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Autore: _windowsgirls    21/02/2015    0 recensioni
Monaco, 1857.
La regina Evelyne abbassa lo sguardo su sua figlia, sorridendole, e le prende una manina, «Lei è Margot Ameliè, mia figlia. E tu, giovanotto» dice guardandomi negli occhi mentre mi rimetto in piedi «qual è il tuo nome?»
La principessa mi guarda sorridendo e con gli occhi leggermente socchiusi, avrà all’incirca sei-sette anni.
«Liam» dico sorridendo a mia volta. «Sono Liam Payne. Ed è un enorme onore, per me, essere qui».
Raccolta di one shot con funzione di prequel della long 'Nothing is like it used to be'
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nothing is like it used to be'
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Waiting


Edinburgo, 1854


«Vieni con me, Harold»
Papà mi appoggia una mano sulla schiena spingendomi in avanti lungo l'imponente corridoio che stiamo attraversando. Le pareti sono di un verde scuro, le finestre ombrate da tendoni pesanti di tessuto e enormi quadri che costeggiano le pareti. Ce n'è uno appeso di recente alla mia sinistra, ritrae mio padre e mia madre con me neonato in braccio. Già all'epoca, avevo i boccoli che mi incorniciavano il volto pallido e gli occhi verdi che brillavano sui miei vestitini scuri. Superiamo diverse porte chiuse a chiave, passando davanti a quella di mia sorella che intanto si sta facendo aiutare dalla sua cameriera ad indossare il corpetto. Io la guardo e sorrido, indicandola sernione con l'indice. Gemma grugnisce, scosta con un gesto seccato le mani di Bridgit e corre verso la porta della sua stanza. Ha gli occhi scuri come quelli di papà, e i capelli neri come quelli della mamma. Appoggia una mano sullo stipide della porta e mi lancia un'occhiataccia. «Sparisci!» urla e poi il suo volto scompare, dopo aver fatto chiudere con uno sforzo la porta di legno chiaro. Sorrido tra me e me, scuotendo la testa. Le ragazze, che natura incomprensibile.
Mio padre sbuffa e torna a spingermi, la sua mano incastrata tra le mie scapole che preme affinchè mi muova. Re Gilbert è un uomo risoluto, fermo e anche fin troppo severo per i miei gusti di bambino. Ho solo dieci anni, eppure mi fa pesare certe cose come se io invece fossi pronto a prendere il suo posto sul trono. Da quando ha bandito la mamma - non ho ancora ben chiaro in mente cosa sia successo, so solo che nei corridoi, al tempo, si parlava solo di una certa 'intimità' con una guardia - sembra che non sia più in grado di provare sentimenti. Mia madre mi manca parecchio, mi manca avere qualcuno al mio fianco che sia gentile con me, che mi aiuti ad imparare le piccole cose...a volte, invidio Gemma per il semplice fatto che sia più grande di me di cinque anni, e quindi capisce più cose di quante io scoprirò in seguito, ma comunque lei non si spreca in parole con me per farmi capire realmente la situazione. La regina Margaret era amata dal popolo, in una maniera che penso nessun'altra sovrana abbia mai avuto, ma da quando è stata allontanata dalla Scozia, di lei non si sente più parlare in giro, come se tutti adesso si vergognassero di lei. Della sua figura mi rimangono solo i quadri appesi alle pareti, solo le sua dame di compagnia che ora sono passate a mia sorella, ma di mia madre non mi è rimasto nient'altro. Chissà com'è adesso, mi chiedo a volte, perchè non la vedo da fin troppo tempo. Dicono che 'si sia allontanata' pochi anni dopo la mia nascita, ed è per questo che, in fin dei conti, io non ho alcun ricordo tangibile di lei. Come ho già detto, invidio Gemma perchè, essendo più grande, ha avuto modo di conoscerla. Posso parlare con mia madre solo tramite delle lettere che mi giungono ogni tanto, ma nulla di più. Non ho idea di dove sia, con chi sia o come stia, so solo che è viva.
Papà non me ne parla proprio, come se l'avesse eliminata dal suo cervello, cancellando ogni singolo ricordo che ha di lei. Solo che dovrà fare i conti con me perchè, come dicono tutti, sono fin troppo uguale a lei nei lineamenti del volto. Supero la grande biblioteca in cui mio fratello Leonard sta studiando diritto in questo momento, mentre papà si avvicina alla porta della sua imponente stanza privata. Ecco un altro punto in mio sfavore che mi fa sentire ancora più inferiore. Leonard è il figlio maggiore, colui che deve essere preparato al massimo. Ha già vent'anni e fra un mese terminerà il suo corso di studi e si trasferirà in Belgio, dove sposerà la principessa Eliane, la futura erede al trono belga nato solo da una ventina d'anni, di quel che ho capito.
Papà fa scattare la serratura e apre la porta, facendomi cenno di entrare. Ha già un accenno di calvizia a lasciargli scoperto il capo, gli occhi piccoli e scuri e la barba bianca a fasciargli il mento, non è molto alto e ha una pancia abbastanza notevole. Ha le mani grandi e forti e giuro che fanno male. L'ho scoperto a mie spese. Al solo pensarci mi brucia ancora la guancia.
«Harold, muoviti» mi intima e io affretto il passo piazzandomi nel centro del suo studio privato. Chiude la porta e accende la luce da un interrottore attaccato alla parete e mi indica uno sgabello su cui sedermi. «Avvicinalo alla scrivania»
Annuisco rispettoso e sposto con le mie braccia esili il sedile, lo metto accanto al bancone e mi siedo, mentre lui scosta la grande poltrona imbottita e prende posto accanto a me. Sul muro di fronte sono appesi tanti schemi di cui non capisco granchè, mentre la scrivania è ricoperta da una mappa gigante, un planisfero - secondo quanto c'è scritto in alto a destra -, sul quale sono segnati tantissimi numeri e bandierine dai colori diversi.
«A cosa servono?» chiedo in un sussurro nel caso possa dargli fastidio. Papà mi guarda e socchiude gli occhi, mentre dal corridoio mi giungono delle voci ovattate e dei passi che si muovono rapidi.
«Questi sono i posti più interessanti, oserei dire» mi risponde prendendo una bandierina e rigirandosela tra il pollice e l'indice della mano destra. «Nel momento in cui tuo fratello se ne andrà, avremo il Belgio come alleato politico ed economico, ed è questo per cui vi preparo, Harry»
Io aggrotto le sopracciglia e mi gratto un lato della testa. Ma che senso ha avere degli alleati? La Scozia non è già potente?
«Forse non riesci ancora a capire» riprende, appoggiando nuovamente la bandierina su uno stato che ha la vaga forma di uno stivale come quelli che indosso in questo momento, «ma un giorno anche tu mi aiuterai, e credimi, riusciremo a diventare potentissimi»
«Ma non lo siamo già?» chiedo, e ho paura che questa mia domanda possa infastidirlo. E' sempre stato restio ad offrirmi delle risposte appropriate.
«No, Harry, no. Abbiamo nemici molto forti, e dobbiamo sopprimerli per avere la meglio» Incomincia a spostare frenetico le bandierine sul planisfero pianificando non so cosa. Sembra posseduto e credo che stia valutando gli alti e i bassi di ciascuna opzione..in ogni modo, penso di essere troppo piccolo per capire queste situazioni dalla portata così grande.
«Tua sorella andrà in Spagna, e io ho già un piano per te, figliolo» dice improvvisamente, guardandomi con i suoi occhi scuri e piccoli e appoggiandomi una mano sulla spalla.
Si alza di scatto e si avvicina ad uno scaffale camminando goffamente, e prende un libro impolverato dalla copertina rigida e rilegata. «Guarda» dice mentre si riavvicina e si rimette seduto accanto a me. Mi da in mano il libro che sembra molto grande in confronto al mio palmo, ed è anche pesante. Lo appoggio sulla scrivania e me lo fa aprire dove c'è un piccolo segna libro. La scrittura è fine, spigolosa e a tratti incomprensibile, però papà mi indica un paragrafo specifico. «Leggi qui, Harry»
Nonostante abbia imparato a leggere da un po’ ormai, comunque non riesco spesso a cogliere il significato di ogni parola, e spesso mi ritrovo a confondere ancora delle lettere, ma pian piano do forma alle parole e mio padre, una mano appoggiata nuovamente sulla mia spalla, mi guarda compiaciuto.
«'Il fine giustifica i mezzi'» mi blocco con il dito fermo sulla riga, «Che significa?»
«Harry, te lo dico come prima e ultima volta. Ricordati il compito che ti aspetta in futuro, e rimembra sempre questa frase nella tua mente, fa' che ti rimanga sempre impressa come un marchio a fuoco..»
«Va bene» dico con lo sguardo puntato sulle righe.
Mio padre mi chiude il libro sotto al naso e mi indica il titolo: 'Il principe' di Niccolò Machiavelli. «Ecco, Harry, lui aveva già capito tutto della vita, e dobbiamo solo ringraziarlo perchè le sue massime possono guidarci per sempre»
«Papà, ma cosa significa quello che ho detto?»
«Non devi interrompermi quando ti parlo, non te l'ha insegnato nessuno?» mi rimprovera squadrandomi.
Mi faccio piccolo piccolo chiudendomi nelle spalle, con la paura che possa colpirmi di nuovo. No, non voglio. «Perdonami»
«Bravo» dice passandomi una mano tra i ricci che mi arrivano fin sotto le orecchie. «Un principe, un sovrano, caro Harry, deve essere pronto ad affrontare qualsiasi tipo di situazione, e pensare sempre al prossimo, facendo sì che ogni cosa possa giovare il suo popolo, questo lo sai, vero?»
«Sì, certo» dico con un filo di voce, non riuscendo a capire dove voglia andare a parare.
«Ad un sovrano non deve importare se un'azione risulti giusta o sbagliata, se fatta per un fine più grande. Harry, ascoltami, anche tu dovrai fare delle scelte e costruirti la vita, ma ricordati questo messaggio: puoi fare qualsiasi cosa tu ritenga opportuna, l'importante è che sia fatta per un bene superiore. Non te ne dimenticare mai, figliolo, mai»
Inizio finalmente a capire qualcosa, a mettere in ordine il puzzle nella mia testa. Forse è per questo che papà ha allontanato la mamma, per un bene più grande, ovvero affinchè il popolo non avesse con lei un cattivo esempio.
«Quindi mi stai dicendo, padre, che si possono anche fare cose cattive?» chiedo, sfiorando la copertina rigida del libro, «Davvero cattive?»
Lui annuisce soltanto, serrando le labbra tra loro, dopodichè si mette in piedi e rimette a posto il libro. «Adesso andiamo, abbiamo perso troppo tempo. Hai la lezione di scherma, adesso»
«Papà, ma a cosa serve quella lezione?»
Lui mi guarda e sorride, «Non c'è bisogno che tu sappia tutto e subito. Con il tempo imparerai, Harry, ma sappi che ha un duplice scopo: difesa e attacco» mi appoggia di nuovo la mano sulla schiena e mi accompagna fuori dalla porta, «Adesso vai» e spegne la luce della stanza alle sue spalle, chiudendo la porta.




 
Edinburgo, 1867


 
Cammino piano per il palazzo, le mani unite dietro la schiena e le scarpe che ticchettano sul pavimento di ceramica chiara che ricopre tutto il palazzo. Le cameriere si muovono frenetiche intorno a me, intente a preparare i bagagli per l’ennesimo viaggio. Ormai questo palazzo, a parte i movimenti euforici del personale, è diventato silenzioso, non c’è più nessuno. Leonard è il re del Belgio ormai e lo sento raramente…non che mi dispiaccia, dopotutto. Non sono mai andato veramente d’accordo con lui, perché siamo stati costantemente in competizione per qualcosa che poi, alla fine, avremmo avuto entrambi. Gemma è andata a sposarsi con il sovrano spagnolo e io sono rimasto solo, in attesa della partenza.
Cammino per l’ennesima volta lungo il corridoio dei ritratti, e mi soffermo a guardare l’ultimo che mi hanno fatto che è stato appeso accanto a quello in cui sono dipinto ancora in fasce. Sono passati poco più di ventidue anni da quel giorno, e sono cambiate fin troppe cose. Non riesco a vedermi in quel modo, così innocente, così incosciente del mondo e di come questo prosegua, ignaro di tutto. Mi osservo come sono ora, anche se di certo gli specchi a palazzo non mancano. Però chissà, magari un ritratto mi farà capire come appaio in chiunque mi guardi. Sono molto più alto di mio padre, sono più muscoloso, le spalle sono dritte e muscolose sotto gli abiti eleganti, i capelli lunghi fin sotto il mento e la bocca inclinata in un accenno di sorriso. Solo gli occhi sono gli stessi, di un verde acceso che – come mi è capitato fin troppo spesso – fanno cadere le donne ai miei piedi.
Ancora non riesco a capirlo, l’altro sesso.
Sono così fragili, così minute che sembrano non possano aver alcun peso sul mondo, figurarsi essere a capo di uno Stato. Diventano qualcuno solo stando accanto agli uomini, troppo deboli per sostenere pesi così grandi, eppure non demordono mai. Ho visto tante principesse in questi anni, e mi sono sembrate sempre tutte uguali, tutte composte, ingenue e credenti che la loro vita sia una favola.
Non hanno capito davvero niente di come vada il mondo.
Sono così volubili che si lasciano trasportare dalle piccole cose, ignare delle conseguenze, e poi non si assumono nemmeno le proprie responsabilità! Grazie al cielo, con il tempo sono cresciuto e ho capito finalmente tante cose che per tutta la mia tenera età sono state un ‘tabù’. I gentiluomini di mio padre hanno scoperto mia madre a letto con una guardia nel stesso palazzo in cui lei regnava…da piccolo credevo che non fosse nulla di che perché non ne capivo la portata, ma adesso, così come tutto il popolo, mi vergogno di mia madre, della regina che aveva infangato il nome della nostra stirpe, gli Styles.
Ecco perché ho anche smesso di rispondere alle sue lettere, non mi va di perdere tempo con lei, non posso abbassarmi al suo livello, adesso. Ho altre cose da fare, altri obiettivi da raggiungere e non posso proprio perdere tempo in queste sciocchezze. Sono felice che mio padre mi abbia aperto gli occhi, ora sono convinto che senza di lui non sarei giunto da nessuna parte. Sorrido guardando il mio ritratto fiero della persona che sono e che dimostro di essere, un principe degno di diventare un sovrano potente, di avere il comando su ogni cosa.
Un timido colpo di tosse mi fa voltare, e incontro una cameriera molto giovane che mi guarda sostenendo appena il mio sguardo. «Altezza» esordisce torturandosi le mani tra loro, «la carrozza è pronta e il re vi aspetta all’ingresso»
«Le valige sono pronte?» chiedo con la mia voce roca e bassa.
Lei annuisce, «Sono tutte giù»
«Okay, grazie. Sono da voi in un minuto» Faccio dietro front e ripercorro il corridoio in senso inverso, mentre la cameriera minuta scompare in un altro corridoio. Quando scendo le scale, una donna alla base mi porge la giacca che devo indossare, blu scura con dei ricami d’oro sul collo, e infilo le braccia, mentre mio padre parla con due guardie e impone degli ordini. Quando lo raggiungo mi appoggia una mano sul braccio, troppo basso per appoggiarmela sulla spalla possente, e mi abbozza un sorriso. «Siamo pronti, Harold?»
«Sono nato pronto»
Mio padre ride compiaciuto e mi spinge per il gomito fuori dal palazzo, mentre su Edinburgo si ammassano dense nuvole scure cariche di pioggia. Il cocchiere ha smesso di sistemare le valige e finalmente saliamo sulla carrozza, mentre le guardie si posizionano fuori dal palazzo a controllare tutta la situazione. Chissà se ritornerò presto qui, e chissà cosa farò.
Il cocchiere parla con mio padre e, finalmente, partiamo.
                                                                                                                 ***


Dopo circa cinque giorni, arriviamo a destinazione. Il sole picchia sulla terra e fa davvero molto caldo, mi sento morire dentro i miei abiti scuri, e mio padre accanto a me si passa un fazzoletto sulla fronte madida di sudore. Il cocchiere si ferma e una guardia a me sconosciuta mi apre lo sportello. Quando esco, il sole mi investe, però grazie al cielo c’è un po’ di vento che allieva la sofferenza. Le valige le lasciamo sulla carrozza, tanto poi se ne occuperanno i membri del personale, e mi avvio verso il grande portone aperto. Mi giro solo una volta e scorgo il profilo di Monaco, poi seguo mio padre ed entriamo nel palazzo. Le guardie chiudono la porta una volta che siamo entrati, e aspettiamo ai piedi dell’imponente scala. Dopo due minuti, vedo i sovrani avvicinarsi uscendo da una stanza alla mia destra. Il re Maurice è un uomo paffuto, oserei dire, mentre la regina mostra tutta la sue regalità. Chissà se è come mia madre, e il re non è a conoscenza di nulla. D’altronde non mi stupirei, le donne sono tutte uguali. Spero solo che in futuro possa incontrarne una che riuscirà a cambiare il mio parere a riguardo, dimostrandomi il contrario e rivelandosi diversa.
Io e mio padre ci inchiniamo e lo stesso fanno gli altri sovrani, poi re Maurice stringe la mano con quella di papà.
«Spero che abbiate viaggiato bene»
«Certamente. Io e mio figlio eravamo impazienti di arrivare, dicevano che Monaco sarebbe stata bella, e non vedevamo l’ora di provarla con i nostri occhi. Ovviamente, avevano ragione»
«Ne siamo onorati» la regina Evelyne ha la voce delicata, anche se sembra davvero autoritaria, all’apparenza. «Mia figlia dovrebbe giungere a momenti per fare la vostra conoscenza»
Sorrido e inclino un po’ la testa, «Sono davvero impaziente di vederla»
«Manca poco ormai»
Annuisco, e mentre mio padre e i sovrani francesi parlano del contratto stipulato, io sento dei ticchettii concitati e alzo lo sguardo sulla cima delle scale.
E’ vestita d’azzurro, i capelli tenuti indietro da uno chignon e gli occhi truccati lievemente.
Non vedo l’ora di conoscerla.






Spazio autrice
Ciao a tutti, questa è l'ultima os della raccolta, da sabato prossimo pubblicherò la long con questi personaggi di cui ho parlato :)
Mi farebbe un enorme piacere sapere cosa ve ne pare.
Un bacione enorme.
Eli.

p.s Ieri ho fatto 18 anni!!!! 
Okay, non frega a nessuno ahahah 
Adieu

 
  
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