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Autore: Herm735    18/02/2015    5 recensioni
Quando Callie Torres si trasferisce da Miami ad un paesino vicino Seattle le prime ragazze con cui stringe amicizia fanno parte della squadra di calcetto femminile del suo liceo, un mondo da cui Callie è subito affascinata. Liceo, primi amori, calcetto e Calzona.
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Addison Montgomery Sheperd, Arizona Robbins, Callie Torres, Meredith Grey, Teddy Altman
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Scusate infinitamente il ritardo! Buona lettura!






Le mie mani

“Stamani sono passata a casa tua, ma Aria ha detto che eri già a scuola. Con chi sei venuta?” mi chiese Addison, vedendomi.
“A piedi” risposi dopo un secondo di incertezza.
“Oh. Perché?”
Io sospirai.
Non volevo fare il viaggio in macchina con Arizona.
“Avevo bisogno di pensare.”
“Ok” rispose in modo scettico. “Stasera andiamo a mangiare una pizza, passo a prenderti?”
“A dire la verità non ho molta voglia di uscire. Credo che stasera mi servirà per riprendermi dalla partita di ieri” finsi un sorriso e me ne andai, prima che avesse l'occasione di insistere.
Per il resto della giornata cercai di evitare tutte le ragazze della squadra. E anche il giorno dopo. E ci riuscii. Ma qualcun altro, invece, mi trovò mentre ero in un angolo del cortile.
“Callie.”
“Mark.”
“Volevo chiederti scusa per come mi sono comportato con te. Non è da me insistere così tanto. E non lo farò più, mi farò da parte, come mi hai chiesto.”
Io finsi un sorriso, mentre lui si voltava.
E poi pensai che non avevo neanche un solo buon motivo, uno solo, per continuare a rifiutare i suoi inviti ad uscire.
“Mark?”
“Sì?” si voltò di nuovo verso di me.
“Magari potremmo essere amici” proposi, sentendomi in colpa per l'aria triste che aveva.
Sembrava diverso dal solito. Se solo avessi capito prima cosa stava cercando di ottenere, mi sarei risparmiata un sacco di dramma.
“Stasera non ho impegni. Se ti va possiamo trovarci da Luigi alle sette” propose.
Quella era la pizzeria dove ci trovavamo di solito quando eravamo tutti.
“Certo.”
Non riuscii a dire di no, anche se davvero non avevo voglia di uscire da sola con lui.
“Solo come amici” mi affrettai a chiarire.
“Solo come amici” acconsentì, sorridendo a trentadue denti e andandosene.
Ma chi prendevo in giro? Mark Sloan non conosceva il significato della frase 'solo come amici'.
A dire la verità mi sorprese, però. Arrivò in anticipo, prima di me. Parlò per tutta la sera di argomenti che interessavano entrambi, evitando battute inappropriate. Si offrì di pagare il conto alla fine della cena, ma io appoggiai una mano sul suo braccio.
“Siamo qui come amici. Il conto lo dividiamo a metà” gli rivolsi un piccolo sorriso.
Lui acconsentì.
Mi voltai per prendere il giacchetto e vidi Arizona, ferma vicino alla porta, che mi guardava come se mi avesse visto avvinghiata al ragazzo di fronte a me. Con lei c'erano anche Addison e Teddy.
Sentii lo stomaco fare una capriola.
Con Mark ero stata bene. Era simpatico, di bell'aspetto, e anche se un po' troppo sicuro di sé era un ragazzo apposto. Ma il mio stomaco non faceva le capriole quando incrociavo il suo sguardo dall'altra parte della stanza.
Arizona uscì. Pagammo il conto e poi Mark mi accompagnò fuori, aprendo la porta per me. Lei era ancora lì. Quando mi vide uscire mi venne incontro. Poi vide Mark uscire dietro di me. Allora si fermò, ed aspettò che facessi qualcosa, appoggiandosi con la schiena alla parete e sparendo alla vista sia mia che di Mark.
“Senti devo andare. Mi sono divertita stasera, saresti un buon amico Mark.”
“Tutto qui? Andiamo, neanche un bacio?”
“Credevo che fossimo d'accordo sull'uscire come amici” risposi, camminando all'indietro in direzione di Arizona. Iniziavo ad essere impaziente. Infondo, ero riuscita a stare lontano da lei per due giorni. Era come far smettere di bere un alcolista in un paio d'ore. Traumatico.
“Nah, quello è qualcosa che si dice” mi venne incontro. Non aveva notato Arizona, appoggiata al muro della pizzeria, ma lei poteva sentirci parlare, ne ero sicura. “Ho parlato di cose noiose per tutta la sera, mi sono comportato bene, non ho fatto battute, mi merito un bacio, come minimo.”
Io risi amaramente.
“Avrei dovuto aspettarmelo, credo. Ecco che mi merito per aver pensato che infondo potessi essere un bravo ragazzo.”
“Oh, andiamo, se avessi voluto un bravo ragazzo non saresti uscita con me.”
Io scossi la testa e mi voltai.
“Pensavo che volessi un vero uomo, per cambiare, invece di uscire con la tua amichetta lesbica.”
Io mi bloccai in mezzo alla strada.
Si accorse che quella era stata l'unica cosa che aveva attirato la mia attenzione.
“Ah, vedo che ho toccato il punto giusto. Sai, capirei se te la fossi scopata. Voglio dire, se potessi anche io me la scoperei. Scommetto che le piacerebbe. Anzi, penso che si scorderebbe perfino il tuo nome dopo.”
Quell'ultima frase la sentii forte e chiara rimbombarmi nelle orecchie. Mi dava fastidio. Mi irritava, perché avrebbe potuto avere ragione.
Fu allora che Arizona capì cosa avrei fatto. Le vidi uscire da dietro l'angolo mentre mi voltavo verso Mark.
Sarebbe bastato un secondo in più, solo un secondo.
Arizona mi si mise davanti mentre stavo per colpirlo, bloccandomi il braccio semplicemente appoggiandoci una mano sopra. Il suo tocco gentile mi paralizzò. In un attimo, anche Teddy e Addison si misero in mezzo, intimandogli di andarsene.
“Che c'è, volevi colpirmi?” rise. “Sei solo una ragazza.”
Si voltò, iniziando a camminare.
“Codardo” lo accusai.
Si bloccò subito. Sapevo che era l'insulto che più lo infastidiva in assoluto.
“Torna indietro e ripeti quello che hai detto davanti a me e giuro che ti darò la lezione di rispetto che meriti.”
Lui si fece strada tra Addison e Teddy, mentre io feci scudo ad Arizona col mio corpo, tenendola poi indietro con il braccio sinistro.
Quello che né lui, né Arizona sapevano, era che sia a Miami che nella nuova casa avevo un sacco da box nel seminterrato, con cui mi allenavo quasi tutti i giorni.
“Potrei scoparmi la Robbins molto meglio di te.”
Ci fu un momento, a qual punto, in cui tutto fu calmo. Teddy e Addison trattennero il fiato, Arizona continuò a tirare all'indietro il mio braccio sinistro con poca convinzione, Mark mi guardò con aria di divertita soddisfazione ed io lo guardai negli occhi.
Non c'era rumore.
“Non ne vale la pena, Calliope.”
Io annuii, sorridendo appena. Poi mi voltai leggermente di lato. Arizona pensò che avessi deciso di lasciar perdere e andarmene, così fece velocemente alcuni passi indietro, sperando che la seguissi.
Poi aggrottai la fronte.
“Ripensandoci” sussurrai.
Lo colpii, centrando in pieno il suo occhio sinistro.
Urlò, indietreggiando. Addison e Teddy si guardarono. Nessuna delle due lo disse, ma sapevano entrambe che era arrivato il momento che qualcuno desse una lezione a Mark per quello che aveva detto di Arizona. E avrei giurato di aver visto entrambe tentare di nascondere un sorriso.
“Già. Ne valeva totalmente la pena.”
Arizona non rispose. Mi afferrò per le spalle, costringendomi a camminare verso casa.
“Che diavolo credevi di fare?” iniziò quando fu sicura che non ci avrebbero sentito. “Avrebbe potuto stenderti, se ne avesse avuta l'occasione” alzò la voce.
“No, non credo” sussurrai, sorridendo appena.
“Calliope, smetti di parlarne con aria così soddisfatta. E levati quel sorrisetto dalla faccia. Avrebbe potuto reagire molto peggio. Che diavolo pensavi di fare?” chiese di nuovo, quasi urlando.
“Prendere il suo strafottente culo a calci. Ecco cosa.”
Continuò a trascinarmi tenendo saldamente la presa sulle mie spalle anche quando chiaramente non ce n'era più bisogno.
“Ti rendi conto che avrebbe potuto ridurti in briciole, non è vero?” chiese, sempre ad alta voce. “E tu eri disposta a lasciarglielo fare. Per provare cosa, esattamente?”
“Che non ti scorderai il mio nome. Tutto qui. Semplicemente.”
Rallentò, fino a fermarsi.
La strada era totalmente deserta.
“Che c'è?” le chiesi, quando si mise davanti a me e mi guardò negli occhi.
“Come potrei scordarmi il tuo nome?” mi chiese dolcemente.
Io scrollai le spalle.
“Non vuoi qualcosa di serio con me. Se, come hai detto tu, tra due anni prenderemo strade diverse, potresti scordarti il mio nome, tra una ventina, forse trent'anni. E così io almeno avrò avuto la soddisfazione di aver fatto un occhio nero ad un tipo che mi ha detto quanto gli piacerebbe scoparti.”
“Promettimi che non farai mai più una cosa del genere.”
Io non risposi.
“Promettimelo” insistette.
“Non posso promettertelo, Arizona. Non posso, perché quando si arriverà alla scelta tra fare la cosa giusta o proteggerti, io farò la scelta sbagliata ogni singola volta.”
Mi guardò per un attimo, mentre le parole facevano presa su di lei.
E poi mi baciò. E fu incredibile sentire di nuovo le sue labbra sulle mie.
Ricambiai il bacio, anche se - e proprio perché - sapevo che forse sarebbe stato tutto quello che avrei avuto.
Allontanandosi, appoggiò la fronte sulla mia.
“Ok.”
“Ok?” chiesi.
“Proviamo ad avere una storia seria.”

“Mi fa male la mano” ammisi quando ci trovammo davanti alla porta di casa mia.
“Questo è quello che ti meriti per esserti comportata stupidamente” rispose. Mi stava camminando affianco, tenendomi la mano - la sinistra però. “Fammi vedere” ordinò però alla fine dolcemente.
Io le porsi la mano che aveva avuto un frontale con la faccia di Mark.
“Dovresti metterci del ghiaccio” mi disse.
“Entri?” le chiesi, aprendo la porta.
Lei non rispose, ma mi seguì prima in cucina a prendere del ghiaccio e poi in camera mia, al secondo piano.
Mi sedetti sul letto, premendo il ghiaccio sulle nocche sbucciate e doloranti della mano. Lei mi si sedette affianco, appoggiando una mano sulla mia spalla e l'altra sul mio ginocchio.
“Quindi adesso stiamo insieme?” mi chiese. “Cioè, adesso stiamo insieme. Cosa dovrebbe cambiare?” riformulò la domanda.
Io cercai di pensare a qualcosa che avrei voluto cambiare nel nostro rapporto.
“Niente?” proposi infine. “Voglio dire, siamo praticamente sempre insieme.”
“Ci telefoniamo spesso” continuò lei. “Ci diciamo tutto.”
“Quasi tutto” la corressi.
“Quasi- aspetta, come sarebbe a dire quasi tutto?”
“Non mi hai detto che il motivo per cui non volevi stare con me era perché avevi paura che mi sarei spaventata e sarei scappata dalla nostra relazione.”
Lei distolse lo sguardo.
“Ok. Quasi tutto.”
“Questo potrebbe essere qualcosa da cambiare. Forse il passo successivo è eliminare il quasi.”
“Sì. Anche secondo me” rispose, accarezzandomi la schiena. “Come va la mano?”
“Bene. Non l'ho colpito molto forte” risposi. Era vero. Se lo avessi colpito come alcune volte avevo colpito il sacco nel seminterrato, probabilmente avrei potuto rompergli il naso o fratturargli l'osso occipitale. “Hai addosso un profumo diverso” osservai, cambiando discorso.
Lei aggrottò la fronte.
“Profumi di...lavanda” appoggiai le labbra sul suo collo, inspirando lentamente. Lasciai dei piccoli baci sulla sua gola, fino a baciarla sulle labbra.
“Bagnoschiuma nuovo” mormorò distrattamente, facendo cadere il discorso sul pugno che avevo dato a Mark e rispondendo ai miei baci.
“Mi piace” risposi, altrettanto distrattamente.

Il giorno dopo, a scuola, si erano diffuse strane voci su come Mark si fosse procurato un occhio nero. Ovviamente lui non disse a nessuno che ero stata io, e nemmeno mi denunciò. Per il suo ego sarebbe stato un colpo insopportabile.
“Ho sentito dire da fonte certa che è stato un trafficante d'armi venezuelano.”
“April, sta zitta” la rimproverò Cristina. “Mark non è coinvolto in nessun traffico d'armi. È stato uno spacciatore messicano che gli ha venduto roba tagliata male. Lui s'è lamentato e ne ha ricavato un occhio nero.”
Io e Arizona ci guardammo, trattenendoci a stento dallo scoppiare a ridere.
“Ho sentito dire che è stata una ragazza” buttò lì Teddy, sghignazzando.
“Non diciamo sciocchezze per favore. Stiamo cercando di fare ipotesi realistiche” intervenne Meredith.
“Io vado a prepararmi” feci presente, alzandomi.
“Vengo con te” si affrettò Arizona.
Avevamo deciso di continuare a tenere per noi quello che stava succedendo, almeno finché non avessimo avuto una visione chiara di tutto.
“Sei libera stasera?” le chiesi a qualche metro dalla porta dello spogliatoio. “Se non sbaglio mi avevi promesso un appuntamento che non ho mai avuto.”
“Stasera è perfetto” rispose, aprendo la porta dello spogliatoio per me.
Eravamo le prime due ad arrivare.
“Avete saputo dell'occhio nero di Mark?” chiese Izzie, entrando, una decina di minuti dopo, insieme a Meredith, Cristina, Lexie, April, Teddy ed Addison. “Pare che in realtà se lo sia fatto proteggendo una ragazza da un tipo che la stava aggredendo.”
“Ah. Questo è più improbabile della teoria della ragazza che prende Mark Sloan a pugni” rispose Cristina.
“Callie, che hai fatto alla mano?” mi chiese Meredith, notando che stavo tentando di allacciarmi le scarpette senza piegarla.
All'improvviso, ci fu un silenzio innaturale per uno spogliatoio.
“Sono caduta.”
“Si è presa la mano in una porta.”
Guardai Arizona e lei guardò me.
“È caduta.”
“Mi sono presa la mano in una porta.”
Parlammo di nuovo contemporaneamente.
Cristina mi si avvicinò, prendendomi la mano ed esaminandola.
“Non puoi esserti fatta male cadendo, è sul dorso. Ed è solo da una parte, quindi non puoi essertela presa in una porta” concluse.
“Sembra più una bruciatura. Come se l'avessi premuta contro qualcosa” osservò April.
Ormai tutta la squadra era riunita attorno alla mia mano.
“Oh, Lexie aveva delle bruciature simili sul sedere quando usciva con Mark. Bruciature da tappeto.”
“Meredith!”
“Cosa? È vero.”
“Questo non significa che debbano saperlo tutti” disse imbarazzata Lexie.
“Meredith ha ragione. Sono bruciature da tappeto” intervenne Addison, guadagnandosi un'occhiataccia da Arizona. Scrollò le spalle e spalancò gli occhi, come a chiederle cosa avrebbe dovuto dire.
“Un posto un po' strano dove avere ferite da sesso” osservò con disinvoltura Cristina. “A meno che...” spostò lo sguardo dalla mia mano ad Arizona.
“Eravamo sul pavimento di camera mia” buttò fuori Arizona come se l'avessero costretta, arrossendo furiosamente subito dopo. “Le ho premuto le mani contro il tappeto troppo forte e quella sotto si è bruciata” ammise a denti stretti.
Tutte le presenti la guardarono a bocca spalancata, valutando le sue parole.
Ci fu un attimo in cui sembrava che avessero tutte perso l'uso della parola in conseguenza alla scioccante rivelazione.
“Nah” concluse infine Cristina. “Ma ci ero quasi cascata.”
“Voi due insieme?” chiese Lexie con una risatina. “No, non è realistico.”
“Senza contare che tu, Arizona, non hai un tappeto in camera” continuò Meredith.
“E tu che stai in controllo?” continuò Cristina. “Andiamo, potevi raccontare qualcosa di più verosimile, Robbins. Sappiamo tutte che sei più vergine di April, qui” la indicò con il pollice. “E lei è moo-olto vergine.”
A quel punto, sia April che Arizona rotearono gli occhi.
“La domanda interessante è cosa sia così oscuro e sporco da avervi fatto inventare una bugia come questa. E lo scoprirò” ci garantì Cristina. “Oh, sì che lo scoprirò.”
Io a quel punto scoppiai a ridere, uscendo dallo spogliatoio insieme ad Arizona.
Dopo gli allenamenti ci ritrovammo tutte nel cortile della scuola per le convocazioni della partita che ci sarebbe stata tre giorni dopo.
Mentre stavamo aspettando l'allenatrice un gruppetto di ragazzi passò davanti a noi. Tra di loro uno si fermò e avrei indovinato chi anche se non l'avessi visto avvicinarmisi.
“Pronta per il round numero due Torres?” chiese col solito sorrisetto strafottente.
“In qualunque momento tu voglia” gli risposi a mia volta con tono sicuro di me. Ovviamente non l'avrei colpito a scuola. Non volevo farmi espellere. Decisamente no. “Fuori da qui” aggiunsi, come se fosse ovvio.
“Ho saputo che non hai detto a nessuno quello che è successo davvero.”
Io non gli risposi. La verità era che non avevamo detto niente per evitare che si arrabbiasse più di quanto già era e decidesse che poteva denunciarmi, visto che tutti lo avrebbero comunque già saputo.
“All'inizio non riuscivo a capire perché. Insomma, mi hai fatto un occhio nero con un destro dritto in faccia. Io me ne sarei vantato fino alla morte.”
Mi accorsi che tutti i ragazzi nel cortile adesso stavano ascoltando quello che avevamo da dirci.
“Poi ho capito. Non l'hai detto a nessuno perché non volevi che si sapesse che hai provato a stendermi dopo che ho detto che avrei potuto scoparmi la tua ragazza, perché a quel punto avresti dovuto ammettere che la Robbins davvero è la tua ragazza.”
Tenni gli occhi fissi dentro i suoi, lo sguardo duro. Ma mi accorsi anche che tutte le altre guardavano me.
“E scommetto che mammina e papino non sarebbero contenti di venire a sapere una cosa del genere. Peccato. Perché se non avessi avuto paura delle loro reazioni, a questo punto mi avresti dato un altro pugno ed io avrei potuto rispondere a tono, stavolta. Invece in famiglia non credo approverebbero alcune delle tue scelte.”
“Non tutti sono tanto codardi quanto te. Alcune persone affrontano le conseguenze delle loro azioni.”
Lui fece un passo avanti. Ne feci uno anche io.
Eravamo a tre o quattro metri di distanza.
Lo vidi guardarsi intorno. E capii perché aveva scelto il momento della giornata in cui c'erano più studenti in cortile.
“Oh, guarda chi c'è. Aria Torres. Proprio la persona che stavo cercando” si rivolse ad un gruppetto di cheerleader che stavano osservando la scena tra le tante persone. “Scommetto che a te interesserebbe sapere tutta la storia. Perché non le racconti il motivo per cui mi hai dato un pugno, Callie?”
Io strinsi le mani e serrai la mascella.
La verità era che avevo paura della reazione di Aria. Perché? Perché lei, a differenza di Mark, per me contava qualcosa. La sua opinione, per me, contava qualcosa.
Feci un passo avanti. Ma sentii un braccio bloccarmi.
Incrociai lo sguardo di Arizona, dolce, come sempre. E con lo sguardo mi implorava di non farlo, di lasciar stare. Ed io sentii pian piano la rabbia andarsene e i muscoli tesi rilassarsi. Il suo sguardo mi chiedeva di non reagire. E quindi l'unica cosa che potei fare fu rimanere immobile a guardare lei.
“Vieni” mi disse solo. “Andiamo via.”
Ed io andai, guidata dal suo braccio attorno alle mie spalle.

Quando arrivammo a casa a piedi, Aria era già arrivata lì con la macchina.
“Lo sapevo” fu la prima cosa che mi disse. “Giuro che lo sapevo da quando tu e Alexis Connor ve ne andavate in giro a parlare di come aggiustare il motore della vecchia mustang di papà.”
Io mi sentii arrossire. “Aria...”
“Vuoi che ne parliamo?” mi chiese, aprendo la porta di casa. “Scommetto che dovremmo parlarne. Capire come ti senti a riguardo, come mi sento a riguardo.”
“Aria, è il tuo modo di dirmi che la cosa non ti crea problemi?”
Lei scrollò le spalle.
“Callie, io ti prendo in giro spesso. E forse non sempre siamo carine l'una con l'altra. Ma sono tua sorella. Sono dalla tua parte, qualsiasi cosa accada.”
“Potresti parlarne con mio fratello. Scommetto che potrebbe darti qualche consiglio su come evitare la parte imbarazzante” le propose Arizona.
“Oh, tuo fratello!” quasi urlai. “È geniale! Voglio dire, certo, per questa storia, Aria. Ma sai, anche per altre cose. Tim, il fratello di Arizona, è un ragazzo molto simpatico. Scommetto che avreste un sacco di cose in comune” guardai Arizona, facendole capire le mie intenzioni.
“Oh, ma certo!” esclamò quando afferrò il piano. “Vieni, voglio presentartelo.”
Aria aveva capito che stavamo tramando qualcosa. Per nostra fortuna, non aveva capito cosa.
Entrammo in casa di Arizona, e, dopo averli presentati, li lasciammo a parlare del più e del meno, sparendo senza farci notare al piano di sopra.
“Perfetto. Geniale. Tim e Aria sarebbero una coppia fantastica” osservò Arizona, gettando lo zaino sul pavimento.
“Eccetto a Natale” commentai, ridendo. Mi gettai sul suo letto.
“Aspetta, in che senso?”
“Beh, immagina che succederebbe se o loro o noi ci lasciassimo. I pranzi di Natale, le cene del Ringraziamento, tutte le feste in famiglia, sarebbero così imbarazzanti” continuai, ridendo.
Lei si sedette accanto a me. “Credo che allora non ci resti altra soluzione” concluse. “Dovremo rimanere insieme per sempre.”
Io le passai una braccio attorno alle spalle. “Già. Sposarci. Avere dei bambini. Una casa con lo steccato bianco.”
“Polli. Non dimenticare i polli. Almeno tre, sul retro.”
“Hai pensato a dei nomi?”
“Per i bambini?”
“Per i polli” replicai con tono ovvio.
“Giac, Perla e Gas Gas.”
Io risi. “Non sono i nomi dei topolini di Cenerentola?” chiesi, ancora ridendo.
“Può darsi” rispose con tono vago.
Mi baciò, anche se non me lo aspettavo. Risposi immediatamente, e notai subito che era un bacio diverso. Più esigente, in qualche modo. Non mi sfuggì il fatto che eravamo sul suo letto. Come non mi sfuggì quando si sdraiò, ed il modo in cui, senza neanche doverci pensare, finii alla perfezione su di lei.
“Per sempre, dici?” chiesi, tra un bacio e l'altro. “Potrebbe andarmi bene.”
Lei rise. “Per sempre è un sacco di tempo.”
La feci stare zitta con un lungo bacio.
“Direi che è perfetto, quindi” concluse, invertendo le nostre posizioni.
Rimasi con lei e persi la cognizione del tempo, finché mi resi conto di che ora era.
“Devo andare. Passo a prenderti tra un'ora, ricordati che andiamo a cena fuori.”
La baciai a stampo, raccogliendo il mio zaino da terra, ed uscii.
Quella sera avevamo il nostro primo appuntamento.






Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate!





  
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