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Autore: Raven_Phoenix    20/02/2015    1 recensioni
ATTENZIONE: Questa fanfic é l'atteso seguito di "Chocolate and Smoke on the School" quindi consiglio di leggere prima quella ^^
Molte cose sono cambiate da quella partenza, ma molte altre sono rimaste sempre le stesse, come i ricordi che lottano per tormentare Mello. Nuovi e vecchi personaggi daranno vita a nuove avventure deliranti in una delle città più stravaganti e imprevedibili del mondo: Londra
"Dopo circa un’ora, grazie ai pochi e semplici passaggi di: una lunga doccia rigeneratrice, crema idratante per il corpo, asciugatura/lisciatura dei capelli, controllo brufoletti, controllo eliminazione di qualunque pelo superfluo sul mio viso, passaggio di cremine energizzanti, un filo di correttore e scelta dei vestiti con obbligo di abbinare la cravatta al colore dei calzini… potevo dire di avere un aspetto presentabile. Sembravo il perfetto uomo d’affari carismatico, il gilet nuovo di pacca che avevo messo era indubbiamente la chicca della giornata.
Ora si poteva dirlo seriamente: Ecco a voi Mihael Keehl in tutto il suo splendore!"
Mettetevi comodi, afferrate una tavoletta di cioccolato e qualche biscotto al burro by Harrods e buon divertimento!
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: L/Light, Matt/Mello
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tuttiiiiii! 
Vi avverto, non s come sono in potere di essere qui, alle 02.32 del mattino, intenta a smaltire una sbronza particolarmente selvaggia, ma volevo farlo per voi.
(P.S. sono poi successivamente passata a sistemare un po' l'obbrobrio indecente XDD)
Le ultime righe credo di averle scritte in preda ai deliri, era forse l'unica speranza per dire a me stessa che potevo riprendermi, e già che c'ero, avevo trovato il pc aperto su EFP u.u
Un capitolo a dir poco nostalgico, non troppo lungo ma ha i suoi contenuti essenziali, ed é quello che conta, no? XD
(davvero ragazzi, non ho la minima idea di come io stia arrivando a scrivere tutto questo XD jin tonic  e vodka-orange non aiutano PER NIENTE XD chiedo perdono XDDD) 
Spero che il capitolo vi piaccia, come sempre! Buona letturaaaaaa! 



Capitolo 11:
 
 
Erano le 11.30 di una freddissima domenica mattina, e io, incredibilmente, ero sveglio dalle 6.30. Era una cosa che non succedeva praticamente mai, e in effetti se non ci fosse stata Rox, che era piombata a piedi pari nel mio letto strillando in stile Chewbecca, questa eccezione sarebbe rimasta ben lontana dal mio essere. La sera prima ero rimasto in piedi fino a tardi, ricontrollando per la milionesima volta se avessi messo veramente tutto nella valigia, cambiando disposizione a mille volte e sentendomi al livello di qualche psicopatico maniaco dell’ordine.
-Meeeeee’! Ti muovi? Ho già detto a Paul di chiamare il taxi dieci minuti fa, sarà qui a momenti e io non ho intenzione di pagare una tassa extra per l’attesa, mi aspettano duri giorni di shopping!- urlò Rox dal corridoio del pianerottolo mentre si trascinava dietro un immenso trolley lilla e un’altra borsa da viaggio in tinta.
-Quanto rompi, ragazza.- borbottai mentre gettavo un’ultima occhiata all’appartamento, e per poco non andai ad abbracciare il frigorifero dicendogli “mi mancherai, fai il bravo!”.
Con un ultimo, lungo sospiro spinsi fuori dalla porta il mio trolley nero (non tanto più piccolo di quello di Rox) e mi avviai verso l’ascensore.
-Preso tutto?- chiese lei mentre pigiava il tasto del pian terreno.
-Si spera, se ho dimenticato qualcosa sono morto.- risposi scostandomi nervosamente un ciuffo di capelli dal viso.
Quando uscimmo nella hall del palazzo ci trovammo una insolita sorpresa.
-Oh… Ciao, Ryan.- dissi abbastanza nervoso.
Non l’avevo più visto da quando avevo avuto il mio sfogo sentimentale con annesso attacco di panico, e sicuramente oltre a farsi chissà quali pensieri doveva aver letto qualche giornale (e tra l’altro Danielle mia aveva fatto sapere che la notizia era uscita dall’Inghilterra ed era apparsa su parecchi giornali o quotidiani online di diverse nazioni).
Appena ci vide sorrise, il suo solito sorriso ampio e luminoso. Era in tuta da ginnastica e con i capelli scompigliati, doveva essere appena rientrato da una corsa mattutina.
-Ehi, ragazzi!- ci salutò allegro, poi notò le valigie –Siete in partenza?-
-Eh già. Si torna a casa per un po’.- annuii sollevato dal fatto che almeno mi parlasse come prima.
-Grandioso! Andate… ehm… dai vostri amici Chronic Freaks?- disse con fare confidenziale.
-Ecco, lo sapevo che aveva letto.- grugnii picchiandomi una mano in fronte.
Ryan alzò le spalle.
-Beh… era in prima pagina.- disse con aria innocente.
Lanciai un urletto isterico accasciandomi sul trolley.
-Hai visto quanto si preoccupa il ragazzetto? Pazzesco, non ti pare? Vorrei finire io in prima pagina, in qualunque modo.- replicò Rox scuotendo la testa.
-Ma sì, non preoccuparti, non credo che molta gente se lo ricordi ancora, sono quelle notizie che fanno sorridere e il giorno dopo sono già svanite.-
-Lo spero vivamente.- gorgogliai cercando di riacquistare un minimo di dignità.
-La prego si ricomponga, piccola star. Il vostro taxi è arrivato.- annunciò dalla portineria Paul che ci fissava con un ghigno. Era così da quando si era consumata la fatidica notte da leoni. Qualcuno doveva avergli detto o fatto qualcosa di particolare quando dovevamo essere passati dalla hall in preda a visioni mistiche, prima era più che raro vedere quell’uomo sereno e dall’aria di chi amava il suo lavoro.
-Bene, se non ci vedi tornare tra una settimana vuol dire che devono averci arrestati da qualche parte. In caso ti chiameremo per andare ad innaffiare le piante di plastica in balcone.- dissi con fare teatrale mentre inforcavo i miei occhiali da sole e mi stringevo nel cappotto, pronto ad uscire al freddo gelido.
-Ehm… d’accordo, allora è meglio che io continui a tenere d’occhio i giornali.- rispose Ryan cercando di trattenersi dal ridere –Allora buone feste in anticipo, fate buon viaggio.- ci salutò prima di avviarsi verso l’ascensore.
 
Circa dopo un’oretta di traffico finalmente mettemmo piede all’aeroporto, immenso e incredibilmente trafficato, ma cosa ancora più pericolosa… i temibili duty free.
-OMMIODDIO! Guarda questa palette! La devo troppo prendere, e costa COSÌ POCO!-
-Hai detto la stessa identica cosa per tutto quello che hai preso in mano qui dentro.- la frenai per l’ennesima volta da quando eravamo entrati in quel negozio di cosmetica.
Sperai che in qualche modo anticipassero il nostro volo, perché avevo idea che se fossimo rimasti li ancora per molto Rox avrebbe esaurito le sue finanze ancora prima di mettere piede in Giappone, e conoscendo i negozi che si potevano trovare come minimo si sarebbe comprata perfino gli slip della commessa.
Fortunatamente non ci furono ritardi, e quando mi ritrovai finalmente seduto sui comodi sedili della business class la mia mente improvvisamente si mise a vagare. Cos’avrei fatto quando sarei arrivato? Cosa avrei cercato di vedere come prima cosa? Dovevo fare attenzione e aspettarmi qualche crollo psicologico o sarebbe andato tutti liscio? Probabilmente non avrei realizzato davvero dove stavo andando solo quando mi ci sarei ritrovato, nello stesso posto dove sette anni prima avevo salutato tutti, inconsolabile e terrorizzato.
Rox non fu molto di compagnia, solitamente quando ci ritrovavamo a fare viaggi lunghi prendeva una dose da cavallo di tranquillante (altrimenti dopo qualche ora di volo iniziava a diventare ingestibile quanto un adorabile serial killer squartatore) e dormiva praticamente per quasi tutto il tempo, svegliandosi solo per mangiare, ovviamente.
-Ehi, hai sentito Ryuk?- le chiesi nel breve periodo in cui era ancora sveglia, tutta intenta a leggersi mille depliant.
-Sì, ha detto che fa parecchio freddo rispetto a Londra, ma che è tutto tranquillo.- disse con un sorrisetto soddisfatto.
-Mh…- non mi sentivo tranquillo, avevo la netta sensazione che mi sarebbero spettate parecchie sorprese, e non riuscivo a capire se potessero essere positive o negative.
“Coraggio Mello, è solo una settimana, che vuoi che sia?” pensai appoggiando la testa al finestrino ed osservando gli immensi palazzi sparire lentamente sotto di me lasciando spazio alla campagna, è più in là il mare piatto e immenso. Saremmo atterrati di sera, più o meno lo stesso orario in cui sette anni fa ero partito. Chissà se mi sarebbe parso di tornare indietro nel tempo, oppure nel frattempo era cambiato tutto. In fin dei conti, anche se l’Okkaido era un posto tranquillo era pur sempre Giappone, l’ innovazione era dietro l’angolo ogni giorno. Ci speravo davvero…
Mi addormentai e risvegliai più volte, sempre con il fastidiosissimo fischio di sottofondo dell’aereo, alleggerito soltanto da una musichetta d’ambiente e le rare comunicazioni di servizio che ci indicavano l’ora, la nostra altitudine, in che punto preciso eravamo e quanto mancava alla destinazione. Iniziavo a pensare che prendere il volo diretto non era stata una grandissima idea, non c’era modo di sgranchirsi per bene o prendere una boccata d’aria fresca, e la cosa non mi aiutava per niente.
Ripescai il mio vecchio i-pod; l’avevo abbandonato quasi del tutto da quando avevano inventato quella cosina chiamata smartphone con una alta capacità di memoria o quella cosa infernale chiamata Spotify, che puntualmente non funzionava in metropolitana. Non ricordavo nemmeno che canzoni ci fossero perciò azionai shuffle e decisi di lasciarmi stupire. Le prime due o tre canzoni erano di un paio di artisti giapponesi che ascoltai di malavoglia, le seguenti furono scartate dopo aver ascoltato nemmeno mezzo secondo.
Poi accadde.
Nel mio zapping musicale sentii le note iniziali di un pianoforte, e mi soffermai cercando di ricordare che canzone fosse. La melodia mi era familiare ma non ricordavo proprio a chi appartenesse. La voce decisa di una donna accompagnava gli accordi di pianoforte.
Mi ero messo da solo la pulce nell’orecchio e sbirciai lo schermo.
Subito mi diedi dell’idiota per non aver capito subito di cosa si trattasse.
Break In, Halestorm.
Era la canzone che una volta mi aveva fatto ascoltare Matt, e che aveva insistito scaricassi di modo da poterla ascoltare anche quando il suo i-pod era scarico ed usufruiva bellamente del mio.
L’unica occasione in cui l’avevo ascoltata era stata precisamente sette anni prima, e un sorriso incredulo, seppur velato di tristezza, mi incurvò automaticamente le labbra.
L’avevo ascoltata a disco rotto, mentre affrontavo il volo dal Giappone all’Inghilterra. Ore e ore finché la batteria non si era scaricata del tutto, e da quel momento in poi non l’avevo più sentita, nemmeno per caso alla radio o in qualche locale. Mi ero totalmente dimenticato della sua esistenza, e forse era stato meglio così.
Eppure era una canzone così bella… ma così piena di ricordi.
Forse era destino che fosse saltata fuori proprio in quel momento, era come se stessi tornando indietro nel tempo, e non sapevo assolutamente cosa vi avrei trovato.
Le note della canzone in qualche modo mi tranquillizzarono e mi cullarono in un sonno profondo, in un sogno che in sé non aveva un senso, ma che mi ispirava pace e serenità.
Stavo volando, ma non più sull’aereoplano, io stavo volando, non sapevo dove, non sapevo perché. Mi lasciavo trasportare dal vento, pronto ad affrontare qualunque cosa alla quale stessi andando incontro.
 
Venni svegliato da un tocco gentile sulla spalla, e con qualche grugnito poco decoroso aprii un occhio. Una Hostess dall’aria visibilmente stanca mi sorrideva.
-Signore, tra pochi minuti atterreremo, potrebbe gentilmente allacciare la cintura di sicurezza?-
-Che?! Di già?- di colpo ero sveglissimo –Ho dormito per tutto questo tempo?-
-Ci mancava solo che iniziassi a sbavare e saresti potuto essere la copia umana del carlino di Britt.- commentò Rox al mio fianco che nel frattempo rimetteva il suo libro nella borsa (di cui doveva aver letto in tutto mezzo capitolo conoscendola, era tutto per fare la scena dell'intellettuale che dormiva con un mattone sulle ginocchia) e si allacciava la cintura.
Per un attimo sentii il panico montare. Non mi sentivo pronto, credevo di avere più tempo per riflettere su come prepararmi psicologicamente all’atterraggio, e adesso?
Guardai fuori dal finestrino chiedendomi come avessi fatto a dormire davvero così tanto. Eravamo partiti di primo pomeriggio ed ora il sole stava già lentamente tramontando, complice anche del fuso orario della quale avrei nettamente risentito per minimo tre giorni.
Poi guardai in basso, e non riuscii a descrivere cosa provai: ero meravigliato come se vedessi quel paesaggio sottostante per la prima volta, nonostante invece lo conoscessi benissimo. Decisamente più verdeggiante e collinoso rispetto alla pianura sconfinata di Londra, e quasi mi sembrava di poter distinguere diversi posti.
-E insomma, fatti più in là!- sgomitò Rox con la sua solita grazia per poter vedere anche lei –Ommioddio, che emozione!-
-Sì, sì, meraviglioso.- dissi nervosamente facendomi da parte.
Eravamo stati fortunati, giusto il giorno prima una consistente nevicata aveva imbiancato tutto a regola d’arte, tanto che mi chiesi se mi sarei riabituato al gelo pungente invernale. Dovevo andare a ripescare da qualche parte i miei guanti termici, ma poi pensai che molto probabilmente mia madre doveva averci già comprato un completo, sia a me che a Rox, di quelli che nemmeno con meno cinquanta gradi avremmo potuto avvertire il minimo spiffero, premurosa come sempre.
Trattenni il respiro quando le ruote dell’aereo toccarono terra avvertendo una sorta i scossa, un brivido che mi percorse tutta la schiena.
E così alla fine ero tornato davvero. Ora che risentivo la terra ferma sotto i piedi me ne rendevo conto del tutto.
Mi lancia fuori dall’aereo ringraziando di poter finalmente camminare, correre in cerchio, o fare qualunque movimento che nelle ultime ore mi era stato impossibile fare.
-Non riesco a leggere nienteeeee!- fu la prima cosa che disse Rox quando fummo all’interno dell’aeroporto, in attesa dei bagagli. Guardava i mille cartelloni pubblicitari tutti scritti il giapponese smarrita.
-Vorrei ben dire, ho idea che se non avessi continuato a leggere manga in giapponese a quest’ora sarei nella tua stessa situazione.- dissi effettivamente parecchio frastornato.
Recuperammo alla svelta le nostre imponenti valigie, e nel frattempo mia madre mi aveva già chiamato tre volte, ripetendomi che era fuori ad aspettarci.
Passammo tutti i controlli, e io cercai di  fare del mio meglio traducendo per Rox ( e lei mi guardava alienata ogni volta che tiravo fuori una qualsiasi parola in giapponese guardandomi come un fenomeno da baraccone. Effettivamente ora che ci pensavo quando chiamavo mia madre o gli altri parlavamo sempre in inglese, inizialmente prendendolo come un esercizio, successivamente per comodità).
Quando vedemmo finalmente le porte a vetri che davano sull’esterno ero esausto e irrimediabilmente affamato, le mie scorte di cioccolata le avevo finite ore e ore prima.
Individuai subito mia madre che si sbracciava.
-Tesori miei!- esclamò stringendoci entrambi in un vaporoso abbraccio.
-Ciao, ma’.- la salutai venendo però sovrastato dai mille urletti di Rox.
Salimmo in macchina blaterando di tutto e di più, e di tanto in tanto guardavo fuori dal finestrino per controllare che tutto fosse rimasto come sempre. A parte qualche minimo cambiamento ogni cosa era al suo posto. Il chiosco dove prendevo la mia cioccolata, in lontananza avevo intravisto il centro commerciale dove Danielle un tempo aveva il suo negozio, il parco giochi dove andavo da piccolo…
Se per me era tutto perfettamente normale Rox sembrava essere appena atterrata direttamente nel paese delle meraviglie. Era un continuo di “ooooh!” “cos’è quello?” e “fantastico!” mentre schiacciava il naso contro al finestrino.
E finalmente arrivammo a casa. Percorsi lentamente il vialetto, calpestando ogni mattonella, e accarezzando la maniglia della porta.
Casa.
Dopo aver disfato i bagagli e fatto una doccia, bellamente pulito e profumato mi sentivo come se fossi tornato piccolo. Mi ero appostato sulla mia poltrona preferita con una cioccolata calda alla mano. Armeggiando un po’ con i vari canali ero riuscito a trovare un notiziario britannico e stavamo guardando se era successo qualcosa di interessante da quando eravamo partiti. Rox chiacchierava animatamente con mia madre facendo avanti e indietro dalla cucina.
-Avete già qualche programma per cena, ragazzi?- chiese mia madre che inevitabilmente stava studiando quanto potessi essere deperito (se solo avesse saputo quante porcate ultra fritte mi mangiavo normalmente…).
-Non saprei, Ryuk ti ha detto qualcosa?-
-Oh, gesù. Anche Ryuk è tornato a casa?- si sapeva che mia madre aveva sempre nutrito una certa inquietudine verso lo spaventapasseri (ma nonostante tutto ai tempi teneva sempre una riserva di mele in casa).
-Sì, mi ha chiamata prima quando eri i bagno. Ha detto che sarebbe passato tra qualche ora con Babbo Natale.- disse con un sorrisetto enigmatico, e stranamente anche mia madre assunse momentaneamente la stessa espressione.
Le fulminai entrambe.
-Cosa sapete che io non so?-
-Di cosa stai parlando?- chiese Rox nel modo più innocente possibile.
Entrambe alzarono allo stesso modo le sopracciglia.
-Ommioddio, state tramando qualcosa. VOI malefici esseri femminili!- le additai saltando in piedi immediatamente.
-Da quando Ryuk è una… ok, lasciamo perdere.- borbottò mia madre facendo finta di niente dileguandosi in cucina.
-Cosa sta succedendo? Cosa sono tutte queste frasi di circostanza?- bisbigliai a denti stretti.
Rox si esibì nella sua tipica espressione da finta bionda.
-Non ne ho idea!-
-Ti piacerebbe. Con me non attacca, stronzetta.-
-Quanto sei complessato.- mi liquidò fingendo interesse per una notizia alla tv.
Chissà perché ma mi aspettavo che Ryuk si presentasse vestito da Babbo Natale con dei regali improponibili presi al sexy shop giusto per mettermi in imbarazzo, e scuotendo la testa cercai di non pensarci per la successiva mezz’ora che mancava al fattaccio.
Mi ero quasi dimenticato del presunto complotto finché non suonò il campanello.
-Eccolo.- dissi alzando gli occhi al cielo sentendo già parecchio trambusto fuori dalla porta.
Non sembrava solo dalle urla.
-Non ditemi che si è portato dietro tutta la sua famiglia.-
-Beh, potremmo appurare se è lui quello strano o è un gene tramandato nelle generazioni.- commentò Rox sporgendosi dal divano in direzione della porta.
Scossi la testa borbottando.
-Arrivo, arrivo! Vuoi distruggermi tutto il giardino, brutto rincoglionito di lattice?!- dissi mentre armeggiavo con la serratura, che come sempre si inceppava venti volte prima di aprirsi.
Ryuk era sulla soglia della porta, inquietante come al solito. Sorrideva e basta.
-Beh?- alzai un sopracciglio cercando di sbirciare chi stesse facendo tutto quel fracasso dietro alle sue spalle.
Vidi tre distinte figure che sembrava si stessero ammazzando l’un l’altro.
-Giuro, io non ne sapevo niente.- disse Ryuk mentre facevo qualche passo.
Di colpo mi bloccai, certo di poter avere un attacco di cuore all’istante. Non sapevo chi avrei voluto insultare per primo, se Ryuk, Rox, mia madre, l’idiota vestito di bianco che era inciampato e che sembrava si stesse mimetizzando con la neve, il secondo idiota che accovacciato da parte al primo lo fissava senza fare assolutamente nulla oppure il terzo irrimediabile idiota che cercava di non farsi trascinare via dal gigantesco golden retriver che teneva al guinzaglio.
Fu comese mi sentssi ubriaco, barcollai verso di loro, e tutti e tre all’unisono mi videro. Ci corremmo incontro come sopravvissuti a una guerra e in un modo o nell’altro di abbracciammo in mezzo alla neve. Non riuscivo a calcolare i giorni che avevo passato senza quel contatto così particolare, così raro ma che allo stesso tempo sapeva di casa. Erano loro, eravamo tornati ad essere noi, nonostante queste cose non succedessero mai, contavo una volta sola in cui avevo abbracciato tutti, era erano sette anni prima, quando avevo lasciato il Giappone, credendo che fosse per sempre. 
Probabilmente piansi, non riuscivo a comprendere che quel momento fosse reale, e in circostanze diverse mi sarei dato da solo della mammoletta, pronto a piangere alla minima sciocchezza, ma dopotutto non mi importava.
Ero a casa, in Giappone, con Near, Light e Ryuzaki, i migliori amici che si potessero avere, a parte Rox ovviamente.
Forse era proprio il fatto che non me l’aspettassi, ma ero felice oltre ogni limite. Piangevo, e piangevano anche. Eravamo lì, insieme, di nuovo. Anche Light sembrava in procinto di piangere, ma giuro, in quel momento avrei perfino giurato di coprirlo. Io e Near, come sempre, avevamo il tacito accordo di abbracciarci una volta all’anno, ma per una vola, mi dissi, avevamo parecchi anni in arretrato, e una eccezione era ben accetta.
Ora era perfetto.
Non mi importava se Matt non era presente, e non mi importava se mai sarebbe riapparso da qualche parte. Loro erano una cosa diversa, loro erano amici, quelli che nonostante la distanza e il tempo non si sarebbero mai tirati indietro. Quelli che sarebbero rimasti con me.
Ero davvero, finalmente, a casa.





Odiatemi** é da emeriti stronzi lasciarvi così, ma che devo dirvi, l'autrice é ufficialmente ubriaca u___u (GIURO NON STO SCHERZANDO)!!!
Cosa potra mai succedere??
Ragazzi, vi scongiuro, chiedo venia, per stavolta non badate ad errori di battitura o monologhi senza senso XD mi farò perdonare una volta sobria!
Grazie come sempre a tutti, un'infinità di baci **
Raven Sparrow (in questo momento mi sento moooooolto Sparrow, al diavolo Phoenix!)
 
  
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