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Autore: LadyRealgar    21/02/2015    4 recensioni
Chiara strinse i pugni, desiderando di essere più alta dei suoi 156 cm e di avere un qualunque oggetto da lanciare su quei mascalzoni, cancellando i sorrisi idioti dalle loro brutte facce. Sentiva la rabbia e la vergogna crescere nel cuore e salirle fino alla gola, finché non esplose in un grido: -Dove diavolo mi trovo?
-Ad Asgard!- rispose una voce maschile in lontananza, molto più calda e ferma di quelle delle due guardie, al cui suono erano balzate sull’attenti e (finalmente) si erano zittite.
Premetto che questo è il primo racconto steso di mio pugno che rendo pubblico e spero davvero che questa storia possa far vivere a chi la legge delle belle emozioni.
Attenzione: nel corso della narrazione vi saranno spoilers per coloro che non hanno visto Thor: the Dark World, dato che i fatti qui descritti sono ambientati dopo gli eventi illustrati dal film.
Vi auguro una buona lettura. Lady Realgar
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Odino, Thor, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un raggio di sole si posò sugli occhi chiusi di Chiara, che, mugugnando infastidita, si svegliò da quello che era stato il primo vero sonno ristoratore da quando aveva messo piede su Asgard.

Stropicciandosi le palpebre appesantite dalla lunga dormita, si alzò a sedere e sentì scivolare le coperte del letto sopra la propria pelle: “Che strano…” pensò tra sé e sé, accarezzando le morbide lenzuola di seta color smeraldo “Non ricordo di essermi messa a letto”, poi un flash le balenò nella mente e si sporse di lato per verificare se Loki fosse ancora sul pavimento.

Non vide nessuno, se non una chiazza scura sul tappeto, a testimonianza del sangue perduto dal dio dopo lo scontro con il giovane elfo.

Da quanto tempo si era addormentata? E che cosa era successo nel frattempo?

Saltò giù dal letto e uscì di corsa fuori dalla stanza, desiderosa di scoprire la verità su quello che era accaduto la sera prima: perché un elfo, con la cui terra Asgard aveva stretto da generazioni una profonda e salda alleanza, avrebbe dovuto attentare alla vita del sovrano? Il suo regno non era forse in pace con quello degli Æsir? Era stato un gesto isolato oppure, dietro quell’attacco così diretto, c’era qualcosa di più dell’avventatezza e della follia di un giovane? E perché Loki quella sera stava ricoprendo il ruolo di Odino? Era sempre stato lui a regnare al posto del vero sovrano? E, se sì, che fine aveva fatto il vero Odino?

Con la testa piena di domande, Chiara corse per i corridoi del palazzo illuminati dalla luce della mattina inoltrata, finché non arrivò alle porte della sala del trono; ignorando completamente gli ordini delle guardie, che tentarono inutilmente di arrestare la sua avanzata, entrò nell’ambiente dorato, interrompendo una riunione in corso tra il sovrano, Thor, Sif, i Tre guerrieri e alcuni altri militari.

Vedendola arrivare così irruentemente nella stanza, Thor le corse incontro con un’espressione di profondo sollievo sul viso: -Chiara, grazie al cielo sei qui!- disse in un soffio il Dio del Tuono.

Le accarezzò il volto con le sue grosse mani, studiandone la pelle in cerca di ferite o di tumefazioni: -Dopo quello che è accaduto ieri sera, non ti abbiamo più trovata da nessuna parte! Temevo che gli elfi ti avessero rapita! Stai bene? Cosa ti è accaduto?

-Io sto bene, non ti preoccupare- gli rispose la ragazza con un sorriso intenerito: la premura di quel gigante buono la commuoveva ogni volta; poi chiese: -Che cos’è successo ieri sera? Io non capisco…

-Gli elfi hanno attentato alla mia vita- disse Odino, dall’alto del suo scranno -E poi sono fuggiti via come conigli, ma tu lo sai meglio di tutti, non è vero, midgardiana?

Sul volto dei presenti, e in particolare su quello di Chiara, si disegnò un’espressione sorpresa: -Cosa volete dire?- domandò la ragazza, chiedendosi chi fosse veramente l’uomo con cui stava parlando in quel momento.

-Mi domando cosa ti abbiano promesso per convincerti ad affrontare una missione così disperata, ma mi congratulo per le tue abilità: sei davvero una grande attrice!

Tutti gli occhi erano puntati su di lei e il clima era diventato pesante all’interno della sala: l’accusa che Odino le stava rivolgendo era gravissima e Chiara non riusciva davvero a capire cosa l’avesse portato a formulare quell’insinuazione.

-Maestà- disse la ragazza, misurando attentamente le parole e sforzandosi di non prestare attenzione allo sguardo costernato di Thor -Io non capisco a cosa vi stiate riferendo: non avevo mai visto un elfo prima di ieri e non avrei mai attentato alla vita di nessuno in alcun modo. Vi prego di credermi.

-NON MENTIRMI!- urlò il sovrano battendo violentemente Gungnir sul pavimento -Hai permesso al sicario di scappare! Questo è un atto di tradimento nella mia corte!

-Era solo un ragazzino!- gridò la ragazza, tentando di sovrastare la voce del sovrano, ma quello la ignorò e continuò imperterrito nella sua accusa: -Ora mi è tutto molto chiaro: gli elfi tramano alle mie spalle e usano una sciocca ragazzina asgardiana per intrufolarsi nel mio palazzo e avere un aiuto interno nel momento dell’attacco. Hai recitato molto bene la tua parte, umana: così fragile e spaventata, sei persino riuscita a ingannare il cuore di mio figlio e hai sfruttato la sua bontà per avvicinarti a me! Avrei dovuto lasciarti marcire in eterno nelle prigioni!

Il volto di Thor era sconvolto da quella rivelazione e Chiara sentì il cuore stringersi in una morsa: -Thor, ti prego…- gli disse, cercando di non piangere per la vergogna -Non è vero niente! Non crederci! Io non ho nulla a che fare con quello che è successo.

-Mi fidavo di te- rispose il dio, lanciandole uno sguardo carico di disprezzo e allontanandosi da lei quasi fosse stata una lebbrosa.

Fu un colpo terribile, doloroso come una pugnalata al petto e le lacrime cominciarono a scendere sul volto della fanciulla, rigandole le guance e il collo.

A quel punto Odino si alzò e, avvicinandosi a lei a passi calmi e cadenzati, proseguì: -Ora che sei stata scoperta, non hai più alcun valore per gli elfi e forse loro si aspettano che ti faccia giustiziare per quello che hai fatto, ma a questo punto tu non sei più nulla: solo un’inutile pedina su una scacchiera troppo grande. Sei davanti al pezzo più importante, mia cara, piccola, sacrificabile pedina e ora che il tuo gioco è stato svelato, non servi più a niente. Non vale nemmeno la pena sporcare con il tuo sangue immondo la lama della più vecchia e arrugginita delle spade del mio regno, perciò ritieniti fortunata: sono un re magnanimo e ti condanno all’esilio, mentre per i tuoi amici elfi la pena sarà la guerra.

Era di fronte a lei, a un palmo dal suo viso, e Chiara avrebbe persino potuto contare i peli della sua barba che cresceva sul mento squadrato, ma non fu quelli che osservò, bensì l’occhio sano, puntato inquisitorio su di lei: era diventato verde.

-Perché lo stai facendo?- chiese in un sussurro la ragazza, affinché solo il suo interlocutore potesse sentirla

Lui non disse nulla, ma le prese il viso tra le mani e poggiò le labbra sulla sua fronte, lasciandovi quello che sarebbe stato facilmente confuso con un bacio, ma non appena il contatto tra i loro volti venne interrotto, Chiara sentì la testa alleggerirsi, le palpebre farsi sempre più pesanti e, alla fine, la sala del trono e i suoi occupanti svanirono alla sua vista, sostituiti solo da buio e silenzio.

Dopo un tempo che non riuscì a definire con certezza, la ragazza riuscì ad aprire appena gli occhi: la sua vista non era ancora nitida ma riusciva a distinguere due figure imponenti davanti a sé.

Poi la voce di Odino: -Riportala a casa, Heimdall.

-N…No…- cercò di dire la ragazza, ancora intontita -Per favore, Heimdall, aspetta….

Ma era troppo tardi e l'incantesimo con cui il Dio degli Inganni l'aveva colpita era ancora attivo, così i suoi occhi tornarono a chiudersi mentre il suo corpo veniva risucchiato nel vortice del Bifrost.

Di nuovo il buio. Di nuovo  il silenzio.

Bip…Bip…Bip…Bip…

Un cicalio fastidioso perforò i timpani della ragazza, facendole quasi male; cercò di muoversi, ma il suo corpo era troppo pesante e l’incavo del gomito destro le bruciava.

Aprì lentamente gli occhi e le sue pupille si strinsero alla forte luce artificiale che illuminava l’ambiente; dopo qualche secondo riuscì a distinguere sopra di lei un soffitto bianco a pannelli quadrati, mentre un forte odore di disinfettante si insinuò nelle sue narici.

Inclinò leggermente la testa verso destra e vide un grosso parallelepipedo scuro con uno schermo, su cui correva una linea verde a zig zag; a fianco del parallelepipedo, un’asta argentata sorreggeva un sacchettino trasparente collegato con un tubo al suo braccio.

“Sono in ospedale?”

-Sei sveglia?- chiese una voce emozionata alla sua sinistra -Mamma, papà! Si è svegliata!- urlò, poi, la voce, seguita da un rumore di passi e dal tocco delicato di una mano sulla spalla della ragazza.

-Chiara?- sussurrò una voce femminile -Come ti senti?

Voltò a fatica il capo indolenzito a sinistra e vide sua madre, suo padre e suo fratello minore; i loro volti erano segnati dalla stanchezza e dall’apprensione dei giorni interminabili trascorsi nella sua ricerca, ma per lei non erano mai stati tanto belli.

-Mi siete mancati- disse, allungando appena le braccia nella loro direzione e ricevendo un caldo abbraccio dalla sua famiglia. L’emozione era palpabile nell’aria e gli occhi di tutti erano inumiditi dalla gioia; si strinsero per qualche minuto, finché non vennero interrotti da un’infermiera che entrò nella stanza e chiese di poter dare un’occhiata alla ragazza.

La donna segnò i valori riportati sul monitor, controllò la funzionalità della flebo e prese la temperatura della paziente, poi chiese: -Allora, mia cara, mi sai dire come ti chiami?

-Chiara- rispose quella, con la testa ancora un po’ indolenzita.

-Bravissima, e mi sai dire chi è quell’uomo?- domandò l’infermiera indicandole suo padre.

-Quello è il mio babbo.

-Ottimo, molto bene. Mi sai dire quello che ti è successo?

-Mi dica lei cosa crede che mi sia successo- rispose Chiara, inquisitoria: non le piaceva il tono che quella donna le rivolgeva.

-Ti hanno trovata in mezzo ai campi che farfugliavi delle frasi senza senso, urlando parole incomprensibili. Temiamo che tu possa aver avuto una forma di shock. Tra poco dovremmo avere i risultati delle analisi del sangue, così cerchiamo di capirne la causa.

-Credete forse che mi sia drogata o che abbia bevuto?- domandò ancora, aspra: per una qualche ragione, quella donna la faceva innervosire.

-Tesoro- disse sua madre -Sei sparita per quasi due mesi. I tuoi rapitori potrebbero averti drogata o peggio! Potrebbe esserti accaduto di tutto.

“Non immagini fino a che punto!” pensò tra sé la ragazza, poi si rivolse di nuovo all’infermiera: -Finora avete trovato qualcosa di strano?

-I valori vitali sono nella norma e sul tuo corpo non sono state trovate tracce di violenza. Anche dalla visita ginecologica non è emerso niente di insolito. Al momento ti stiamo idratando e aspettiamo i risultati delle analisi.

-Tu non ti ricordi nulla?- domandò suo padre, accarezzandole una guancia; nel suo sguardo si riusciva a leggere distintamente l’apprensione e la paura che quella domanda portava con sé.

-Ecco io…- esordì la ragazza, ma le parole si spensero in gola: come avrebbe potuto spiegare quello che aveva visto, le cose che aveva vissuto e le persone che aveva incontrato? Una fitta al cuore la colse al ricordo dell’amico, che la credeva una traditrice, e di Loki, che l’aveva diffamata ingiustamente davanti a tutti, accusandola di tradimento solo poche ore dopo che lei gli aveva salvato la vita.

-Io desidero che questa questione venga affrontata solo tra i membri della famiglia- riprese Chiara, squadrando l’infermiera, che prontamente si alzò e uscì dalla stanza.

-Dicci tutto, tesoro- disse sua madre, stringendole la mano tra le sue.

-Non so come sia potuto accadere- incominciò la ragazza -E per tutto il tempo in cui sono stata via mi sono interrogata sul motivo e sulla modalità della mia scomparsa, ma vorrei che prendesse per autentiche le mie parole e che capiste che quello che sto per dire è dettato dalla migliore lucidità mentale di cui sono capace, va bene?

Preoccupati, i suoi famigliari annuirono leggermente con la testa e si misero ad ascoltare attentamente; Chiara raccontò del suo risveglio nelle prigioni del palazzo, della creatura che le aveva salvato la vita, di Thor, di Odino, della sua schiavitù, delle persone che aveva incontrato e delle azioni che aveva compiuto; descrisse gli elfi e raccontò dell’attentato al Padre di Tutti, ma non accennò minimamente a Loki e al ruolo che aveva interpretato in quella storia.

Alla fine del racconto, suo padre e sua madre si scambiarono uno sguardo ricco di significati che Chiara non riuscì a cogliere e, dopo averle dato un bacio sulla guancia, uscirono dalla stanza, lasciandola sola con il fratello.

-Hai incontrato davvero gli dei nordici?- chiese incredulo Francesco -E com’era il martello di Thor? Era forte?

-È piuttosto piccolo rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare- rispose Chiara -Ma scaglia dei gran fulmini!

-Forte!- esclamò emozionato il ragazzo e Chiara rispose a quell’entusiasmo con un sorriso: le era mancato tantissimo quello scemo del suo fratellino e poterlo rivedere sembrava un piacere quasi impossibile, come se le fosse in qualche modo proibito e che presto le sarebbe stato di nuovo sottratto.

Dopo qualche altra domanda che Francesco, incuriosito e affascinato dalle avventure della sorella, continuava a porle, la porta della camera si aprì di nuovo, facendo entrare una donna sulla cinquantina, con un lungo camice bianco e i capelli biondi raccolti in uno chignon, seguita dai genitori.

-Ciao Chiara- disse la signora -Sono la dottoressa Augusti e sono il medico che ti ha tenuto sotto controllo in queste ore.

-Piacere…- rispose la ragazza, studiando perplessa la sua interlocutrice.

-Ho appena dato un’occhiata alle tue analisi e ai tuoi parametri vitali e ti posso dire che sei sana come pesce, mia cara, ma vorrei comunque che ti facessi vedere nei prossimi giorni e, magari, facessi una chiacchierata con il dottor Di Stefano, così gli spieghi un po’ quello che ti è capitato, che ne dici?

-Mi faccia indovinare, dottoressa, questo signor Di Stefano è per caso uno psicologo?

-Veramente è uno psichiatra, mia cara.

Senza aggiungere altro, la ragazza si tolse l’ago dal braccio e il sensore per il battito cardiaco dal dito e si alzò dal lettino.

-Dove credi di andare?- domandò sorpresa la dottoressa.

-Me ne torno a casa, cara signora, perché non ho alcuna intenzione di perdere il mio tempo con chi ha già deciso di sottopormi a un’inutile terapia perché è troppo ottuso per capire la veridicità delle mie parole. Non  ho alcun disturbo mentale, né mi sono inventata quello che ho raccontato per dissimulare un qualche trauma: quello che ho detto mi è accaduto veramente e io non vedrò nessuno psichiatra o psicologo o chiunque altro!

-È per il tuo bene, pensa ai tuoi genitori!- insistette la donna, cercando di riportare a letto la sua paziente.

-I miei genitori sono già fortunati ad avermi di nuovo con loro; sono maggiorenne e sono libera di rifiutare la cura, se ne ho voglia, quindi datemi dei vestiti e lasciatemi tornare a casa mia.

Ciò detto, si avvicinò verso un angolo della stanza, dove giaceva la borsa che i suoi le avevano preparato per la permanenza in ospedale, la aprì, ne estrasse degli indumenti ed entrò nel bagno per cambiarsi, il tutto sotto lo sguardo attonito dei suoi parenti e del medico.

Una volta che si fu chiusa la porta alle spalle, la ragazza si guardò allo specchio: la fanciulla calma e allegra di solo un giorno prima era svanita, al suo posto vi era una sconosciuta dallo sguardo freddo.

Cercando di ignorare quel volto che la osservava attraverso lo specchio, Chiara si lavò alla bell’e meglio al lavandino dello stretto bagno e indossò i suoi vecchi abiti, jeans e maglietta, ritornando ad essere, in apparenza, la solita studentessa di due mesi prima.

Esalò un profondo sospiro ed uscì, tornando nella stanza dove la sua famiglia l’aspettava per il rientro a casa.

Senza scambiarsi una parola (Chiara poteva immaginare in che stato si trovassero i suoi genitori in quel momento e non cercò di sforzarli a fare conversazione: quando se la sarebbero sentita di riaffrontare l’argomento, avrebbero parlato), scesero le scale e si avviarono all’uscita dell’ospedale, dove un ragazzo dai capelli scuri e dalla corporatura robusta, aspettava ansioso appoggiato al corrimano di metallo.

Chiara, alla vista del ragazzo, si bloccò, come pietrificata, finché egli si accorse del loro arrivo e le corse incontro.

-Marco…- esordì la ragazza, quando quello le si fu parato davanti, ma non riuscì ad aggiungere altro perché Marco l’avvolse in un abbraccio commosso, sussurrandole felice all’orecchio: -Sei tornata!

Dopo un primo momento di rigidità, Chiara rispose all’abbraccio del fidanzato, stringendolo forte a sé e respirando a pieni polmoni il suo profumo così familiare.

Prendendola, poi, delicatamente per la mano, come se temesse che potesse andare in frantumi da un momento all’altro, Marco la condusse verso la propria auto parcheggiata poco distante dall’ingresso dell’ospedale e l’aiutò a salire.

Quando tutti si furono accomodati all’interno dell’abitacolo, il ragazzo diede gas e l’auto uscì dal parcheggio, dirigendosi verso le campagne senesi sotto al caldo sole di agosto.

Durante tutto il viaggio, Chiara continuò a pensare alle parole del re di Asgard e allo sguardo deluso e ferito di Thor, ma, soprattutto, si domandò se la guerra tra Asgard e Âlfheimr avrebbe nuociuto ad Angnis, a Myria e agli altri bambini del palazzo che aveva conosciuto. Avrebbe dato chissà cosa per poter tornare ad Asgard e assicurarsi che non accadesse loro del male: si sentiva addosso il peso di quella guerra assurda.

Anche se sapeva di non esserne responsabile, sentiva che avrebbe dovuto essere lì per aiutarli. In fondo ora aveva degli affetti anche ad Asgard ed erano in pericolo.

Il tempo, trascorso in mezzo a quei pensieri, volò in un lampo e presto la macchina imboccò il sentiero sterrato che conduceva alla villetta dove Chiara e la sua famiglia vivevano da sempre.

Nulla, notò la ragazza, era cambiato in quell’abitazione, tranne forse le piante del giardino, che apparivano meno rigogliose e curate del solito.

Ad attenderli, i nonni di Chiara, padre e madre di suo padre, stavano sotto al portico, aspettando ansiosamente che l’auto si fermasse e permettesse alla loro adorata nipotina di raggiungerli.

Non appena li vide, la ragazza scese dall’auto e corse loro incontro, stringendoli poi in un abbraccio ricco dell’affetto più profondo e sincero: erano le persone con cui era cresciuta e con cui aveva costruito la propria personalità giorno dopo giorno; ai suoi nonni Chiara doveva tutti i migliori ricordi della sua infanzia ed erano le due persone che più amava al mondo, sicché le strinse a sé come se potesse svanire di nuovo lontano da loro in un battito di ciglia.

-Bentornata- la voce della nonna era rotta dall’emozione mentre le accarezzava dolcemente i capelli scompigliati con le sue mani nodose; suo nonno, invece, non disse niente, ma le sorrise e ricambiò con entusiasmo l’abbraccio: non erano necessarie le parole affinché si capissero, tra loro due c’era sempre stata un’intesa unica e speciale, che Chiara non aveva con nessun’altro.

Quando la famiglia si fu riunita, si sedettero tutti assieme nel salotto e, mentre la nonna preparava il the, Chiara ripeteva il suo racconto, cercando di spiegare al meglio delle sue capacità oratorie i fatti incredibili che le erano capitati nel regno di Asgard.

Cercò di decifrare le espressioni dei suoi parenti man mano che gli avvenimenti venivano snocciolati: i suoi genitori avevano delle facce preoccupate e continuavano a lanciarsi occhiate eloquenti; Francesco pendeva dalle sue labbra, osservandola con i suoi grandi occhi castani, avido di apprendere tutti i dettagli di quell’incredibile avventura; Marco era seduto sulla sedia a fianco del tavolo e appoggiava la testa sul pugno chiuso, sembrava incredulo e, notò Chiara, il suo viso si accigliava ogni volta che ella parlava del Dio del Tuono; sua nonna la osservava stringendo tra le dita la tazza di the fumante e, talvolta, lanciava uno sguardo preoccupato in direzione dei suoi genitori. L’unico che sembrava prendere sul serio il suo racconto era, come la ragazza si aspettava, suo nonno, il quale, sorseggiando lentamente la sua bevanda calda, la osservava interessato e concentrato.

Alla fine del suo racconto, cadde il silenzio e, dopo qualche minuto passato senza che nessuno dicesse nulla, Chiara annunciò che sarebbe andata nella sua stanza a riposare.

Non appena ebbe varcato la soglia della sua camera, si lasciò cadere a peso morto sul letto e si mise a fissare il soffitto: la sua memoria volò alle prigioni e alla vana ricerca del suo lampadario. Ora quell’oggetto era lì, esattamente dove ci si aspettava che fosse, ma Chiara continuava a non sentirsi nel posto giusto, nel luogo dove avrebbe dovuto essere in quel momento.

Ad Asgard, probabilmente, stava già imperversando la guerra e lei era lì, su un altro pianeta, ad osservare il soffitto. Aveva ragione Loki: era solo un’inutile pedina in una scacchiera troppo, troppo grande per lei.

Qualcuno bussò alla porta, interrompendo il filo dei suoi pensieri, e Chiara andò ad aprire, trovandosi di fronte suo nonno con in  mano due grosse tazze colorate.

-Ciao- disse l’uomo, con un grande sorriso -Ho pensato che potesse essere il momento giusto per un buon gelato.

-Nocciola e stracciatella?

-Nocciola e stracciatella!

-Tu sì che mi capisci!- disse la ragazza ricambiando il sorriso e facendolo accomodare sul divanetto vicino alla finestra.

Quando l’uomo si fu adagiato sui cuscini della poltrona, disse, porgendo alla nipote una delle due tazze: -È stata davvero un’esperienza particolare su Asgard, non è vero?

-Già…- rispose la ragazza, mettendosi in bocca una grossa cucchiaiata di gelato -Cosa ne pensi di quello che ho raccontato?- aggiunse poi.

-Penso che tu non ci abbia detto tutto- rispose quello, guardandola profondamente negli occhi attraverso le spesse lenti degli occhiali da vista -Ti conosco da quando sei nata e ti ho vista crescere, perciò posso dire di saper capire quando mi nascondi qualcosa. Ho ragione?

Chiara sorrise e, affondando il cucchiaino nel gelato, rispose: -Come sempre.

-Allora cos’è che hai omesso? Qual è il problema che ti turba?

A quel punto a Chiara non rimase che rispiegare, per filo e per segno, tutta la storia con l’aggiunta di Loki e delle sue trame: dall’iniziale tentativo di spaventarla presentandosi a lei come la sua paura, al Vincolo Sacro fino alla serie di accuse con annessa condanna all’esilio.

Quando la ragazza ebbe terminato, il nonno rimase per una manciata di secondi in silenzio, valutando attentamente quello che gli era stato appena narrato, poi, dopo aver mangiato l’ultima cucchiaiata di gelato, disse: -Chiunque sia questo Loki e qualunque cosa egli abbia combinato nella sua vita, non posso che essergli grato.

-Cosa intendi dire?- domandò la ragazza, sorpresa da quell’affermazione inaspettata.

-Gli sono grato perché, non appena ha fiutato il pericolo di una guerra, il suo primo pensiero è stato quello di metterti in salvo, di rimandarti a casa dalla tua famiglia. Ha dovuto mettere assieme tutta quella messinscena per far sembrare il tuo allontanamento un fatto plausibile, visto che fino a quel momento aveva insistito per tenerti ad Asgard, ma il suo scopo era portarti al sicuro, dove non avresti corso alcun rischio. Quell’uomo mi ha rimandato indietro la mia nipotina e non potrei essergli più riconoscente.

Chiara non sapeva cosa dire: non aveva considerato la cosa sotto quel punto di vista, ma le sembrava piuttosto inverosimile che una creatura come Loki potesse interessarsi all’incolumità di qualcuno all’infuori di se stesso.

Aprì bocca per ribattere, quando un’altra voce femminile alle sue spalle l’anticipò: -I miei complimenti, nobile vegliardo, lei è un uomo molto saggio.

 

Angolo dell’autrice: salve a tutte quante e bienvenidas alla fine del capitolo 18! Un caloroso abbraccio alla nuova arrivata che ha aggiunto la storia tra le seguite J

Dunque, eccoci qua: Chiara è stata rispedita piuttosto malamente a casa, dove deve confrontarsi con una realtà che fatica ad accettare gli eventi da lei vissuti. La sua famiglia e la sua casa erano ciò che la ragazza desiderava, ma li ha riavuti in circostanze che non si aspettava ed ora si trova divisa a metà tra la tranquillità offertale dalla sua vecchia vita e la minaccia della guerra che incombe su chi le è divenuto caro.

Che ne dite? Il nonnino c’ha visto giusto? O forse Loki voleva solo liberarsi di Chiara, magari, già che c’era, dando anche un dolore a Thor?

E di chi sarà la voce alle sue spalle? Scommetto che ci siete già arrivate ;)

Vi mando un grandissimo abbraccio e vi ringrazio con tutto il cuore per essere qui, capitolo dopo capitolo, ad onorare il mio lavoro con la vostra attenzione e il vostro interesse.

Un abbraccione e alla prossima :)

Lady Realgar

   
 
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