Ali di cenere
Nel
cielo azzurro era ben visibile una cortina di fumo
che imponente e spaventosa si innalzava quasi a voler raggiungere il
sole.
Non appena Touko la vide fu tentata di fermarsi e fare
retromarcia, ma poi ricordò l’avvenimento di
Spiraria così spronò Charizard ad
accelerare.
Uno stormo di Pidove volava in direzione contraria
puntando dritto verso di lei cosicché, per schivarli, la
traiettoria del Pokémon
cambiò bruscamente, innalzandosi e dando alla brunetta la
visuale intera della
città.
Con orrore la ragazza vide i tetti bruciare, le case crollare
e la piazza della cittadina divenire un luogo di riparo,
l’unico per l’appunto.
Anche il laboratorio della Professoressa Aralia stava
andando a fuoco e affaccendati Scienziati in camice da lavoro entravano
e
uscivano dall’edificio in fiamme salvando il salvabile. I
bambini urlavano
spaventati mentre l’aria intorno a Soffiolieve si faceva
sempre più
irrespirabile e tossica, pregna di quella caligine che sarebbe
diventata a
lungo termine mortale.
La ragazza osservò attentamente gli alberi attorno
prendere fuoco, incapaci di difendersi e udì lontane
l’eco dei Pokémon che lì
vivevano. Il vento portava lamenti, grida e morte, lei provava le
stesse
sensazioni che aveva sentito lei nel suo incubo.
Touko squadrò la piazza dove tutta la gente convergeva
e si accorse subito del grande errore. L’uscita dalla
città era bloccata dalle
fiamme e tutti i cittadini avrebbero fatto la fine dei topi, sarebbero
morti
soffocati o inghiottiti dalle fiamme che impietose non volevano
fermarsi.
La brunetta incoraggiò Charizard ad atterrare proprio
al centro della cittadina e una volta a terra fu accolta da sguardi
preoccupati
e risentiti. I bambini tenevano salde le mani in quelle dei genitori
mentre si
coprivano le bocche con fazzoletti e mascherine di fortuna.
A fatica Touko smontò dal Pokémon che quieto la
seguì
tra tutta quella gente disperata. La ragazza poteva capire il
perché dei loro
stati d’animo, stavano vedendo la loro città
cadere al cospetto di un irrefrenabile
incendio e stavano perdendo tutto ciò che possedevano. Poi
notò incerta che
nessuno faceva alcunché, si fissavano smarriti ma non
provavano a reagire alla
disgrazia.
Che stava succedendo?
La ragazza raggiunse l’appostamento dove un quartetto
di Ranger prestava soccorso ai casi più gravi. Era dunque
quel misero aiuto che
dava la regione per una cittadina ormai spacciata?
I ragazzi, che erano tutti molto giovani e inesperti,
le fecero un leggero cenno di saluto e uno le indicò un
punto poco più avanti
dove Touko scorse, a metà tra lo stupito e il grato, la
figura di Red, intenta
a dare ordini al suo Poliwrath che colpiva con Pistolacqua le fiamme di
una
abitazione.
Non sapeva il motivo che aveva spinto il ragazzo a
venire fin lì ma gli era comunque molto riconoscente, un
aiuto in più le avrebbe
sicuramente fatto comodo visto lo scarso equipaggiamento dei Ranger.
Non ebbe nemmeno il tempo di avvicinarsi che lui si
voltò nella sua direzione sgranando gli occhi e stringendo i
pungi.
«E tu che ci fai qui?» il suo tono era del tutto
contrariato.
«Sono venuta a dare una mano».
«Con quella gamba sei solo
d’intralcio…».
«Gentile come sempre, ma non desisterò».
«Apprezzo il tuo gesto, ora però
sloggia!».
«Mi scuso mister simpatia, ti ricordo che rimango la
Campionessa!» pronunciare quelle parole gli era di enorme
sforzo.
«E io ti ricordo che ti ho battuto, ora vattene!».
«No!».
La ragazza aveva alzato così tanto la voce che persino
Red si era bloccato stranito e ora la fissava negli occhi, come a
volerle
leggere dentro, cosa che la infastidiva parecchio.
A volte quel tipo la inquietava.
«Come hai detto?» ora il suo tono sembrava
divertito.
«No, non puoi decidere per me!».
«Mi sembra la stessa conversazione che tu hai tenuto
con N…».
«Non cred… Ehi!» la brunetta si
animò maggiormente
«Come fai a saperlo tu?».
«Racconti vari» fece allusivo lui mandandola
ulteriormente in bestia.
«Ascolta non me ne frega nulla di ciò che pensi,
io
ora darò una mano!».
«Testarda come sempre vedo, forse non sei cambiata in
fondo» sorrise il ragazzo passandosi una mano trai capelli.
Oh, Touko glieli avrebbe strappati volentieri, uno ad
uno, quei capelli, la sua presenza la irritava alquanto.
Però ora avrebbe
dovuto collaborare con lui, volente o nolente.
Un colpo di tosse la riportò alla realtà mentre
uno
dei Ranger la guardava allusivo: stavano solo perdendo tempo. La
priorità era
aiutare tutta quella gente, non certo ingaggiare una lotta contro il
fatidico
Red di Biancavilla e di questo entrambi i Campioni ne erano consapevoli.
«Da quanto è scoppiato
l’incendio?» fece seria la
brunetta.
«Circa un’ora» le rispose prontamente uno
dei quattro
Ranger, quello che sembrava il più preparato.
«Come? Non è possibile si sia espanso
così tanto in
poco tempo!».
«Lo so, dobbiamo ancora chiarire molte
cose…».
«Già, come ad esempio il colpevole»
puntualizzò Red
«Non credo affatto sia stato un incidente».
Seppur già prima ne aveva il dubbio, quella
costatazione colpì profondamente Touko che divenne
consapevole del dramma che
si stava manifestando. Non solo il pensiero dell’esistenza di
qualcuno così
sadico da volere tutto ciò, ma anche il netto presentimento
che i Plasma fossero
gli architetti anche quella volta. Quale astruso piano potevano aver in
mente?
«C’è una cosa che non mi è
del tutto chiara» la
brunetta pensò ad alta voce.
«Parla!» la esortò uno dei Ranger.
«Gli abitanti di Soffiolieve, per quanto ne so tutti possiedono un
Pokémon…».
«Ti stai chiedendo perché non provano a spegnere
le
fiamme?» il tono ilare di Red la distasse dalle sue
congiunture mentali.
«Ne sai qualcosa per caso?».
«Beh, mea culpa».
«Spiegati, e in fretta!».
Nonostante il tono della brunetta fosse prepotente e
al ragazzo non piacessero molto gli ordini, egli fu obbligato a
rispondere, in
parte spinto dalla sua coscienza e in parte spronato dalla situazione.
«Ecco, due giorni fa circa in questa cittadina sono
stati sequestrati alcuni Pokémon dal Team Plasma
e…».
«Fammi indovinare: erano tutti tipi Acqua» la voce
piatta di Touko lo soprese.
«Brava, hai passato l’esame!».
«Non ti è passato neanche per
l’anticamera del
cervello di avvisarmi!».
«Beh, non eri nelle tue migliori
condizioni…».
«Se potete smetterla di battibeccare!» fu il
più
giovane dei Ranger ad intromettersi «Oh, io sono
Ben».
«Bene Ben, fatti gli affar…».
«Si, hai ragione» Red riprese la sua solita calma
interrompendo una Touko furiosa.
La ragazza convenne che era il caso di calmarsi, in
quelle condizioni non poteva permettersi di peggiorare ulteriormente la
situazione, già drammatica di suo, così si
portò le mani alle tempie e respirò
a fondo. Avrebbe ripreso chi di dovere dopo, ora doveva solo rimanere
concentrata e tutto sarebbe andato per il meglio
«Quindi rimaniamo solo tu col tuo Poliwrath, io con
Samurott e voi quattro».
Tutti annuirono e lei si sentì perlomeno sollevata,
questa volta non era sola, loro l’avrebbero aiutata e magari
ce l’avrebbero
anche fatta. Ora non restava che portare fuori di lì tutti
gli abitanti, domare
le fiamme e il gioco era fatto. Fortunatamente l’ammontare
delle persone non
era un numero spropositato, Soffiolieve era sempre stata una placida e
disabitata cittadina, cosa che avrebbe reso il loro compito
più semplice.
Touko chiamò fuori dalla Ball Zekrom, il quale
ruggendo si mise al centro della piazza in attesa di ordini.
«Se avessi Unfezant potremmo fare anche prima»
rifletté brunetta mentre anche Samurott usciva pronto a dare
manforte.
«Non pensarci ora» nonostante Red sembrasse severo
la ragazza
aveva captato nella sua frase un moto di gentilezza nei suoi confronti
e se ne
stupì.
Poi si concentrò sulla situazione e a larghe, seppur
dolorose, falcate raggiunse il Leggendario, il quale stava incutendo
non poco
timore alla gente e, dopo avergli posato caldamente una mano nel
ventre, gli
rivolse un sorriso fiduciosa spronandolo a seguirla.
La gente guardava rapita quella singolare coppia mal
assortita avviarsi verso il punto dove erano riuniti i feriti, mentre
la ragazza
notava inoltre che la popolazione che occupava la piazzetta era stata
ben
sfoltita da probabili perdite e immediatamente
il suo stomaco si chiuse al
pensiero dei cadaveri che potevano giacere dentro quelle abitazioni
logorate
dal fuoco.
«Ascoltatemi tutti» esordì cercando di
darsi un tono
«Possiamo aiutarvi se mantenete la calma!».
Al solo udire quella frase la buona gente di
Soffiolieve iniziò a protestare vistosamente, chi in preda
al panico, chi per
un attacco di nervi.
«Come farete?».
«La Campionessa ne sarà in grado?».
«Non prendeteci in giro, moriremo come topi!».
«Vattene illusa!».
Tutte quelle voci si sovrapposero nella mente di Touko
che metabolizzò i loro significati uno ad uno restando senza
parole di fronte
ad una simile reazione. Come avrebbe fatto a domare quella folla
inferocita,
lei che non riusciva ad imporsi neanche a se stessa?
Un colpo di tosse la fece irrigidire mentre si portava
una mano al petto, squassato da qualche spasmo. Avrebbe dovuto usare un
fazzoletto con tutto quel fumo che c’era in città,
ma non ci aveva minimamente fatto
caso e ora c’erano cose più importanti a cui
pensare.
Improvvisamente Red si fece largo tra la folla e
raggiungendola la guardò divertito, beccandosi di rimando
uno sguardo
inceneritore.
«So che la mia… collega non è brava a
farsi ascoltare
ma vi conviene seguire ciò che dice se volete uscire vivi da
questo inferno».
Bastarono queste semplici parole, dette con un irreale
distaccamento e indifferenza a suscitare l’attenzione tra il
pubblico che si
mise in ascolto, ubbidiente. Touko però tossì
ancora così fu il ragazzo a
spiegare le procedure.
«Mentre noi cercheremo di domare le fiamme voi
fuggirete dalla città con Zekrom» disse indicando
il Leggendario «E Aerodactyl»
finì facendo uscire il Pokémon dalla Ball.
«Nel mentre noi cercheremo di fare il possibile,
ricordatevi di mantenere la calma e una volta fuori cercate in tutti i
modi di
avvisare l’agente Bellocchio o Nardo. Questo è
tutto!».
La gente iniziò a mormorare ma diligente si mise in
fila attendendo di essere portata in salvo. Touko ne fu stupita ma
decise di passare
all’azione e si incamminò lentamente, con
l’ausilio della sua fidata stampella,
per raggiungere Samurott.
«Io voglio provare a salvare qualcuno bloccato nelle
abitazioni» urlò a Red mentre zoppicava.
«Non pensarci nemmeno, in quelle condizioni è
già
tanto che ti lasci rimanere qui. E mettiti qualcosa per non respirare
questo
schifo di aria!» la sgridò lui avvicinandosi, il
suo fazzoletto a coprirgli la
bocca.
«Si, come no…» lo liquidò lei
lasciando cadere a terra
quello che lui le stava offrendo.
Non capiva perché facesse così ma aveva bisogno
di
rendersi utile, di sentirsi un’eroina per un giorno, non
l’incapace che
impediva i soccorsi. Lei era così: suscettibile e
tremendamente instabile,
controversa ma con buon cuore. Ergo una persona complessa con cui
relazionarsi.
«Touko!».
Era una voce che conosceva quella che l’aveva chiamata
ma non riusciva a ricordarsi a chi appartenesse. Passò in
rassegna i visi delle
persone con cui aveva avuto contatti lì a Soffiolieve ma la
sua memoria la
tradì.
«Che gioia vederti, anche se in questa situazione
precaria» quando l’uomo la raggiunse la brunetta lo
riconobbe come il padre di
Belle e si schiaffeggiò mentalmente per la mancanza.
«Signore, si sbrighi a raggiungere i Ranger che
l’aiuteranno a salire» lo spronò lei
coscienziosa.
«Ti ringrazio per il pensiero Touko ma tu non dovresti
pensare ad altro?».
Di fronte allo sguardo perso della ragazza l’uomo si
crucciò, seguito a ruota dai quattro Ranger che si
bloccarono di colpo. Egli si
accorse di aver detto troppo e fece per allontanarsi ma la brunetta gli
bloccò
il braccio.
«Cosa devo sapere?».
Un irreale silenzio cadde solo per un secondo seguito
poi dai balbettii di Ben che le si avvicinava cautamente.
«Mi dispiace, ci dispiace».
Ormai la Campionessa aveva le orecchie protese,
desiderosa di sapere cosa dovesse esserle detto con così
tanta difficolta e
segretezza ma tuttavia era impaurita visto il tono lugubre usato dal
Ranger.
Ed infatti egli con voce grave le riferì la notizia
che la ragazza non avrebbe mai creduto di sentire.
«Tua madre Touko, lei è ancora dispersa».
Poco prima aveva contattato Red di Biancavilla e
l’aveva informato dell’incendio a Soffiolieve
mentre il ragazzo gli aveva fatto
prendere appuntamento con Camilla, Campionessa della regione di Sinnoh
per
chiarire i fatti avvenuti a Spiraria. Per i suoi standard quindi quel
giorno
aveva un gran da
fare.
Annoiato ripose la sigaretta nel portacenere e si alzò
dalla sedia per sgranchirsi le gambe indolenzite, chiedendosi quando la
fatiscente bionda sarebbe arrivata. “Poco
professionale” pensò tra sé, mettendo
in riga le tre penne sopra la scrivania.
Poi finalmente qualcuno bussò e Bellocchio si
fiondò
emozionato ad aprire la porta, trovandosi davanti non solo Camilla ma
anche la
Professoressa Aralia, vestita con il solito camice e con due occhiaie
violacee
che le conferivano un aspetto pericoloso.
«Alla buon’ora!» esclamò
fingendosi risentito il
detective.
«Aralia ha insistito per assistere alla
deposizione…»
anche la bionda sembrava oltremodo stanca.
«Bene, allora iniziamo subito. Dovresti raccontarmi
cos’è successo a Spiraria quel fatidico
giorno».
“Perdere tempo non è tra le opzioni”
pensò Camilla prendendo
lentamente posto in una sedia di fronte alla scrivania di Bellocchio,
il quale
si stava sedendo per prendere appunti. Aralia rimase in piedi e
drizzò il capo,
prestando molta attenzione alla conversazione.
«Ero uscita per fare una passeggiata in riva al mare
quando mi sono allontanata un po’ troppo ed ho sentito
un’esplosione. Sono
corsa indietro e ho trovato quei bastardi del Team Plasma che
terrorizzavano la
gente e distruggevano ogni cosa».
Il racconto filava veloce quanto la penna del
detective sul foglio. Odiava le deposizioni ma secondo Red quel giorno
era
successo qualcosa degno di nota perciò lo aveva incaricato
di indagare più a
fondo. Certamente potevano fidarsi del campione di Kanto, lui era una
figura di
tutto rispetto.
«Poi che è successo?» la
incalzò Bellocchio desideroso
di finire al più presto.
«Beh mi sono messa a lottare con la mia squadra
e…» la
voce di Camilla si incrinò «Poi non ricordo
più nulla…»
La penna del detective si fermò d’innanzi ad una
simile affermazione. Come si poteva fare una deposizione se la ragazza
non ricordava ciò che era successo?
«Non ti viene in mente niente?» era stata Aralia
questa volta a prendere la parola con una freddezza che
l’uomo non si sarebbe
mai aspettato.
«No, so solo che un minuto dopo i miei Pokémon
erano
scomparsi».
Più Bellocchio ascoltava e più ci ragionava su,
più ne
capiva sempre meno. Comprendeva la fatica della donna nel ricordarsi un
simile
evento però se dovevano risolvere il caso allora avrebbero
dovuto avere per le
mani maggiori informazioni. Così di certo non si poteva
lavorare.
«Credo che questo possa essere utile…»
mormorò Aralia
dando voce ai suoi pensieri.
«Ti andrebbe di spiegare anche a noi qualcosa?».
«Certo, quando avrò qualcosa da dire»
rispose lei
maliziosa prendendo la valigetta con la quale era arrivata
«Ora vado Camilla,
grazie per la collaborazione».
Con una velocità stupefacente uscì lasciando i
due
appesi tra mille domande senza risposta. Il detective batté
violentemente il
pugno sul tavolo, facendo traballare pericolosamente la tazza di
caffè vicino
al plico di fogli. Poi si alzò con una nuova determinazione
in petto e prese al
volo il suo immancabile impermeabile.
«Dove vai?» lo raggiunse la voce di Camilla.
«A cercare risposte!».
Detto questo uscì lasciando la Campionessa da sola.
«Da
quanto lo sapevate…?» la voce di Touko era poco
più di un sussurro.
«Come?» il Ranger aveva un’aria colpevole.
«Da quanto sapevate che mia madre è ancora
dispersa?».
«Beh noi non ne eravamo sicuri…».
«Rispondimi!» il tono più che alterato
della ragazza
non ammetteva repliche.
«Calmati Campionessa» si insinuò Red
crucciato.
«Ne eri a conoscenza anche tu?».
«Ad essere sincero no ma…» il corvino
non fece in tempo
a finire che la brunetta si stava già allontanando.
Zoppicava tra le varie strade della cittadina tremante
di rabbia e completamente nel panico. Se sua madre fosse morta lei non
se lo
sarebbe mai perdonata, quindi ora non poteva far altro che portarla in
salvo.
Fece mente locale, ripensando a quale via prendere quando
sentì una mano
bloccarle il polso.
«Tu sei impazzita?» questa era
l’inconfondibile voce
di Red.
«Preoccupato?».
«Sì, con quella gamba non andrai
lontano!».
«E a te importa perché…?».
«Perché per Unima sei importante, senza di te il
Team
Plasma prenderebbe il sopravvento…».
«Non morirò lo giuro!»
esclamò lei con la mente ancora
ferma dall’affermazione del ragazzo.
«Sarà meglio per te…».
«Ora posso andare?».
Red parve fermarsi un secondo e Touko lo vide scuotere
la testa rassegnato.
«Stai attenta cocciuta!».
Detto ciò le lasciò il polso e le fece cenno di
andare
mentre la ragazza chiamava a sé Samurott che sicuramente le
avrebbe fatto
comodo.
Camminò più velocemente possibile per gli
standard della
sua gamba ma si bloccò appena arrivò dinnanzi
alla sua vecchia casa. La
villetta era completamente a fuoco e ogni secondo che passava sembrava
venir
sempre più inghiottita dalle fiamme. Se c’era
ancora anima viva lì dentro
sarebbe stata dura trovarla.
Un’altra raffica di tosse la scosse mentre si
apprestava ad ordinare un Idropompa diretto verso la porta che venne
scardinata
in una batter d’occhio.
La ragazza allora entrò a fatica e venne subito
investita da un calore infernale che la fece traballare. Come avrebbe
potuto
farsi strada tra quelle macerie che lentamente stavano bruciando? Tutto
l’intero mobilio era in fiamme, le poltrone ormai erano
ridotte in cenere e i
vecchi quadri non esistevano più.
Diede una veloce occhiata alle scale, anche queste a fuoco,
e ordinò un altro Idropompa più leggero per
riuscire a passarci sopra senza
però farle crollare. Con un mezzo miracolo e la gamba sempre
più paralizzata
arrivò al pianerottolo ed entrò immediatamente
nella stanza di sua madre, certa
di trovarla lì. Sorprendentemente però al suo
interno non c’era nulla
senonché altre
fiamme che
inarrestabili divoravano l’ambiente.
Percorse così il corridoio, portandosi una mano alla bocca
per non perdere i
sensi a causa del fumo e calore, quando arrivò davanti alla
porta della sua
vecchia stanza. Essa pareva l’unica a non essere ancora stata
presa d’assalto
dall’incendio perciò la brunetta prese coraggio e
ci si catapultò dentro.
All’interno, seduta su un letto rifatto di lenzuola
pulite, stava sua madre, la persona per cui ora stava lottando contro
la morte.
Fissava catatonica la grande finestra che dava sulla porta della
città,
anch’essa in fiamme e distrutta mentre tra le mani stringeva
delle foto di
Touko da piccola.
Il suo volto era inespressivo ma più rugoso di quanto
lei ricordasse, i capelli, raccolti in una crocchia disordinata, erano
cosparsi
di fili argentati e il fisico sembrava più fragile che in passato. La brunetta si
pentì di non aver passato
più tempo in sua compagnia, distratta com’era
dalla nuova vita in
cui era piombata.
Richiamò Samurott nella Ball e le si avvicinò
spaventata e titubante ma anche contenta che fosse ancora viva.
«Mamma…» bisbigliò
sfiorandole la spalla ma quella
rimase inespressiva, gli occhi pieni di rassegnazione sempre fissi
sulla
finestra.
«Mamma!» questa volta Touko urlò
scuotendole le spalle
finche la donna parve riprendere coscienza di sé.
«Cosa ci fai tu…».
«Sono venuta a salvarti mamma».
Il tono di entrambe era tremante e spaventato, eppure
in quel momento madre e figlia si ricongiunsero con un abbraccio pieno
di paura
e affetto, volenterose di sostenersi l’un l’altra.
«Andiamo forza!» la spronò la ragazza
con una lacrima
che le rigava la guancia.
La donna però scosse la testa stringendo maggiormente
a sé il plico di foto.
Touko capiva che la donna non volesse allontanarsi da
quel posto, la sua unica e vera casa, residenza di tanti bei ricordi e
momenti
passati assieme. Lasciarla era come abbandonare una fetta di vita,
forse la più
felice, e sua madre non ne era in grado. Troppo tempo aveva trascorso
lì,
aspettando che sua figlia arrivasse per prenderla per riallacciare i
rapporti,
troppi tramonti aveva perso credendo di vederla attraversare quella
famigerata
porta all’entrata della città, troppe lacrime
aveva versato chiedendosi il
motivo della sua mancanza, senza mai ricevere risposta.
Ora tutto quello le appariva come un sogno, sua figlia
non era realmente lì, doveva farsene una ragione.
«Mamma ti prego!» però la voce sembrava
così simile a
quella di Touko.
«Ero solo venuta a prendere queste, non volevo il
fuoco le bruciasse…» il suo tono, i suoi pensieri
erano altrove.
«Si, porteremo in salvo anche le fotografie, te lo
giuro!».
La donna la guardò un’altra volta e si convinse
che
quello che stava vivendo non era un sogno così tremante si
alzò. La ragazza
interpretò quel gesto come un segnale positivo
così prendendo per mano sua
madre si incamminò verso l’uscita preparandosi a
passare per il corridoio
infernale. Arrivata all’altezza della porta però
sentì un forte boato proveniente
dall’esterno mentre una gigantesca ombra oscurava la grande
finestra.
Touko fece in tempo a girarsi nella direzione da dove
proveniva il rumore che una potente vampata irruppe
all’interno, frantumando la finestra e appiccando il fuoco
anche in
quella stanza, che precedentemente pareva essere stata risparmiata.
Le due vennero sbalzate nel corridoio con forza e la
mano della brunetta perse la presa con quella della donna mentre con
violenza
sbatteva la testa nel pavimento, proprio al centro del corridoio. Si
impose di
aprire velocemente gli occhi ma quello che vide fu solo il denso fumo
nero che
sostava in tutto l’ambiente rendendo l’aria
irrespirabile e la vista
inesistente, cosa che avrebbe complicato maggiormente il ritrovamento
di sua
madre e la loro possibile uscita da quell’inferno.
La brunetta si mise a carponi tossendo ripetutamente
mentre faceva il quadro della situazione: se non si fosse data una
mossa non
sarebbero mai riuscite a salvarsi. Si controllò il braccio
da dove proveniva
uno strano fastidio e notò con stupore che era lievemente
ustionato, evidente
conseguenza dell’attacco anonimo di prima. Si fece forza e
gattonò poco più
avanti, in direzione dei lamenti che man mano si facevano sempre
più forti, e
di colpo scorse il corpo di sua madre riverso a terra.
Con orrore vide il pezzo di vetro che, come una lama
maledetta, era conficcato nel fianco della donna, osservò
spaventata il fiume
di sangue che copioso usciva dalla ferita e sentì
nitidamente i singhiozzi che
sua madre emetteva stancamente.
«No, non può essere…. No,
no…» biascicava la ragazza
ormai senza senno.
Non poteva finire così, tutti i suoi sforzi non
sarebbero risultati vani, lei avrebbe portato sua madre fuori di
lì. Per una
volta avrebbe fatto la cosa giusta e sarebbe ritornata
l’eroina che tutti
acclamavano.
«Via…».
«Cos’hai detto mamma?».
«Vai via, salvati bambina mia…».
«No!».
Altre lacrime percorsero veloci le guance sporche di
fuliggine della ragazza mentre sentiva il suo cuore frantumarsi come la
finestra di poco prima.
«Io non ti posso lasciare qui!» cercò di
dare
determinazione alla sua voce mentre con immensa fatica sollevava il
corpo di
sua madre e lentamente, sentendo la ferita della gamba riaprirsi,
zoppicava
verso le scale.
«Ci salveremo…».
Una volta arrivate Samurott avrebbe spento l’incendio
e loro si sarebbero salvate, solo a questo stava pensando Touko.
Fatti pochi passi però un altro rumore attirò la
sua
attenzione mentre i suoi occhi si focalizzavano inermi sulla trave
lignea che,
ardente, crollava portandosi dietro buona parte del soffitto, e, poco
più
avanti, altre due travi cedevano bloccando il passaggio per le scale. A
causa
dell’onda d’urto provocata le gambe della brunetta,
già provate in precedenza,
cedettero anche grazie peso che esercitava il corpo di sua madre, per
nulla
indifferente.
Nella caduta anche la Ball di Samurott le scivolò tra
le mani, rotolando qualche metro più avanti, a ridosso delle
fiamme. Ormai era
finita, era chiaro che né lei né sua madre
sarebbero riuscite ad alzarsi e a
trarsi in salvo. Sarebbero morte lì, come martiri di un
attacco non
identificato e il Team Plasma l’avrebbe avuta vinta. Touko
non riusciva più a
pensare a nulla, decise così di abbandonarsi alla sorte che
impietosa si faceva
avanti da ormai troppo tempo.
Fu solo in quel
momento che la voce di Red la scosse mentre due forti braccia la
tiravano su e,
passando tra le fiamme, la portavano all’aperto, finalmente
in salvo.
Vide il cielo ricoperto da quella caligine maledetta e
si chiese se mai fosse ritornato a splendere come un tempo.
Sentì Red che
ripartiva dopo averla adagiata sul vialetto e stette sveglia
finché non lo
scorse uscire vivo con sua madre da quella casa ormai spacciata.
Sentì le voci dei soccorritori arrivare e pregò
con
tutta se stessa che quella donna, a cui teneva più di se
stessa, riuscisse a
sopravvivere, anche a costo della sua incolumità. Ora era
solo stanca, aveva
bisogno di cure e i suoi occhi lottavano per chiudersi in un sonno
ristoratore.
Ma la sua mente era ancora attenta e, prima di cadere
vittima dei gas soporiferi della mascherina che le veniva messa
all’altezza
delle vie respiratorie, sussurrò ad un Red preoccupato che
le si era
inginocchiato accanto poche semplici parole.
«Il Pokémon che ha attaccato…. Era
Reshiram vero…?».
E fece in tempo ad udire il distinto e secco “si”
del
corvino prima di cadere tra le braccia della morfina.
La Cioccolateria di
Guna
Lo
so, lo so sono in ritardo di una settimana ma ho
una motivazione a mio parere più che valida. Questo capitolo
è il più lungo da
me scritto ed ero pronta a pubblicarlo sabato scorso quando il mio
computer ha
deciso di cancellarmi l’intero file. Non chiedetemi il
perché ma ho perso tutto
e mi ci è voluta una forza immane per riscriverlo in una
settimana.
Davvero, non vi dico gli insulti che sono volati.
Beh spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto e
non vi prometto un aggiornamento regolare per la volta prossima
perché non solo
ho perso questo capitolo ma anche quello seguente e non so se riesco a
riscriverlo in due settimane vista la valanga di verifiche che si
stanno
concentrando in questo periodo. Mi ero portata avanti apposta
ma….
Quindi vi chiedo scusa e vi ringrazio per il continuo supporto,
in particolare Rovo, Zoichi Kuronin, Allys_Ravenshade, Andy Black e SM99 per le
recensioni
fatte.
Un saluto e alla prossima!