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Autore: gothika85    19/02/2015    1 recensioni
Il manto stellato, puro velluto trapuntato di diamanti scintillanti, accompagnò la lenta ascesa dell’astro notturno.
La foresta, fino ad un attimo prima ronzante di vita, si acquietò di colpo.
Urla agonizzanti si levarono nel buio della notte.
Impazzite, le foglie della fitta vegetazione iniziarono a frusciare tra loro.
Movimenti impercettibili, ombre illusorie, saettarono tra i bassi rami arrampicandosi fluidamente su per i tronchi secolari, scomparendo alla vista.
Diversi lampi rifulgenti, occhi predatori…
Inquietanti brillii nell’oscurità…
Figure in sincrono depositarono qualcosa a terra, fuggendo di nuovo confondendosi nella boscaglia.
Come fari nella notte, i loro occhi si spensero all’improvviso, riportando i suoni dapprima strappati via.
Riversi a terra, presso i margini del boschetto, furono ritrovati alcuni ragazzi privi di sensi.
Nessun segno di violenza.
Genere: Dark, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Jasper Hale, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Genere: Generale, Malinconico, Dark, Mistero, Sovrannaturale (poi in caso si aggiungono)

Personaggi: Un po' Tutti + Nuovi personaggi

Note: What if..? (E se...?), Crossover

Beta: Folgorata



Un Viaggio Verso L'Ignoto 

Cap.1 - Pensieri, Ricordi ed Omonimie



Ero una stupida, non ero nè la prima nè l'ultima... a cui succedeva una cosa del genere. Sapere di fare la cosa più assurda e insensata eppure …farla ugualmente. Gli avevo appena voltato le spalle e i piedi mi portavano lontano, lontano da lui, senza che io lo volessi. E poi le lacrime, tiepide, che mi inondavano la faccia e facevano sciogliere il mascara. Accadeva e, non a me sola, che il mondo cominciasse a girare irrimediabilmente al contrario. Andare allo sbaraglio nella direzione opposta a quella del cuore. E non poterlo impedire... Desiderare più di ogni altra cosa di abbracciarlo, stringerlo forte, sentire il suo corpo premere contro il mio… quando invece qualcosa di insormontabile irrimediabilmente si metteva fra noi e ci separava… Non ci sarebbero stati più drammi né telefonate, né baci. Nè la mia bocca avrebbe più conosciuto la sua… Fu così che tutto ebbe inizio… nel giorno in cui malgrado tutto, avevo deciso di riprendere in mano la mia vita.
Perdevo conoscenza ogni passo percorso in senso contrario, trasportata dalla massa senza meta alcuna.
Osservavo la moltitudine muoversi, seguendo fili colorati: tante destinazioni diverse per la maggior parte fuorvianti, inesistenti, inconsistenti e mai decise. Come se tutti fossero mossi dai piedi, senza lucidità.
La ragazzina con il palloncino giallo trascinata dalla propria madre nel negozio laggiù; l’uomo in nero, ventiquattrore alla mano con cellulare i-tech all’orecchio impegnatissimo nella discussione d’ufficio… ragazzine vamp con i-pod a tutto volume si tengono per mano attraversando senza guardare la strada trafficatissima… E tanta gente così piena di sé da trascurare persino il motivo per cui ogni santa mattina ci si alza dal letto per intraprendere un’altra giornata, la solita routine, gli appuntamenti catastrofici, i clienti impazziti, il capo su di giri, una casa piena di problemi di ogni sorta… Così impegnati a controllare di mettere un piede davanti all’altro, per evitare di pensare un secondo a se stessi, a tornare a vivere, evitare di essere risucchiati da ipocrisie mediatiche e politiche.
Scossi la testa e m’incamminai decisa alla macchina. Ripensai a quanto avessi perso negli ultimi anni.
Se solo lui non avesse dovuto seguirli. Non aveva potuto opporsi. Avevano avuto paura di me, mi temevano. Non sapevano che le anime affini non possono essere strappate una volta unite. Avevano usato il ricatto morale per allontanarlo da me, e lui, seppur a malincuore, aveva dovuto sottostare alla Sound Future Corporation. Era stata l’ultima volta che l’avevo visto.. I suoi meravigliosi occhi grigio-verdi fuggivano i miei, sapeva a cosa sarebbe andato incontro lasciandomi.
«Tornerò, non so quando ma tornerò. Te lo prometto! Aspettami..» Mi disse improvvisamente serio.
Non era fatto per gli addii, né per gli arrivederci. Il tono che usò mi diede modo di prepararmi alla lunga attesa che ne sarebbe conseguita.
Alla fin fine anche io ero un piccolo frammento trasportato dal corso degli eventi, eppure preferivo far finta di essere ancora padrona del mio destino.
Accesi la radio per abitudine, per avere un sottofondo ai miei pensieri. Sulla stazione italiana stava passando “Lei al Centro %”. Ancora, dopo tutto quel tempo, continuavo a pensare che fosse stata dedicata a me.. scritta per una povera ragazzina ingabbiata in un corpo troppo grande, innamorata delsuo ricordo impresso a fuoco dentro parole non dette, facendosi forza per ritrovarlo, cercando sempre di essere se stessa, andando avanti da sola in mezzo a tanti. Per lui.
Sprofondai, di nuovo quel senso di oppressione al centro del petto. Pensare a lui, anche se indirettamente, faceva male, troppo male.
Osservai il nero del mio mondo; un mondo interno sovrapporsi alla realtà. Mi trovai costretta ad accostare lungo la strada.
Figure senza forma presero a muoversi lentamente strisciando, come fili di fumo s'innalzano: non hanno scopo, non hanno niente, eppure erano li, intorno a me, ricordi spezzati che restano in vita.
S'attorcigliano, intrecciano, si avvolgono su loro stessi cercando di saldarsi in un'unica ombra...
Cammino lenta, lontana dalla luce. Non esiste.. Procedo piano mentre mi sfiorano; cercano di penetrarmi dentro, radicarsi in me, oscurarmi più di quanto non sia già.. Li lascio fare, avverto strane sensazioni.
Il contatto è intimo, placido, voluto, freddo ma caldo insieme..Un abbraccio con la propria anima, nera, trasudante di sangue, vetri rotti, rami spezzati, vischiosa come linfa venosa, dolorosa come filo spinato, eppure resto a farmi del male, proseguendo scalza sugli specchi distrutti, lacerando le piante dei piedi, cadendo e rialzandomi, afferrando con le mani i tronchi immortali tesi verso il cielo sempre più buio, e nel ritirarle scie rossastre colano verso i gomiti, raggrumandosi in goccioloni nerastri e spiaccicandosi nel terreno pieno di vetri.
Nuove ferite, non sento nulla.. Osservo lo sgorgare del liquido come se non lo avessi mai visto prima; gli occhi vuoti, senza luce ad animarli; solo un desiderio..
Sprofondo nelle sabbie mobili, avvolta dalle spirali di fumo vivo, come ali ibride, cercando la causa del mio vuoto interno, li in mezzo alle rovine..Non esiste causa, esiste solo solitudine..
Vago senza scopo, come le ombre nella notte.. Cercando di appartenere, cercando modo di esistenza, ma il destino che le unisce nella sorte è di confondersi e confondere l'impavido viaggiatore.
Un biancore argenteo ancora resiste, non muore, lì davanti..
Linee morbide, vellutate, composizione a scaglie, sparpagliate qui e la, strappate via tempo fa, il nero zozza ancora quelle candide piume condensato e mai più lavato via, sangue..Sangue di vite passate, mai dimenticate; maschere nuove e vecchie crepate e gettate a terra, ceramica consumata, colori opachi, strie su ciascuna di esse; farfalle dalle ali rotte, nere come me..
Quel bianco accecante nonostante tutto, le ali di un angelo..
Mi trovai a sfiorarle cercando di ricostruirle, riuscendo solo ad imbrattarle di più di quanto non fossero già... Terra e sangue, linfa d'anima, due elementi in uno; lacrime e sospiri, i rimanenti.. Gocce rosse, gocce morbide senza tempo, gocce dalla forma di petalo di rosa.. Ne bacio uno dopo averlo portato alle labbra: fresco quasi appena caduto.. soffice, la pelle di un bambino mai cresciuto.. profumato, fragranza dolce, intensa, stordisce i sensi.. lo mordo, vorrei possedere la sua grazia, la sua essenza, vorrei potergli donare consistenza.. ma è solo un petalo.. uno dei sogni perduti o forse ritrovati.. un petalo uguale a quello di altri fiori sparsi sul pavimento di ghiaccio, contrasto perfetto..
Sorrisi forzatamente ai miei vaneggiamenti, risvegliandomi dal mio dolore, oramai quasi del tutto sfocato, e, rigettandolo sotto le macerie del mio cuore, mi diressi fuori città.
La strada proseguiva tortuosa tra le montagne.
Alberi maestosi e verdeggianti brillavano alla luce del sole mattutino. Un paesaggio da film, così bello da non poter essere vero, soprattutto per chi vi si immerge dopo decenni di vita in città nelle quali i parchi sono unica pozza isolae di natura.
Mi mancava la mia cittadina natale circondata dalle montagne appenniniche, colline, boscaglie, natura a perdita d’occhio... E il mare raggiungibile dopo quasi una mezz’oretta. Una distesa morbida, azzurra, con sabbia fine sotto i piedi scalzi… Lunghe passeggiate sul bagnasciuga al tramonto o all’alba, accarezzata dal vento profumato di salsedine a scompigliarti i capelli, mentre, di tanto in tanto, una conchiglia attira il tuo sguardo e ti chiama a raccoglierla.
Che malinconia..
Non sapevo perché la scelta del luogo dell’appuntamento fosse stato deciso così lontano da Salem, ma sperai che con un paio di pieni sarei riuscita ad arrivare a Forks per la notte.
Di tanto in tanto, controllavo la mappa stradale srotolata tra il cruscotto e il sedile affianco. Dopo così tanti anni trascorsi da quando mi ero trasferita in America per ampliare le mie conoscenze, riuscivo a stupirmi ancora di quante città esistessero con lo stesso nome…
Avevo appena passato Vancouver, eppure ero ancora negli States. Se non ricordavo male, esisteva la medesima città al di là del confine con il Canada.
Anche Salem, la mia seconda casa, non era la cittadina passata alla storia per la caccia alle streghe del 1962, strage che poi aveva attraversato l’intero continente in una campagna contro donne e fanciulle in grado di individuare piante mediche, farmaceutiche e distinguerle da quelle velenose o dannose in maniera lieve… Conoscenze tramandate da madre in figlia… Altro che streghe.
“Ma l’ignoranza è sempre stata una brutta bestia, e chi non conosce di riflesso ha una paura folle; tutti ne parlano, uno aizza l’altro, la folla si scatena e la reazione è a catena: omicidio di massa.”
Erano state arse sui roghi persino in Italia.
Non riuscivo a comprendere il motivo di tanto astio, di tanta voglia di violenza e massacro persino contro le proprie figlie… vederle issate urlanti e piangenti sulle pire, incatenate a pali a cui davano fuoco, inneggiando alla morte delle streghe…


Eppure, mentre procedevo verso la mia destinazione, quelle povere ragazze vennero momentaneamente accantonate e ripensai alla telefonata che aveva cambiato la mia intera esistenza.
Alcuni uomini d’affari su ad Olympia, avevano studiato e apprezzato i miei scarabocchi e le grafiche fatte così per gioco e postate sul web. Non so ancora come, ma mi ero trovata in mano la telefonata sul cellulare di un numero infinitamente lungo con una signorina che sciorinava frasi illogiche in un inglese farlocco e velocissimo. Restai muta per un po’ lasciandola parlare senza fermarsi mai.
All’inizio pensai fosse uno scherzo. Così pian piano, connettendo il criceto alla materia grigia le dissi un inglese masticabile di non aver capito nulla, che ero italiana e, se in caso mi poteva mandare un’e-mail in modo che riuscissi a tradurla con calma, così che poi avrei potuto rispondere adeguatamente.
Era stato così che una famosa agenzia di grafica pubblicitaria situata ad Olympia aveva scardinato i sistemi di privacy interni alla rete internet per prelevare le informazioni necessarie a contattarmi. E pensare che con il mio nome d’arte ci sono più di tremila persone diverse in tutto il mondo! Ero stata ben lieta di fare armi e bagagli e partire verso una nuova vita, con il mio adorato computer portatile e la mia micia a pois bianca e nera Kissy.
 
  
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