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Autore: Smaugslayer    21/02/2015    1 recensioni
[seguito di Quidditch con delitto, http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2540840&i=1]
I (doppi)giochi sono aperti, e questa volta condurranno Sherlock Holmes e John Watson dal 221B di Baker Street al numero 12 di Grimmauld Place, Londra.
Se a Hogwarts i due eroi erano al centro delle vicende, ora saranno trasportati dalla storia del Ragazzo Sopravvissuto fino al cuore della Seconda Guerra Magica. E per tenere fede alle proprie convinzioni dovranno tradirle...
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Con uno sforzo titanico John riuscì a sollevarsi sui gomiti, ma un incantesimo lo fece ripiombare a terra. Sentì il marmo freddo del pavimento che colpiva il suo zigomo, ed emise un gemito.
 
John!” gracchiò una voce. Sherlock.
 
John si girò sulla schiena, ansimante. Era disorientato e dolorante, ma nulla era paragonabile al sollievo provato nel sentire la voce di Sherlock, per quanto sembrasse sull’orlo della disperazione.
 
Un gigantesco lampadario pendeva dall’alto; il soffitto rappresentava una volta celeste, e le stelle più grandi pulsavano di una debole luce rossastra. Quella, si rese conto John, non era Hogwarts: doveva essere rimasto svenuto per più tempo di quanto aveva creduto. Eppure… era già stato in quel luogo, ne era sicuro.
 
Il sollievo si trasformò rapidamente in orrore quando sua moglie esclamò: “Crucio!” e Sherlock lanciò un urlo viscerale.
 
Sherlock!”
 
Crucio!”
 
Crucio!”
 
Crucio!”
 
“Basta così, Anne Grace. Ora vediamo se il tuo amico ha voglia di raccontarci qualcosa” disse l’altro Mangiamorte.
 
“Fermi!” gridò lui. La voce gli grattò la gola. Una fattura lo scagliò dall’altra parte della stanza, mandandolo a sbattere contro un arazzo appeso al muro che sollevò una nuvola di polvere. In un istante di consapevolezza, mentre ricadeva a terra, John realizzò in luogo si trovava: era la villa dei Fawley, quella dove si era tenuto il ricevimento dopo la morte di Silente.
 
I due Mangiamorte lo guardarono strisciare per qualche metro verso il centro della stanza prima di aprirgli un taglio sulla guancia che schizzò un fiotto di sangue.
 
John! Lasciatelo stare!”
 
Sherlock si trovava in mezzo alla sala, in ginocchio. Indossava solo i pantaloni: la sua camicia strappata giaceva tra lui e John, e fra le pieghe del tessuto John notò la catenella della Giratempo. Aveva ferite superficiali su tutto il torso, come se si fossero divertiti ad usarlo come affilacoltelli. Sia Mary che il suo compagno indossavano le pesanti vesti nere dei Mangiamorte, ma nessuno dei due portava la maschera. John guardò colei che era stata sua moglie, e che ora si faceva chiamare come sua figlia.
 
“Perché?” bisbigliò. “Mary?”
 
“Mary Morstan è morta” replicò lei in tono gelido.
 
Lui disse la prima cosa che gli venne in mente: “Pensavo mi amassi.”
 
Lei sospirò, roteò gli occhi e si voltò verso l’altro Mangiamorte. “Ti dispiace concederci qualche minuto? Vorrei parlare con questi due. Si meritano una spiegazione, dopo tutto.” Notando la sua titubanza, lo rassicurò: “Non mi faranno niente, praticamente non riescono nemmeno a muoversi.”
 
Quello ghignò. “Magari vado a chiamare gli altri” suggerì. “Non vorranno perdersi il divertimento, sono mesi che non facciamo nulla di così interessante.”
 
Lei sorrise con malizia mentre lui usciva, poi si focalizzò di nuovo sui due prigionieri. Il sorriso non lasciò il suo viso, ma i suoi occhi si fecero seri. “Io ti amo, John” disse con una vena di ironia. “Se così non fosse, sareste già sei metri sotto terra, tutti e due. Di te, John, non mi stupisco, ma Sherlock… come hai potuto essere così cieco? Credevi davvero che se avessi voluto nascondere il Marchio Nero sarei stata così imprudente da mostrarvi le bende? Ho fatto in modo che scopriste il mio segreto facendolo sembrare un caso, così se foste riusciti a sopravvivere a quel ricevimento non avreste avuto rimorsi ad abbandonarmi. Poi ho scritto quelle lettere e ho ordinato all’elfa di consegnarvele come se le avessi preparate mesi prima. Volevo davvero che foste felici insieme…”
 
“…ma solo una volta che tu fossi uscita di scena” completò Sherlock in un sussurro, sollevando la testa. I riccioli scuri gli ricadevano sugli occhi, appiccicandosi alla fronte sudata. “Non finché tu avevi la possibilità di restare con John, vero?”
 
“Te l’ho anche scritto nella lettera” disse lei, stringendosi nelle spalle.
 
Ero innamorata di John, e così ho ignorato i tuoi sentimenti e i suoi, e non gli ho mai fatto capire cosa sarebbe stato meglio per lui oltre a me” riportò lui. “Ora, però, sono morta. John non ha più nessuno tranne te. Se non altro, sei stata sincera.”
 
“Ero morta. A che scopo continuare a mentirvi?”
 
John era sconvolto. Non aveva mai scoperto cosa contenesse quella lettera, non aveva nemmeno finito di leggere la propria, ma Sherlock l’aveva letta per intero, l’aveva addirittura imparata a memoria, e sapeva che Mary aveva compreso la verità anni prima di loro, eppure non aveva mai detto nulla. Tuttavia, anche ora non era questa la cosa che lo faceva infuriare di più.
 
AnneGrace” ringhiò.
 
La vecchia Mary Watson sembrava sinceramente contrita e addolorata, quando rispose. “Anne Grace Reyna Avery. Reyna era il nome che aveva proposto Sherlock. Avery è il cognome che ho adottato. Una delle famiglie di sangue puro, ovviamente.”
 
“Mi hai mentito per anni. Sei diventata una Mangiamorte. Hai torturato il mio migliore amico… e ti chiami come mia figlia.”
 
“Mi dispiace, John. Ho cercato di proteggervi il più a lungo possibile, te lo giuro.”
 
“E ora?” ribatté lui con il sarcasmo che gli restava.
 
“Se non faccio ciò che mi dicono, subirò la vostra stessa sorte” si giustificò lei. “La scelta è voi, o me. Mi dispiace, mi dispiace davvero. Ti amo, John, ma non abbastanza da morire per te.”
 
“Tu hai ucciso un uomo per me quando avevi diciassette anni!”
 
“Lo so. Ma uccidere non è difficile quanto morire, non credi?”
 
John restò senza parole. Sherlock aveva chinato nuovamente la testa e respirava lentamente.
 
In quel momento, John vide comparire una figura distesa a terra proprio sopra la camicia di Sherlock. Fu solo per un istante, come un lampo, dopodiché scomparve, tanto che lui quasi credette di averla immaginata.
 
“Allora, ditemi!” proseguì lei in tono materno e canzonatorio. “Le mie lettere hanno funzionato, o siete ancora in fase di negazione?”
 
Sherlock e John si scambiarono un’occhiata, ma nessuno dei due si degnò di risponderle.
 
“Bene, non ringraziatemi, sono solo il motivo per cui state insieme.”
 
“Nulla-di più-sbagliato” ringhiò Sherlock tra i denti.
 
“Be’, fa niente, tra poco non avrà più importanza.” La ragazza sollevò le spalle con disinteresse.
 
“Aspetta! Cosa hai fatto dopo aver finto la tua morte?”
 
“Sono diventata una Mangiamorte… a tempo pieno. Con la scusa che il mio nome era associato a due traditori –voi- l’ho cambiato. Yaxley!”
 
John avrebbe voluto fermarla, farla continuare a parlare, ma non gli veniva in mente nulla da dire. In un batter d’occhio, tre Mangiamorte entrarono nella sala.
 
“Sherlock? Ora noi ti faremo delle domande, e tu risponderai, altrimenti prima torturerò te, e poi riserverò a John il tuo stesso trattamento” disse lei.
 
“No, Mary Watson. Non lo farai.”
 
Crucio!”
 
John si sentì trafiggere da centinaia di spilloni in ogni singola parte del corpo, e udì la propria voce gridare.
 
“No, vi prego! Lasciate stare John, lasciatelo in pace, vi prego!”
 
Crucio!”
 
Sherlock!”
 
“Mary Watson è morta mesi fa, Sherlock, te l’ho detto.”
 
Tartassarono Sherlock di domande: da quanti membri era formato l’Ordine della Fenice, dov’era il quartier generale, quand’erano le riunioni, che cosa stavano organizzando, dove si trovava Harry Potter, cosa stava facendo… e di ognuna di queste domande Sherlock non poteva conoscere la risposta, perché nessuno sapeva di preciso quanti fossero i membri dell’Ordine, non esisteva alcun quartier generale né un giorno prestabilito in cui incontrarsi, l’Ordine non stava tramando assolutamente nulla e nessuno aveva idea di dove si nascondesse Harry Potter… ma chi poteva credergli? John sospettava che Mary avesse capito benissimo che diceva la verità, ma non avesse comunque intenzione di darlo a vedere.
 
Ridussero Sherlock a un fagottino piagnucolante prima di passare a John. Lo colpirono una, due, tre, quattro, cinque volte e ancora e ancora finché non perse il colto e non perse totalmente la capacità di ragionare. La sua mente non era forte come quella di Sherlock, che era ancora abbastanza cosciente da rendersi conto di cosa stavano facendo all’amico.
 
Da qualche parte, nel salotto dei Fawley, Sherlock stava singhiozzando e pregando i Mangiamorte di lasciarlo stare, di uccidere lui se proprio volevano, ma di lasciar stare John.
 
“Basta così” disse Yaxley, e John crollò a terra. Gli sembrava di essere stato a un passo dall’uscire di testa, ma in qualche modo la voce di Sherlock lo aveva tenuto attaccato alla realtà. Anche quando tutto il resto scivolava via, i suoi gemiti e i suoi rantoli rimanevano lì, e gli ricordavano che aveva qualcuno per cui sopravvivere. Respirando a fatica, rotolò su un fianco e si mise in ginocchio.
 
“Sapete che vi dico? Tutto questo casino è inutile” disse uno dei Mangiamorte. “Non ci diranno nulla. Perché non li facciamo fuori e basta?”
 
“Concordo. Watson, se sai qualcosa è il momento di parlare ora.”
 
“Cosa… no, non so niente, non facevo neanche parte…”
 
“Anne Grace, uccidi il traditore.”
 
No!”
 
Ava…”
 
In quel momento una delle finestre si infranse e un oggetto ovale cadde sul pavimento, seguito da miriadi di schegge di vetro.
 
Non poteva che essere il segnale. John sapeva che sarebbe avvenuto qualcosa del genere… lo sapeva esattamente da sessanta minuti.
 
Approfittando della distrazione generale, con uno sforzo sovraumano si lanciò verso i vestiti di Sherlock e agguantò la Giratempo.
 
Un giro.
 
Solo per un attimo, vide se stesso a terra con un’espressione sconvolta.
 
Due giri.
 
La stanza era vuota. Si alzò in piedi a fatica; un ginocchio gli cedette, e per poco non cadde nuovamente a terra. Si avvicinò a una portafinestra, forzò la maniglia e uscì socchiudendola dietro di sé; scavalcò il parapetto di pietra della terrazza e atterrò sull’erba scura.
 
Per recuperare la bacchetta avrebbe dovuto aspettare quasi un’ora, ma quella era la parte più facile: si trattava solo di seguire chi gliel’aveva –o gliel’avrebbe- confiscata e riprendersela alla prima occasione; ma nel frattempo aveva altro da fare. Sin da quando aveva visto se stesso disteso sul pavimento aveva elaborato un piano d’azione. La casa era sicuramente protetta da qualche incantesimo, quindi Materializzarsi direttamente all’interno era fuori discussione; aveva bisogno di un altro mezzo per uscire e poi tornare indietro… come una scopa. Ogni mago che si rispetti possiede delle scope, anche se non le usa mai; doveva solo trovare quelle dei Fawley.
 
Merlino, non poteva credere che sua moglie si fosse ridotta in quel modo… davvero, John? Davvero non ci puoi credere? Perché a me sembra perfettamente plausibile. Ma Mary, la donna che gli era sempre stata accanto… ti ha mentito dall’inizio della vostra relazione, da quando ha finto di avere problemi in Trasfigurazioni per uscire con te. E non ha mai voluto che tu fossi felice, voleva solo averti per sé, anche se sapeva cosa sarebbe stato meglio per te. E poi ha finto la sua morte, ma non per una buona causa come Sherlock, e, a differenza sua, non se n’è affatto pentita.
 
Questo pensiero lo colpì come un’altra Maledizione Cruciatus. I versi della profezia gli risuonarono in testa: i due ingannatori che giocano con la vita si scontreranno in una lotta impari. Uno di loro era Sherlock, che avrebbe dovuto essere morto anni prima… possibile che l’altro fosse proprio Mary?
 
John avrebbe desiderato reclutare quanti più membri dell’Ordine possibile, ma non aveva il tempo di tirare su un’armata. Riuscì a richiamare solo i due vecchi amici di Sherlock, Molly Hooper e Greg Lestrade, e poi fu costretto a ripartire per la villa dei Fawley, o sarebbe arrivato troppo tardi. La magione era a quaranta chilometri a nord di Londra, e a cavallo di scopa distava almeno venti minuti. Parte di lui sapeva che sarebbe arrivato in tempo, ma non aveva alcun desiderio di prendersela comoda e causare un paradosso temporale.
 
Lui era libero, ma Sherlock era ancora lì, alla mercé di quattro Mangiamorte assetati di tortura e sofferenza… e, se la sua supposizione era giusta, la profezia di Reyna Jane Hartnell stava per inserirsi nel corso degli eventi. “I morti vendicheranno i morti, quando due ingannatori che giocano con la vita si scontreranno in una lotta impari, e il mutaforma, padrone del tempo, dal tempo sarà soggiogato se avrà affrontato la sua peggiore paura.”
 
L’orologio con il cammeo aveva ricominciato a ticchettare. Quando arrivarono dai Fawley segnava le 11.50, ma stavolta John non aveva intenzione di assistere allo scoccare delle dodici. Quando furono in vista della terrazza, strinse le dita sul metallo freddo. Vide Yaxley che si avvicinava a Sherlock e iniziava a minacciare il John del passato, e scagliò l’orologio contro la vetrata.



 
 
  
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