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Autore: IleWriters    18/02/2015    2 recensioni
[Storia scritta con Misery007]
Capelli biondi e occhi blu. Capelli neri e occhi viola. Le due gemelle Ilenia e Misery non potrebbero essere più diverse. Nate sotto l'influsso di una cattiva stella, entrambe sono costrette a convivere con un'immenso dolore. Una per via di un dolore che pian piano, segretamente, le sta divorando l'anima. L'altra per la malattia e le sue conseguenze. Una dovrà essere la luce per l'altra. Una le tenebre. I due ragazzi che hanno fatto breccia nei loro cuori dilaniati ce la faranno a salvarle? O le gemelle si autodistruggeranno prima?
Genere: Comico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nathaniel, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologo

 

Era un pomeriggio qualsiasi; uno come tanti altri che c'erano già stati e, come molti altri sarebbero arrivati dopo di quello, quando io e mia sorella, la mia amata gemella, fummo costrette a dividerci. Avevamo solo cinque anni quando ci siamo viste l'ultima volta. Ero andata a giocare al parco, accompagnata da zia Amelia, per giocare con gli altri bambini del quartiere. «Non è bello stare sempre chiusi in casa, vai a fare un giro con la zia e divertiti, ci vediamo più tardi tesoro mio.» Mi disse mamma prima che uscissimo. Già noi uscivano ogni giorno, più o meno alla stessa ora, ma lei no. Lei era sempre chiusa in camera, in quella piccola stanza al secondo piano, la sala con una grande finestra e un'immensa libreria. Era malata la mia cara gemella, soffriva di una malattia che a quell'età io non sapevo pronunciare. Passava tutto il giorno a leggere lei mentre io e zia Amelia andavamo al parco, al cinema, allo zoo o dovunque volessi. Era la mia sorellina adorata lei, ma non aveva il permesso di uscire, mamma aveva paura che Misery potesse peggiorare se veniva con noi, o forse mamma aveva paura che vedessi Misery triste. Quando quel pomeriggio tornammo a casa guardai verso la finestra di quella piccola stanza al secondo piano, era buia e la luce che lei usava per leggere era spenta. Entrando in casa vidi mamma piangere mentre il dottore parlava in cucina con papà.

 

«Perché piangi mamma? Dov'è Misery mamma? Posso andare a giocare con lei mamma?»

 

La mamma non mi rispose, ma mi abbracciò forte continuando a singhiozzare, Misery era peggiorata ed era giunto il momento che partisse. Quel giorno non lo sapevo, ma quando diventai più grande capii che la mamma piangeva perché sperava che quel giorno non arrivasse mai, quel giorno aveva dovuto salutare papà e Misery prima di vederli sparire verso Seattle e verso la clinica che avrebbe tentato di guarire la mia fragile sorella, mentre noi rimanevano qui ad aspettare fiduciose il giorno del loro ritorno, giorno che finalmente era arrivato.

 

 

Tredici anni dopo...

 

Seattle

 

Mi volto per l’ultima volta ad ammirare quella stanza, la stanza dove avevo trascorso gli ultimi anni della mia vita, quelli in cui per tutti io ero solo la fragile ragazza malata. Le pareti sono bianche candide come il giorno in cui io e mio padre arrivammo qui a Seattle, non ci sono segni di chiodi per appendere quadri, non ci sono cornici per contenere foto, non ci sono segni di scotch per attaccare poster alle pareti, non ci sono e non c’erano mai state. In quella stanza ci sono soltanto delle asettiche pareti bianche, un grande orologio e tanti scatoloni ricolmi di libri, di disegni e di vestiti. Finalmente posso tornare a casa e abbandonare questa camera, questo piccolo appartamento confinante alla clinica in cui fui portata d’urgenza a soli cinque anni. Ero peggiorata all’improvviso e pur essendo così piccola sapevo benissimo che prima o poi sarebbe successo.


 

«Purtroppo le nostre ipotesi erano corrette, vostra figlia ha contratto un meningioma al cervello, per ora è benigno, ma se non viene curato alla svelta potrebbe diventare maligno, il che avrebbe spiacevoli conseguenze.» Disse il dottore a mio padre quel triste giorno di tredici anni fa.

 

Io soffrivo di allucinazioni, ero sempre molto pallida, dimenticavo molte cose, ma le cose che più spaventavano i miei genitori erano i miei continui svenimenti. Quando il dottore certificò i loro sospetti papà decise di portarmi nella miglior clinica che trovò, peccato che questa si trovasse qui a Seattle e non a Parigi vicino a mamma e ad Ilenia.


Già Ilenia chi sa come era diventata con gli anni la mia adorata sorella gemella? Chi sa se mi riconoscerà al mio ritorno? Chi sa se ha mai pensato a me in questi anni?

 

«Tesoro hai finito di riempire gli scatoloni con le tue cose?» La voce di papà mi arriva alle spalle e mi fa spaventare a morte, non mi sono nemmeno accorta che è entrato in camera.

«Sì papà, è tutto pronto.» Detto ciò gli sorrido.

Papà è l’uomo più dolce dell’universo e non so dove sarei se lui non mi fosse rimasto accanto per questi lunghi e pesanti tredici anni.

 

Mi sono vestita in modo semplice e comodo, in fondo è solamente un viaggio in aereo non è una sfilata per cui non mi preoccupo più di tanto. Mi guardo allo specchio, un ultimo controllo prima della partenza, sono pallida, come sempre, però i miei occhi violacei brillano all’idea che finalmente posso tornare a casa, nella mia vera casa. Un paio di ballerine viola ai piedi, calze nere, un paio di stretti jeans di denim nero, un semplice ed elegante gilè del medesimo tessuto e colore dei jeans sovrasta una maglia viola a maniche lunghe, l’intero stile è completato dal mio amato basco viola elegantemente posato sopra i miei lunghi e lisci corvini capelli che mi arrivano a metà della lunghezza della mia schiena. Se non fosse per la chemioterapia ora probabilmente sarebbero decisamente più lunghi e belli, penso malinconicamente. Vado in cucina e poco dopo partiamo verso l’aeroporto dove già ci attendono Armin e Alexy, i miei migliori amici al mondo, i due gemelli più affidabili che esistano sulla terra.

Un mese fa non avrei saputo in alcun modo come dire loro che sarei tornata a Parigi e che non sarei più tornata, ma fortunatamente non fu necessario dato che Alexy in lacrime mi disse.

 

«Misery ci trasferiamo in Francia, papà ha trovato lavoro a Parigi e quindi non potremo più vederci.» A quelle parole gli saltai al collo abbracciandolo e piangendo come una fontana, non sapevo come dirgli addio ed invece avevo scoperto che anche lui sarebbe partito.

«Torno a Parigi, dove sono nata, tra un mese, ho concluso il mio periodo di cura, il cancro è stato curato e finalmente tornerò a casa, che bello sapere che ci sarete anche voi.»

 

Quel giorno concordammo insieme il giorno della partenza ed ora sono qui, su un aereo diretta in una delle città più belle del mondo, volo A0927, posto B17, siedo accanto ad Alexy e Armin, che almeno per una volta non è rapito dalla sua adorata macchinetta diabolica, come adora chiamarla Alexy. Per gran parte del viaggio racconto loro ciò che ricordo della città in cui sono nata, della mia casa per come la ricordo, della mia piccola stanzetta ricolma di libri e illuminata da quell’immensa finestra, quella minuscola stanza al secondo piano, parlo loro della mia adorata madre, ma soprattutto della mia amata sorella gemella che dopo tredici anni finalmente potrò rincontrare. Adorata Ilenia spero tu non ti sia scordata di me, sto tornando a casa.


Angoletto delle autrici:

Buona sera a tutti :D finalmente dopo un'anno che io e Misery si diceva di scrivere insieme una Fan Fiction ci siamo riuscite! E dire che solo il prologo è stato tipo un parto è dire nulla :) speriamo che vi piaccia la nostra idea :)
Cercheremo di pubblicare in modo regolare, ma tra Misery che quest'anno da la maturità e io che tra scuola e impegni pomeridiani sono sommersa, non vi possiamo promettere nulla >.<
Beh se il prologo vi è piaciuto fatecelo sapere :)
Baci e abbracci :D
IleWriters & Misery007

 

Pubblicato il: 18 febbraio 2015

  
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