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Autore: Arial    07/12/2008    3 recensioni
"Non riesco a fermare le lacrime, continuano a solcarmi il viso. Copiose e inutili." Coda dell'episodio 4x10, ovviamente contiene spoiler fin lì.
Genere: Dark, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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«Me miserevole

«Me miserevole! Per quale varco potrò mai fuggire
l'ira infinita e l'infinita disperazione?
Perché dovunque fugga è sempre l'inferno; sono io l'inferno…»

(John Milton, “Paradise Lost”)

 

 

 

Non riesco a fermare le lacrime, continuano a solcarmi il viso. Copiose e inutili. Non mi sono di alcun conforto, alimentano soltanto il vuoto in me. Mi scavano dentro, acuendo il dolore e il senso di colpa. D’altronde come potrebbe essere diversamente? È troppo facile pentirsi adesso, dovevo essere forte allora. Ho buttato all’aria tutto il bene fatto, gli insegnamenti di mio padre. Mi sono comportato come le cose cui do la caccia, né più né meno. Dean Winchester, da salvatore a carnefice. Sembra il titolo dell’ennesimo blockbuster, solo che è di me che si parla. Di me e delle azioni terribili che ho commesso… La cosa tremenda è che persino in questo momento una parte di me non riesce a biasimarsi. Una vocina fredda, lucida non fa che ripetere che si trattava di me o loro, che chiunque avrebbe fatto lo stesso. Già, chiunque. Peccato che io non sia chiunque, peccato che io sia stato tirato su per salvarle le persone… E poco importa che tutti mi dicano che dovrei perdonare me stesso e che Sam aggiunga che nessuno avrebbe resistito così tanto. Nessuno di loro era lì, nessuno ha visto cosa ho fatto e come. E non perché io sia un dannato professionista e tenda a compiere alla perfezione il mio lavoro, no. Perché se il lavoro non fosse stato impeccabile, se la tortura non fosse risultata un’opera d’arte, allora il malcapitato di turno avrebbe avuto la possibilità di cambiare i nostri ruoli e insegnarmi un paio di trucchetti. E io non volevo, non potevo sopportare altro. C’erano alcuni che riuscivano a tollerare il dolore fisico; non importava quanto mi impegnassi: scorticarli, bruciarli, farli a pezzi, tutto si rivelava inutile. Mi riservavano lo stesso sguardo sprezzante che avevo avuto io fino a qualche tempo prima. Quelli sono stati i più sfortunati. Potevo intravedere frammenti dei loro ricordi, sentire le loro paure e quelli che erano stati i loro sogni; di molti conoscevo persino il motivo che li aveva condotti sin lì. Inutile dire che mi bastavano poche parole per distruggerli. Dopo qualche ora la maggior parte delle anime era completamente annientata. Anche se fossero state miracolosamente strappate all’Inferno –ad esempio grazie all’intervento di un angelo- in nessun modo sarebbero state le stesse. Per ognuna di esse ricordo ancora il preciso istante in cui si sono perse. Qualcosa nei loro occhi cambiava. Il dolore, la paura, il rimorso, venivano sostituiti da un profondo e impenetrabile nulla. Dopodiché venivano gettate nell’abisso nell’attesa di trasformarsi, di diventare nuovi demoni. Spesso in quei momenti arrivava Alastair, mi guardava con occhi in cui scorgevo qualcosa di simile ad orgoglio paterno e sorrideva dicendomi quanto fosse fiero dei miei “progressi”. Ero l’anima con più potenziale che avesse mai visto, nato per quello. Ogni volta che sentivo parole simili il mio desiderio di dimostrargli tutta la mia abilità saliva esponenzialmente; avrei dato qualsiasi cosa pur di mettergli le mani addosso, anche solo per cinque minuti. Lui questo lo sapeva: immancabilmente rispondeva “magari un giorno”, riservandomi poi uno sguardo impenetrabile e  sparendo nuovamente.

Vorrei dire anche questo a Sam, ma ho paura di avvelenare irrimediabilmente la sua anima così come quello che è successo là ha fatto con la mia. In ogni caso, pur volendolo, non riuscirei più ad articolare qualcosa di sensato: gola e polmoni sono troppo impegnati a cercare di ispirare aria, attraverso i singhiozzi e gli spasmi che mi scuotono, per permettermi di parlare. Non mi accorgo di aver cominciato a tremare finché la mano di Sam non mi stringe la spalla. Tento di riprendere il controllo, ma non riesco a calmarmi. Respiro in singulti sempre più convulsi, rischio di iperventilare, quando la stretta di Sam si fa più decisa e lui mi spinge lontano dall’Impala. Lo stato in cui sono e lo shock improvviso mi prendono di sorpresa; trovatomi di colpo senza l’appoggio della macchina finisco per rovinare a terra. Mi guardo intorno allarmato, cercando di scorgere una possibile minaccia. Nulla. Poso allora lo sguardo su Sam che è ancora seduto sul cofano dell’auto. Ho smesso di singhiozzare, ma non mi fido ancora abbastanza della mia voce per parlare. L’interrogo con gli occhi: che diavolo è successo?! Mio fratello si alza, lentamente. Un ghigno sulle labbra, sul viso un’espressione di disgusto e… odio? Non ho mai visto Sam guardare qualcuno in quel modo, tantomeno me. Un orribile pensiero comincia a serpeggiare nella mia testa, provo a scacciarlo ma è inutile: quello che ho fatto è talmente spaventoso d’aver spinto anche il mio stesso fratello ad odiarmi. Nonostante non abbia ancora confessato tutto, Sam deve aver intuito qualcosa. Adesso anche lui mi vede per quello che sono veramente e non riesce a tollerarlo. Ma dopotutto non era difficile da immaginare: io mi odio, perché Sammy dovrebbe pensarla diversamente?

Distolgo lo sguardo, incapace di sostenere il suo. È solo quando mi parla che sono costretto a rialzare gli occhi su di lui.

-“E così Dean è questo il modo in cui hai passato il tuo soggiorno all’Inferno… Io ero qui disperato, alla ricerca di un modo qualsiasi per farti uscire di lì mentre tu ti divertivi a fare a pezzi delle anime. Devo ammettere che sono sorpreso, non mi aspettavo avessi il fegato per certe cose; valutare te stesso al di sopra di qualcun altro, torturare per non essere torturato... Il mio integerrimo fratellone che passa al lato oscuro, che fa comunella coi demoni. Questa sì che è una notizia! Ma immagino che l’Inferno possa fare questo effetto alle persone… Sai, sono contento di non essere riuscito a tirarti fuori, averlo fatto avrebbe aggiunto un’ulteriore macchia alla mia di certo non limpida coscienza…” Si interrompe, il suo sorriso si allarga mentre aspetta che il peso delle sue parole mi colpisca appieno. Ormai non posso fare altro che fissarlo, non riesco a pensare a nulla da dire. Adesso finalmente capisco cosa facevo a quelle anime usando contro di loro le loro azioni, l’odio che provavano verso se stesse, i loro pensieri più segreti. Solo che questo è molto peggio: io ero il loro aguzzino, un estraneo, un essere che disprezzavano e odiavano; invece nel mio caso è il mio  stesso fratello a dirmi certe cose, la persona che più amo al mondo, quella per cui morirei senza pensarci due volte, persino in questo esatto momento… ed è proprio quello che vorrei che accadesse; neppure all’Inferno sono mai stato ferito in maniera così profonda e crudele. Sam però sembra avere altri piani. Infatti continua, imperterrito: -“Perché vedi Dean, io magari avrò sangue di demone in me ma tu, TU sei davvero un mostro e vorrei tanto che fossi ancora a marcire laggiù! Ma dopotutto a questo posso sempre porre rimedio…” La sua voce si fa sempre più dolce, quasi un sussurro. Stende poi una mano verso di me, chiude gli occhi e comincia a concentrarsi. Lo guardo senza capire, sembra stia cercando di esorcizzare un demone... improvvisamente mi manca il respiro, comincio a tossire e mi afferro la gola nel tentativo di riprendere a respirare normalmente. Sento un tuono in lontananza e subito dopo lo scroscio della pioggia. Piccole macchie nere mi danzano davanti agli occhi, mi sento scivolare via quando un nuovo orrore mi restituisce alla realtà: la pioggia toccando il terreno si trasforma in sangue. Ormai sono immerso in una vasta polla di liquido rosso, un puzzo nauseabondo mi invade le narici e devo trattenere i conati di vomito. Tutto ad un tratto riesco a respirare nuovamente, qualsiasi cosa stesse facendo Sam ora ha finito. Cerco di rialzarmi, ma sono inchiodato a terra. Una mano venuta fuori dal sangue e composta della stessa materia mi stringe la caviglia. Presto viene raggiunta da un’altra mano che mi afferra la gamba, poi da un’altra che mi ghermisce il polso. Osservo queste figure liquide formarsi per poi avvinghiarsi disperatamente al mio corpo. Sono disgustose ed emettono dei fiochi lamenti, la maggior parte di loro ripete incessantemente il mio nome. Lancio un urlo e cerco di liberarmi, ma la loro morsa è ferrea. Vengo preso dal panico ed in quel momento Sam riprende a parlare: -“Ho pensato fosse una cosa simpatica farti trascinare nuovamente all’Inferno dalle anime che hai torturato. Non pensi anche tu che sia in qualche modo poetico, Dean? Chissà se anche stavolta Alastair sarà lì pronto ad occuparsi del suo pupillo, ne dubito fortemente comunque. Lo show di poco fa deve averti fatto perdere parecchi punti…

Ormai sono completamente terrorizzato. Vorrei ragionare con Sam; fargli capire che ho commesso azioni terribili e che sì, merito l’Inferno, ma che lui è pur sempre mio fratello e che anche se non riesce a perdonarmi, non merito che sia proprio lui –la persona per cui sono passato attraverso tutto quello- a punirmi; ma riesco ad articolare soltanto una flebile supplica: -“Ti prego, Sam…

-“Perché non preghi Dio, Dean? Può darsi che mandi di nuovo i suoi angeli a salvarti, anche se credo che persino lui si sia finalmente reso conto che non sei altro che un patetico figlio di puttana che non merita alcuna pietà…” Sorride nuovamente ed è questa l’ultima cosa che vedo, perché in quel momento le mani cominciano a trascinarmi verso il basso e  non posso scorgere altro che il rosso del sangue e il nero del nulla.

   
 
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