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Autore: Doctor Smith    23/02/2015    1 recensioni
"Quella mattina (come tutte le mattine), per prima cosa i suoi occhi si erano posati sulla fotografia che teneva sul comodino di fianco al letto. Impresse nella carta fotografica, due persone si guardano negli occhi nel giorno più felice della loro vita, cercando di trasmettere all'altro la valanga di emozioni che stanno provando. Gioia. Spensieratezza. Allegria. Amore.
Il cuore di Sherlock si spezzò ancora una volta al solo pensiero."
Tratto dal capitolo 1
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John, Watson, Lestrade, Sherlock, Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 6 – PIU’ DI OGNI ALTRA COSA AL MONDO (FLASHBACK PARTE 4)



La testa di Sherlock cominciò a girare. Faceva male, ovunque. Il petto gli doleva, tanto che faticava anche a respirare. Un unico pensiero affollava la sua mente: John non c’era più. La persona che aveva dato un senso alla sua vita se n’era andata per sempre. Non poteva essere… doveva essere senz’altro un sogno. Un bruttissimo sogno…..
Una voce familiare che lo chiamava lo scosse dal torpore. Si voltò e vide il fratello sulla porta, un’espressione seria sul viso.
Era tutto vero quindi…
Le gambe gli cedettero improvvisamente. La vista gli si offuscò. Sentì una mano afferrargli il braccio, sorreggendolo. Perse la cognizione del tempo e dello spazio: tutto ciò che importava era John, il suo incredibile, dolce, coraggioso soldato.
Non aveva idea di come ci fosse riuscito ma quando mise a fuoco l’ambiente che lo circondava si rese conto di essere a Baker Street. Di essere a casa. Era ancora casa quella? No, John non era lì…..
Sentiva Mycroft parlare (presumibilmente con Mrs. Hudson) ma non colse nemmeno una parola.
Dopo quelle che parvero ore si riscosse.
 “Hamish….” Sussurrò il moro, spaventato.
“L’ho portato a scuola poco dopo che sei uscito” rispose Mrs. Hudson, asciugandosi una lacrima.
Il moro annuì distrattamente. Il suo volto era tornato una maschera impassibile, quasi non fosse toccato dalla situazione, ma il dolore era leggibile nei suoi occhi. Doveva essere forte… Non poteva crollare…
Hamish aveva cominciato ad andare a scuola qualche giorno prima. Era un anno in anticipo, certo… ma chi poteva biasimarlo? Con un’intelligenza come la sua….
Il bambino era entusiasta e non vedeva l’ora di raccontarlo al suo papà. Come poteva Sherlock dirgli che non avrebbe mai potuto farlo?
Una nuova ondata di lacrime si fece spazio sulle sue guance.
“Se vuoi vado a prenderlo io” propose Mycroft.
“No, devo andare io. Oggi è la giornata dei disegni”
Ogni settimana, alla fine della giornata scolastica, bambini e genitori si ritrovavano per una mezz’oretta e venivano mostrati  dei compiti particolarmente riusciti disegnati dagli studenti.
“Ora vorrei restare solo…” sospirò il detective.
Gli altri due annuirono e lasciarono la stanza.
Sherlock rimase rannicchiato sulla sua poltrona di pelle nera, lo sguardo rivolto all’altra, quella rossa e confortevole, quella che più di una volta aveva ospitato un John addormentato o intento a leggere un libro. Gli occhi gli caddero su un piccolo cuscino rettangolare, posato sulla seduta della poltrona, raffigurante l’Union Jack. La rabbia montò in pochi secondi: si alzò di scatto, prese il cuscino e con un urlo lo scagliò dall’altra parte della stanza. Colpì una pila di fogli, che si sparsero per tutta la stanza.
Sherlock se ne pentì immediatamente: era un regalo per John. Glielo aveva preso lo scorso Natale, come scherzo. Ma John se n’era innamorato. Gli aveva sorriso e baciandolo dolcemente gli aveva detto che era il regalo più bello che si potesse desiderare.
Il moro lo recuperò e lo strinse a sé, piangendo lacrime che pensava di non avere, lasciandosi andare al dolore che provava.
 
E’ così che lo trovò Greg, quando irruppe nell’appartamento in cerca di risposte. Da un po’ di tempo a questa parte Sherlock era davvero strano. Era spesso distratto, lo sguardo assente, più emaciato e cadaverico del solito. E la scena a cui aveva assistito prima non faceva che aumentare le sue domande.
“Sherlock! Credo che tu mi debba….”
L’ispettore si interruppe non appena posò gli occhi sul detective. Era rannicchiato per terra, in mezzo ad un mucchio di carte sparse in giro, abbracciato ad un cuscino. Ma ciò che lo turbò maggiormente fu la sua espressione, le guance rigate di lacrime, gli occhi rossi di pianto…
 
“Sherlock ” sospirò preoccupato, avvicinandosi al moro “ che è successo? Chi era al telefono prima?”
Vedendo che l’altro non accennava a muoversi si chinò a sfiorargli la spalla. “Rispondimi, ti prego. Voglio solo aiutarti.”
“Mi ha lasciato” mormorò allora il moro, tra i singhiozzi “ Lui- aveva promesso che sarebbe tornato… Invece adesso non c’è più. Non tornerà mai più! ”
“Chi, Sherlock?”
“John.” esalò il detective, appena udibile. “A-Aveva detto che n-non gli sarebbe successo niente…” proseguì con voce malferma, che si affievolì progressivamente fino a spezzarsi.
“Frena, frena. Chi è John? In che senso non c’è più?
Sherlock non sembrò neanche sentirlo e continuò a fissare il vuoto, riprendendo poi a parlare tra se e sé, tormentandosi le mani e i capelli, “devo dirlo ad Hamish… C-come faccio?”
“Hamish?” chiese Greg sconcertato, guardando l’altro con confusione crescente. “Hamish chi?”
Lentamente Sherlock si asciugò le lacrime con il dorso di una mano ed estrasse il portafoglio dalla tasca dei pantaloni e ne tirò fuori una piccola fotografia. Gliela porse. Raffigurava un bambino moro, di 3 o 4 anni al massimo, che rideva felice.
“Lui è mio figlio Hamish” i suoi occhi non lasciavano la figura nella foto “ John è suo padre” la voce gli cedette e il moro si portò una mano tremante davanti agli occhi.
 “Come glielo dico ad Hamish?” proseguì, mentre un nuovo singhiozzo gli uscì dalle labbra.
Lestrade stava ancora fissando la foto, gli occhi sbarrati dallo stupore. Sherlock aveva un figlio?! Il suo cervello ci mise un attimo a capire il resto della frase.
“Suo padre è morto?”
Il moro annuì, senza alzare gli occhi dal pavimento.
“Dio!” esclamò Lestrade, scioccato. “Mi dispiace Sherlock. Allora era questa la brutta notizia di prima…”
Sherlock deglutì e non rispose.
“John è - era - un medico militare, di stanza in Afghanistan. Circa un mese fa ho ricevuto la notizia che il suo convoglio era caduto in un’imboscata e lui era stato dato per disperso… Oggi mi h-hanno detto c-che hanno trovato un corpo con le sue piastrine…”
Sherlock guardò Greg, mostrandogli tutto il suo dolore.
“Greg, mio marito è morto. Come faccio a dirlo ad Hamish? Come faccio a dire ad un bambino di 3 anni che non potrà più rivedere il suo papà?”
Greg gli posò una mano sulla spalla, sospirando.
“Gli dici la verità. Gli dici che il suo papà è morto salvando la vita a tante persone, che gli voleva bene e che lo proteggerà sempre, anche se lui non potrà vederlo. Ma per prima cosa ti dai una ripulita. So che stai soffrendo. Ma anche tuo figlio soffrirà e avrà bisogno di te, quindi sii forte. Per Hamish e per John”.
Il moro annuì e lentamente si alzò, diretto verso il bagno.
Ne uscì qualche minuto dopo, gli occhi arrossati ma sicuramente in uno stato migliore.
“Devo andare a prenderlo a scuola. Vieni con me?” chiese il detective timidamente. Non sapeva se sarebbe stato in grado di farlo da solo.
Greg annuì.
 
“Buon pomeriggio a tutti e grazie per essere qui. Per chi non mi conoscesse, sono la signorina Evans, l’insegnante di inglese. Quest’oggi i vostri figli avevano il compito di disegnare la cosa che desiderano di più al mondo. Christopher vieni, comincia tu”.
Ad uno ad uno i bambini salirono sul piccolo palchetto che era stato allestito per l’occasione e mostrarono i loro disegni, spiegandoli.
C’erano biciclette, giochi per il computer, animaletti domestici….
Poi fu il turno di Hamish. Il bambino salì sul palchetto e sorrise al suo papà, che era in fondo alla stanza, vicino ad un uomo con i capelli grigi.
Quando mostrò il suo disegno, Sherlock trattenne il fiato. Rappresentava due figure: una più piccola, Hamish, che teneva per mano un adulto vestito con una mimetica kaki, John.
“Quello che desidero di più al mondo è il mio papà. E’ un soldato e anche un dottore. Non lo vedo spesso perché adesso è in Afaga… no, Afghanistan ad aiutare le persone contro gli uomini cattivi. Non vedo l’ora che torni a casa”.
Il cuore di Sherlock perse un battito. Greg gli strinse la spalla, cercando di dargli conforto.
Hamish corse verso di lui mentre tutti gli altri genitori applaudivano quel bambino sensibile e coraggioso.
“Ciao papà!” esclamò, abbracciandogli le gambe.
Il moro gli scompigliò i capelli, sorridendo tristemente.
“Ciao tesoro. Sei stato bravissimo!”
“Ti piace il mio disegno? Piacerà a papà?”
“Hamish, puoi venire in corridoio un secondo? Devo parlarti di una cosa”.
“Ok” disse il bambino e si incamminò.
Sherlock guardò Greg per un secondo, prima di seguire il figlio.
 
 
Sherlock si abbassò, in modo da essere alla stessa altezza del bambino, e cominciò ad accarezzargli la schiena dolcemente, cercando di trovare le parole che avrebbero distrutto i sogni di suo figlio.
“Ti ricordi  quando ti ho spiegato che papà è in un posto pericoloso, pieno di uomini cattivi e che lui sta aiutando le persone che abitano là a sconfiggerli?”
Il bambino annuì.
“Papà stava andando ad aiutare dei bambini che stavano male quando gli uomini cattivi hanno fermato la sua auto. Hanno fatto male a tutti i suoi amici e hanno portato via papà”
Sherlock vide che gli occhi di Hamish si stavano riempiendo di lacrime… In quel momento odiava il fatto che suo figlio fosse così intelligente…
“Papà sta bene, vero?”
Il moro tentò con tutte le sue forze di fermare le lacrime. Doveva essere forte…
“No tesoro mio. Papà non tornerà più. E’ andato in cielo con i suoi amici”.
“NON E’ VERO!! E’ UNA BUGIA!!”
Hamish cominciò ad urlare e piangere. Quando Sherlock lo strinse in un abbraccio, cercò di liberarsi, battendo i pugni sul petto del padre.
“LASCIAMI!! SEI UN BUGIARDO!!”
Il detective lo strinse più forte, cercando di calmarlo. Le lacrime ormai libere sulle sue guance.
“Shhh… Hamish, mi dispiace tanto… vorrei tanto che fosse una bugia…”
Il bambino smise di agitarsi, nascondendo il volto nel collo del padre.
“Papà ti voleva bene, ometto, e te ne vorrà sempre. Lui sarà sempre con te, anche se tu non lo vedi. Lui è il nostro eroe, il nostro angelo custode”.
“Voglio che papà torni a casa!”
Sherlock lo prese in braccio e lo strinse forte a sé, cullandolo mentre piangeva.
“Anche io, tesoro. Più di ogni altra cosa al mondo..”
 


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Salve a tutti!! Ed eccoci arrivati all'apice dell'angst! Devo confessare che una lacrimuccia mi è scappata mentre scrivevo questo capitolo. Finalmente Greg (e anche noi) ha le risposte che cercava...e, nonostante fosse all'oscuro di una parte importante della vita di Sherlock, è stato una roccia per lui, sostenendolo nel momento più difficile della sua vita...
Come al solito ringrazio tutti quelli che hanno letto/ seguito/ recensito :) 
Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo, sono curiosa :)
Alla prossima settimana! 
  
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