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Autore: Lady Asia_20    20/02/2015    0 recensioni
Toby è un ragazzo tranquillo, serio e responsabile, che vive ad Amandil, una cittadina del Canada, a ridosso del Lago Manitoba. Si divide tra la scuola, i suoi due amici di sempre, Cheveyo e Marc, il lavoro visto che all'improvviso si ritrova solo al mondo.. Sarà l'arrivo di Nicholas e Riley a sconvolgere la sua vita. Ma loro nascondono un segreto...che condizionerà inevitabilmente la vita di Toby..
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Amandil 3

Capitolo tre.

 

 

Dato che non penseremo mai nello stesso modo e vedremo la verità per frammenti

 e da diversi angoli di visuale, la regola della nostra condotta è la tolleranza reciproca.

 La coscienza non è la stessa per tutti.

Quindi, mentre essa rappresenta una buona guida per la condotta individuale,

 l’imposizione di questa condotta a tutti sarebbe un’insopportabile

 interferenza nella libertà di coscienza di ognuno.

Gandhi

 

 

Erano passati due giorni da quella terribile serata. Nonostante tutto non avevo fatto moltissimi progressi nella ricerca della mia verità. Cheve si era offerto di frugare nella nostra biblioteca di città, per scoprire se quelle leggende di cui parlavano i saggi della tribù, avessero un riscontro scritto o fossero semplicemente favole, come sosteneva Cheve.

Per quanto mi riguardava non avevo fatto nessun passo avanti e le notti insonni a frugare tra le cose della mia famiglia non avevano prodotto alcun risultato. Ero…quanto meno frustrato dalla situazione e anche peggio  i miei sensi si erano affinati a tal punto da rendermi pazzo. Sembrava tutto amplificato, dal mio udito, al mio olfatto, dalla mia vista, alla mia forza.

Erano le due di notte ed ero ancora in cantina a frugare alla ricerca di chissà cosa. Qualche istante dopo sentii il rumore di un’auto in lontananza, non mi ci volle molto per capire che Cheve si stava avvicinando col suo pick up sgangherato. Doveva essere ancora abbastanza lontano ma ero certo che fosse lui. Sospirai e asciugandomi il sudore decisi che forse era meglio tornare in casa.

Arrivai nel salone, feci in tempo a lavarmi il viso e nel frattempo sentii il pick up fare le fusa arrivando sul sentiero sterrato, guardai fuori dalla finestra e il suo viso serio, cominciò a distendersi non appena mi vide affacciato alla finestra. Non aveva il solito sguardo afflitto, la solita cappa di ansia si era leggermente diradata percependo la speranza che albeggiava nel cuore di mio fratello.

Correndo Cheve raggiunge il porticato e poco dopo entra in casa, con un lieve sorriso sulle labbra.

-Ho trovato qualcosa Toby..- disse portando con sé delle fotocopie di articoli di giornali..

Erano vecchi di qualche anno, sicuramente di una decina, ci mettemmo sul grande tavolo in cucina e iniziammo a leggere insieme qualche articolo. Parlavano di Amandil e di una serie di omicidi efferati, sanguinosi e violenti, di cui non si spiegava la ragione.

-A quanto pare all’incirca tredici anni fa qui ad Amandil iniziarono ad esserci una serie di omicidi inspiegabili…- mi disse Cheve con tatto.. –Molti addirittura attribuiti ad animali, anche se in molti dubitavano di questa possibilità..-

-Quindi?- chiesi incerto..

-La cosa molto strana Toby è che quegli omicidi sono terminati dopo..- disse con molto disagio.. –Insomma, non penso voglia dire molto ma..-

-Cheve?- risposi con cautela.. –Sono pronto a tutto davvero.. Non preoccuparti per me…-

Sembrò rassegnarsi e alla fine si decise, sebbene con molta riluttanza. Mi guardò con dolore, perché sentii nuovamente quel peso serrarmi il cuore mentre il mio amico cercava le parole da dirmi.

-Gli omicidi sono terminati dopo la morte di mio padre e di mia madre..- realizzai con un tuffo al cuore..

Cheve era sorpreso, ma non ribatté a quella affermazione. Quegli omicidi senza motivo terminarono una volta che i miei genitori morirono, quindi questo faceva di loro degli assassini?

Sbiancai immediatamente, non potevo e non volevo credere che la mia famiglia uccidesse persone innocenti solo per il gusto di farlo. Era una caso abominevole e crudele. Senza in minimo di cuore.

-Toby…questo non vuol dire che siano stati loro a uccidere quelle persone..- disse con rimprovero.. –Non lo starai davvero pensando? La tua famiglia era buona e caritatevole, mio padre non avrebbe voluto così bene a tuo padre se fosse stato un assassino senza scrupoli..-

-Non possiamo saperlo!!- risposi con furia.. –Mio padre passava molto tempo fuori casa, a volte per molte notti usciva! Io sapevo che andava al lavoro…ma…come possiamo sapere se fosse la verità?-

-Si ma non possiamo nemmeno iniziare a colpevolizzare Tobias! Non abbiamo nessun riscontro che ci porti a pensare che tuo padre fosse un assassino..- disse insistendo.. –Ascolta! Questo articolo è di qualche mese dopo la scomparsa dei tuoi genitori, qui viene scritto che dopo la loro morte non si era più riscontrato alcun episodio violento ad Amandil.. E che la tragica fatalità li aveva portati via, nessuno accusa i tuoi genitori di quei crimini…-

-Non voglio credere che sia così Cheve..- dissi con angoscia.. –Come potrei sopravvivere avendo quel peso sul cuore?-

-Ascoltami…- disse prendendomi saldamente per le spalle.. –Toby i tuoi genitori non erano assassini. Non è possibile! Su questo non transigo, devi avere fiducia..-

-A rischio di mettere sotto sopra questa casa io scoprirò la verità…- dissi sbattendo la mano sul tavolo.. –Io la scoprirò…-

Eravamo sfiniti, dovevamo riposarci un pò per continuare a cercare. Mi guardavo attorno in quella casa e istintivamente mi chiesi dove avrei nascosto qualsiasi cosa che riguardasse un segreto che non volevo svelare. Mi rassegnai alla stanchezza, provavo rabbia e sgomento mentre Cheve mi dava una pacca sulla spalla e mi esortava ad andarmi a riposare.

Quando mi decisi a muovermi mi resi conto che la stanchezza mi stava sfiancando, avevo bisogno di riposarmi altrimenti non sarei riuscito a reggere queste giornate assurde. Salutai Cheve mentre raggiungeva la stanza degli ospiti ed io mi buttai sul letto, ancora vestito, cercando di trovare un senso alla mia vita.

Stava andando tutto a rotoli, ero completamente solo e impotente. Non avevo nessuno a cui aggrapparmi per sapere cosa mi stava accadendo. Mi lasciai scivolare nel sonno a poco a poco, mentre ancora un barlume di coscienza si ostinava a rimanere ancorato nelle mie viscere.

Il sonno si fece più pesante, mentre immagini iniziarono a susseguirsi nella mia mente. Ricordi in cui ero piccolo, con i miei nonni e i miei genitori, che si prendevano cura di me. E ancora visioni in cui mio padre si raccomandava con me, per la sua assenza di qualche giorno, non voleva facessi il discolo facendo impazzire tutti quanti. Sicuramente vi erano momenti che non ricordavano, specialmente uno in particolare, mi ero introdotto furtivamente in una stanza, avevo preso tra le mani un grande libro impolverato e vecchissimo. Ma ero stato scoperto subito, severamente rimproverato dai miei nonni e ammonito amorevolmente da mia madre, che sapeva quanto mio padre tenesse con cura le sue cose. Quel libro era vecchio quanto Matusalemme…

All’improvviso tutto cambia. La notte mi avvolge, mentre sono in macchina, mio padre e mia madre discutono di qualcosa di cui non afferro il significato. Parlano di pericoli, di rischi troppo grandi da sostenere. Si accorgono che sono sveglio, mi sorridono, amorevoli come sempre. Poi qualcosa cambia, sento un rumore tremendo, qualcosa fa sbandare l’auto di mio padre, che si schianta contro un albero. All’improvviso l’immagine cambia, adesso qualcuno mi sta tenendo ben saldo contro di sé, così freddo come il gelo che mi circonda. Mia madre e mio padre urlano di terrore, implorano pietà, supplicano che mi sia risparmiata la vita. Ancora mi sfugge tra le mani una parte di quel ricordo, adesso mio padre mi tiene saldamente le spalle, mi scuote leggermente, sono scioccato e spaventato.

-Toby corri, non fermarti mai tesoro mio..- mi dice abbracciandomi con angoscia.. –Sei tutta la mia vita Toby!! Non devi mai dimenticarlo..-

-Papà vieni con noi..- urlo senza poterlo lasciare andare..

-Malika..- disse a mia madre.. –Per nulla al mondo devi tornare indietro, corri più che puoi.. Proteggilo..-

Adesso sto correndo, mia madre mi esorta a non mollare, a continuare a sfidare le mie possibilità. In lontananza si sentono urla e un combattimento si sta consumando dietro di noi, non capisco cosa stia accadendo. All’improvviso il tocco gentile della mano di mia madre scompare, mi blocco immediatamente terrorizzato, sento solo la sua voce che grida e che mi supplica di correre. Sono solo, è buio, mi guardo attorno e sento qualcosa. Qualcuno..

Quando mi sveglio la mia fronte è imperlata di sudore. Stringo la mano e di nuovo sento quella sensazione assurda, come se qualcuno mi abbia toccato e sfiorato fino a poco tempo fa. Mi alzo dal letto e appoggio la fronte contro la parete fredda, come se potesse aiutarmi a calmare il tumulto del mio cuore.

Cos’era quell’incubo? L’avevo vissuto? O era sola la suggestione di quei giorni?

Cosa significavano quelle immagini?

Scossi leggermente la testa e a poco a poco, mi voltai verso la finestra.

Era aperta..

Mi avvicinai lentamente, convinto che quando ero arrivato in camera fosse chiusa.

No, anzi, era sicuramente chiusa.

Non feci in tempo ad arrivare accanto alla finestra che sentii urlare Cheve.

Mi lanciai velocemente verso la stanza del mio amico, si trovava dal lato opposto in cui si trovava la mia camera da letto, ma in pochissimi secondi mi ritrovai ad aprire la porta. Mi precipitai all’interno e trovai Cheve vestito, mentre intendo a guardarsi intorno mi osservava tramortito.

-Toby…qui c’era qualcuno…- aveva gli occhi spalancati, quasi increduli..

-Hai visto qualcuno?- chiesi con aria preoccupata..

-No…- rispose allarmato.. –Toby è così…c’era qualcuno qui!! Ho percepito qualcosa, credo che mi abbia toccato, sono certo non fosse in visita di cortesia..-

-So che è entrato qualcuno..- risposi con sicurezza..

-Come fai a saperlo?- mi chiede con occhi sgranati..

-La finestra..- risposi con certezza.. –Anche la mia era aperta e sono certo fossero tutte chiuse…-

-Toby questa situazione non mi piace nemmeno un pò…- si agitò percorrendo su e giù la stanza..

-Cheve non è la prima volta che succede..- gli dico con stanchezza.. –All’inizio pensavo che fosse solo la mia fantasia, ma è qualche settimana che qualcuno entra in casa e insomma, anche io ho le tue stesse sensazioni! Di essere toccato..-

-Perché non me l’hai detto?- mi disse ora più incredulo che mai..

-Perché…- ripetei con incertezza.. –Non mi hanno mai fatto del male, chiunque sia sembra entrare ed andarsene con altrettanta velocità! Cosa potevo dirti?-

Il mio amico si sedette sul letto, di rimando mi accomodai accanto a lui.

Allora quelle sensazioni che avvertivo mentre dormivo erano esatte. Il fatto che qualcuno di notte si intrufolasse in casa mia non mi piaceva, forse aveva qualcosa a che fare con i segreti che nascondeva la mia famiglia?

-Questa cosa sta diventando più grande di noi Toby..- mi disse ragionando.. –Chi è entrato è veloce e scaltro..-

-Che intendi?- chiesi stupito..

-Che qualsiasi cosa sia entrata..- mi disse osservandomi rapito.. –è anche più veloce di te..-

Quindi aveva anche notato i cambiamenti nel mio corpo, si era reso conto che qualcosa si era modificato nel profondo del mio essere. Arrossii un istante, imbarazzato dal fatto che sentirmi così alieno, estraneo, mi provocasse questo grande disagio. Cheve mi strinse la mano sulla spalla.

-Quindi l’hai notato..- dissi con un alzata di spalle..

-Beh fratello..- esclamò spontaneo.. –dimmi  come non si potrebbe notare..-

-Già..-

Cercai di controllare quella parte impulsiva di me che avrebbe voluto urlare, disperarsi. Quanto mi mancava la mia vita monotona, scandita dalle solite giornate tutte uguali, con il solo scopo di sopravvivere e di barcamenarsi in tutte le mie difficoltà. Sospirai e quando mi alzai, mi resi conto che forse non ci sarebbe stato più il tempo per quella vita che un tempo mi dava tranquillità. La noia di tutti quei giorni uguali era sempre meglio dell’incertezza di quell’ultimo periodo.

-Domani non verrò a scuola..- risposi con decisione.. –voglio arrivare a un dunque Cheve, inoltre dovrò lavorare nel pomeriggio! Entro domani sera voglio avere qualcosa in mano..-

Cheve annuì con poca convinzione, aveva promesso a suo padre che sarebbe andato a scuola in ogni caso e che per nessuna ragione avrebbe fatto sega. Ma vedevo bene che lo preoccupava lasciarmi solo. Quando arrivai alla porta gli sorrisi incoraggiante e lui ricambiò seppur con esitazione. Lo lasciai solo nel silenzio della sua stanza. Sospirò così forte che mi fece tenerezza e inconsapevolmente l’avevo trascinato in questa situazione. Mi sentivo davvero in colpa.

-Io farò tutto quello che è in mio potere per proteggerlo..- gli sentii dire a denti stretti, con rabbia trattenuta.. –Chiunque tu sia non mi porterai via mio fratello!!! Hai capito? Lotterò…con lui o anche solo…ma lotterò…-

Lui era il fratello che non avevo mai avuto, anche io avrei lottato per lui. Anche io avrei fatto tutto quello che era in mio potere per proteggerlo. Ero in battaglia?

Non lo sapevo, eppure dentro di me provai quella angosciosa sensazione che troppo sangue sarebbe stato versato.

 

Un timido raggio di sole scalda una guancia, mi accoccolo nella sensazione di calore che si diffonde sulla mia pelle e sorrido. Mi piace la sensazione che mi lascia nel cuore, quel calore di famiglia, di affetto. Poco dopo, quella percezione svanisce, lasciando nella mia stanza una sensazione di freddo e desolazione.

La sveglia segna le nove e mezza, mi sento stanco e svogliato. Con fatica mi alzo dal letto e osservo il panorama fuori, sul lago di Manitoba. L’auto di Cheve non c’è più, probabilmente è andato a scuola come aveva promesso ad Adahy.

Quando scendo in cucina vedo un bigliettino, scritto con molta fretta.

“Toby vado a scuola! Prenderò appunti così li dividiamo! Farò un salto in biblioteca, sai perché.. Ci vediamo stasera, ti spiace se rimango di nuovo da te? Forse avremmo cose di cui parlare se saremo fortunati..

A stasera fratello…”

Se saremo fortunati. Già.

Scrollai il capo in segno di diniego, l’odore del caffè si sentiva ancora in cucina. Decisi che una buona colazione non poteva mancare. Presi il latte dal frigo e lo vuotai in un piccolo pentolino per farlo scaldare. Andai in dispensa per recuperare le mie brioches preferite. Nel frattempo mi resi conto che avrei dovuto fare un pò di spesa perché la mia scorta cominciava a farsi scarsa, cercavo sempre di non farmi mancare nulla approfittando delle offerte che mi capitavano sotto mano. Spostai una scatola di biscotti, per controllare quante cose mi mancavano e scontrai un pacco di pasta che andò a finire sotto una mensola.

Non avevo voglia di raccoglierla, ma mi chinai a terra e cercai di recuperare il piccolo pacco a terra. Arrivai con la mano a toccarlo e all’improvviso sentii qualcosa muoversi, mentre traballava tra la parete ed il grande armadio adibito a dispensa. Si vedeva chiaramente un pannello di legno, appoggiato alla bene meglio alla parete, mi chiesi cosa ci facesse lì dietro, ma non mi stupii più di tanto, Meredith e Carlos erano imprevedibili ed anche un pò strani.

Appoggiai il pacco di pasta alla mensola e ritornai in cucina, mentre il latte ormai era completamente caldo. Aggiunsi una sorsata generosa di caffè, lasciai che la saliva mi riempisse la bocca e sorrisi estasiato da quel  profumo invitante. Aprii la mia brioches e iniziai a mangiare voracemente.

Accesi qualche istante la televisione e nel telegiornale nazionale, si parlava ancora di Mary Anne Solz, la ragazza che era stata uccisa proprio lì, accanto a casa mia. Ma le brutte notizie non sembravano ancora terminate, altre uccisioni erano state compiute in tutta la zona del Lago di Manitoba, insieme a Mary Anne le vittime salivano a quattro. Mi accoccolai sul divano con la mia tazza di latte caldo tra  le mani, mentre distrattamente ascoltavo il giornalista che parlava.

Nella mia mente vagava un sospetto. Queste morti improvvise e la mia vita così repentinamente stravolta.

Non potevo e non volevo arrendermi. Non volevo macchiarmi della morte di altre persone se in qualche modo potevo impedirlo. Bloccai per un istante il mio corpo.

Perché dentro di me percepivo questa consapevolezza che non era tutto un caso?

Potevo davvero fare la differenza?

Se davvero potevo cambiare il corso delle cose, se davvero volevo mettere a tacere quel senso di frustrazione che mi assaliva mentre pensavo a Mary Anne, la parola d’ordine era: guardare in faccia la mia realtà, combatterla e scoprirla.

Posai la mia tazza sul tavolino di fronte al divano e andai diretto in dispensa.

In una delle mie tante visioni nel sonno, ero bambino e avevo trovato un libro vecchissimo in una stanza. Ora che ci ripensavo non ricordavo di averla mai vista e non assomigliava a nessuna delle camere che vedevo ogni giorno. Poteva solo essere una coincidenza, uno stupidissimo sogno che non c’entrava nulla con la mia vita, con la mia attuale condizione, ma non potevo trascurare la possibilità, che in questa grande casa ci fosse una stanza segreta. Una stanza in cui non potevo entrare, una camera di cui non dovevo conoscere i segreti.

Provai a spostare l’armadio tirandolo lentamente verso di me, ma era veramente pesantissimo per una persona sola. Decisi allora di svuotarlo un pò. Iniziai a togliere la cose più pesanti, a mano a mano portavo la roba fuori dalla dispensa per evitare che mi ingombrasse nei movimenti.

Dopo dieci minuti valutai che avevo tolto molte cose e che probabilmente sarei riuscito a tirare ancora un pò l’armadio, quanto bastava per intrufolarmi dietro. Iniziavo a scorgere nitidamente il pannello appoggiato alla parete e quando diedi l’ultimo strattone per allargare il passaggio in cui potermi infilare, il mio cuore mancò di un battito.

Ero vicino alla verità?

Mi avvicinai con timore, il pannello era li appoggiato senza troppi problemi, quindi pensai che lì dietro poteva non esserci assolutamente nulla. Poteva essere l’ennesimo buco nell’acqua. Ricacciai indietro la delusione che provai nello stesso momento in cui pensai a quella opportunità. Appoggiai le mani sul rivestimento di legno, le mie mani vibravano di energia, era una strana emozione, emanava forza e timore reverenziale. Presi coraggio e strinsi le mani intorno a quel legno levigato e perfetto. E lo spostai.

Guardai di fronte a me.

 

Mio fratello era appena tornato. Sembrava un leone in gabbia che girava avanti e indietro, sentivo la sua agitazione scorrergli nelle vene, era sempre stato un debole. Nonostante quello era l’unica persona che mi era  cara. Eravamo troppo diversi, in fatto di ambizione, di capacità, ma questa diversità ci univa.

-Smettila…mi stai facendo venire il mal di mare..- gli dissi mentre raggiungevo la finestra..

-Come faccio?- disse con sgomento.. –Stanno arrivando…a meno che non sia stato tu l’altra sera con…-

Lo osservai con un sorriso divertito. Davvero pensava che potesse interessarmi qualcuno di tanto scialbo?

Scossi la testa sorridendo, ero un predatore, ma sicuramente avevo gusti più esigenti.

-Quella ragazza non era il mio tipo..- dico solo con un sorriso diabolico..

-Non voglio stronzate fratello..- mi dice severo.. –non voglio iniziare una nuova faida qui..-

-è il destino di questa terra..- risposi con freddezza.. –Lo sai che è così! Le cose non si posso più cambiare, a meno che non avessimo agito anni fa con freddezza e lucidità, come ci era stato ordinato..-

-Perché non l’hai fatto allora?- mi chiese con impeto..

-E tu?- risposi tagliente.. –Tu eri lì con me…-

Non potei rispondere a quella domanda, perché era assolutamente impossibile per me dargli un senso. Non riuscivo a ricordare come fossi arrivato ad osservare i suoi occhi e rimanerne talmente affascinato da annebbiarmi la vista. Questa mancanza di coraggio mi era costata cara, c’era la possibilità di una nuova era per quelle terre. Ma per chi stava al di sopra di noi, mio fratello ed io avevamo fallito.

-Io penso di sapere cosa ti ha frenato..- mi disse improvvisamente con occhi truci..

-Tu non sai nulla fratello..-

-Cosa ci facevi lì l’altra sera?- mi inchiodò con il suo sguardo freddo.. –Ti ho sentito…io so che eri lì! E se non era per la ragazza, allora per chi era..-

-Smettila…- dico con noncuranza.. –Ero solo curioso…-

-Da quando siamo arrivati stanno già cambiando delle cose…- rispose con aria afflitta..

-Cosa ti aspettavi?- lo rimproverai.. –Non saremmo mai dovuti tornare! E la prima cosa che hai fatto è stata la più grande idiozia che potessi fare..-

-E tu?- mi rimbrottò con rabbia.. –Dove vai ogni notte? Cosa ti spinge a stare fuori casa così tanto?-

Sorrisi alla notte che si era affacciata. Le parole di mio fratello non mi toccavano, non mi importava se pensasse che ero semplicemente una mina vagante pronto a colpire dove capitava. Spesso seguivo la mia natura, quello che ero stato creato per essere, questo non sarebbe mai cambiato.

Avevo il sospetto che entrambi ci fossimo spinti qui per dei motivi ben precisi. C’era qualcosa  che mi legava con un filo invisibile a questa terra, negli anni in cui avevo vagato a vuoto per il mondo, avevo provato una sofferenza nera come le tenebre che ci avvolgevano. Questa sofferenza si era placata arrivando ad Amandil e frequentando questi luoghi inospitali.

-Pensi che nostro padre..- disse con un filo di voce.. –sappia che siamo qui?-

-Lui è potente..- risposi con sicurezza.. –lui sa ogni cosa...-

-Cosa dovremmo fare?- mi chiese incerto..

-Nulla..- risposi con decisione.. –Per ora non possiamo fare niente! Quando sarà il momento decideremo da che parte stare..-

-Stai scherzando?- mi disse con furia cieca.. –Noi abbiamo scelto già quella notte, possibile che tu non capisca?!? Eravamo ad un passo dal compiere quello che nostro padre ci aveva ordinato e non l’abbiamo fatto, secondo te perché?-

Perché? Me lo ero chiesto mille volte.

La prima regola di nostro padre era: nessuna pietà.

Non c’era spazio per la pietà nel suo mondo e lui si aspettava le stesse cose da noi. Forse eravamo stati una delusione per lui in quel frangente. Non potevo biasimarlo.

Presi una giacca dall’appendiabiti e decisi di uscire. Improvvisamente l’aria in quella casa era diventata irrespirabile. Mio fratello era troppo ansioso a volte e non faceva che mettermi di cattivo umore. Volevo correre e cercare di dimenticare tutti i suoi discorsi inutili. Volevo scordarmi che se non ero riuscito a portare a termine un compito tempo fa, difficilmente ci sarei riuscito adesso.

E questa sconfitta inevitabilmente mi bruciava nel cuore.

Mio fratello osservò i miei movimenti, mentre mi mettevo la giacca, il suo sguardo, si muoveva in segno di diniego. Cercò di raggiungermi ma avevo già oltrepassato la soglia di casa e mi venne dietro di qualche passo.

-Ryan dove vai?- mi chiese angosciato..

Sapevo che una volta iniziato a correre le mie  gambe, la mia volontà mi avrebbero spinto in quel luogo bellissimo, contornato dalla foresta, non lontano da Amandil. Rendermi conto che sarebbe stato così mi aveva messo a disagio.

-Ryan ti prego..- mi disse dietro di me la sua voce.. –non farlo! Non tornare da lui, lascialo in pace! Finiremo con rovinare tutto..-

Non ci riuscivo. La mia volontà era a brandelli. Ogni volta che mi imponevo di fare la scelta giusta, facevo il contrario di quello che ritenevo corretto. C’era una forza dentro di me che mi attraeva e mi spingeva a cercare motivazioni, risposte, scuse.

Iniziai a correre in direzione della città. Provai un senso di libertà estremo mentre percorrevo quei sentieri e sentivo lontano la voce di mio fratello imprecare nella notte.

-Ryan….- gridò ancora frustrato..

Ormai stava arrivando novembre, nella regione di Manitoba presto la neve l’avrebbe fatta da padrona, l’inverno avrebbe popolato quelle terre desolate, ghiacciando tutto ciò che incontrava. Mentre correvo velocemente incontro all’aria gelata, non pensavo a nulla, quello era l’unico momento in cui i ricordi non mi assalivano e potevo sentirmi libero. Un pochi minuti mi ritrovai accanto alla Manitoba Highway 1 e pochi istanti dopo agganciai il suo profumo, un aroma misto al cioccolato, vaniglia e cannella. Quel suo profumo, quante volte ero stato tradito da quel suo aroma speziato, allo stesso tempo dolce e pungente. Perché anche caratterialmente era così, a volte freddo e trattenuto, quanto dolce e protettivo con chi amava.

Mi bloccai immediatamente ancora incerto se proseguire verso Amandil e ignorare quel richiamo ammaliante che mi trasportava altrove, proprio sulle coste del lago di Manitoba. Conoscevo bene quel luogo.

Cercai di dominare il mio istinto e con enorme fatica mi voltai verso Amandil. Feci qualche passo nella direzione opposta al lago di Manitoba, quando un’auto passò a velocità moderata sorpassandomi, mentre mi accovacciavo nel mio rifugio dietro gli alberi. Riconobbi quel viso, gioviale e allo stesso tempo serio, procedeva verso il lago.

Mi voltai in direzione dell’auto che procedeva con tranquillità, in lontananza vidi che stava per svoltare nella strada lì accanto, quella sterrata che portava alla spiaggia di Soulmate. Velocemente mi avvicinai alla foresta accanto alla spiaggia, vinto e sconfitto dall’impulso di capire per quale motivo il ragazzo andava lì così spesso. Non sarebbero state domande che mi sarei dovuto porre, non erano affari miei. Eppure eccomi lì, mentre il paesaggio mozzafiato che di giorno allietava quella spiaggia, era avvolto nell’oscurità. Mi accucciai alla bene meglio dietro un cespuglio fitto, nel punto più vicino alla macchina del giovane che era ancora lì, con i suoi riflessi rallentati a stringere le mani sul volante.

Sospirò così profondamente che percepii il suo tormento distintamente.

-Cosa devo fare..- si chiedeva tra sé e sé..

Prese in mano dei fogli, sembravano fotocopie di vecchi giornali e quando mi spostai velocemente arrampicandomi sull’albero affianco mi accorsi di avere una visuale migliore. Mi nascosi alla bene e meglio attraverso l’intricato motivo di rami e foglie, i suoi occhi non avrebbero mai potuto localizzarmi. Rimasi stupito nel comprendere che quel giovane indiano stava indagando su vecchi omicidi avvenuti nelle terre di Amandil. Il mio cuore, inevitabilmente, mancò di un battito.

Scavare troppo a fondo nella vecchia storia di Amandil non avrebbe fatto altro che fargli scoprire cose spiacevoli, a cui  nessuno probabilmente credeva e quei pochi, che avevano avuto la sfortuna di sapere, preferivano scordare, se non dimenticare. Cosa stavano cercando?

-Come cavolo faccio a dirgli una cosa del genere?- si ripeté sbattendosi le mani sulla testa.. –Ma non posso mentirgli!-

Guardò dritto davanti a sé, il suo viso cambiò espressione e mi resi conto che dalla finestra dell’abitazione, un viso stravolto stava osservando l’auto appena arrivata. Mi nascosi ancora meglio, inconsciamente, come se potesse realmente vedermi e aspettai che il ragazzino indiano raccogliesse le sue informazioni e si dirigesse verso la casa sul lago.

Sentivo le tempie tamburellare, il respiro era irregolare. Il fatto che questo ragazzo andasse a scavare negli archivi di Amandil non mi rendeva tranquillo, per quale motivo farlo?

Non appena  raggiunse casa e chiuse l’uscio, scivolai agilmente giù dall’albero che era stato fino ad ora il mio rifugio. Con tranquillità iniziai a correre delicatamente sulla spiaggia e raggiunsi la casa con estrema facilità. Con un balzo felino mi ritrovai sul corrimano della ringhiera in legno e molto cautamente, scesi sul porticato cercando di evitare cigolii sospetti. Mi accovacciai sotto la finestra e poco dopo captai i due ragazzi parlare concitatamente.

-Gli omicidi sono terminati dopo la morte di mio padre e di mia madre..-

Quelle parole mi fecero battere più velocemente il cuore.

Non solo quel ragazzino aveva trovato degli articoli che parlavano di Amandil e dei misteriosi omicidi di tredici anni fa, ma ci stava pure ricamando sopra. Istintivamente mi chiesi cosa stessero cercando in realtà.

Mi assalì il panico. Non poteva essere così non volevo crederci.

Cercai di non fare rumore e feci capolino dalla finestra, guardando i due ragazzi innervositi e tesi, muoversi con agitazione. L’indiano aveva appoggiato le mani sulle spalle di lui, lo stava spronando a non lasciarsi travolgere da questa notizia perché avrebbero trovato la verità che cercavano. Mi nascosi dietro la parete e un motto di terrore mi percorse il corpo, non dovevano trovare nulla.

Quelle leggende ormai erano molte e sepolte, molti non ci credevano nemmeno più e così doveva essere. C’era stato un patto un tempo, un patto che avevamo sicuramente infranto tornando qui. E se loro fossero stati vivi, non ce lo avrebbero di certo perdonato, eravamo stati deboli io e mio fratello.

Quando osservai nuovamente dentro la stanza, i due ragazzi si erano tranquillizzati e poco dopo avevano spento la luce per lasciare la cucina e rifugiarsi nelle loro stanze.

Con agilità cercai di raggiungere l’angolo ad est della casa, arrampicandomi senza problemi, arrivai sul tetto del porticato e lentamente scivolai al di sotto di una finestra.

Mi sentii un ladro, non era la prima volta che lo facevo.

Sapevo che lui era lì, che quella era la sua stanza. Ogni cosa di quella camera era impregnata del suo profumo dolciastro, a volte pungente e speziato, come stasera che sembrava ansioso. Si era toccato nervosamente quei suoi riccioli neri, cercando forse conforto, forse un appiglio a cui appoggiarsi. Quando crollò esausto sul letto, rilassai leggermente i nervi e coperto per metà dalle tende, mi arrischiai a guardarlo meglio.

Aveva quel corpo così tonico da fare invidia a qualsiasi uomo. Gambe lunghe e muscolose al punto giusto. I suoi capelli nerissimi, riccioli gli conferivano un’aria quasi da fanciullo anche se sicuramente era più virile dei molti ragazzi della sua età. La sua serietà tradiva una maturità che raramente era facile trovare in ragazzi così giovani.

Quando mi risvegliai da quelle considerazioni, scossi il capo e mi resi conto che non si muoveva più convulsamente come qualche minuto prima, doveva essersi addormentato. Non c’era assolutamente alcun motivo che mi spingesse a rimanere li, fuori al gelo ad osservare qualcuno dormire. Mi voltai in direzione del lago e sospirai con pesantezza, la notte inghiottiva tutto quello che incontrava.

Io stesso vivevo in un’unica e perpetua notte.

Non solo la mia vita era un buio immenso, anche la mia anima era oscura come quel nero che inghiottiva il lago e tutte le cose belle che esistevano. Cercai di muovere qualche passo in direzione della foresta, mi sarebbe bastato un salto per arrivare a terra e fuggire velocemente.

-Al diavolo…- borbottai..

Ritornai sui miei passi e arrivato affianco alla finestra, lasciai che i miei occhi si posassero liberamente sul suo corpo, stava respirando pesantemente, segno che doveva essersi addormentato. Cercai di essere delicato nei movimenti, appoggiai la mano sulla finestra e mi concentrai profondamente.

Feci leggermente pressione sul legno, mentre la mia mente si concentrava sulla serratura, non volevo cigolasse, quindi questo dovevo fare in modo che la maniglia ruotasse su se stessa molto lentamente, altrimenti avrei rischiato di compromettere la mia intrusione. Quando strinsi a fessura i miei occhi, bastava ancora un piccolo sforzo per far si che gli infissi si spalancassero.

Sospirai dal sollievo quando la finestra si aprii, non emettendo alcun suono.

Gradualmente cercai di scavalcare la parete che mi divideva dalla stanza e quando fui nella sua stanza, il suo aroma mi colpì tanto forte da provocarmi un capogiro, ogni cosa sapeva di lui lì dentro.

Mi avvicinai al suo letto e non riuscii a far altro che osservarlo, mentre quel suo sguardo mascolino, era ingentilito da una bocca carnosa e ben definita, era incredibile che esistessero al mondo uomini tanto perfetti. Non mi stupivo che ogni donna che lo guardasse  perdesse la testa per lui e non riuscisse più a formulare pensieri coerenti. Quel ragazzo era dannatamente bellissimo.

-Tobias…- sussurrai con voce irriconoscibile..

Mi sedetti sul letto con gesti misurati e ponderati, gli ero troppo vicino, quel genere di errore che solitamente non avrei commesso così alla leggera.

Sentii l’impulso di toccarlo, il suo corpo emanava un’energia che non riuscivo a spiegarmi. L’ultima volta che l’avevo visto, non avevo colto niente di simile in lui, o forse ero stato troppo impegnato a scrutarlo per percepirlo?

Sfiorai i suoi capelli neri come l’ebano, quelle onde gentili che gli cascavano sulla fronte e qualche ricordo affiorò nella mia mente. Ricordi che non volevo far riaffiorare, momenti della mia vita di cui non ero mai stato fiero, ma che facevano parte del mio oscuro essere.

Quando sfiorai il suo viso, una frustrata mentale mi assordò con il fragore dell’incubo di Tobias. Fu qualcosa di terribilmente angoscioso, perché nello stesso istante in cui lo captai dovetti allontanarmi come bruciato dall’intensità del dolore che stava provando. Sentii una fitta all’altezza dell’inguine, un dolore pungente, come se qualcosa mi avesse colpito con forza. Non comprendevo cosa mi avesse trafitto così, con quell’ondata di sofferenza tanto intensa, le sue emozioni o l’energia che sprigionava il suo corpo.

Quando mi concentrai e sfiorai nuovamente il suo viso, cercai di sopportare alla bene meglio l’ansia che lo stava attanagliando, percepii chiaramente delle parole, qualcuno che urlava, ma non volevo toccarlo troppo, rischiavo si accorgesse della mia presenza. Purtroppo però in questo modo il mio potere era limitato, potevo risalire a immagini e specialmente a parole, ma con molta più fatica.

Quello che mi spinse ad arrestare quel contatto fu lo sguardo che captai nella parte finale del sogno, provai uno sgomento tale da ritrarmi velocemente accanto alla porta, mentre realizzavo che Tobias si stava svegliando. Aprii velocemente la porta della stanza e la richiusi con velocità, cercando di evitare rumori inopportuni.

Al di là della porta nessuno si stava muovendo, almeno per il momento. Avevo il cuore a mille, mentre ancora con cautela cercavo di capire se Tobias aveva avvertito la mia presenza. Pensai che normalmente non doveva accadere, ma l’energia che emanava quel ragazzo era anomala.

In fondo al corridoio percepii il sonno pesante del ragazzino indiano. Prudentemente mi accostai alla sua stanza e aprendo l’uscio, mi intrufolai all’interno richiudendomi piano la porta dietro.

Cheveyo si era arrotolato nel copriletto, dormiva scompostamente, ma era evidente che il suo non fosse un sonno tranquillo. Decisi di sondare il terreno e di capire cosa stessero cercando di preciso, forse provando a comprendere i suoi pensieri avrei trovato la chiave di volta per interpretare la loro indagine.

Avvicinai la mano alla sua tempia, cercando un lieve contatto che mi permettesse di rintracciare il flusso dei suoi pensieri, mi concentrai per qualche istante e all’improvviso vidi, tra le immagini che agitavano Cheveyo, uno spasmo in cui Tobias si dimenava toccandosi nervosamente il collo. L’ultima immagine che vidi, particolarmente sfocata, ricordava un ciondolo, a terra su di un pavimento.

Non riuscii a vederlo bene e da vicino, difficile capire di cosa si trattasse. Quando cercai di ritrarmi, Cheveyo si agitò sul letto finendo per scontrare la mia mano gelata. Fu questione di un attimo, feci appena in tempo a correre verso la finestra e ad uscirne, che un urlo echeggiò intorno al silenzio assordante di quella notte gelida. Fu questione di altri pochi secondi e la porta della camera si spalancò, Tobias era corso dal suo amico.

Rimasi sconcertato per un momento che mi sembrò eterno. La mia mente era ancora confusa, non sapevo spiegarmi la velocità con cui Tobias aveva raggiunto la camera del suo amico, appena pochi secondi dopo da quando aveva urlato. Arrivai alla conclusione che nel tentativo di concentrarmi per ascoltare l’indiano, avevo trascurato i movimenti di Tobias non accorgendomi che si aggirava per casa.

Sicuramente non ero stato prudente questa notte. Preso dalla curiosità mi ero spinto troppo oltre e avevo lasciato delle prove.

L’indiano si era accorto della presenza di qualcuno e Tobias gli confermò che accadeva da qualche tempo.

Dovevo andarmene, non potevo più aspettare, avevo già fatto troppi danni per stasera.

Agilmente balzai giù dal tetto del porticato e atterrai sulla terra morbida, attutita del manto erboso. Mi osservai intorno e iniziai a correre velocemente verso casa, avevo voglia di sbollire tutta la tensione e di ragionare sulle poche notizie che avevo racimolato.

Quando arrivai al piccolo bosco dei pini, rallentai sapendo che ormai ero a casa. Sospirai pesantemente, avevo un sacco di domande a cui dare una risposta, ma nessun elemento da prendere seriamente in considerazione. Quando arrivai in prossimità di casa, notai che mio fratello era alla finestra e si rilassò vistosamente quando intravide la mia figura al limitare del bosco. Sapevo che aveva avvertito la mia presenza già da molto tempo.

Quando aprii l’uscio mi investì il calore familiare di quelle solide mura e la tensione dei momenti passati si sciolse velocemente, mentre mi sfilavo il cappotto. I suoi occhi smeraldo arrivarono con cautela e non appena varcò la soglia che divideva il corridoio dal salone, il suo sguardo cambiò.

Aveva percepito l’aroma singolare di Tobias, ne ero certo.

-Sei andato da lui..- disse solo con certezza..

-Non puoi saperlo..- risposi con aria canzonatoria..

-Ryan il suo aroma è impregnato nei tuoi vestiti..- mi accusò..

-Smettila..- gli dico seccato.. –Non ho proprio voglia di farmi rimproverare..-

-Non capisci?- mi incalzò con cautela.. –Lui ci odierà Ryan, lo sai meglio di me..-

-Odiare…- dissi sorridendo aspramente.. –Non sarebbe né il primo né l’ultimo..-

Percorsi quel breve tratto che mi separava del salone, mi avvicinai al camino accesso e lasciai che il fuoco mi inondasse con il suo calore. Era bello percepire sulla propria pelle quel senso di vita, che troppo spesso mi mancava nella mia esistenza di eterno fuggiasco.

-Ryan…- disse lui avvicinandosi a me..-Tobias si sta trasformando..-

Mi voltai verso di lui con sguardo indecifrabile. All’improvviso la terra tremò sotto i miei piedi e rimasi pietrificato, come una statua di marmo incapace di provare emozioni e sentimenti. Ma in realtà il mio cuore stava bruciando, letteralmente bruciando.

-Che stai dicendo?- dissi appena consapevole delle parole che avevo pronunciato..

-Penso che sia così Ryan…- rispose con angoscia..

-Quell’energia che ho sentito…- dissi con consapevolezza adesso..

-L’hai percepita anche tu?- disse scuotendo il capo..

-Come non avrei potuto?- risposi in un fiato.. –è talmente intensa e vibrante che difficilmente potresti ignorarla..-

-Questo vuol dire solo una cosa fratello..- sentenziò con sicurezza..

-Enrique sta tornando..- esclamai adesso più sicuro che mai..

Il silenzio che ci investì era pieno di significato. Sapevamo entrambi cosa volesse dire che quell’uomo tornasse nelle terre di Amandil. E sapevamo anche quale unico destino attendesse Tobias.

In ogni caso a noi non sarebbe cambiato granché, in qualsiasi modo ci saremmo comportati forse saremmo arrivati al punto che Tobias ci avrebbe odiato in egual modo. Non c’era modo di recuperare, o di migliorare la situazione, l’eredità che avevamo sulle spalle era troppo gravosa per dimenticare.

Sospirai e lasciai che quei pensieri mi scivolassero addosso, avevo sempre saputo quale destino ci aspettava. Ma mio fratello non era così, il suo viso era contrito, arrabbiato, i pugni serrati nella morsa del rimpianto. Non aveva mai voluto rassegnarsi al destino, aveva lottato perché le cose potessero cambiare, ma quando il tuo sentiero è segnato, non c’è molto da fare. Amavo quella sua rabbia, quel suo voler cambiare il mondo.

Ma quando Enrique sarebbe tornato, sapevamo entrambi che non ci saremmo potuti esimere dai nostri compiti, dai nostri ruoli. Eravamo nati per sottostare al suo volere e ai suoi comandi.

Sapevo che la nostra ribellione lo aveva irritato, né ero certo, ma ero anche sicuro del fatto che una volta tornato qui ad Amandil, la fredda necessità di portare a termine le sue decisioni, lo avrebbe spinto a dimenticare i nostri fallimenti. Ovviamente più per necessità che per affetto.

Dopo quella volta, mio fratello ed io, avevamo deciso di andarcene. Sparimmo senza lasciare alcuna traccia, decisi a cambiare il corso degli eventi. Eravamo stati ingenui, perché la guerra di Enrique non si sarebbe mai placata con la nostra ribellione.

Quella fredda e chiara constatazione, mi gelò il sangue nelle vene, la libertà che fino ad ora avevo saggiato, era solo un piccolo dessert che Enrique ci aveva lasciato gustare, per poi ricordarci i nostri obblighi.

Era questa la verità, eravamo riusciti a ribellarci perché lui ce lo aveva permesso, altrimenti ci avrebbe riportato dalla sua parte con la forza.

-È inutile ribellarsi al destino fratello..- risposi con gelida consapevolezza.. –Siamo nati per un compito ben preciso, lo sai!!-

-La sua vendetta?- rispose con rabbia.. –Secondo te questo è normale? Assecondare i suoi capricci secolari?-

-Capricci o no..- dissi con denti serrati.. –siamo stati cresciuti per questo!!  Per assecondarlo...-

-No…siamo nati per vivere la nostra vita e le nostre battaglie..- rispose sicuro.. –Non le sue Ryan!!-

-Sarà anche così…- esclamai con freddezza.. –Ma la dura disciplina su cui abbiamo giurato, non prevedeva le nostre battaglie, ma le sue…-

Il suo sguardo si fece afflitto, la dura ostinazione che leggevo nei suoi occhi meno risoluta.

-Sulla base di quale ideale dovrei accettare di buon grado i suoi ordini?- mi chiese a denti stretti..

-Perché sai qual è il prezzo da pagare..- risposi con stanchezza..

I suoi occhi si sbarrarono, ricordava perfettamente la minaccia che incombeva sulla persona che amavamo di più al mondo, l’unica che abbia mai combattuto per noi. Ero disposto a qualunque cosa pur di proteggere questa persona, anche a uccidere se fosse stato necessario.

Lui ci considerava dei deboli proprio per questo sentimento che avevamo radicato nel cuore. Per Enrique quelli come noi non dovevano avere distrazioni dettati da sciocchi sentimentalismi, eppure  anche lui un tempo aveva amato e aveva fatto di quel suo amore, la motivazione della sua vendetta.

La verità è che eravamo ricattabili, qualcuno di noi due si sarebbe dovuto sacrificare ed io, ero disposto a farlo.

Ero cresciuto nella freddezza di stanze buie e glaciali, nelle punizioni con verghe e fruste, tutto per proteggere chi amavo. Il sacrificio non mi spaventava, ma avevo anche io timore. Forse paure che mai avrei voluto ammettere con me stesso ed era per questo che ero diventato un oscuro essere nelle mani di un freddo assassino. Sapevo avere il giusto distacco dalle cose nel momento in cui le portavo a termine, non importava se dopo, nel silenzio della mia gabbia, ero disgustato da me stesso e dal senso di colpa per quello che ero in grado di fare.

-Eravamo solo due bambini…- disse lui scuotendo il capo..

-Quando quella via ti  viene presentata come l’unica strada che puoi intraprendere, non credo che tu abbia scelta ..- risposi con consapevolezza.. –Tu non sai che hai altri percorsi, che puoi decidere per te stesso, non siamo mai stati cresciuti con la possibilità di scegliere.. Ma solo di obbedire..-

Lui annuì ma sapevo che dentro il suo cuore si stava alimentando un piccolo focolare, quella ribellione di anni fa, gli animava ancora il cuore e lo spirito. Era voluto tornare, chissà poi per quale motivo, non l’avevo mai capito ed ora eravamo incapaci di fuggire. Avremmo dovuto raccogliere le poche cose che ci appartenevano e andarcene prima che la nostra vita tornasse in mano al carnefice che la usava per i suoi scopi, eppure qualcosa ci tratteneva.

Quando mi alzai dal divano mio fratello mi trattenne per un braccio, sentivo la sua presa ferrea, nella morsa del suo tocco, sentivo l’affetto che nutriva per me.

Ero sempre stato spesso freddo e impassibile, lo accusavo di essere una femminuccia sentimentale a volte, ma invidiavo e amavo quel suo lato umano che io ormai non avevo più.

Tutte le decisioni sbagliate che avevo preso non avevano fatto altro che macchiare le mie mani di vite innocenti, la mia anima ormai era dannata, non me ne  pentivo se questo voleva dire esimere mio fratello da questo fardello.

-Ryan…- disse incerto..

-Cosa c’è?- chiesi con tranquillità..

-Per caso hai mai sentito parlare del “Butterfly on the dagger”?- aveva quello sguardo timoroso che a volte lo distingueva..

-Che cosa vuol dire?- risposi confuso.. –Sinceramente non so di cosa tu stia parlando..-

-È una vecchia leggenda Ryan…- esclamò vago... –Me la raccontava sempre..-

Si riferiva a nostra madre.

La sua voce era un sussurro. Non sapevo se sarebbe mai stato disposto a dirmi più di questo, sembrava preoccupato e sinceramente ansioso di non dirmi altro. Non che mi importasse di conoscere altre cialtronerie. Non avevo mai sentito parlare della “Buttefly on the dagger”, nessuno si era mai premurato di raccontarmi quella storia, quindi probabilmente era un qualcosa che non ci riguardava.

-Perché? Riguarda noi?- chiesi con noncuranza..

-No…- disse scuotendo il capo con vigore.. –Niente di tutto ciò..-

-Riguarda Tobias?- chiesi con riluttanza..

Lui sgranò un pò gli occhi ma riprese subito il controllo. Lui non mi avrebbe mai mentito, i suoi occhi erano tranquilli e seri, quando mi guardò sembrava sorpreso ma sorrise timidamente.

-No..- disse con decisione.. –Non c’entra nulla! Era solo una mia curiosità..-

-Quindi non c’è niente che dovrei sapere..- affermai con sicurezza..

-No..- disse osservando il fuoco..

Lasciai mio fratello ad osservare il calore che si propagava nella stanza.

Non sapevo quante cose lui sapesse su di me, sui miei segreti, sul mio destino. Forse se fossi stato più attento, oggi avrei capito che Nicholas conosceva il mio destino.

Forse aveva capito più di me. Nel salone i suoi pensieri vagavano senza sosta, mentre si prendeva la testa fra le mani e cercava una risposta razionale a ciò che pensava o che sospettava.



Eccomi con questo nuovo capitolo. A poco a poco sto scrivendo la storia di Tobias e vi chiedo perdono se non riesco a postare più spesso. Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia e fatemi sapere cosa ne pensate, vorrei creare un clima di mistero e suspance, ma ovviamente gli unici che potete dirmi se sto raggiungendo lo scopo siete voi con i vostri pareri e perchè no, con le vostre opinioni negative. Se pensate ne valga la pena continuate a seguirmi e vi ringrazio anticipatamente!! Un abbraccio Asia...

  
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