero sul volto di Itachi. Con un mano gli sfiorò una guancia e le sue labbra si fecero sempre più vicine a quelle del ragazzo. Quando ormai i loro nasi si sfioravano, la ragazza si tirò indietro, ricadendo seduta sul tappeto.
 Poggiò la schiena al bordo del divano e si strinse le ginocchia al petto.
“Che vigliacca che sei, Mitsuki.” sussurrò a bassa voce, ridendo di sé stessa. “Vorresti davvero farlo quando lui non può vederti?”
Affondò la testa tra le braccia e rimase accucciata su se stessa fino a quando poté scorgere il sole spuntare all'orizzonte.


Sasuke lanciò un'occhiata al medico in piedi davanti a lui, dopodiché poggiò entrambi i piedi sul pavimento freddo. Mosse lentamente prima uno e poi l'altro, senza voler essere aiutato da nessuno. Dopo alcuni attimi di incertezza arrivò a percorrere tutto il perimetro della stanza per poi ritornare al suo letto e guadagnarsi un sorriso soddisfatto dal dottore.
“Bene, Sasuke. Vedo che stai decisamente meglio. Tra poco manderò l'infermiera per medicarti la ferita un'ultima volta, dopodiché potrai toglierti le fasciature e potremmo dimetterti. Vedrai che domani sarai a casa tua, anche se per il braccio ci vorrà più tempo.”
Il ragazzo annuì, decisamente sollevato da quella notizia, e si sedette sul bordo della brandina, aspettando con impazienza l'arrivo del suo peggiore incubo.
La signora Gonzales arrivò puntuale come un orologio svizzero, con a seguito Karin, quel giorno meno festosa del solito. Stavolta non si degnò nemmeno di controllare le fasciature, scambiò qualche parola con la tirocinante e la lasciò sola insieme al ragazzo.
Karin sollevò la coperta, slegò la benda ed afferrò il disinfettante con rabbia, destando la curiosità di Sasuke.
“Oggi sei stranamente silenziosa” la stuzzicò lui.
La ragazza non rispose e continuò a fare il suo lavoro ignorandolo.
“Cos'è, ti hanno rimproverata per come tratti i tuoi pazienti?”
“Sta zitto” esclamò a denti stretti, fulminandolo con quegli occhi dai riflessi rossi.
Sasuke non nascose un ghigno di soddisfazione per averla infastidita ed aspettò paziente che finisse la sua medicazione per darle l'addio definitivo e levarsela finalmente di torno.
Karin sistemò l'occorrente sul carrello e si raddrizzò la montatura degli occhiali.
“Ti auguro una pronta guarigione, Uchiha” gli disse, assumendo un tono professionale.
Il ragazzo alzò un sopracciglio e le rispose con la stessa falsa educazione.
“Ti ringrazio, Karin-san
Fu a quel punto che la ragazza scoppiò inaspettatamente a piangere e gli puntò un dito tremante sul petto.
“Sei un bastardo, Sasuke Uchiha!”
“Cosa?” il ragazzo rimase decisamente perplesso da quello sfogo inaspettato.
Lei continuò a singhiozzare ed arrivò a pochi centimetri dal viso di lui.
“Chi ti ha dato il permesso di farmi soffrire in questo modo?! Nessuno può sedurre Karin-san e poi abbandonarla!”
Sasuke si spostò sul bordo esterno del letto.
“Ma che vai dicendo, io non ho sedotto proprio nessuno. Tu sei matta”
La ragazza si asciugò le lacrime con la manica del camice bianco e, in una frazione di secondo, posò le sue labbra ancora bagnate su quelle di Sasuke. Non fece in tempo a sfiorarle che il ragazzo la spinse prontamente lontano da sé, più furioso che mai.
“Che cosa pensavi di fare?” gli urlò contro, passandosi una mano sulle labbra per togliersi qualche traccia di lucido alla fragola che la ragazza gli aveva lasciato.
“Sparisci Karin, mi hai scocciato”
Lei abbassò il capo, asciugandosi un'ultima lacrima che le aveva sporcato gli occhiali.
“Addio, Uchiha” furono le ultime parole che sussurrò prima di uscire dalla stanza.

  
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