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Autore: Erule    17/02/2015    2 recensioni
Seguito di "Anchor".
Lydia si guardò intorno circospetta. Quel pomeriggio, Stiles era uscito con Scott ed Allison, mentre lei era rimasta a casa perché si era presa un bel raffreddore di stagione e con il naso che gocciolava, le ombre sotto gli occhi, le gambe tremolanti, non se l’era sentita proprio di uscire. Lydia Martin doveva essere sempre impeccabile, quindi tanto valeva non mettere nemmeno il naso fuori di casa. Ma poi, circa cinque minuti dopo che Stiles era uscito, nella sua camera l’aveva visto: un enorme ragno nero e peloso con otto zampe. Voi direte: che schifo! Invece, tutto quello che pensò Lydia fu: CHE ORRORE! La natura non aveva avuto il minimo gusto con quegli orribili animaletti. Così, aveva preso la mazza da baseball di Stiles e si era diretta a passo deciso nella stanza, convinta che sarebbe bastato un solo colpo per metterlo K.O.
Genere: Azione, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allison Argent, Derek Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Consiglio di ascoltare "Make it rain" di Ed Sheeran :D

Capitolo 6
Make it rain
 
Erano giorni che non dormiva così bene. Anzi, erano giorni che non dormiva e basta.
Si era alzata con la sensazione che quella sarebbe stata una bella giornata. Due secondi dopo, aveva sentito un botto proveniente dal piano di sotto e siccome il suo fidanzato appena tornato da chissà dove non era più sotto le coperte, fece due più due. E due più due faceva Stiles.
Alzò gli occhi al cielo, poi scese le scale ed entrò in cucina.
<< Buongiorno, tesoro. >> esordì sua madre con in mano una tazza di caffè ed un sorriso assassino sul volto.
<< Buongiorno, mamma. Cosa sta succedendo? >>
<< Ho visto qualcuno che si aggirava per il salotto, così ho urlato e lui è caduto all’indietro, ha fatto una capriola sul divano e poi si è accasciato sul tappeto. >> spiegò la donna. << Coprendo fra l’altro quell’orribile macchia di vino risalente a ieri sera. >> disse, poi alzò la voce per rivolgersi a Stiles, che stava ancora steso sul tappeto. << Stiles, caro, non è che potresti rimanere lì come un carinissimo soprammobile? >>
Stiles mugolò qualcosa di inudibile in risposta.
<< Certo, signora. Tanto non ho nessuna intenzione di muovermi da qui. >> rispose.
Lydia sbottò.
<< Oh, per l’amore del cielo, Stiles! >> esclamò, andando in salotto e ponendosi di fronte a lui con le mani sui fianchi. << Alzati immediatamente da terra o giuro che ti faccio calpestare da una mandria di elefanti. >>
<< Lo vorrei tanto tesoro, intendo alzarmi, non venire calpestato da una mandria inferocita di elefanti, ma non ci riesco. >>
Lydia ghignò.
<< Ah, sì? Allora vorrà dire che ti dovrò far alzare io. >> disse. << Non vorrai certo farmi andare all’appuntamento con Parrish da sola, vero? >>
 
Derek continuò a sorseggiare il suo caffè appoggiato al bancone della cucina, senza dire una parola. Si era svegliato da poco, così aveva ancora indosso un paio di pantaloni da ginnastica ed una canottiera come pigiama ed i capelli scompigliati dal sonno. Continuò ad osservare Paige di sottecchi, che stava seduta al tavola mentre leggeva un giornale. Lei, al contrario di lui, era già vestita di tutto punto, con la giacca e la gonna stirate per andare all’università, i capelli biondi stretti in una coda di cavallo. Sapeva che le cose fra di loro non andavano più bene come un tempo, da quando era ricominciata tutta quella storia di Peter e dei suoi genitori. Era bastato davvero poco a rompere le loro abitudini, i loro discorsi appena svegli, i loro abbracci. Era vero, ultimamente lui aveva avuto la testa da un’altra parte e l’aveva allontanata senza volerlo. Non aveva dovuto offenderla o scostarsi da lei, aveva semplicemente cambiato il suo atteggiamento nei confronti delle altre persone in maniera più negativa del solito. Insomma, non ci voleva un genio per capire che fra di loro il meccanismo non girava più.
<< Io vado. >> disse Paige, alzandosi. Prese la borsa dalla sedia, gli diede un veloce bacio sulla guancia, poi uscì dalla cucina. << Ci vediamo a pranzo. >>
<< Paige, aspetta. >> ribatté Derek, dopo aver posato la tazza di caffè sul tavolo ed averla raggiunta in salotto. Paige si voltò, curiosa. << Non è che potremmo parlare? >>
 
<< Stiles, mia madre non ti odia. È solo che non le piaci particolarmente, tutto qui. Però lei sa che tu mi rendi felice e questo per lei è importante. >> disse Lydia, camminando velocemente nella via dei negozi.
Stiles alzò le spalle, le mani in tasca.
<< Sarà pure come dici tu, ma io non ne sono convinto. Scommetto che preferirebbe mille volte Parrish a me. Solo perché lui ha più muscoli di me, ma andiamo! Se avessi fatto il militare, e non l’avrei fatto comunque, lei mi amerebbe! >>
Lydia si fermò e si girò, alzando un sopracciglio.
<< Perché ti importa tanto di quello che pensa mia madre? Tu stai con me, okay? Non con lei. Non devi piacerle per forza. Anzi, se non le piaci è anche meglio. Così posso infastidirla baciandoti nel salotto. >>
A quelle parole, negli occhi di Stiles ci fu un guizzo. Lydia non avrebbe saputo dirne il motivo, ma era strano. A Stiles non capitava mai di guardarla in quel modo. Un brivido freddo le corse lungo la spina dorsale, irradiando la schiena di scariche elettriche.
<< E come mi baceresti? >> chiese, facendo un passo verso di lei. << Voglio dire, in maniera dolce e casta o passionale e bruciante? >>
Lydia balbettò, interdetta. Che domande erano? Si ritrovò a sbattere con la schiena contro il muro inconsapevolmente, il cuore che prendeva a batterle velocemente nel petto, veloce, veloce, fin troppo veloce e la mano di Stiles sulla parete del negozio accanto al suo viso.
<< In che – in che senso? Non lo so, io non… >>
<< Vuoi che ti faccia un esempio? >>
Lydia sentì il sangue fluirle nelle guance di botto, le gambe tremolanti e gli occhi di Stiles troppo vicini ai propri, che quasi si confondevano con i suoi. La bloccò al muro con entrambe le braccia, i palmi delle mani aperti sulla parete grigia. Sembrava che la poca gente che passava neanche li vedesse, ma quello era l’ultimo problema di Lydia. La ragazza deglutì piano, senza riuscire a staccare per nemmeno un secondo lo sguardo da quello di Stiles. Sembrava quasi famelico, assetato, irriconoscibile.
<< Tipo? >> chiese, con la voce talmente bassa da stupirsi di averla sentita lei stessa.
E Stiles le sorrise.
<< Tipo questo. >>
Nel giro di due secondi, Stiles aveva poggiato le sue labbra su quelle di Lydia e la stava baciando come non l’aveva mai baciata. Era un bacio dolce e delicato allo stesso tempo, niente di nuovo sotto il sole, ma aveva un sapore diverso. Era come se quello non fosse lui, come se stesse baciando qualcun altro, che però sapeva di lui. L’elettricità statica le correva nelle vene e le guance le bruciavano.
Quando Stiles si staccò da lei, Lydia sbatté le palpebre tre o quattro volte, prima di rendersi conto di dove fossero. Per un minuto, il tempo era andato a farsi benedire ed erano rimasti solo loro due, solo quell’effetto di stomaco in subbuglio e cuore palpitante. Stiles mise le mani in tasca e le sorrise, inumidendosi le labbra prima di parlare.
<< E l’altro? >> chiese Lydia, deglutendo.
<< La prossima volta che tua madre ci passa di fianco. >> rispose semplicemente, poi entrò nel negozio. << Allora, vieni con me o no? >>
Lydia si tenne una mano sul cuore, tanto per assicurarsi che non le saltasse fuori dal petto. Sperò solo che sua madre si sbrigasse a tornare a casa quel pomeriggio. Poi corse subito nel negozio, lasciando che le porte scorrevoli si chiudessero dietro di lei senza far rumore.
 
<< Mia regina, è ora di svegliarsi. >> disse la solita voce roca, vibrando contro le pareti di quella stanza fredda e buia.
Persefone si alzò piano, poi si mise in piedi, lasciando che l’orlo dell’abito le nascondesse i piedi. Il potere dei morti le scorreva ormai lungo le vene. Non avevano più molto tempo o sarebbe fuoriuscito da solo ed avrebbe distrutto tutto. Lei non sarebbe più riuscita a controllarlo.
<< Sai che alla fine di tutta questa storia ci sarà una sola persona ancora in piedi e non sarai tu, vero? >>
Deucalion fece un passo verso di lei, le mani dietro la schiena e gli occhiali da sole a coprirgli gli occhi. La squadrò dalla testa ai piedi, in seguito le sorrise.
<< Non devi preoccuparti di niente, mia cara. So benissimo quello che sto facendo. >>
<< La tua fine è vicina, Deucalion. Il Regno dei Morti ti reclama. >>
<< Be’, digli che non mi avrà così facilmente. Adesso vieni con me e mettiti qualcosa addosso. Si prospetta un bel temporale per stasera. >>
 
Malia aprì la porta con un sopracciglio alzato ed ai piedi le ciabatte di Winnie The Pooh. Sì, erano ridicole, è vero, ma gliele aveva regalate Kira per consolarla dopo quello che era successo con sua madre e dato che praticamente vivevano insieme, le dispiaceva deluderla non indossandole. Isaac la squadrò dalla testa ai piedi, nascondendo a stento il bisogno che aveva di ridere.
<< Posso entrare? >>
<< No. >> rispose Malia, seccata. Poi gli sbatté la porta in faccia, ma Isaac la fermò con un piede.
<< Se rispondi così a tutti ragazzi, ci credo che hai la fama di una che spezza i cuori. >> replicò Isaac. << Allora mi fai entrare, adesso? >>
 
Scott sbuffò, le braccia incrociate e le palpebre che minacciavano di chiudersi da un momento all’altro. Peter schioccò le dita sotto il suo naso, facendolo ridestare.
<< Senti un po’ ragazzino, ma hai capito almeno contro chi stiamo combattendo? Perché se hai intenzione di fregartene, quella è la porta. È casa tua, dovresti saperlo. >> disse Peter, indicandogli il salotto.
<< Ho capito benissimo, Peter. Sono solo stanco. Ho passato dei giorni che hanno messo davvero a dura prova la mia mente, ti pregherei di lasciarmi in pace. >>
<< Scott, ascoltami bene, perché è l’ultima volta che te lo ripeto: questa gente vuole ucciderci tutti e non si fermerà, finché non l’avrà fatto. Quindi non venirmi a dire che sei stanco, perché lo siamo tutti. Perciò adesso muoviti e fai lavorare quel piccolo cervello che ti ritrovi, elaborando una strategia. Ci rimangono poche ore. >>
Melissa scese le scale parlando amabilmente con Allison, ma Scott non diede caso alle chiacchiere, doveva trovare una soluzione in fretta. Sua madre lo salutò velocemente, poi uscì di casa. Allison entrò in cucina con la punta d’argento di una freccia tra le mani.
<< Ehi. Tutto bene? >> chiese, sorridendo.
<< No. Il tuo caro fidanzato, qui, non riesce a risolvere un semplicissimo problema di strategia. Mi domando come giochi a Risiko. >>
Scott gli lanciò un’occhiataccia, poi tornò a guardare la mappa che stava sul tavolo. Da quanto aveva capito, Peter e Derek si erano già occupati del piano B, quindi lui doveva pensare al piano A. Tutto quell’alfabeto lo stava uccidendo. Così chiuse gli occhi, lasciando che i suoi sensi di lupo scemassero, in modo tale da potersi chiudere nel silenzio. Era una tecnica che aveva imparato da solo, forse l’aveva addirittura inventata per la prima volta nella storia, quando Allison era morta. I suoni gli arrivarono come distanti, attutiti. Non avvertì più nemmeno il suo stesso respiro. Le sue gambe erano immobili. E poi, eccola lì, lìdea che stava cercando gli stava andando incontro.
Riaprì gli occhi.
<< So esattamente che cosa fare. >>
 
Isaac prese posto sul divano con un sorriso, mentre Malia si mangiava furiosamente le unghie. La sua presenza la rendeva nervosa ed era la prima volta, per quello che ricordava, dopo Stiles. Si guardò intorno, sperando che Kira uscisse immediatamente dalla doccia o che il suo telefono squillasse, ma niente, sfiga assoluta. Avrebbe voluto sprofondare, nascondersi o scappare, ma quella era casa sua, non poteva mica sbatterlo fuori senza una buona ragione. E di sicuro la scusa della madre che stava male non avrebbe mai funzionato.
<< Sono venuto, perché volevo rivederti. Ecco, l’ho detto. Preciso, diretto, senza tanti giri di parole. Allison mi ha sempre detto che sono un tipo prolisso. Ah! Non mi sembra proprio. >> esordì Isaac.
Malia alzò un sopracciglio, confusa. Era più pazzo di Stiles. E ce ne vuole, eh. Poi, invece di fare qualcosa come tirargli un pugno in faccia, scoppiò a ridere. Ed era una di quelle risate belle e cristalline, svagate, che è raro sentire in giro. Isaac deglutì, sperando di averle fatto una buona impressione.
<< Sei uno spasso. >> disse Malia, asciugandosi le lacrime. << Sei davvero un idiota. >>
<< Ma come mai me lo dicono tutti? >> si chiese Isaac e Malia rise di nuovo.
<< Ehi, che sta succedendo? >> domandò Kira, uscendo dal bagno.
<< Isaac è un idiota. >> rispose Malia.
<< Questo è risaputo, ma cosa c’entra? >>
<< Aspettate un attimo, ma voi vivete insieme? >> chiese Isaac, strabuzzando gli occhi. << Perché? >>
Malia e Kira si scambiarono uno sguardo, poi si rivolsero ad Isaac parlando all’unisono.
<< È davvero un idiota. >>
 
Paige incrociò le braccia, alzando gli occhi verso il soffitto. Ma dovevano davvero andare ancora avanti così? Stavano litigando da almeno mezz’ora e lei ormai aveva bellamente fatto tardi al lavoro. Fantastico. Buttò fuori l’aria, mentre Derek ancora parlava. Non ne poteva più. Ormai le cose fra loro andavano a scatti, come il meccanismo di un vecchio orologio.
<< Mi stai ascoltando, Paige? >>
Paige chiuse gli occhi, inumidendosi le labbra.
<< Sì. >> rispose.
<< Allora dimmi cosa ne pensi. >>
<< Cosa ti dovrei dire? Da quando tuo zio è tornato nelle nostre vite non ha fatto altro che confonderti e cambiarti. Ti sta plasmando a sua immagine e somiglianza. Ho paura che tu possa diventare come lui. >> replicò Paige, con cuore pesante. Derek sbatté le palpebre un paio di volte, guardando il pavimento. << Non riesco più a vederti come prima. So che un lasso di tempo di pochi giorni non dovrebbe contare, ma sono davvero proeccupata per te. >>
Derek prese a torturarsi le mani, giocando con le dita quasi spasmodicamente. Stava davvero diventando come Peter? Era un manipolatore senza scrupoli, un doppiogiochista ed un assassino? No, non era ancora arrivato a quel punto. Ma le cose che aveva fatto... tutte le orribili azioni del passato che lo perseguitavano… E se stesse indossando solo una maschera? E se Paige lo rendesse migliore, ma senza di lei non era che una copia di Peter? Le dita presero a rincorrersi, quasi come se volessero raggiungersi per ferirsi. Gli veniva da piangere. Poi, altre dita, più piccole e più pallide delle proprie, si posarono sulle sue. Le mani si fermarono. Per un attimo, pensò che il tempo si fosse addirittura fermato, che forse stava vivendo in un altro periodo, che magari non era nemmeno più reale, niente casini, niente Peter, niente di niente.
Guardò quella donna come non aveva mai guardato nessun’altra in tutta la sua vita. Gli occhi gli bruciavano e rischiavano di andare a fuoco. Sentì lo stomaco stretto in una morsa d’acciaio che gli faceva un male cane, il respiro mozzato dalla paura.
<< Per favore, non innamorarti di nessun altro. >> disse, con voce spezzata. Non si era mai sentito così vulnerabile e giurò che mai più sarebbe successo. << Ti prego. >>
Vide gli occhi di Paige diventare lucidi piano piano, la bocca semi aperta per lo stupore. Non avrebbe dovuto, ma vederlo in quello stato lo fece sentire meglio. Perché significava che lo amava.
<< Non lo farò. >> soffiò Paige, scuotendo lievemente la testa, perché le rimaneva solo un filo di voce.
Poi lui l’abbracciò.
 
***
 
Peter riconobbe subito che quello era il segnale. La pioggia l’aveva sempre inseguito come una fedele compagna di vita. Deglutì. Quella sarebbe potuta anche essere la sua ultima notte o la prima di un incubo lunghissimo. Ripensò alla promessa fatta e si chiese se dovesse ancora tenervi fede, dopo tutti quegli anni. Non era mai stata una vera promessa, ma probabilmente Persefone gli avrebbe chiesto di rispettare i morti, quindi lo fece. Prese in fretta il cappotto, poi uscì dal loft.
 
<< Devi solo raccontarci cosa ti è successo, Stiles. Tutto qui. >> disse Parrish, poggiando i palmi delle mani sulla scrivania, la schiena che sfiorava il bordo del tavolo di legno.
<< L’appuntamento era con Parrish, Isaac, Malia e Kira, Lydia. Mi hai ingannato. >> disse Stiles, voltandosi per guardarla. Lydia gli sorrise malandrina, ma un secondo dopo si sentì pervadere da una strana sensazione di imbarazzo. SI sentiva in soggezione? Veramente? << Vedo che hai imparato a non fidarti di una volpe. >>
Lydia spalancò gli occhi, sudando freddo. Gli occhi di Stiles erano quasi inquisitori, famelici, continuamente famelici. Poi, lui le sorrise, alzando le spalle.
<< Stiles… >>
<< Tesoro, è solo un modo di dire. >> disse Stiles, accarezzandole una mano. << Stai bene? Ti vedo un po’ pallida. Bevi un sorso d’acqua. >>
<< Ehi, vuoi dirci com’è andata o no? >> chiese di nuovo Parrish, spazientito.
<< Ti consiglio di chiudere il becco, Parrish. Sto parlando con la mia fidanzata e non gradisco che mi si dica cosa fare o qualsiasi cosa in generale, in effetti, quando sto parlando con lei. Quindi, cortesemente, chiudi a chiave quella fogna. >> replicò Stiles, con sguardo di fuoco. Malia per poco non cadde dalla sedia, dopo averlo sentito.
<< Stiles, sto bene. Vado a prendere dell’acqua. >> fece Lydia, togliendo la mano di Stiles dalla propria con dita tremanti. Lui le sorrise.
<< Se hai bisogno, chiamami. >>
Lydia annuì, poi andò in cucina. Cosa diavolo gli era successo? Perché a questo punto era ovvio che gli avessero fatto qualcosa. Ecco perché era sempre così strano, da quando era tornato. Versò l’acqua nel bicchiere, le mani che ancora tremavano. Avvertì i loro discorsi provenire dal salotto, ma non ne coglieva davvero il significato, perché era ancora spaventata per quello che era appena successo. Stiles era cambiato e sembrava più simile al Nogitsune, che a se stesso. Però non era cattivo. Il Nogitsune li avrebbe già uccisi tutti a quell’ora, ma lui non l’aveva fatto. Era quasi una versione a metà fra il vero Stiles ed il Nogitsune.
<< Così, dopo aver vagato per tre ore nel bosco, sei andato nei sotterranei dell’università? >> chiese Parrish. << Perché? >>
<< Perché le mie gambe mi hanno portato lì. Poi ho sentito la voce del… del… >> stava dicendo, poi si bloccò, come se la voce gli si fosse strozzata in gola.
Lydia si fermò sulla soglia della porta e Stiles alzò lo sguardo fino ad incrociare il suo. Dopo tutti quegli anni, lui era sempre rimasto il ragazzino spaventato da un essere superiore a sé. E questo, pensò Lydia, in qualche modo gli faceva onore. Perché significava che non aveva dimenticato, che era rimasto sempre lo stesso. Perché sapeva che era importante ricordarsi sempre di come abbiamo reagito nei nostri momenti più bui. E Stiles era sempre stato migliore di lei, in quello.
<< Hai sentito la voce del Nogitsune che ti chiedeva di entrare nella tua testa, non è vero? >> domandò Lydia, con estrema dolcezza. Parrish sembrava stupito. Stiles annuì, mordendosi le labbra. Lydia lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, come sconfitta. << E tu l’hai lasciato entrare. >>
Stiles annuì di nuovo, appoggiandosi al divano con i piedi, abbracciando le gambe con le braccia e sprofondando con la testa fra le ginocchia. Lydia si avvicinò piano a lui e lo abbracciò, avvertendo la sua schiena muoversi su e giù per il pianto.
Malia si portò le mani alla bocca, scuotendo la testa. Perché alle persone migliori devono sempre capitare le cose peggiori? Perché?! Avrebbe voluto arrabbiarsi davvero, infuriarsi ed azzannare Deucalion per quello che aveva fatto a Stiles. Stava cercando di distruggerli tutti e ci sarebbe riuscito in quel modo: dall’interno.  
 
<< Siamo arrivati. >> disse Scott, scendendo dall’auto di Allison.
<< Siamo sicuri di volerlo fare? >> chiese Parrish, caricando la pistola. << Non siete costretti a partecipare. >>
<< Ci siamo dentro tutti, Jordan. Fino al collo. >> replicò Isaac. << Loro rimangono. >> disse, lanciando un’occhiata a Malia, che non lo stava osservando. Sospirò, poi seguì Peter verso l’entrata segreta.
Il nascondiglio si trovava dall’altra parte dell’università e per certi versi era molto simile al caveau, solo che era più grande. E pieno di scartoffie. Entrarono tutti in fila indiana. C’erano Peter, Derek, Parrish, Isaac, Allison, Scott e Malia. Peter usò gli artigli per aprire la porta, facendo girare un meccanismo. Sapeva benissimo che avrebbe visto un sacco di raccoglitori pieni, scaffali altissimi e polvere da tutte le parti, quindi non rimase sorpreso quanto gli altri quando fece il suo ingresso in quell’antro sotterraneo. Mentre gli altri si guardavano intorno, Peter si affrettò a prendere una cartellina nascosta fra due raccoglitori e se la infilò sotto la maglietta, chiudendo il giubbotto di pelle. Derek notò che stava facendo qualcosa di losco come suo solito, ma non ebbe abbastanza tempo per farci caso.
La festa stava per iniziare.
<< Buonasera! >> esordì Deucalion, entrando a braccia aperte. << Scommetto che per qualche motivo la mia presenza qui non vi sconvolge. >>
<< Come fai a dirlo, se non puoi nemmeno vederci? >> chiese Parrish, caricando la pistola.
Deucalion sfoggiò uno strano sorriso che svanì in meno di un secondo.
<< Sei il solito idiota. È ovvio che io senta il vostro odore, dato che sono un lupo. >>
<< Basta con le chiacchiere. >> disse Derek, facendosi avanti. << Sappiamo benissimo quello che hai fatto a Stiles. Adesso o ci uccidi o ti fai uccidere, perché stai certo che non finirà in un modo diverso. >>
<< Sono d’accordo, Derek. Voglio solo farvi una domanda: cosa ci fate qui? >>
<< Sapevi che non avremmo resistito a combatterti di persona. Quello che hai fatto a Stiles è stato un avvertimento per farci sapere che eri nei paraggi, così siamo venuti direttamente per picchiarti. Oh, certo, aver ripristinato lo spirito del Nogitsune in Stiles è il tuo piano B, perché nel caso in cui tu dovessi perdere, lui ucciderebbe tutte le persone che ama, facendoti un favore. >>
Deucalion annuì soddisfatto.
<< Ci sei arrivato da solo o ha dovuto spiegartelo la tua fidanzata? Dov’è, a proposito? >> chiese, aggiustandosi gli occhiali da sole sul naso.
Derek si scagliò contro di lui più veloce della luce, atterrandolo con fin troppa facilità. Deucalion ghignò, mentre Derek lo teneva fermo a terra. Se credeva che ucciderlo fosse così semplice, be’, allora si sbagliava di grosso.
<< Salutami Jennifer, quando andrai all’Inferno. >> disse Derek, poi alzò una mano per tagliargli la gola, ma un fortissimo dolore alla testa lo fece fermare.
<< Scott, credevo che il tuo branco fosse più intelligente di così. >> disse Deucalion, scrollandosi Derek di dosso. Si scrocchiò il collo, sorridendo. << Vogliamo cominciare davvero a divertirci oppure no? >>
Scott ringhiò.
<< Con vero piacere. >>
 
Lydia si sedette accanto a lui. Gli passò una mano sulla schiena, poi gli passò un bicchiere d’acqua. Erano tornati a casa di lei ed ora non voleva fare altro che aiutarlo a sentirsi meglio. Non sapeva quando sarebbe tornato di nuovo il Nogitsune a prendere pieno possesso di Stiles, quindi voleva godersi tutti i momenti possibili con lui, prima di trovare una soluzione che concludesse quel dannato incubo.
<< Non sei costretto a raccontarmi tutto. >>
<< Voglio farlo, Lydia. Voglio che fra di noi non ci siano più segreti. >> disse Stiles, accarezzandole la mano. Prese un bel respiro, prima di cominciare a parlare. << Ho sentito di nuovo la sua voce nella mia testa. Era uguale: metallica, roca, quasi come se stesse cercando di trascinarsi da sola. L’ho sentito arrancare verso di me come una mano invisibile. Mi ha tolto il respiro. Ero spaventato come non mai. Ha iniziato con un indovinello, poi mi ha minacciato. Ha continuato così per ore, finché non l’ho lasciato entrare. >>
<< Cosa ti ha detto? >>
<< Avrebbe ucciso tutte le persone che amo. Gli ho detto che avrei preferito morire io al loro posto, ma lui è stato irremovibile. Non era me che voleva distruggere. Il suo obiettivo era quello di Deucalion, quell’orribile lupo per cui lavora: mandarci tutti in rovina. >>
Lydia poggiò la testa sulla sua spalla e lasciò che Stiles le accarezzasse il braccio, che il suo profumo aleggiasse nell’aria e le entrasse di nuovo nei polmoni. Si sentiva al sicuro quando stava con lui. Ed odiava ammetterlo, ma era una sensazione che aveva provato anche prima di capire che si era innamorata perdutamente di lui, mentre stava ancora con Aiden. La prima volta in cui lo aveva baciato, dopo essersi staccata da lui, aveva realizzato che c’era qualcosa che non andava. Aveva capito che l’aveva baciato, perché era da un po’ di tempo a quella parte che si chiedeva come fosse stargli tanto vicina da potere sentire il suo respiro attaccato alla pelle, non solo perché voleva aiutarlo. Si chiese cosa ne sarebbe stato di lei, se non l’avesse mai incontrato o peggio, se l’avesse perduto prima ancora di poter capire che le sarebbe mancato per sempre.
<< Adesso sei al sicuro. >>
Stiles annuì.
<< Sto bene, adesso. >>
 
Deucalion lo scaraventò di nuovo contro gli scaffali, facendo cadere alcuni raccoglitori. I fogli sul pavimento si macchiarono di sangue. Scott cercò di riprendere fiato, ma era come se avesse un macigno a schiacciargli il diaframma. Allison era a terra, la mano destra che giaceva inerte su di un foglio, le vene verdastre che risaltavano sul polso bianco, mentre l’altra sfiorava la balestra. Isaac aveva un mal di testa pazzesco e stava in piedi per inerzia, mentre il fratello sparava di continuo, mancando il bersaglio. Peter se ne stava in un angolo in disparte, con il cuore in gola. Fingeva di essere svenuto, quando in realtà aveva solo una ferita da dove fuorisciva del sangue, che dalla fronte gli scivolava sulla guancia. Malia si scagliò di nuovo contro Deucalion, colpendolo al polpaccio sinistro, facendolo urlare da dolore. Un secondo dopo, il lupo l’artigliò alla gola, graffiandole il collo. Le bruciarono gli occhi, ma decise di stringere i denti e di aggrapparsi alle sue mani per tenersi in piedi. Gli lacerò il dorso della mano destra con i denti, prima di essere sbattuta contro gli scaffali e di rimanere sommersa sotto l’immenso schedario di Peter.
<< MALIA! >> gridò Isaac, cercando di strisciare verso di lei. Parrish, nel frattempo, aveva ormai esaurito le munizioni.
<< Morirete tutti, prima o poi! Uno di voi dovrà pur essere il primo! >> esclamò Deucalion.
<< Suppongo che tu sia a conoscenza della profezia. >> disse Scott, alzandosi da terra. << Il verso finale dice che le persone si possono salvare. Non morirà nessuno. >>
<< Tu cercherai di salvarli, Scott, lo so. Il problema è che non ci riuscirai. >> ribatté Deucalion, avvicinandosi a lui. << E prima ti ficchi in testa quest’idea, prima li piangerai e soffrirai di meno. Perché stai certo che io vi ucciderò tutti, uno per uno. >> scandì infine, e poi, con un unico movimento del polso, gli rigò il viso, squarciando la carne.
Il grido di dolore di Scott riecheggiò per tutta l’università.
 
Stiles si appoggiò allo stipite della porta con un braccio, le caviglie incrociate, mentre guardava Lydia sparecchiare la tavola. Era stato lontano da lei solo per un giorno, ma dato che la sua attesa per mettersi con lei era durata decisamente molto più di un giorno, per lui era stato anche troppo tempo. Per una volta, gli andava benissimo poterla osservare, perché lei non si sarebbe girata spazientita e gli avrebbe urlato contro. Voleva godersi quegli ultimi momenti con lei, prima che il Nogitsune riapparisse e rovinasse tutto di nuovo.
<< Cosa stai facendo, Stiles? >> chiese Lydia, voltandosi.
<< Niente. >> rispose il ragazzo, preso in contropiede.
<< Mi stai fissando. >>
<< Oh, quello. >> disse, sorridendo. Si avvicinò a lei. << Quella è l’esatta definizione di Niente per Stiles Stilinski. >>
Lydia incrociò le braccia la petto, con un sorrisetto sul volto. Si morse il labbro inferiore, guardandosi intorno.
<< Sai, questa cosa dello Stiles sicuro di sé non è poi così male. >>
<< Ah, no? >> chiese Stiles, cingendole i fianchi con le braccia.
<< No. Perché non facciamo finta che stia passando mia madre, qui e ora? >> domandò Lydia, alludendo ad una certa chiacchierata fatta giusto quella mattina.
Stiles non se lo fece ripetere due volte e la baciò. Le sfiorò delicatamente i fianchi con le mani. Poi approfondì il bacio e si lasciò trascinare, come succedeva sempre, dal suo profumo, che era capace di farlo estraniare dal mondo. Lydia gli allacciò le braccia al collo, sorridendo. Dopotutto, quello era sempre lo stesso Stiles di sempre, non era cambiato niente. E lo pensò davvero, finché i brividi che le percorrevano la schiena non le fecero accendere una spia nel cervello. E se Stiles si fosse trasformato nel Nogitsune? E se quello che stava baciando in realtà era Void Stiles e non il suo Stiles impacciato e goffo?
<< Stiles… >> disse, staccandosi piano da lui.
Stiles sbatté le palpebre.
<< Sì? Cosa c’è? Va tutto bene? >> chiese, le guance rosse ed i capelli scompigliati. Si chiese se lui vedesse lo stesso di lei.
Oh, dannazione, quanto era bello anche così. Si morse il labbro quasi a sangue, reprimendo il desiderio di continuare a baciarlo come se non ci fosse un domani.
<< Non posso. >>
Stiles in un primo momentò non capì, poi realizzò. Abbozzò un sorriso, prendendo una ciocca dei capelli di Lydia che le era scappata dallo chignon.
<< Nessun problema. >>
E Lydia sprofondò nei sensi di colpa.     
 
Derek gli saltò addosso, prendendolo di sorpresa alle spalle. Deucalion cercò di invano di scrollarselo di dosso. Nella foga, Derek gli strappò gli occhiali e li lanciò dall’altra parte della stanza. Fece leva sulla sua gamba ferita e lo fece crollare al suolo.
<< Peter! Il piano B! >> urlò Derek, mentre lottava con Deucalion, cercando di non farsi colpire e nel medesimo tempo di colpirlo più forte che poteva. << Peter, ORA! >>
Peter si alzò a fatica, poi tirò fuori alcuni raccoglitori, gettandoli a terra. Dietro di essi c’erano quegli aggeggi che il padre di Allison usava per stanare i lupi, quelli che producono un rumore fastidioso udibile solo dai lupi. Li prese in fretta e schiacciò il pulsante. Il suono si propagò per tuto il bunker. Tutti i lupi si coprirono le orecchie, tranne Derek che cercò di non farlo, perché doveva tenere le mani di Deucalion lontane dalle sue orecchie. Ovviamente questo richiedeva uno sforzo enorme, quindi Derek cercò con tutte le sue forze di non cedere, ma un minuto dopo, dovette portarsi le mani alle orecchie e Deucalion ne approfittò per gettarlo al tappeto. Si rialzò a denti stretti, ma si rialzò. Poi avanzò dritto verso Peter.
E poi, il rumore di uno sparo. Deucalion urlò, mentre il proiettile lasciava una scia di fumo proveniente dalla sua schiena. Un altro colpo. Deucalion crollò sulle ginocchia, le lacrime agli occhi.
<< Dimmi dov’è. >> disse una voce maschile dietro di lui.
<< Non so… di cosa… tu… stia parlando. >>
Un altro sparo. Deucalion ruggì.
<< Persefone! Dov’è Persefone?! >> sbraitò Ades, raggiungendolo. Lo prese per i capelli e lo minacciò, puntandogli la pistola alla tempia.
<< Ah, tu sei lo sfortunato amante. >>
<< Quante persone ci sono in questa stanza? >> chiese Ades. Deucalion balbettò. << Rispondimi! Te compreso, me compreso, quanti siamo? >>
<< Nove. >> fece Deucalion.
Ades sogghignò.
<< Non eri mica cieco? >>
Deucalion spalancò la bocca, sconfitto. Un attimo dopo, il rumore della pioggia cominciò a farsi strada nella sala. Derek ansimò velocemente, senza respiro. Eccola lì, la teatralità del Mago aveva appena fatto il suo ingresso. Era sicuro che fosse opera sua, perché l’urlo di quella donna fu udibile solo alle sue orecchie. E fu straziante, doloroso e solitario. Era frustrante doverlo sentire. Era come se la terra emanasse tutto ciò che sentiva lei, perché la sua schiena appoggiata al muro e le sue mani che toccavano il pavimento, s’impregnarono del suo stato d’animo. Era Persefone, c’avrebbe scommesso tutto l’oro del mondo.
<< Ades… >>
<< FAI PIOVERE! >> urlò Deucalion all’improvviso. << Scatena tutto il tuo potere, mia regina! Fai tremare questi stupidi mortali! >>
Scott si avvicinò ad Allison, stringendola forte a sé, anche se non vedeva niente e gli faceva male tutto per via della ferita al volto. Allison aprì piano gli occhi, rendendosi piano piano conto di quello che stava succedendo.
<< Dov’è?! Dimmi dove diamine l’hai nascosta! >> esclamò Ades, premendo di più la pistola contro la testa di Deucalion.
<< Qui fuori. >> rispose. << Sta scatenando un ciclone. Presto dovrete uscire, giusto? E lei vi ucciderà. >>
<< Mi sono stancato di te. >> disse Ades, caricando la pistola.
<< Ades, no! >> gridò Allison con voce roca.
Il rumore dello sparo riecheggiò dappertutto, mentre Allison si portava le mani alla bocca e Scott inorridiva. Ades mise via la pistola, poi corse fuori, urlando il nome di Persefone a squarciagola.
 
Quando il Mago chiese a Persefone di fermarsi, capì davvero quello che aveva appena scatenato e ne fu affascinato. La cicatrice che gli aveva procurato Allison bruciava ancora, a distanza di tanto tempo, sulla sua guancia. Rimase immobile, mentre il vento attorno a lui scorticava i tronchi degli alberi e sfasciava i tetti delle case. Si aggiustò il cappuccio sulla testa, poi si dissolse nella notte come una stella che lascia il posto al cielo azzurro quando si fa l’alba, mentre Ades appariva all’esterno dell’università.
<< Stammi lontano! >> gridò Persefone, con le braccia in alto e l’orlo del vestito nero che le danzava intorno alle caviglie. << Ades non voglio farti del male, non ti avvicinare! >>
<< Persefone, ti prego! >>
<< No! Tu non hai accettato il dono! Sei ancora un mortale! Ti farei solo del male! >>
<< Ma tu l’hai già fatto! >> urlò Ades, con gli occhi lucidi ed il viso deformato dal pianto. << Non tenermi fuori, per favore! Stavolta dovrai raccontarmi tutto! >>
Persefone chiuse gli occhi, singhiozzando. Piano piano, le sue mani si chiusero e lei abbassò le braccia. Lentamente, al passo con i suoi movimenti, il tornado scemò. Persefone cadde in ginocchio, i palmi delle mani aperti sull’erba ed i lunghi capelli neri che le coprivano la schiena come se fossero un mantello.
<< Mi dispiace… mi dispiace così tanto, Ades… >>
<< Io ti amo, Faith. >> disse Ades, con le braccia lungo i fianchi e le mani che sfioravano le cosce, impotenti.
Il pianto di Persefone accompagnò l’uscita degli altri dal covo come una ninnananna.






Angolo autrice:
Salve :3
Scusate il ritardo, ma in questi giorni sono stata abbastanza occupata xD Cooomunque, questo capitolo è più lungo degli altri ed anche più ricco di soprese :D 
Credo che la parte migliore sia il finale ed anche il combattimento. Il primo perché adoro la coppia Ades/Persefone ed il secondo per quello che accade a Scott, per Peter e Derek e per l'esito che nessuno si apsettava. Sì, tutti avrebbero voluto uccidere Deucalion, ma il fatto che arrivasse Ades a farlo a sangue freddo, non era premeditato. Per non parlare dei meravigliosi Stydia *-* E so che continuo a ripeterlo, ma il comportamento di Peter qui mi piace un sacco, perché è ambiguo come al solito, ma in qualche modo si vede che sta cercando di redimersi un po'. Ma soprattutto, i Daige sono sempre i miei preferiti *___*
Grazie a tutti quelli che recensiscono/preferiscono/seguono/ricordano la storia o leggono e basta.
Ditemi cosa ne pensate! :)
A presto,
Erule


 
  
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