Anime & Manga > Inazuma Eleven
Segui la storia  |       
Autore: Melabanana_    17/02/2015    3 recensioni
A un certo punto della storia che conosciamo, in tutto il globo terrestre hanno cominciato a nascere bambini con poteri sovrannaturali, dando inizio alla generazione dei "portatori di doni". Assoldati dalle "Inazuma Agency" come agenti speciali, Midorikawa e i suoi coetanei dovranno lottare contro persone disposte a tutto pur di conservare e accrescere il proprio potere. Ma possono dei ragazzini salvare il mondo?
Avvertimenti: POV in 1a persona, AU, forse OOC, presenza di OC (secondari).
Questa storia è a rating arancione per via delle tematiche trattate (violenza di vario grado, morte, trauma, occasionale turpiloquio). Ho cercato di includere questi temi con la massima sensibilità, ma vi prego comunque di avvicinarvi alla materia trattata con prudenza e delicatezza. -Roby
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Spy Eleven -Inazuma Agency '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Grazie mille a mio cugino Raffaele (su efp RaffyRen97), che mi ha gentilmente betato il capitolo ♥


Le strade di Kabukicho erano avvolte da mille luci colorate, che provenivano dalle insegne e dai faretti dei locali che sbucavano da ogni angolo; dalla via principale si aprivano numerosi vicoli e vicoletti, così stretti e così bui che veniva spontaneo chiedersi cosa si celasse lì dentro, nascosto tra le mura scrostate di giorno, ma pronto a balzarti addosso una volta scesa la sera… Non era difficile immaginare perché quel quartiere avesse la brutta reputazione di essere pericoloso durante la notte.
Un’immensa folla brulicava dentro e fuori dai locali e il gran vociare di sottofondo, nel quale si mescolavano le voci profonde degli uomini che ti invitano (costringevano) ad entrare nei loro locali, e quelle stridule di donne vestite (svestite) in tal modo che sembrava non aspettassero altro di essere sedotte e portate via.
Il locale Dansā kasai si trovava in un vicolo, alla fine di una scalinata che scendeva per almeno un paio metri. La porta era di vetro, con elaborate spirali di ferro ad incorniciarla, e dall’alto pendeva un’insegna nera, lucida, su cui spiccavano i kanji rosso fuoco del nome del locale. I due Fubuki si scambiarono un’occhiata d’intesa, poi Shirou si avvicinò al buttafuori che stava in piedi davanti alla porta; gli bisbigliò qualcosa all’orecchio e per un attimo –ne ero certo- le sue mani vagarono in direzione della giacca dell’altro. Quando si ritrasse, capii che gli aveva passato dei soldi.
Il buttafuori ci squadrò attentamente, fece un cenno col capo e si spostò per lasciarci passare.
All’interno, il Dansā kasai era più appariscente di quanto non lo fosse fuori.
Davanti a noi si presentò subito un lungo, tortuoso bancone di madreperla rosea, dietro il quale un solo barman armeggiava con bottiglie di liquori, superalcolici, pacchetti di sigari e sigarette, bicchieri di vetro e calici di legno. Di fronte al bar, ad appena sei metri dal bancone, c’era un palco rialzato, che si prendeva metà dello spazio complessivo. Il soffitto era tappezzato di faretti, e la luce bianca, quasi diamantina, che emettevano faceva brillare i pavimenti di madreperla nera. Le pareti erano rivestite di un doppio strato di pelle e velluto rosso scuro, così come le molteplici poltroncine disposte lungo i muri; un angolo in fondo alla sala principale era stato allestito come una specie di salottino, con due divanetti e un tavolino basso, sopra il quale una pianta dalle foglie lunghe e seghettate sbucava da un vaso. Dietro il salottino, s’intravedeva una rampa di scale, che doveva portare a stanze private. Ovunque ci voltassimo, c’era un fortissimo odore di fumo, erbe e profumi.
Una musica tutt’altro che tranquilla rimbombava sulle mura di pelle; era un rumoroso miscuglio di strumenti e remix che mi faceva venir voglia di amputarmi le orecchie, ma agli altri clienti del locale non pareva dar fastidio. Qualcuno batteva le dita a ritmo contro i braccioli delle poltrone, mentre con l’altro braccio stringevano a sé delle belle signorine, qualcun altro era talmente preso dal proprio drink da non essere più capace di intendere e di volere.
Nessuno si girò a guardarci. Mi misi a giocherellare nervosamente col mio gilet di pelliccia scura, per il quale speravo non fossero stati inutilmente sacrificati dei procioni. Al mio fianco, sentii Kazemaru tirare un sospiro di sollievo; il solito ciuffo gli pendeva disordinatamente sul volto e i capelli sciolti gli cadevano sulle spalle e sul gilet dorato. Su suggerimento esplicito dei Fubuki, Maki si era divertita a confezionare i nostri abiti con tessuti luminosi, quasi laminati, pellicce, strass e pallette: siccome nei locali della zona era comune vestirsi in modo eccentrico, era fondamentale che lo fossimo anche noi per mescolarci alla gente. Questo non mi consolava dal pensiero di somigliare ad un lampadario.
Shirou si girò verso Atsuya e gli disse qualcosa all’orecchio, il fratello annuì e a sua volta si rivolse ad Afuro. Non riuscii a sentire cosa si erano detti, ma pochi secondi dopo Afuro annuì e si diresse insieme ad Atsuya verso l’angolo-salotto. Shirou, invece, si sedette su uno degli alti sgabelli neri davanti al bancone e ci fece cenno di avvicinarci e imitarlo. Gouenji si mise alla sua sinistra, in modo da poter tenere d’occhio anche la porta d’ingresso, mentre io mi sistemai a destra insieme a Kazemaru e Endou.
Il barman ci lanciò un’occhiata burbera, senza mostrare intenzione di venire a chiedere ordini. Shirou non parve impressionato dal suo atteggiamento. Puntellò i gomiti sulla superficie rosea del banco, dondolò i piedi attorno alle lunghe gambe metalliche dello sgabello e si mise a fissare lo specchio davanti a sé con aria quasi pensierosa.
-Ora cosa facciamo?- chiesi a bassa voce, gettando un’occhiata nervosa intorno. Il barman ci dava le spalle, apparentemente deciso a ignorare la nostra presenza.
-Aspettiamo- rispose Shirou con semplicità.
-Tutto qui?- disse Endou, perplesso.
-Già, tutto qui. Non possiamo certo metterci a far domande qui- rispose Shirou. –Quindi aspettiamo, ci guardiamo intorno, prendiamo da bere… Ci rilassiamo. E vediamo cosa succede.
-Sei sicuro che succederà qualcosa?- insistette Endou.
-Qualcosa succederà, vedrai- affermò l’altro, tranquillo.
-C’è qualcuno che conosci?- provò a indovinare Gouenji, impassibile. Shirou non si mosse dalla sua posizione, eccetto per il sorriso misterioso che gli incurvò le labbra. Continuava a fissare davanti a sé e non aveva fatto alcun cenno al barman, eppure pochi secondi dopo un bicchiere di vetro scivolò verso di lui.
-Ah, oggi è un midori- canticchiò Shirou tra sé e sé, fissando con compiacimento il liquido verde e frizzante nel bicchiere. Si sporse oltre il bancone e rubò una cannuccia di plastica rigida. Il barman non commentò e tornò ad ignorarci, preferendo servire un tipo che, all’altro capo del bancone, si reggeva a stento in piedi.
-Uhm, non credo che dovremmo prendere dei drink- bisbigliò Kazemaru. –Non possiamo bere alcol, siamo ancora minorenni!
Shirou gli lanciò di sottecchi uno sguardo di compassione, come se stesse parlando ad un bambino.
-Ti sei guardato intorno? Qui nessuno controllerà se sei minorenne o meno- disse. -E poi voi non usate forse delle pistole, anche se siete minorenni? Per quello non vi fate problemi, no?
-Sì, sì, hai ragione, però...- Kazemaru non sapeva come rispondere, percò Gouenji decise di intervenire. Sospirando, si sporse verso Fubuki Shirou; con una mano bloccò la sua, poi con l’altra allontanò il bicchiere da lui.
-In ogni caso, non dovremmo bere durante una missione- affermò, risoluto.
Per un attimo le labbra di Shirou si arricciarono in un broncio insoddisfatto.
–Ricevuto, detective- mormorò, abbassando lo sguardo verso il bancone e rimirando con interesse la mano che stringeva la sua. Non pareva avere la minima intenzione di provare a liberarsi, non più di quanto Gouenji volesse sciogliere la stretta.
Di colpo, Shirou sollevò lo sguardo e fece un sorriso stiracchiato.
-Forse dovresti preoccuparti del tuo collega- disse –visto che è quella è già la terza persona che prova a offrirgli da bere…- Seguimmo il suo sguardo verso l’angolo del locale allestito a salottino e vedemmo Afuro seduto su un divano, immerso in una conversazione con uno sconosciuto: l’uomo doveva avere almeno cinque o sei anni più di lui, ma Afuro non sembrava turbato, anzi aveva un’espressione di completa indifferenza. 
Era incredibile; benché tutti fossimo vestiti in modo appariscente, Afuro riusciva comunque a risaltare in modo particolare. Indossava una maglia viola con scollo a v, e sopra un gilet nero con tante pallette che luccicava sotto i faretti circolari appesi al soffitto. I pantaloni, dello stesso colore dei suoi occhi, erano così aderenti che, quando accavallava le gambe, il tessuto si stringeva ancora di più attorno alle sue gambe, fasciandole in modo decisamente seducente. I capelli erano sciolti sulle spalle, come una cascata di fili dorati e, una volta che s’incrociavano i suoi occhi, era impossibile distogliere lo sguardo.
Non mi meravigliava che avesse stuoli di ammiratori, sarebbe stato più scioccante il contrario.
-No, mi spiace- lo sentii dire, con un sorriso falsamente timido. –Sono già impegnato con quel tipo là, quindi…- Si sporse verso l’altro lato del divanetto e cinse con nonchalance la vita di Atsuya.
Mi chiesi come avessi fatto a non notarlo prima. Il ragazzo era seduto a pochi centimetri da Afuro e sotto la luce dei faretti il rosa dei suoi capelli risultava ancora più brillante. Sembrava molto meno disinvolto di Afuro, ma dopo un paio di secondi di esitazione avvolse il braccio destro intorno alle spalle del biondo e lo attirò vicino a sé. Gettò al contempo un’occhiata torva allo sconosciuto, che recepì il messaggio e si allontanò con un’espressione delusa.
-Non ricordavo che uscissimo insieme, potevi anche avvisarmi- disse Atsuya, ritraendo il braccio. Il suo viso era leggermente arrossato.
-Beh, ho già spedito due tizi al bagno, sarà super affollato- replicò Afuro, mentre lasciava a sua volta la presa. –E poi sei l’unico single nel nostro gruppo, o sbaglio? Sinceramente tuo fratello è molto più il mio tipo, ma pare che sia già impegnato con Gouenji…
-Mio fratello non è impegnato con nessuno- ringhiò Atsuya tra i denti, stringendo i pugni sulle gambe e lanciando occhiate di fuoco in direzione di Gouenji e Shirou.
Gouenji sospirò e lasciò la mano di Shirou, che scoppiò in una risata allegra.
Con la coda dell’occhio, vidi il barman uscire dal bancone e infilarsi su per le scale dietro l’angolo-salotto. Nello stesso momento, i faretti nella sala cominciarono ad emanare una luce più soffusa, di color rosso chiaro, la musica scese di volume fino a dissolversi e dal palco si sollevò una nuvola di fumo, che si tinse di magenta a causa delle luci.
Atsuya si alzò dal divano. Shirou riprese a guardare nello specchio, apparentemente impassibile, mentre mescolava il midori nel suo bicchiere.
La musica ripartì, stavolta con una melodia lievemente africaneggiante, che mi faceva pensare a deserti, miraggi e obelischi. Dal fumo emerse una figura, e ruotai lo sgabello e strinsi gli occhi per focalizzarla meglio. Dapprima vidi un braccio avvolto in bracciali dorati, poi un busto sinuoso; la donna fece un passo di danza in avanti, seguito da una giravolta, un vortice di veli e pelle abbronzata e capelli mossi di una sfumatura verdognola. Il vestito fatto di veli opachi le copriva il seno e la parte inferiore al bacino, mostrando le sue forme e al contempo celandole, lasciandole all’immaginazione. Un’altra giravolta, poi una danza sinuosa, ancheggiante, seducente.
-Affascinante, vero?- commentò Shirou, che stava osservando lo spettacolo attraverso lo specchio. Distolsi lo sguardo dalla danzatrice, imbarazzato, e gettai un’occhiata all’atro capo della sala. Anche Afuro aveva lo sguardo fisso sul palco, mentre Atsuya spostava continuamente gli occhi da quello all’imbocco delle scale, come se aspettasse qualcosa.
O qualcuno.
Il tempo di distogliere lo sguardo e poi tornare a guardare, ed una ragazza vestita da cameriera comparve in quel punto esatto. Si guardò indietro per un attimo, poi cominciò a camminare verso il bancone con aria disinvolta. Il rumore dei suoi tacchi sul pavimento era appena percettibile a causa della musica, ma si faceva più intenso man mano che si avvicinava.
La ragazza entrò dietro al bancone, prendendo il posto del barman scomparso, riempì un bicchiere di birra dorata e lo passò all’uomo che, da che si reggeva in piedi a stento, era passato direttamente ad aggrapparsi al bancone per evitare di ruzzolare giù dallo sgabello. Lei gli schioccò le dita davanti al volto un paio di volte, poi, siccome l’altro era troppo brillo per capire cosa succedesse intorno a lui, ci rinunciò e venne verso di noi.
Si fermò davanti a Shirou e fissò il suo drink.
-Oh, ha l’aria di essersi fatto caldo, vero?- osservò, alzando lo sguardo verso di lui. –Le va se le metto un paio di cubetti di ghiaccio?- Fece un sorriso amabile e tese la mano, in un’implicita offerta a passarle il bicchiere.
Pochi metri più in là, il tipo fece un rutto, scivolò dallo sgabello e cadde lungo disteso a terra. Il tonfo si sentì a malapena, e nessuno parve farci caso. Né Shirou né la ragazza ruppero il contatto visivo per un lungo minuto, poi il ragazzo lasciò la cannuccia e ticchettò con le dita sul bordo del bicchiere.
-Oh, no, la ringrazio- disse, senza abbassare lo sguardo, come se non si fosse accorto che dalla punta delle sue dita si irradiava un gelo tale da trasformare il drink in un ghiacciolo. Shirou si sciolse in un sorriso e inclinò leggermente il capo. –Mi piacerebbe sapere cosa ha messo nella birra di quell’uomo… Ha fatto effetto subito, hm?- aggiunse in tono falsamente innocente.
Tutti, eccetto lui e la ragazza, ci girammo istintivamente a guardare il pover’uomo steso a terra.
-Non è successo nulla di ché- replicò la ragazza. -Si riprenderà tra mezzora. O forse un’ora.
-O forse due- suggerì Shirou. Il suo bicchiere tremava, minacciando di spaccarsi per la pressione. La ragazza gli afferrò la mano con la propria e il drink tornò in un istante alla sua forma liquida.
-Forse dovremmo spostare questa chiacchierata in privato- offrì lei, con un luccichio negli occhi color zaffiro. Indossava un grembiule di raso, e i suoi capelli apparivano rossi alla luce della stanza.
Shirou si alzò in piedi, portò la mano di lei alla bocca e ne baciò delicatamente il dorso con un gesto lento e misurato; i suoi occhi erano fissi sul volto della ragazza, attento ad ogni minima reazione, e si accesero soddisfatti quando notarono il rossore che si era diffuso sulle sue guance.
-Saresti davvero disposta a stare alla mia mercé l’intera serata? Sono una persona gelosa, sai- le sussurrò, sporgendosi oltre il bancone per sfiorarle il lobo dell’orecchio con le labbra. La ragazza avvampò ancora di più e tentò istintivamente di ritrarre la mano, forse perché si era accorta di essere in svantaggio.
-Oh, cosa vedo qua?- Una voce di donna interruppe il loro scambio, all’improvviso una mano si piantò sulla spalla di Shirou per attirare la sua attenzione. Mi girai e vidi che si trattava della danzatrice che fino a poco prima era sul palco.
-Stai tentando di sedurre mia sorella, Fubuki Shirou?- domandò, con una scintilla di avvertimento negli occhi che strideva con il tono amabile della sua voce.
-Non mi sognerei mai, Bonitona- rispose Shirou allegro. Si voltò verso di lei con un largo sorriso, come se nulla fosse accaduto. –Come hai potuto pensarlo?
Bonitona incrociò le braccia sotto il prosperoso seno e sollevò un sopracciglio.
-La tua fama ti precede… non sarebbe la prima volta che usi il tuo fascino per ottenere informazioni, o sbaglio?
-Ah, mi trovi affascinante? Ti ringrazio- ribatté Shirou, tranquillo. Bonitona lo osservò ancora un po’, poi sospirò e si rivolse alla ragazza dietro al bancone.
-Questo non è il posto più adatto per parlare… Rean, prepara una delle stanze al piano di sopra.
Rean annuì frettolosamente e scattò verso le scale da cui era venuta; incredibile come riuscisse a correre nonostante i tacchi… Mi girai verso Kazemaru e dal suo sguardo capii che stava pensando alla stessa cosa: la nostra unica esperienza con quel tipo di calzature era stata dir poco dolorosa.
Quando notai che Bonitona ci stava fissando, mi sforzai di restare impassibile.
–Questi sono tuoi amici? Non li ho mai visti prima- disse la donna guardandoci di sottecchi.
-Amici, eh… direi piuttosto che è un rapporto necessario- mormorò Shirou. Non potei fare a meno di notare come il suo sguardo tendesse a vagare verso Gouenji, che tuttavia lo ignorò: sebbene fosse abbastanza bravo a nascondere i suoi veri sentimenti, aveva l’aria di essere lievemente irritato.
Shirou si voltò di nuovo verso Bonitona.
-Ma ne parliamo su, giusto?- cinguettò, soave.
La donna non rispose. Invece si girò, si chinò verso l’uomo svenuto a terra e, dopo avergli sfilato un mazzetto di banconote dalla giacca, lo scavalcò con grazia, incamminandosi verso le scale. Lanciai uno sguardo a Shirou, che annuì: dovevamo seguirla.
Quando arrivammo all’imbocco delle scale, Atsuya e Afuro ci raggiunsero.
Bonitona guardò l’altro Fubuki e fece un sorrisetto.
-Mi chiedevo quando saresti comparso. Voi gemelli non vi separate proprio mai, eh?- commentò.
A quelle parole, Shirou distolse lo sguardo per nascondere un’espressione cupa; non era difficile capire a cosa stesse pensando. Atsuya si portò immediatamente al suo fianco e gli prese la mano.
-Mai- confermò, più rivolto al fratello che non a Bonitona.
Shirou diede una stretta alle sue dita.
 

Nella stanza troneggiava un letto a due piazze così voluminoso da lasciar ben poca immaginazione riguardo al modo in cui veniva usato. Io evitai di fissare troppo i cuscini col pizzo; Endou e Kazemaru si guardarono d’istinto, e subito dopo distolsero lo sguardo col viso in fiamme. Tutti gli altri non parvero impressionati.
La stanza era illuminata da molteplici candele profumate, con una luce chiara e senza sfumature di colori, che finalmente ci permetteva di vedere le due ragazze per come erano.
Bonitona si sedette, sollevò un angolo delle lenzuola di raso, frugò sotto il letto e trovò una borsetta di velluto rosso. Frugandovi dentro vi trovò un paio di occhiali, che calzò con nonchalance prima di girarsi verso di noi. I suoi occhi violetti, contornati da un filo di matita e mascara argenteo, luccicarono interessati dietro le lenti.
-Allora… come mai siete qui?- domandò ai due Fubuki. -Siete scomparsi per un bel po’… Ho sentito varie cose, non ero sicura a che cosa credere.
-Beh… illuminaci- borbottò Atsuya, alzando gli occhi al soffitto. Bonitona guardò Rean.
-Uno: beccati dalla polizia. Due: uccisi da un gruppo rivale in un vicolo. Tre: finiti in una relazione incestuosa e fuggiti in un altro paese con un altro nome. Quattro: cambiata vita e trovato un sano, onesto lavoro. Cinque: rapiti dagli alieni…- elencò Rean. La ragazza (i cui capelli erano arancioni, non rossi) si era tolta il grembiule e ora indossava un semplice body nero e una gonna con sbuffo a palloncino; stava in piedi vicino all’altro lato del letto e stava piegando un fazzoletto di carta rossa, facendogli acquistare la forma di un origami, forse un modo di placare il suo nervosismo.
-La terza è la mia preferita- osservò Bonitona, sorridendo con le sue labbra rosso ciliegia e  attorcigliandosi una ciocca di capelli turchesi tra le dita.
-Noto con piacere che c’è gente con parecchio tempo libero- disse Atsuya.
-E poca fantasia- aggiunse Shirou, con un sorriso ironico.
–Oh, dai. Dagli un po’ di credito, con le prime due non ci sono andati lontano…
-La seconda è piuttosto di cattivo gusto, secondo me… Scommetto che un po’ ci speravano.
-La quarta è pura fantascienza. Anche peggio della quinta…
Il loro scambio di battute era talmente rapido che non facevamo in tempo a spostare lo sguardo dall’altro. Bonitona e Rean spalancarono gli occhi per la sorpresa non appena Atsuya finì di parlare.
-Beccati dalla polizia? E… mi sembrate abbastanza vivi- esclamò Bonitona, perplessa.
Atsuya fece un sorriso amaro.
-Per un pelo, direi- mormorò, con la mano si toccò istintivamente lo stomaco. Shirou sospirò e si appoggiò ad uno dei muri, con le braccia incrociate sul petto.
-Siamo stati attaccati da un gruppo di drifters sconosciuti… Sia io che Atsuya ne siamo usciti feriti in modo… grave- ammise, fece una pausa, poi aggiunse:- E la polizia ci ha arrestati. Al momento siamo in… libertà vigilata, direi.
-Non mi dire- commentò Bonitona, posò gli occhi su me e Gouenji e in un istante aveva capito tutto. –Quindi, state collaborando con gli sbirri per trovare i farabutti che vi hanno attaccato, dico bene? Volete pareggiare i conti?
Shirou e Atsuya annuirono allo stesso momento.
Bonitona accavallò le gambe, tirò fuori un pacco di Marlboro dalla borsetta e se l’accese su una delle candele. Se la portò alla bocca e fece un paio di tiri prima di parlare di nuovo.
-Perché siete venuti da me?- chiese, scrutandoli attraverso gli occhiali.
Nessuno di noi parlò per un lungo minuto. Gouenji si girò verso Shirou, che sospirò e si staccò dal muro con una spinta.
-Hai girato molte zone della città. Non conosco nessuno più informato di te… Inoltre, come ti ho detto, le persone che ci hanno aggredito sono drifters come noi. Devi pur saperne qualcosa- disse.
-Mah, non saprei. Ti aspetti così tanto da me… In fondo sono solo una danzatrice…
Shirou sbatté lentamente le palpebre, poi senza una parola sollevò una mano e la direzionò verso di lei: una scia di luce azzurra percorse la stanza, si aggrappò alla ringhiera del letto e coprì l’intera superficie ricoprendola di ghiaccio, fermandosi a pochi centimetri da Rean, la quale sobbalzò per la sorpresa. Bonitona non mosse un muscolo; continuò a guardare Shirou, indecifrabile.
-Non una qualunque- affermò il ragazzo, tranquillo. Abbassò il braccio e si mise la mano sul fianco, chinando la testa di lato. –Sei una danzatrice del fuoco. Dansā kasai, giusto?
Le labbra di Bonitona s’incurvarono in un sorriso.
-Non devo più nasconderlo, quindi- sussurrò, si portò una mano alle labbra e vi soffiò delicatamente: il fiato che trapassava attraverso le dita si trasformò in fiamme dorate. La temperatura nella camera si alzò istantaneamente e il ghiaccio creato da Shirou si sciolse. La ringhiera cominciò a sgocciolare acqua sul pavimento, inzuppando la moquette, che si colorò di un rosso più scuro.
-Nessuno se n’era accorto, prima di te. Immagino che sia diverso tra gente della stessa specie… Io, per esempio, riesco a sentire che molte persone presenti in questa stanza hanno un dono- disse.
La guardai sorpreso: era davvero possibile una cosa del genere? Mi girai ad osservare le persone nella stanza; se non l’avessi saputo già, istintivamente non avrei detto che possedevano qualche potere. Dal nervosismo di Rean, intuii che anche lei nascondeva qualcosa, ma non potevo dire con certezza che si trattasse di un dono. Forse quella di Bonitona era una capacità innata?
Mi voltai verso Kazemaru ed Endou e capii dalle loro espressioni che erano sorpresi quanto me. Gouenji, Atsuya, Afuro e Shirou, invece, erano impassibili.
Gli occhi di Bonitona vagarono nella stanza, si soffermarono su ognuno di noi e si fermarono su Atsuya. Per un secondo mi parve di intravedere uno scintillio sorpreso nel suo sguardo, poi all’improvviso si voltò verso Gouenji.
-Riesco anche a percepire che tu hai un potere simile al mio- osservò, squadrandolo con interesse quasi preoccupante, come se volesse mangiarlo vivo. Si alzò in piedi, si avvicinò a lui con un’andatura elegante e gli chiuse il mento tra le dita affusolate. –Per gente come noi, che ha il fuoco dentro, è difficile non brillare, vero?- miagolò, seducente.
-In effetti, non si può dire che sia semplice mantenere il controllo- le rispose Gouenji, senza battere ciglio le afferrò il polso e allontanò da sé la sua mano. I suoi occhi guizzarono verso Shirou, Bonitona colse il suo movimento e scoppiò a ridere.
-Oh… Oh!- esclamò. –Scusami, non avevo capito che fossi occupato. Se l’avessi saputo… se non altro sarei stata più educata. Non ci avrei provato qui davanti a tutti.
-In privato, allora?- Gouenji alzò un sopracciglio, divertito. Quasi ammiravo la sua capacità di parlarle mantenendo un certo distacco; io sarei morto di vergogna.
-Certamente, sarebbe un piacere- disse Bonitona, lasciando scivolare la propria mano fuori dalla presa. Le sue dita indugiarono sul colletto del ragazzo, poi si staccò da lui e indietreggiò di qualche passo. Si girò verso Shirou e Atsuya.
-Ho sentito voci che potrebbero interessarvi- ammise. -Un mese fa, circa… un uomo è stato trovato morto nello Shinsekai, a Osaka, e due settimane fa una ragazza a Sapporo. Entrambi drifters.
-Li conoscevi?- chiese Atsuya.
-Lei no. Lui però era venuto qualche volta al mio locale. Un vero idiota… un paio di bicchieri di vodka, ed era andato completamente. Straparlava. Non mi stupirebbe se avesse sbandierato ai quattro venti il suo dono… in ogni caso era una facile vittima. Chiunque l’abbia aggredito non avrà fatto tutta questa gran fatica. Certo, furono… casi insoliti. Sanguinosi. Un brutto affare. Mi sono spostata subito in entrambi i casi.
-Cosa intendi con “sanguinosi”?- intervenne Gouenji.
Bonitona fece una pausa. Si girò verso Rean, come per accertarsi che lei stesse bene; la sorella minore annuì, anche se le sue spalle tremavano lievemente.
-Sia lui che lei sono stati fatti a pezzi- rivelò Bonitona, in tono sommesso –con una specie di katana.
Alle sue parole tutti ci irrigidimmo. L’atmosfera nella camera si fece gelida.
-Ho toccato un nervo scoperto?- chiese Bonitona, con cupa ironia.
Atsuya fece un passo avanti e, senza dire nulla, si sfilò la giacca e sbottonò la camicia. Shirou sussultò e distolse lo sguardo dal petto del fratello, che era attraversato da una cicatrice lunga, bianchissima, che andava dalla spalla destra al fianco sinistro. Rean trattenne il respiro e si portò le mani alla bocca, scioccata. Anche Bonitona sembrava colpita: con un taglio del genere, nessuna persona normale sarebbe sopravvissuta. Ma i drifters erano un po’ più resistenti, lo sapevo, i nostri poteri spesso ci tenevano in vita anche durante stati d’incoscienza.
-Le ferite riportate da Shirou erano più lievi- borbottò Atsuya.
-Più che altro, erano meno visibili. L’emorragia era interna- obiettò Gouenji. -Credimi, ci sono stato io con lui nel periodo di guarigione.
Atsuya sbuffò e strinse i pugni. Pareva in profondo conflitto con se stesso.
-Lo so- ringhiò sottovoce. –Per quanto io sia arrabbiato, e per quanto non lo sopporti…- sbirciò in direzione di Gouenji e tornò rapidamente a fissare il pavimento. -Ti sono grato… per aver salvato me e mio fratello…
Gouenji assentì. –Non c’è di ché- disse, e Atsuya ringhiò di nuovo.
-Ehi, questo non vuol dire che ti cederò mio fratello. Per quanto riguarda questo, te ne puoi anche andare a fanculo senza tanti complimenti!- esclamò, petulante. Shirou sorrise. Gouenji non commentò, si limitò a scuotere il capo, abbozzando a sua volta una sorta di sorriso.
-Quindi… una katana- affermò, tornando all’argomento principale. Bonitona fece cenno di sì col capo.
-C’era un lago di sangue… Gli assassini dovevano essere dei veri sadici- disse, rabbrividendo.
-Uhm…- Rean si fece improvvisamente avanti, esitante. –Io… avrei qualcosa da dire…
Bonitona la guardò sorpresa, lasciò passare la sorella e le si mise a fianco, come per proteggerla.
-Beh… parla pure- la incoraggiò Shirou, gentile.
Rean arrossì lievemente e distolse lo sguardo.
-Ecco… anche io riesco a percepire se una persona ha un dono. Uhm, non so per quanto riguarda quel signore, ma… mi ricordo del dono di quella ragazza. Cioè, mi ricordo di lei…- confessò.
-Davvero? È venuta al locale?- la interruppe Bonitona, sorpresa.
-No… ma a Sapporo avevamo casa vicino ad una scuola di danza, ricordi? Lei era un’allieva di quella scuola, perciò la vedevo spesso tornare da lì. A volte la vedevo allenarsi attraverso le finestre del piano terra… era molto brava. E una volta la vidi far sbocciare dei fiori nel cemento.
-Una drifter della categoria Foresta- osservò Afuro. Appariva rilassato, con le mani sui fianchi e le spalle morbide, tuttavia l’espressione illeggibile dava a intendere che avesse molti pensieri per la testa.
-Sì, esatto…- confermò Rean. -Il punto è che… qualche giorno dopo la sua morte, io continuavo a percepirlo… Cioè, la sensazione del suo dono non era andata via… Doveva esserci qualcun altro con lo stesso, identico dono.
-Rean- la interruppe Bonitona, preoccupata. –Questo non è…
-Lo so, lo so, è impossibile, vero? Ma io l’ho sentito chiaramente!- esclamò Rean disperata.
–È davvero così strano? Il tipo Foresta è abbastanza comune, no?- intervenne Kazemaru, confuso.
-Beh, sì... È più comune del tipo Fuoco, per esempio- confermò Afuro. –Però Rean e Bonitona hanno ragione… è raro, rarissimo, che esistano due persone con lo stesso dono. Che si somiglino, sì, questo è possibile. Ma ogni dono è diverso dall’altro, pur con minime variazione. Che ce ne siano due identici… è a dir poco impossibile.- Si girò verso Rean. –Tu ne sei sicura? Sicurissima?
-Non posso sbagliarmi… perché l’ho sentito di nuovo pochissimo tempo fa- sussurrò la ragazza.
-Cosa? Cosa vuoi dire?- scattò Atsuya, impaziente.
-Qui… a Tokyo?- mormorò Bonitona sorpresa. Rean assentì.
-Qualche sera fa… l’ho percepito distintamente. Era lo stesso dono. Ne sono sicura- disse.
Calò un silenzio grave, e si prolungò per alcuni minuti. Come Kazemaru, neanche io avevo mai sentito tante distinzioni sui tipi di drifters; durante l’addestramento avevamo decisamente fatto più pratica che teoria. Ma tutti gli altri componenti del nostro gruppo sembravano capire, chi più chi meno, la gravità di quanto affermato da Rean.
Shirou e Atsuya si scambiarono un’occhiata eloquente, carica di segreti che custodivano gelosamente e che non ci avrebbero svelato tanto facilmente.
-Capisco… capisco- disse Shirou, infine, rompendo il silenzio. –Rean, Bonitona… vi ringrazio. Sono in debito con voi, se avete bisogno di un favore…- La sua espressione accigliata si distese in un sorriso amichevole e dolce quando si rivolse alle ragazze.
-Mi farò venire in mente qualcosa- replicò Bonitona, ricambiando il sorriso. –Ora, su, smammate! Per tutto il tempo che perdo con voi, perdo il piacere di servire i miei affezionati clienti- aggiunse, calcando sarcasticamente la parola “piacere”. S’incamminò verso la porta con il solito passo sinuoso, lanciò un’occhiata felina a Gouenji e ci aprì la porta.
Mentre uscivamo, guardò il mio gilet e commentò, allegra:- Bel pellicciotto. Preso ad una svendita di animali?
 
xxx
 
La sveglia di Kazemaru suonò impietosa alle quattro del pomeriggio.
-Midorikawa, alzati, c’è l’addestramento- mugugnò Kazemaru. Rotolò fuori dalle coperte e s’infilò rapidamente nel bagno, prima ancora che io prendessi coscienza di chi ero.
Mi girai, strofinando la guancia sul cuscino, e fissai vacuo il cielo grigio fuori dalla finestra. Qualche goccia d’acqua schizzò sui vetri. Il tempo doveva essere orribile.
Mi trascinai fuori dal letto e nel bagno come uno zombie; la missione con i Fubuki ci aveva tenuti svegli durante tutta la notte, tanto che nel momento in cui eravamo rientrati, verso le cinque del mattino, mi ero buttato direttamente sul letto senza cambiarmi, solo togliendo le scarpe. Nessuno ci aveva disturbati fino a quel momento. Ora però ci toccava l’addestramento e Hitomiko ci teneva particolarmente: non ci avrebbe mai permesso di saltarlo.
Frugai nel mio armadio alla ricerca di una normale tuta. Ne trovai una grigia, un po’ stinta, in fondo ad un cassetto (da quanto non la usavo?), la tirai fuori e la misi sul letto mentre mi spogliavo.
Nel frattempo Kazemaru rientrò in stanza; indossava una tuta blu e gialla e si era legato i capelli nella solita coda di cavallo, ora che non era obbligato a tenerli sciolti aveva un’aria più sollevata. Il fatto di essere considerato troppo “femminile” era uno dei motivi per cui non amava portare i capelli sciolti, che però non aveva mai voluto tagliare: li faceva spuntare solo ogni tanto e solo da sua madre, che era parrucchiera di mestiere.
Diedi il cambio a Kazemaru in bagno. Appena entrato il mio sguardo assonnato cadde sullo specchio sopra il lavandino e notai con orrore che avevo ancora addosso l’orribile pellicciotto. Dopo essermi affrettato a gettarlo via con disgusto, finii di spogliarmi, mi sciacquai velocemente il corpo e il viso e mi infilai i pantaloni della tuta. Misi sopra una t-shirt bianca semplice e chiusi la zip della felpa grigia fino a metà petto, lasciando alzato il colletto.
Quando rientrai in stanza, intento a legarmi i capelli, vidi che Kazemaru aveva aperto la porta ed Endou era in piedi sull’uscio. Il ragazzo mi offrì un largo sorriso.
-Ehi, Hiroto è ancora in stanza. Ho paura che si sia riaddormentato, puoi andare tu a chiamarlo?- esclamò. Gettai un’occhiata rapida alla sveglia. Mancavano almeno dieci minuti all’orario d’inizio dell’addestramento.
-Va bene- dissi, grato del fatto che ci lasciassero un po’ di privacy. Avevo avuto pochissimo tempo per vedere Hiroto in quei giorni, ancor meno per parlare.
Raccattai le scarpe che avevo lanciato a caso la sera prima, annodai i lacci frettolosamente, alla bell’e meglio, e poi uscii a passo svelto dalla camera, dirigendomi verso quella di Hiroto.
Endou aveva lasciato la porta aperta e, come da lui previsto, Hiroto era ancora steso a letto: era vestito interamente, ma aveva gli occhi chiusi e un braccio abbandonato sulla fronte. Le sue labbra erano socchiuse, rosee, e sembravano aspettare solo di essere baciate.
Il solo pensiero mi fece arrossire; invece di cedere al desiderio, mi sedetti accanto a lui sul letto e gli scossi una spalla con delicatezza.
Hiroto scostò il braccio dal volto e le sue palpebre si sollevarono leggermente, appena quanto bastava perché intravedessi le sue iridi verdi. Notai, non senza un po’ di allarme, che aveva un notevole paio di occhiaie. Lavorava sempre più degli altri in periodi critici come quello che stavamo vivendo, Seijurou aveva grandi aspettative su di lui e Hiroto si sforzava ogni giorno per soddisfarle; tuttavia, in questo caso non era solo questo: percepivo, insieme alla forte stanchezza, una sensazione di malinconia. C’era qualcosa che lo preoccupava.
-Mmm, ciao- mormorò Hiroto. Sbatté un paio di volte le palpebre, più sveglio, e le sue dita si chiusero intorno al polso della mano che avevo poggiato vicino a lui. –Buon lavoro… com’è andata ieri notte? Successo qualcosa d’importante?- s’informò, aggrottando la fronte. Aveva intuito il mio nervosismo, ma non che dipendesse da lui.
-No, è tutto a posto. Non è esattamente una missione in cui mi trovo a mio agio, ma… ordini, giusto?- Mi sfuggì una smorfia, e cambiai subito argomento:- E tu invece? Tutto bene?
Hiroto esitò, poi annuì e distolse lo sguardo.
Avrei dovuto aspettarmelo: ormai lo conoscevo abbastanza bene da sapere che non si sarebbe confidato spontaneamente. Hiroto era bravo a nascondere le sue debolezze.
-C’è qualcosa che non va, vero?- Il mio approccio diretto ebbe l’effetto sperato.
Hiroto s’irrigidì, i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa. L’avevo colto alla sprovvista, e impiegò alcuni secondi per ricomporsi, ma ormai si era tradito.
-Perché me lo chiedi?- esclamò, poi si morse il labbro inferiore. –Oh, già… empatico- mormorò.
-Anche se non fossi empatico, hai un aspetto talmente orrendo che chiunque capirebbe che stai male, sai- replicai, arricciando le labbra in un broncio.
Hiroto lasciò scivolare la mano sulla mia e osservò con vago interesse il modo in cui le sua dita s’incastravano blandamente negli spazi vuoti tra le mie, come pezzi di un puzzle. Mentre attendevo in silenzio che lui parlasse, rivolsi lo sguardo verso il punto della stanza che per lungo tempo era stato occupato dalla mia brandina. Benché fossi felice di aver riavuto una camera, e quindi un maggiore spazio personale, avevo un piacevole ricordo dei momenti in cui avevo dormito così vicino a Hiroto da poter ascoltare distintamente i suoi battiti, i suoi respiri.
Hiroto sospirò e ruppe il silenzio.
-Mio padre… Seijurou è molto nervoso. Insiste sull’importanza del mio addestramento… credo che ritenga che il mio potere possa essere particolarmente utile…- fece una pausa, io attesi.
-Io… voglio rendermi utile, naturalmente, e so che posso fare di più. Però… non so perché, non riesco a scrollarmi di dosso certi dubbi. Ho una brutta sensazione…
-Sei sotto pressione- dissi, indovinando il suo stato d’animo. Avevo immaginato una cosa del genere. Hiroto assentì distrattamente e il suo petto salì e scese in un altro sospiro.
Mi accorsi che stava esitando.
-C’è qualcos’altro che vuoi dirmi?- chiesi, con tatto, attento a non suonare troppo invadente.
Hiroto si tirò su, lasciò la mia mano e si chinò a frugare sotto il letto. Sussultai interiormente quando lo vidi tirare fuori un vecchio e consunto pallone da calcio che, a sua insaputa, io avevo già visto quando, mesi prima, ero entrato di nascosto nella sua camera. Pensandoci ora, Kazemaru aveva ragione al cento per cento: era stata un’idea veramente idiota.
Mi sforzai di restare impassibile, ma per fortuna Hiroto era troppo immerso nelle sue riflessioni per accorgersi della mia espressione mortificata.
-Io… non sono il vero figlio di Seijurou Kira. Non è un gran segreto… Probabilmente l’avrai sentito dire in giro, girano tante voci su di me… E, del resto, il mio cognome è diverso- disse.
-No, non lo sapevo- risposi in un soffio. –Il cognome… beh, non ci ho mai pensato sul serio, ma avrebbe potuto essere quello di tua madre, no?
-È vero, in effetti è un’idea plausibile. In realtà potrebbe essere così. Non so da quale dei miei genitori venga il mio cognome- ammise Hiroto. -Io… non li ho mai conosciuti. Sono morti in un incidente quando ero piccolo e sono finito in un orfanatrofio dove, a quei tempi, la famiglia Kira faceva beneficenza. È così che li ho conosciuti… e Seijurou Kira aveva già un figlio.- Guardò al pallone con affetto mentre lo rigirava tra le dita. –Noi due eravamo amici, giocavamo spesso a calcio insieme… Questo vecchio pallone era suo. Lo conservo con cura da anni, è così pieno di ricordi…- Sorrise, ma la sua espressione serena strideva a tal punto con la tristezza del suo sguardo che mi venne una fitta al cuore. C’era un preciso particolare di quella storia che non mi era sfuggito.
-Ne parli al passato… questo vuol dire…?
-Sì. Lui non c’è più. È morto in un incidente e i Kira mi hanno adottato un po’ di tempo dopo. Il fatto è che… Seijurou è molto serio riguardo Garshield… direi quasi ad un livello personale. L’incidente che coinvolse il figlio fu un po’ strano, quindi...
-Tuo padre crede che Garshield sia implicato in quell’incidente, giusto?- completai al suo posto.
Hiroto rimase a fissare ancora un po’ il pallone, poi lo fece rotolare nuovamente sotto il letto.
-Sono solo supposizioni. Non ho prove che mio padre pensi questo, e non so se lui stesso abbia prove che facciano pensare ad una cosa del genere- disse, passandosi una mano sul viso e stropicciandosi gli occhi, esausto. –Beh, starò a vedere… Io voglio solo rendermi utile.
Gli cinsi dolcemente il collo con le braccia e lo attirai a me, facendogli appoggiare il viso contro la mia spalla.
-Capisco, ma non affaticarti troppo, okay? Se ti senti troppo stanco, fermati un attimo. Puoi chiamarmi quando vuoi e io correrò a salvarti- bisbigliai.
-Che eroe- mormorò lui, lo sentii sorridere contro la mia spalla. D’un tratto, si staccò e piegò la testa di lato, socchiudendo gli occhi; capii subito cosa voleva e, nonostante l’imbarazzo, lo accontentati con un bacio sulle labbra. Affondai le dita nei suoi capelli e lo tirai leggermente verso di me. Le mani di Hiroto indugiarono sui miei fianchi, poi si sistemarono sulla mia schiena, e i polpastrelli premuti alla base della colonna vertebrale mi fecero venire voglia di sfilarmi la felpa e la maglietta per poter percepire quel contatto direttamente sulla pelle. Hiroto mi morse morbidamente il labbro inferiore, invitandomi ad aprire la bocca; quando la sua lingua scivolò contro il mio palato, cercai di imitare i suoi movimenti, l’imbarazzo soppiantato dal desiderio bruciante di toccarlo.
Ci baciammo per un po’, seduti sul bordo del letto, finché Hiroto non si staccò.
-Sono davvero così orrendo?- chiese Hiroto con una mezza risata. Le nostre labbra erano a pochi centimetri di distanza. Il suo respiro caldo si mischiava al mio e mi solleticava le guance.
-No- sbuffai, senza fiato, con il cuore che martellava nel petto. –Se vuoi saperlo, saresti bello anche con addosso un sacco della spazzatura. Davvero, sei imbarazzante. Dovresti darti una controllata, cioè, con tutta quella gente che ti muore dietro…
-Oh, sul serio? Non me n’ero accorto.- Hiroto rise di nuovo, poi mi spinse via con delicatezza e si alzò in piedi. Mentre sollevava le braccia verso l’alto e si stiracchiava, aggiunse:- Comunque, non devi preoccuparti. Non mi interessa sguazzare nelle attenzioni che mi riservano.
Lo fissai di sottecchi, interdetto.
-Ma scusa, fino a poco tempo fa non ti trattenevi spesso agli uffici a parlare con le impiegate?- non potei trattenermi. Hiroto non rispose subito, ma quando lo fece il suono era tranquillo.
-Quello… lo facevo per Endou- ammise.
-Per ingelosirlo?
-Ah, no, non è così. O forse sì… In parte, forse è come dici tu. Ma per la maggior parte, credo che fosse un modo per fargli capire che mi ero arreso… insomma, che ero andato avanti e non provavo più nulla di particolare per lui.- Parlava lentamente, in modo incerto. Quello era un argomento delicato per lui. Scrutai il suo volto in cerca di tristezza; a parte l’imbarazzo, però, sembrava sereno. Sospirai: ero sollevato dal fatto che avesse lasciato andare del tutto la questione di Endou.
-In ogni caso, è una cosa di cui non ho più bisogno, no? Mi sono reso conto che era anche una cosa crudele, sai, illudere delle persone per cui non avevo interesse, né avevo intenzione di averne in futuro… Per questo non farò più una cosa del genere- continuò Hiroto, sorrise con una punta di malizia. –Anche se devo ammettere che vederti geloso dà una bella sensazione. Credevo di essere l’unico, sono felice di essermi sbagliato.
Spalancai gli occhi per lo stupore.
-Tu… eri geloso di me?!- esclamai. –Cosa… quando?! Perché?!
Hiroto si grattò la nuca con una mano, spostando le lunghe ciocche di capelli rossi, che gli ricaddero sul viso. Le sue guance si erano tinte leggermente di rosa.
-Beh… ammetterai che Diam si comporta in modo decisamente affettuoso con te. Non ero presente in Hokkaido, qualunque cosa sia successo, ma…- mormorò, senza osare guardarmi in faccia.
Io ero rimasto completamente spiazzato da quella rivelazione, perché il pensiero non mi aveva mai nemmeno sfiorato: nella mia testa, il solo fatto che Hiroto potesse essere geloso di me era surreale.
-Non… non devi preoccuparti. Voglio dire, io… a me piaci tu- balbettai, avvampando.
Hiroto sorrise di nuovo. –Lo so- rispose, si chinò e mi rubò un bacio dalle labbra prima che potessi anche solo sbattere le labbra. Nel ritrarsi, i suoi occhi caddero sul proprio orologio da polso.
-Ops, faremmo meglio ad andare. Hitomiko potrebbe arrabbiarsi se non arriviamo in orario- osservò, si infilò le scarpe da ginnastica e andò ad aprire la porta.
 
Alla fine arrivammo comunque con cinque minuti di ritardo, ma per fortuna Hitomiko non era presente e non ci rimproverò. Individuai subito Natsumi che, con un tuta completamente rosa e i capelli ricci sciolti sulle spalle, stava dando ordini ad alcuni membri della squadra americana. Hiroto mi fece un cenno e andò verso la ragazza, forse per discutere riguardo il suo addestramento speciale. Mentre lo guardavo andare via, Kazemaru si avvicinò e mi diede una spintarella.
-Una lunga chiacchierata, mm?- commentò. La mia espressione imbarazzata lo fece scoppiare in una risata allegra e ricambiai la spinta con un leggero pugno su una spalla.
Poco dopo, anche Afuro e Endou si unirono a noi.
-Ma come, vi siete cambiati? Gli strass vi donavano- esclamò Afuro, squadrandoci da capo a piedi con occhio falsamente critico. Pareva che la cosa lo divertisse molto. Endou si mise a ridere e replicò, allegro:- È vero! Sembravamo i membri di un gruppo di idol!
-Un gruppo di idol di dubbi gusti- osservai.
-Per fortuna Maki ha evitato di truccarci. Voleva mettermi un ombretto con brillantini…- borbottò Kazemaru, con un brivido. In realtà, considerato che quella era solo la prima parte della missione, non era improbabile che Maki ci avrebbe provato di nuovo, magari stavolta con successo.
-Parlando di vestiti… non avrai problemi ad allenarti così?- mi rivolsi ad Afuro, perplesso. Al contrario di tutti noi, il ragazzo coreano non indossava una tuta, ma un pantalone di jeans, stivaletti e un maglioncino beige, slabbrato e a maniche corte, che su chiunque altro sarebbe sembrato un sacco di iuta (ma su di lui no; Afuro era un’altra di quelle imbarazzanti persone a cui stava bene tutto).
-Puoi muoverti bene così?- aggiunsi.
-Beh, perlopiù starò in piedi nel poligono di tiro, quindi non dovrei avere problemi- rispose lui, scrollando le spalle. –Al massimo mi chiederanno di aiutare Hiroto, ma per quello oggi c’è anche Kruger, quindi non saprei…
-Kruger ha qualcosa tipo… lettura della mente?- Endou esitò mentre fissava pensieroso il punto in cui Hiroto e la Spy Eleven americana stavano parlando.
-Non proprio, ma c’entra con la manipolazione della mente. Può trasmetterti in mente delle immagini vere o false, insomma, quello che vuole lui- precisò Afuro.
-E tu? Anche il tuo c’entra con… la “manipolazione della mente”?- intervenni, ansioso.
Afuro mi sorrise con benevolenza. –Non preoccuparti, nessuno farebbe mai del male a Hiroto. È solo allenamento- mi confortò. Si mise le mani in tasca e abbassò lo sguardo sul pavimento. 
–Ma tornando alla domanda…- cominciò, poi si fermò , succhiandosi le guance. –Beh, sì, potremmo dire che anche il mio dono è una sorta di “manipolazione”. L’hanno chiamato spesso “incantesimo”, “persuasione”, o altri nomi del genere. Ma non importa come si chiami. L’unica verità è che se io ordino a qualcuno di fare qualcosa, non ha praticamente scelta se non farla. La persona in questione entra in una specie di trance e… beh, in pratica è alla mia totale mercé, puoi solo immaginare cosa potrei ordinarle di fare… Terrificante, no?
Non risposi. Probabilmente la mia espressione era molto chiara di qualunque parola.
Afuro continuava a fissare il pavimento.
-Mi chiamano Aphrodi, come la dea greca Afrodite, perché lei aveva dei modi molto… persuasivi. Era una seduttrice, sapeva convincere gli altri ad assecondarli. E poteva essere molto crudele- disse, scosse il capo con un sorriso. –Comunque, il massimo che faccio è spedire qualcuno al bagno, come ho fatto ieri con quei tizi che mi importunavano al locale, e Hiroto non ha nulla da temere da me. Grazie alla sua capacità, ha sempre avuto una buona resistenza al mio potere, fin da quando eravamo al centro di addestramento… anzi, direi che, anche se non ne è completamente immune, è l’unico che sa opporre una certa resistenza al mio potere persuasivo.
-Quindi Hiroto si sta davvero allenando per imparare ad annullare i poteri altrui…- mormorai, ripensando a quanto mi aveva detto Gazel.
Afuro annuì. –Oh, è già capace di farlo. Ma meglio tenersi in forma, no? Soprattutto in periodi così critici, è meglio avere più armi possibili- affermò, deciso.
-Hai perfettamente ragione- intervenne Kazemaru. Mi girai a guardarlo e notai che aveva un’espressione seria e determinata.
-Dobbiamo impegnarci tutti al massimo!- aggiunse, stringendo i pugni, girò i tacchi e si diresse a passo svelto verso il poligono di tiro. Lo seguii con lo sguardo e lo vidi avvicinarsi a Diam che, circondato dagli altri ragazzi della sua squadra, stava gareggiando con Nepper per vedere chi riusciva a colpire più volte un manichino a circa venti metri da loro. Kazemaru si fece largo tra le persone, interruppe e la competizione e si rivolse direttamente a Diam: i due parlarono un po’, poi il castano annuì con un sorriso eccitato. Kazemaru parve sollevato.
-Cosa sta facendo?- domandai a Endou, nella speranza che lui potesse chiarire i miei dubbi.
-Ah, ti ricordi quello che è successo l’ultima volta…? Ichirouta ha deciso di sfruttare meglio la sua capacità di creare “vuoti” d’aria, e credo che allenarsi con Diam lo stimoli- rispose lui.
–Capisco- commentai, non potendo reprimere un sorriso divertito. –Vanno più d’accordo di quanto mi aspettassi…- E ne ero felice, visto che avevo paura del contrario.
-Certo, una volta che Ichirouta ha capito che era stupido esserne geloso- esclamò Endou con una risata. Scossi il capo ed incrociai le braccia. Diam aveva portato parecchio scompiglio, a quanto pareva… Da quando ero così popolare, accidenti? Il solo pensiero mi faceva ridere.
-Endou, vuoi darci una mano qui?- gridò Hiroto dall’altra parte della stanza.
-Certo, arrivo!- gli rispose Endou, salutò rapidamente me e Afuro e corse dal suo partner. Intorno a Hiroto si era raccolto un bel gruppetto di gente: non c’erano solo gli americani (tra cui riconobbi Mark Kruger e il biondo con gli occhialoni), ma anche Natsumi e un paio di ragazzi dalla pelle scura, quasi color cioccolato, che immaginai far parte della squadra africana. Uno dei due indossava una bandana azzurra, e i capelli che gli ricadevano su parte del viso mi ricordavano quelli di Kazemaru; l’altro era più alto, con capelli blu scuro e occhi di un nero brillante, e osservandolo più attentamente mi resi conto che si trattava proprio della Spy Eleven africana, di cui però mi sfuggiva il nome.
Lui e Natsumi stavano discutendo animatamente, o meglio lei lo stava rimproverando su qualcosa; il rossore che le si era diffuso sul viso, però, tradiva i suoi veri sentimenti verso l’altro. spostai lo sguardo su Hiroto, che stava parlando con Kruger e con Endou.
-Ah, guardate, c’è Reize! Reize, vieni ad allenarti con noi?
Un grido femminile mi strappò all’improvviso alla mia attenta osservazione e mi riportò alla realtà.
Tornai a fissare la zona del poligono e vidi Ai che si sbracciava e saltava sul posto per farsi notare. Accanto a lei, Shuuji aveva ancora il tutore alla spalla, ma per il resto lui e il resto della squadra sembravano essere in forma.
-Andiamo?- propose Afuro, sorridendomi. Annuii e raggiunsi il poligono senza esitare: anch’io dovevo darmi da fare.

 
xxx

 
La meta che i Fubuki avevano scelto per la nottata successiva era il parco di Ueno, che di notte doveva essere molto meno piacevole che di giorno. La loro conoscenza di tutti i posti più pericolosi della città sarebbe stata sconcertante, se non fosse stata anche assolutamente prevedibile.
Anche stavolta Maki si era sbizzarrita con i vestiti, solo che invece di strass e brillantini ci aveva coperti di indumenti strappati, sbrindellati, graffiati. Diam mi aveva confidato che si erano divertiti tantissimo ad accanirsi sui jeans con le forbici. Ah, la moda.
Per arrivare al posto designato avremmo dovuto prendere un treno, quindi ci incamminammo verso la stazione. Erano le dieci e mezza e il cielo era scurissimo, coperto da nuvoloni che ingoiavano stelle e luna, e l’oscurità delle strade, a malapena schiarita dalla luce circolare dei lampioni, appariva tanto fitta da essere asfissiante.
D’un tratto, Gouenji smise di camminare e sollevò lo sguardo verso l’alto. Aveva un’aria tesa. Endou gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
-Qualcosa non va…?- chiese. Gouenji non rispose e continuò a scrutare il cielo buio: i suoi occhi si strinsero come se stesse cercando di individuare qualcosa.
Tutto il gruppo si fermò; i due Fubuki, che camminavano in testa, si girarono a guardarci perplessi.
-Ehi, che succede?- esclamò Atsuya. –Vedete di darvi una mossa!
-Aspetta un momento! Gouenji ha visto qualcosa!- gli gridò Endou in risposta. In quel preciso momento, Gouenji aprì le mani e le sporse davanti a sé e un delicato origami di carta rossa, raffigurante un uccello dalle lunghe ali, si posò sui suoi palmi.
-Una fenice…- sussurrò, e la fenice di carta cominciò a bruciare a partire dalle ali: in una manciata di secondi venne avvolta interamente dalle fiamme e si frantumò in coriandoli di cenere. Gouenji chiuse il palmo, si voltò di scatto e cominciò a correre nella direzione opposta a quella in cui stavamo andando.
-Ehi, porcospino, che diavolo ti salta in mente?! La stazione è da quella parte!- sbraitò Atsuya, stupito e contrariato.
-Dobbiamo tornare a Kabukicho!- lo contraddisse Gouenji, senza smettere di correre, e noi, senza esitare, lo seguimmo.





Note:
Kabukicho = quartiere di Tokyo famoso soprattutto per la sua vita notturna e i locali a luci rosse
Dansā Kasai = “Danzatrice di fuoco”
midori = liquore al sapore di melone, chiamato così per via del colore verde chiaro





**Angolo dell'Autrice**
Buonasera :)
Questo capitolo è stato scritto con forte ispirazione, e devo dire che mi piace molto!
Prima di tutto, è stato bello poter approfondire un po' Shirou e Atsuya. Visto che nell'anime Shirou è continuamente circondato di ragazze, mi piaceva l'idea che usasse il proprio fascino per ottenere informazioni, senza nemmeno farsi troppi scrupoli (lui e Atsuya non sono proprio dei bravi ragazzi in questa fic, lol). E Atsuya preferisce che Shirou flirti con le ragazze piuttosto con Gouenji, questo è poco ma sicuro XD
Le due ragazze che compaiono nella prima parte, con il ruolo di "informatrici", sono personaggi realmente esistenti nell'universo inazumiano: si tratta di Nitou Honoka/Bonitona e Hasuike An/Rean, entrambe giocatrici della Prominence (e, visto che questa è la squadra di Burn, potrete ben capire perché ho scelto di dare loro dei poteri legati al fuoco!). Anche i "tipi" in cui sono catalogati i drifters vengono direttamente dal gioco di Inazuma e sono Fuoco, Montagna, Foresta e Vento (grazie ancora a Raffaele, che non solo mi ha fatto da beta, ma mi ha anche illuminato su questo particolare!). I drifters (e in generale tutti i pg dotati di un potere) presenti nella storia ricadono in queste quattro categorie comuni, a parte alcune rare eccezioni. 
Un altro motivo per cui sono felice di aver scritto questo capitolo è per la scena Hiromido - mi dispiace moltissimo non poter inserire più parti romantiche nella fic, credetemi, ma gli avvenimenti si susseguono in modo talmente veloce che Hiroto e Midorikawa a stento riescono a vedersi, figurarsi avere momenti romantici! :'D Inoltre, anche se Hiroto comincia ad aprirsi, ci sono ancora delle cose che tiene nascoste a Midorikawa. La loro relazione, insomma, è ben lungi dall'essersi sistemata e il loro amore deve ancora crescere! 
Infine, ho potuto finalmente svelare il potere di Afuro - ci pensavo da moltissimo tempo e presto sarà introdotto anche nello spin-off, ma ci tenevo a parlarne anche qui. ♥
Grazie a tutte le persone che continuano a seguire la fic, e grazie a quelle che commentano: leggere i vostri pareri mi fa sempre piacere, anche se spesso non ho il tempo di rispondervi ;u;
Bacioni e alla prossima~
                    Roby
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: Melabanana_