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Autore: sundayrose    22/02/2015    4 recensioni
E... se Hermione non fosse mai esistita?
" - Draco... - Tentò lei, con un lieve tremito nella voce.
Lui voltò la testa di scatto e, per la prima volta da quando l'aveva visto, scorse un barlume di umanità in quei suoi occhi così belli. -Come sai il mio nome? -
"So molte cose di te", avrebbe voluto dirgli. Ma tacque. Lui la guardava ancora e improvvisamente si accorse che era cambiato, sì. Era immensamente più bello, seppur più magro, sofferente. Quella bellezza che viene solo da chi ha sofferto tanto. Aveva il fascino dell'angoscia negli occhi. "
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Draco Malfoy, Hermione Granger, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Si chiama disperazione

 

 

“Nel destino di ogni uomo può esserci

 una fine del mondo fatta solo per lui.

 Si chiama disperazione.”

- Victor Hugo -

 

 

- Harry Potter è morto. -
Quella frase, quell’unica frase ebbe il poter di farla crollare completamente e di colpo nulla aveva più importanza. Non importava che Tom Riddle fosse ancora vivo. Non importava che Piton fosse diventato il suo più fedele seguace. Non importava che Hogwarts non fosse più la stessa. Non importava nemmeno come lei ci fosse arrivata. Harry era morto e questo bastava, questo era tutto. Perché, se lui non c’era più, allora era tutto inutile, Tom Riddle sarebbe vissuto in eterno e il mondo avrebbe vissuto per sempre nell’oscurità.
Eppure una parte di lei ancora si rifiutava di crederci. “Non è possibile” si diceva, “è tutta una bugia”. Ma allora come… come…
- M…morto?! – Balbettò alla fine, incapace di dire altro.
- Certo che sì! Accidenti, Severus, me l’ero perfino dimenticato. Quanto tempo è passato! –
Tuttavia, quando si voltò a guardarlo, Severus Piton non sembrava condividere l’ilarità del suo padrone. Anzi, una piccola espressione di dolore parve attraversargli il viso. Ma scomparve così velocemente che la ragazza pensò di essersela solo immaginata. Le incomprensibili espressioni del professore erano le ultime cose a cui pensava, mentre le parole di Tom Riddle avevano avuto il potere di fare breccia nel solido guscio di disperazione che si era creato attorno a lei.
- Che… che vuol dire “ quanto tempo è passato”? -
Tom Riddle la guardò con sufficienza e finta compassione, più una smisurata dose di arroganza e di superiorità che ben si leggeva sui suoi lineamenti delicati e terribili.
- Quello stupido ragazzino pensava di potermi fermare. Il fatto che, per chissà quale misteriosa ragione, mi avesse “sconfitto” quando aveva appena un anno gli aveva donato un’arroganza senza pari. Arroganza che l’aveva portato a fermarmi di nuovo, al suo primo anno qui ad Hogwarts. Pensava di poter fare tutto, pensava di essere il salvatore del Mondo Magico. Lui, un misero ragazzino di dodici anni contro il più grande mago di tutti i tempi. Da solo contro tutto il mio potere. Aveva un’arroganza senza limiti e quella gli è stata fatale. – Rise di gusto, come se quello fosse uno dei ricordi più belli della sua esistenza. – Pensava addirittura di poter fermare il Basilisco. -
- Harry ti ha fermato! – Sbottò improvvisamente lei, incapace di trattenersi anche se fosse stata in gioco la sua vita. Ormai non aveva più niente da perdere. – E ha fermato il Basilisco. L’ha ucciso con la spada di Godric Grifondoro! –
Una nuova ondata di ilarità trasformò il viso del ragazzo che non sarebbe mai diventato un mostro, almeno non nell’aspetto. – Harry Potter ha tentato di fermare il Basilisco, ma non ha mai trovato l’accesso alla Camera dei Segreti. Era così esaltato dalla sua capacità di riuscire a capire il linguaggio dei serpenti che non ha esitato un attimo a seguire la voce del Basilisco quando l’ha sentita. Merlino solo sa che cosa aveva in mente di fare. Probabilmente si credeva superiore, invincibile. E’ morto a causa della sua stessa superbia: ha girato l’angolo e si è trovato di fronte l’enorme serpente. Il bambino che è sopravvissuto ucciso dal mostro dell’erede di Serpeverde. – Assaporò quelle parole come un piatto prelibato – E io… e io riportato alla vita grazie alla forza vitale di una ragazzina dai capelli rossi. –
La ragazza chiuse gli occhi. Di cosa stava parlando? Quelle ultime parole risuonavano ormai vuote e distorte alle sue orecchie, come se, dopo tutto quello che aveva appreso in quegli ultimi istanti, non potesse sopportare nessun altra notizia. Si sentì girare la testa e una nuova ondata di nausea l’assalì. Si costrinse a ricacciarla indietro e ad avere la mente lucida.
- No! – Esclamò alla fine, con tutta la forza che riuscì a trovare – Non è andata così! Io ho scoperto che il Basilisco circolava attraverso le tubature. Grazie a me Harry e Ron hanno scoperto che l’accesso alla Camera dei Segreti si trovava nel bagno dove è morta Mirtilla Malcontenta. Harry ha raggiunto la Camera dei Segreti e ha ucciso il Basilisco con la spada di Grifondoro. E’ così che è andata! -
Ma Tom Riddle non la stava più ascoltando. Ad un certo punto del suo discorso si era fermato, congelato al suo posto come sotto l’effetto di un Petrificus. L’ilarità sprezzante che fino a quel momento l’aveva trasformato in un ragazzo quasi umano era scomparsa e ora sul suo viso si poteva leggere solo rabbia, sospetto e forse… forse una punta di paura?
- Come fai a conoscere l’accesso alla Camera dei Segreti? Nessuno lo sa. Nessuno l’avrebbe dovuto sapere! – Gettò un’occhiata a Severus, sufficiente a farle capire che neanche lui avrebbe dovuto venirne a conoscenza.
- L’ho appena detto. Harry ha… -
- NO! – Sbottò lui, scattando come un serpente al minimo segnale di pericolo – Tu menti! Harry Potter è morto. E’ morto, piccola mocciosa, è morto! Io l’ho sconfitto e non può più tornare per intralciare i miei piani.-
Perché si ostinava a ripeterlo? Si chiese lei. Non poteva essere vero, lei sapeva che non era vero. Ma sapeva anche che, al contrario, erano Voldemort e Piton ad aver dovuto essere nella tomba e invece erano proprio lì, accanto a lei, che la osservavano, la parlavano, la giudicavano. Tutto quello di cui era assolutamente certa stava crollando come un castello di carte e ad un certo punto le venne il dubbio che anche a lei fosse successo qualcosa e che quello fosse una specie di bizzarro aldilà dove ognuno di loro riviveva all’infinito gli istanti della propria vita secondo chi vi si trovava. Ma quell’idea era troppo assurda per essere plausibile, soprattutto perché lei era viva, sapeva di esserlo, ne era convinta! Ma ormai sembrava che tutte le sue convinzioni dovessero crollare da un momento all’altro.
- No, non è vero. – Sussurrò dopo un po’ – Harry Potter era il prescelto e ti ha distrutto. Io l’ho visto! -
- E tu chi sei per dire questo? Chi, per affermare quanto stai dicendo? – Le chiese lui, quasi avesse bisogno di una risposta che confermasse quanto fosse bugiarda.
- Sono Hermione Granger. – Rispose semplicemente, sperando che questo potesse bastare.
Tom Riddle si voltò verso l’insegnante di Pozioni – Hai mai sentito questo nome, Severus? –
- Mai in vita mia. -
La ragazza puntò lo sguardo su di lui, sconcertata – Professor Piton , io sono stata una sua alunna. Ero la migliore amica di Harry e Ron. – Non sapeva nemmeno lei perché si ostinasse a ripetere quelle cose quando era evidente che per loro non erano altro che bugie. Ma doveva farlo. Lo doveva a sé stessa e alla sua sanità mentale.
- E’ vero, Severus? -
- No, non l’ho mai vista, mio signore. E io ricordo sempre i miei studenti. Mi sarei ricordato di lei, soprattutto se fosse andata in giro con Harry Potter. –
Tom Riddle parve soddisfatto, mentre lei cominciava a sentirsi perduta.
- Una bugiarda! Una spia! – Esclamò lui, quasi compiaciuto – Per conto di chi sei entrata in questa scuola? – Si era avvicinato di colpo, ma lei non si era mossa, nonostante avrebbe voluto fuggire da quella stanza come la peggiore delle codarde.
- Io frequento questa scuola. Sono al settimo anno. –
- Bugiarda. BUGIARDA! – Ormai urlava, senza alcun controllo. Gli occhi scintillanti d’ira. – Chi ti ha mandato? Forse quei quattro bacucchi che ancora si fanno chiamare “Ordine della Fenice”? Credevano forse che non ci saremmo accorti della tua presenza? Che avresti potuto circolare liberamente sotto le false spoglie di una studentessa? –
- Io sono… -
- Basta! – La interruppe di nuovo lui – Questo affronto avrà delle ripercussioni gravi. Nessuno deve pensare di potermi aggirare. Severus! – Quell’ultima parola schioccò come una frusta – Falla portare nei sotterranei. Forse una notte al freddo e in compagnia dei topi basterà a farle sciogliere la lingua. E se invece nemmeno quello sarà sufficiente ricorreremo a metodi decisamente più sgradevoli. –
Hermione non trovò più la forza di dire altro. Quello che stava vivendo era un incubo, non c’era altra spiegazione.
Sprofondò in sé stessa e nelle sue paure come se fossero una palude di acqua melmosa e scura, che le impregnava i vestiti e le ossa rendendola sempre più pesante e trascinandola giù, sempre più a fondo. Avvertì come da lontanissimo il professor Piton suonare un piccolo campanello d’argento e dopo pochissimi secondi, o lunghe ore, la porta dell’ufficio che si apriva.
- Mi avete chiamato, mio signore? -
E improvvisamente ritornò a galla, come se quelle semplici parole fossero state un braccio teso pronto ad afferrarla prima dell’agonia. Più delle parole, però, era stata la voce a farla ritornare in sé. Quella voce che le era così tanto familiare, quella voce che aveva imparato ad amare pian piano, senza alcun preavviso. Quella voce che ormai era tutto il suo mondo e che caratterizzava ogni singolo momento felice della sua vita. Quella voce che aveva dimenticato in quegli istanti orribili e si sentì immensamente colpevole per questo.
Non aveva ancora alzato lo sguardo, ma sentiva prepotente la sua presenza accanto a sé. Il suo corpo reagiva istintivamente, anche in quel mondo assurdo e, se avesse avuto anche solo un minimo dubbio, in quel momento fu del tutto dissipato, certa al cento per cento che fosse lui.
- Si, signor Malfoy. – Rispose Tom Riddle, seduto dietro la scrivania. Hermione non si era neppure accorta dello spostamento. Ormai tutti i suoi sensi erano rivolti al ragazzo che le stava affianco, immobile, il profilo rigido rivolto verso la scrivania.
- Voglio che tu scorti la signorina Granger nei sotterranei. E che sia sorvegliata a vista. –
- Agli ordini, mio signore. –
Draco si avvicinò ad Hermione con la stessa compostezza e rigidità di un soldato e con la stessa freddezza la afferrò per un braccio e la guidò fuori dall’ufficio. In quei brevissimi istanti non l’aveva guardata negli occhi neppure per un momento, osservandola superficialmente come se fosse stata niente di più che un ordine da eseguire. Mentre lei l’aveva guardato, a fondo, intensamente, cercando nei suoi occhi il minimo segnale del fatto che l’avesse riconosciuta. Ma quelli erano spenti e vuoti, come se uno spesso strato di nebbia celasse l’anima burrascosa che di solito vi leggeva così chiaramente. Sembrava un guscio vuoto, un automa, una statua di marmo senza sentimenti né volontà.
Il rumore della porta che si chiudeva alle loro spalle la riscosse e lei si ritrovò a scendere la ripida scala a chiocciola guidata da quello che ora era diventato la sua guardia e il suo carceriere. Draco le stringeva l’avambraccio in una presa salda, ma non così forte da farle male.
Quando spuntarono nei corridoi vuoti e silenziosi il suo primo istinto fu quello di divincolarsi e scappare, subito soffocato dal suo innato e dannato buonsenso. Davvero pensava di riuscire ad uscire da Hogwarts? E, se davvero ci fosse riuscita, dove sarebbe potuta andare? Non sapeva come fosse il mondo lì fuori, non ora che tutto sembrava stravolto, inconcepibile, incoerente con tutto quello che sapeva e ricordava. E poi… e poi ora aveva trovato Draco. Se davvero avesse voluto scappare avrebbe voluto farlo con lui.
Si voltò a guardarlo. Era sempre lo stesso, nulla nel suo aspetto poteva farle pensare che fosse cambiato in qualche modo; eppure era inesorabilmente diverso. Non il ragazzo che aveva conosciuto, non il ragazzo che aveva amato.
- Draco… - Tentò lei, con un lieve tremito nella voce.
Lui voltò la testa di scatto e, per la prima volta da quando l’aveva visto, scorse un barlume di umanità in quei suoi occhi così belli – Come sai il mio nome? –
“So molte cose di te”, avrebbe voluto dirgli. Ma tacque. Lui la guardava ancora e improvvisamente si rese conto che era cambiato, sì. Era immensamente più bello, seppur più magro, sofferente. Quella bellezza che viene solo da chi ha sofferto tanto. Aveva il fascino dell’angoscia negli occhi.
- Non ti ricordi di me? – Chiese alla fine.
Lui sembrò sorpreso, confuso, ma poi parve decidere che non fosse il caso di indugiare e riflettere troppo sulle parole di una spia, una nemica che stava per imprigionare nelle viscere del castello di Hogwarts.
- Io non ti ho mai vista. – Constatò semplicemente dopo qualche secondo, riportando lo sguardo davanti a sé.
Anche lei lo fece e, mentre scendevano nei sotterranei, cercò di ignorare le lame di ghiaccio che le trafiggevano il petto ad ogni passo. Quelle lame che non erano state così dolorose nemmeno quando Tom Riddle le aveva detto che Harry era morto.

 

Draco la portò nella parte più profonda dei sotterranei, quella più fredda, più umida, così buia che anche la luce della torcia si rifugiava nelle ombre. Molto più in basso dell’aula di Pozioni.
Il ragazzo si fermò davanti ad una cella oscura e angusta. Hermione poteva sentire le gocce di umidità scivolare lungo le pareti ricoperte di muschio e muffa. Non c’erano finestre lì sotto e l’unica fonte di luce era la piccola torcia che Draco stringeva tra le mani, la cui luce si rifletteva sinistra e verdastra sulle sbarre stranamente lisce e lucide.
Metallo magico, pensò. Metallo che non poteva essere intaccato né dal tempo né dalla ruggine.
Le sbarre erano conficcate in profondità nella roccia del pavimento e si innalzavano per quasi tre metri fino a sparire nella volta gocciolante del soffitto. Non c’erano aperture, né passaggi attraverso i quali sarebbe potuta entrare. La grata si stendeva da un capo all’altro del muro senza alcuna interruzione di maniglie o serrature. Si stava appunto chiedendo come avrebbe fatto ad entrare quando Draco mise una mano sulle sbarre, abbassò la testa e chiuse gli occhi. E in quel momento Hermione si permise di osservarlo più attentamente.
Era decisamente più magro, il profilo deciso della mandibola svettava sul suo viso pallido e la camicia scura che indossava mal celava l’ossatura spigolosa delle scapole. Aveva la testa piegata in avanti e in quella posizione i capelli biondi, e molto più lunghi del solito, ricadevano sugli occhi chiusi, mentre una ruga di concentrazione svettava sulla sua tempia candida.
Quando riaprì gli occhi e alzò la testa la scoprì ad osservarlo e una piccola e veloce espressione di sospetto e curiosità passò sul suo viso.
- Entra! – Le ordinò, guardandola ancora.
Lei impiegò qualche secondo a capire, finchè non girò la testa e vide un varco nella grata di ferro che prima non c’era. Con passi incerti lei lo attraversò e quello si richiuse dietro le sue spalle.
La cella in cui si trovava era appena più grande dello sgabuzzino delle scope al secondo piano e scommetteva che, se si fosse sdraiata sul pavimento, non sarebbe riuscita ad allungarsi completamente. Non c’erano finestre e l’aria era fredda, umida e stantia. Tossì un paio di volte quando quel sentore di muffa le entrò in gola e improvvisamente la consapevolezza di quanto stava vivendo la colpì in piena faccia come una secchiata di acqua gelida.
Era prigioniera! Era prigioniera in una scuola che sembrava la sua ma che non lo era, come se il suo doppio malvagio fosse all’improvviso affiorato cancellando quanto di bello, allegro, caldo e luminoso c’era prima. E questo non valeva solo per la struttura, no, ma anche per le persone che vi vivevano. Persone che non avrebbero più dovuto esistere e persone che esistevano ancora ma in modo completamente diverso. E poi c’era lei… che inspiegabilmente era stata catapultata in quel mondo assurdo, senza sapere se sarebbe riuscita prima o poi a ritornare nel suo mondo, quello vero. Perché quello… quello era solo una grottesca imitazione, un’imitazione che le faceva paura, ancora di più perché era completamente sola e abbandonata a se stessa.
Il rumore di passi che si allontanavano la riportò alla realtà. Si girò di scatto e afferrò le sbarre con la stessa disperazione con cui avrebbe potuto afferrare la sua ultima scintilla di speranza.
- No! Ti prego, non andare via! Draco! – Urlò disperata.
Poco prima che la figura del ragazzo venisse risucchiata dalle ombre, si fermò, concedendo a lei di scorgere ancora i riflessi biondi dei suoi capelli. Si girò, guardingo.
- Ti prego, aiutami! – Continuò – Non so cosa stia succedendo ma qui è tutto diverso. Piton dovrebbe essere morto, anche Voldemort e tu… -
- Nessuno lo chiama in quel modo. – La bloccò lui, ritornando sui suoi passi con espressione severa – Per noi tutti è il Signore Oscuro. –
- Non è vero, non per te. Tu lo odiav… lo odi! Io lo so! –
L’espressione di Draco, dapprima guardinga, ora divenne furibonda – Che cosa stai insinuando, ragazzina? – La fronteggiò da dietro le sbarre. I suoi occhi ora mandavano lampi, ma Hermione vi vide anche qualcos’altro: paura.
- Lo so che ora non puoi dire niente, ma io so cosa c’è dentro il tuo cuore. – Cercò, solo con gli occhi, di fargli capire che era sincera, che stava dicendo la verità - Tu lo odi così come lo odio io, se non di più. Ha rovinato la tua vita, ti ha tolto gli anni migliori della gioventù e ora sei costretto a servirlo per paura che faccia del male a te o ai tuoi cari. E non puoi nemmeno soffermarti su questi pensieri, su queste paure, perché hai il terrore che lui ti legga nella mente e scopra tutto, cioè che tu non gli sei fedele. -
Il ragazzo sbarrò gli occhi e indietreggiò di qualche passo. Con un’angoscia quasi febbrile si guardò intorno, come se si aspettasse che Voldemort in persona sbucasse dalle dense ombre attorno a lui e lo uccidesse all’istante. – Come fai a dire queste cose? Chi te le ha dette? – La sua voce ormai era un sussurro angosciato.
- Tu! Me le hai dette tu stesso, Draco. Certo, me le hai dette in un tempo di pace, dove non dovevi più temere la minaccia di Voldemort, ma me le hai dette. E sono sicurissima che le pensi tutt’ora, non è vero? -
Hermione stringeva le sbarre con disperazione mentre pronunciava quelle parole, forse sperando che, quanto più stringesse, più lui le avrebbe creduto. Ma Draco la guardava confuso e atterrito, scuotendo la testa.
- Quel tempo non esiste, non è mai esistito. Sei solo una pazza! -
Lei fu assalita dall’angoscia – Draco… -
- Io non so nemmeno chi tu sia, come posso averti detto queste cose se non ti ho mai vista? E, anche se ti conoscessi, non avrei di certo pronunciato quelle parole perché non è la verità. Il Signore Oscuro è il mio padrone e a lui va tutta la mia fedeltà. -
Hermione capì che stava dicendo quello più per convincere se stesso che lei, ma non potè fare a meno di allungare comunque una mano verso di lui, attraverso le sbarre.
- Draco… ti prego! -
Il ragazzo guardò con occhi vacui le dita che si protendevano verso di lui, ma non le afferrò, né si avvicinò per poter fare in modo che queste lo toccassero.
- Ti prego, guardami! Possibile che non ti ricordi di me? Sono Hermione! – La voce le si spezzò in gola, mentre lacrime gelide cominciavano a rigarle le guance.
- Tu stai cercando di manipolarmi. – Sbottò lui alla fine, ritraendosi ancora di più dalla sua mano protesa – Sei una spia. L’ha detto il Signore Oscuro. Non devo fidarmi di te, stai cercando di confondermi. – La guardava con occhi accusatori, come se la stesse incolpando di quanto stava dicendo, come se la stesse incolpando di non poter dimostrare quanto stava dicendo, come se volesse davvero credere in quanto stava dicendo, ma non osasse minimamente.
Lei vide tutti quei sentimenti contrastanti combattere dentro di lui una battaglia senza speranza, e perdere. Lo capì ancor prima di veder muovere i suoi passi. Un passo indietro, poi un altro e un altro ancora…
- No! Ti prego! Draco! -
Ma lui era già scomparso tra le ombre. Il rumore dei suoi passi veloci che andava perdendosi in lontananza.
 

 

 
NOTE DELL’AUTRICE:

Salve lettori, eccoci arrivati al secondo capitolo. Spero tanto che vi sia piaciuto!
Un grazie infinito a chi, sulla fiducia, ha messo la storia nelle seguite e nelle preferite e a chi ha recensito.
Come tutti gli aspiranti scrittori, mi interessa moltissimo il vostro parere (che sia esso positivo o negativo) perciò recensite, mi raccomando!
Un bacione grande a tutti voi e buona domenica.
Sundayrose

  
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