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Autore: AliceWonderland    24/02/2015    1 recensioni
Yami era lo specchio del suo tempo: bello fuori e marcio dentro.
Forse il pittore era l’unico a rendersi realmente conto di quanto quel giovane vizioso fosse solo, ed essendo molto solo, come ogni essere umano, ricercava e cercava di procacciarsi affetto e attenzioni con le uniche armi che la natura gli aveva messo a disposizione, e che la famiglia (suo padre, in particolare) aveva coltivato in lui: il suo seducente aspetto esteriore ed uno spirito arguto e di adattamento che non sempre lo spingevano verso i lidi sicuri e di buon costume della capitale...
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri personaggi, Dark/Yami Yuugi, Maximilian Pegasus, Noah Kaiba, Seto Kaiba
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Note: i personaggi presenti in questa storia appartengono al loro rispettivo creatore. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Buona lettura!



IL RITRATTO DEL CONTE GRAY

-Parte 3: Falci-



-Insensato! Sei un insensato! Ti rendi conto di quanto sei stato sciocco e irresponsabile? Non hai idea di come ci siamo sentiti quando la polizia, questa mattina, ti ha riportato a casa più morto che vivo! Con che faccia spiegherò l’accaduto per mettere a tacere pettegolezzi e cattiverie sul tuo conto, questa volta? Augurati che questa storia non esca in prima pagina su tutti i giornali della capitale!-.
Simon Gray era fuori di sé.
Mai, in tutta la loro vita, nipoti e domestici l’avevano visto così furibondo e corrucciato.
-Farti ritrovare in quello stato pietoso in mezzo alla strada, in piena notte. Chissà cos’avranno pensato di te, di me, dell’intera famiglia. Siamo Pari del Regno, noi! Non volgari ubriaconi da osteria!-.
-Vi prego, nonno, cercate di calmarvi- intervenne Yugi -Non vi fa bene affaticarvi in questo modo- e spostò lo sguardo dall’anziano al fratello maggiore, come a chiedere a quest’ultimo di porre fine alla questione con una serie di scuse che avrebbero impedito all’uomo di seguitare nella sua ramanzina e, dunque, di rischiare l’infarto.
Ma Yami non sembrava prestare particolare attenzione a ciò che accadeva intorno a lui in quel momento; si limitava a restarsene poggiato al guanciale, le mani strette intorno alla tazza di cioccolata fumante che Yugi gli aveva fatto portare dalle cucine, e lo sguardo rivolto alla finestra della stanza, perso in chissà quali pensieri.
Il nonno e Yugi pensavano oramai di sapere cos’era accaduto la sera prima, e a Yami stava bene che continuassero a credere ad uno dei suoi soliti momenti di crisi, ma a lui mancava qualcosa. Un tassello.
Qualcosa gli aveva impedito di farla finita, su quel ponte; era stato tratto in salvo ma, ogni volta che provava a ricordare, trovava davanti ai propri occhi solo oscurità…
Un’immensa oscurità, tangibile, concreta, quasi gli sembrava di esserne stato avvolto, sì, nella stessa maniera con cui si può venire avvolti in un comune mantello, e qualcuno indossava quel mantello…
-Non difenderlo! Anni fa, sul letto di morte, vostro padre vi ha affidati a me, ma ora sono vecchio e stanco e contavo su di un briciolo di buonsenso da parte di tuo fratello. Ha trentotto anni, per quanto non li dimostri; ha sperperato l’intera parte del suo patrimonio, e spende il suo tempo in posti discutibili accanto a gente di dubbia morale, dimenticando di non essere più un ragazzino a cui tutto è concesso!- la voce roca ma tonante di nonno Simon interferì coi pensieri del nipote, facendolo trasalire -Girano troppe voci su di lui e sulla nostra famiglia. Sono tanto dannose da aver spinto, anni fa, il Duca Hopkins ad annullare il tuo fidanzamento con sua nipote-;
-Quella è storia passata, nonno. Non ha più importanza, ora. E sapete bene come la penso riguardo i matrimoni d’interesse- ribatté Yugi, tranquillo ma fermo, cercando di placarlo -Quello che adesso conta è che Yami stia bene-.
-Certo, ma per quanto ancora? Se continuerà su questa linea dovrò prendere seri provvedimenti, e questa volta potrei anche non essere ben disposto a giustificare le sue azioni. A volte penso che abbia stretto un patto col Diavolo per farmi morire di crepacuore. Se solo somigliasse di più a te, Yugi… Ma immagino di dovermi consolare: se non altro tu sei riuscito a preservarti dalla sua pessima influenza. Ringrazio il cielo per questo- sospirò l’anziano, passandosi un fazzoletto sulla fronte madida di sudore, e lasciando la stanza dopo aver lanciato un’occhiataccia d’avvertimento al ragazzo sul letto.
Yugi tirò un sospiro di sollievo e raggiunse il fratello al capezzale: -Ti sei messo in un bel guaio, questa volta- disse, sedendogli vicino -Dovresti cominciare a prendere sul serio i suoi avvertimenti. Credo che la sua pazienza si sia esaurita-.
Yami tacque.
Come si sentiva minuscolo, ora, di fronte a suo fratello Yugi, così cresciuto e maturato, non solo nell’aspetto, in confronto a lui.
I giorni in cui giocavano a rincorrersi lungo i viali della capitale e i prati della tenuta gli sembravano ancora così vicini, ma poi, all’improvviso,Yami incontrava il viso del visconte, tranquillo e sereno, e lo scorgeva maturato, attraversato dalle prime rughe, da un fascino che solo quell’età poteva conferire ad un uomo; solo allora si rendeva conto di quanto tempo fosse davvero trascorso, e di quanto, invece, il suo percorso fosse stato distorto dal giorno in cui Crawford dipinse il ritratto.
Talvolta, Yami non poteva fare a meno di domandarsi come sarebbe stato vivere la vita di Yugi. Una vita tranquilla, pulita, costellata da eventi che lui non avrebbe mai definito eccitanti, ma che nel loro piccolo sapevano rendere le giornate del minore dilettevoli, in compagnia degli amici d’infanzia con cui era riuscito a stringere un legame capace di durare nel tempo.
Una vita vissuta da un giovane dotato di una dolcezza e benevolenza tanto marcate da risultare irreali, ma ben viste da chiunque gli si approcciasse. Yugi si era adattato senza problemi alla sua vita, agli standard puritani del loro tempo, e, avendoli fatti suoi come tutti, sapeva trarre ogni vantaggio da questi, senza mai desiderare di spingersi oltre, senza mai bramare altro.
Suo fratello minore era buono e lo difendeva sempre, ma Yami sapeva che, sin dalla tenera età, si era sempre sentito legato a quella sorta di dovere generato dal legame di sangue: erano fratelli, era normale, quasi doveroso, difendersi a vicenda.
Eppure era Yami Gray il fratello maggiore, quello che avrebbe dovuto essere preso ad esempio, e sempre lui avrebbe dovuto difendere, coprire gli sbagli del fratello più piccolo, spiegargli quanto la vita potesse rivelarsi doppia e ingannatrice, insegnargli a difendersene, a capire i propri errori; invece, quel ruolo, sin dalla tenera età, l’aveva sempre (conscio o no) scansato.
-Prometti che non farai mai più una cosa simile. Non potrei sopportare un altro spavento come quello di questa notte. Abbiamo davvero temuto il peggio, questa volta-;
-Vedo, Yugi- ammiccò il conte Gray, riscuotendosi dai suoi pensieri e sollevandogli il viso con la mano affusolata -Guarda, ti sono venuti i capelli bianchi per la preoccupazione-;
-Ma cosa dici, Yami? Non pendermi in giro- protestò Yugi, a disagio -Hai ascoltato quello che ti ho detto? Hai la testa sempre fra le nuvole in questi ultimi tempi…-;
-Va bene, va bene, calmati. Adesso sembri proprio il nonno- sorrise il fratello, tornando a stendersi fra le coperte –Ti ho ascoltato. Sei più tranquillo, ora?-;
-Suppongo di sì- si rassegnò il visconte, alzandosi ed avviandosi verso la porta –Yami, per qualunque cosa sappi che io ci sarò. Ma ti prego, non dare ulteriori dispiaceri al nonno. Lui non li merita-.
Yami si voltò, sprofondando fra le lenzuola e dando le spalle al fratello: -Ma certo. Ti ringrazio per la visita-.
Quando udì la porta chiudersi alle spalle di Yugi, il conte chiuse gli occhi. Voleva cadere quanto prima in un sonno profondo, e dentro di sé pregò affinché gli avvenimenti della notte appena trascorsa gli tornassero presto alla mente, più nitidi e chiari.
Nel frattempo, un oscuro manto calava inesorabile sul cielo londinese, annunciando la sera.

-E’ strano... Non è ricomparsa neanche una macchia-;
-Inutile trascorrere la notte a fissare quella pergamena- sospirò Amelda, annoiato -Quel nome non comparirà più. Il conte Gray ha perso il suo treno, Noah. L’unica soluzione che mi viene in mente è farlo fuori con le nostre mani in barba alla lista dei decessi e al Consiglio-;
-Per il momento limitiamoci ad aspettare notizie di mio fratello- disse il ragazzino, lanciando un’occhiata di traverso al collega -A proposito del Consiglio, hai saputo di Raphael? Pare che ora ne sia a capo…-.
-Cosa? Che stai dicendo?- trasalì Amelda -Raphael non è a capo di un bel niente e…!-;
-Strano che proprio tu non ne sia al corrente- proseguì Noah -Ho sentito dire che ha assunto temporaneamente la carica di Metatron fra i Supremi-.
-A sì? E cos’altro hai sentito?- indagò il più grande, chinandosi su di lui -Cosa aveva di così importante da fare il vecchio Metatron per lasciare addirittura il Consiglio?-;
-Di preciso non so nulla. Però, qualche notte fa, ho sentito dire che il supremo Metatron sta cercando un certo Pegasus…-.
Sotto lo sguardo perplesso di Noah, Amelda sgranò gli occhi cenere, come se avesse scorto un fantasma.
-Cerca Pegasus?!-;
-Perché quella faccia? Ne sai forse qualcosa?-;
-Così Metatron si è messo alla sua ricerca… Mi stupisce che se ne sia preoccupato solo ora, a dire il vero. Avrà cominciato a temere che ci sia qualcosa di sospetto dietro la sua scomparsa-;
-Ma al momento abbiamo problemi ben più gravi da risolvere, perciò evitiamo di perderci in chiacchiere inutili- li fece trasalire una voce, mentre un’ombra alle loro spalle prendeva consistenza, ed una figura ammantata vi compariva attraverso.
Noah si alzò da terra e fece scomparire la pergamena con uno schiocco di dita: -Hai ottenuto udienza, Seto?- gli domandò -Hanno saputo dirti qualcosa riguardo la faccenda?-;
-Brancolano nel buio quanto noi- annunciò il nuovo venuto, laconico –E presto dovremo metterli al corrente di eventuali sviluppi…-;
-Aspetta un attimo- lo interruppe Amelda, prendendo parola e attirando l’attenzione dei due colleghi –Dovremo? Significa che ce ne occuperemo noi?-.
L’aria torva e seccata ostentata dal fratello fu una conferma più che attendibile per Noah. -Temo sia così-;
-Che il Diavolo se li porti, quelli del Consiglio! Non fanno altro che comandare a bacchetta e dirci cosa fare, ma perché ora che ce n’è bisogno non scendono loro a rimediare alla situazione, invece di mandare avanti noi? La loro nuova guida sta già facendo così cilecca, forse?!-.
Seto rivolse un’occhiata enigmatica al fratello, rimasto immobile al suo fianco: -Ha saputo di Raphael?-;
-Proprio adesso-;
-E perché tutti sapevano di Raphael tranne me?!- aggiunse Amelda.
-Perché te la prendi tanto, adesso? Tu non sali mai nelle Alte Sfere. Cosa pretendevi, che ti inviasse un Serafino fin sulla terra per comunicartelo?- lo rimbeccò, calmo, Noah -Piuttosto, tornando al nostro problema, se al momento il Consiglio non ha trovato altra soluzione che metterci ad investigare su questa faccenda, significa per lo meno che avremo carta bianca, e così?-.
Seto annuì.
-Per ora, ma dovremo affrettarci a risolvere la questione, prima che vengano prese altre decisioni. Non è stato facile convincere i Supremi a non coinvolgere altri reparti per assegnargli il caso-;
-Che cosa? E’ perché gli avresti impedito una cosa simile? A te cosa importa se quell’anima…!-.
Un lampo rosso sanguigno attraversò le iridi zaffiro di Seto: -Un nome apparentemente come tanti altri è scomparso dalla mia lista dei decessi, Amelda- sibilò, irritato –Questa faccenda mi procurerà un’infinità di scocciature, che io ne sia coinvolto o meno. Pensaci un attimo: se la notizia giungesse negli altri reparti, oltre a mobilitare squadre di beoti incapaci che saprebbero solo gettare nel caos le indagini, prima o poi qualcuno potrebbe avere l’ardire di mettere in dubbio le nostre competenze. Prima risolverò questa faccenda e prima torneremo al nostro lavoro, senza lasciare adito ad alcuno di mettere in dubbio i miei metodi ed il mio operato, sono stato abbastanza chiaro?-;
-Tu, il tuo stupido orgoglio e le tue dannate manie di persecuzione dovreste prendervi una bella vacanza, invece!- lo rimbeccò Amelda, e la sua pelle opalescente assunse immediatamente uno strano riflesso violaceo -Intendi risolvere, dici? Ne parli come se la scomparsa di quel nome fosse dipesa da noi!-;
-Sappiamo che non lo è, eppure, allo stato delle cose, quel nome è scomparso durante la nostra caccia, su questo mio fratello ha ragione. Questa storia ci vede tutti e tre direttamente coinvolti- intervenne Noah, incrociando le braccia al petto -Tanto vale cercare di capire come quella persona sia potuta sfuggire al suo destino, e se il Consiglio per ora ci ha concesso piena fiducia e discrezione, va tutto a nostro favore, ancor più se otterremo dei risultati-;
-D’ora in poi qualunque mezzo sarà lecito per impedire che il sopravvissuto non rechi alcun danno alle persone con cui interagisce. Dal momento della scomparsa del suo nome dalla lista, ogni sua parola, ogni suo respiro e ogni sua azione rivolta ad altri viventi non saranno riconosciuti. Gray, interagendo con altri umani, potrebbe arrivare ad intaccare significativamente il loro destino-.
Amelda li ascoltò in silenzio, alzando gli occhi al cielo, rassegnato.
-Se non è morto, ma a questo punto non è nemmeno vivo, allora come lo possiamo definire?- mormorò -Una specie di revenant?-.
-Non direi, ma il fatto che nessuno di noi, né tantomeno il Consiglio, riesca a definire cosa Gray sia diventato dalla scorsa notte, immagino che lasci ad intendere cosa ci troviamo ad affrontare e la gravità della faccenda- disse Seto.
-Come hai intenzione di fare per scoprire cosa c’è dietro a tutto questo, allora?- lo interrogò Amelda, sempre più scettico -Noi siamo Falci, gli umani non possono vederci. Come potremo limitare le azioni di Gray e allo stesso tempo scoprire cosa gli è successo? E se la sua mancata morte non fosse dipesa neanche da lui? Sarebbe una totale perdita di tempo…-;
-Proprio per questo ho intenzione di investigare-;
-Bene, vi auguro buon lavoro. Giocate ai detective e divertitevi. Io non voglio entrarci, me ne vado-;
-Non puoi farlo, Amelda- esclamò Noah –Che ti piaccia o no, sei alle dipendenze di mio fratello-.
-Amelda- lo richiamò Seto, glaciale, costringendolo a fermarsi –Mi pare che tu abbia già capito quale potrebbe essere la soluzione-.
La falce si fermò sul posto, senza proferire parola.
-Sto per chiederti di correre un grande rischio-.
-Non sprecare nemmeno fiato- lo azzittì subito l’interessato –Non se ne parla. Hai una vaga idea dei problemi ai quali potremmo andare incontro io e Raphael se acconsentissi?-;
-Ti faccio presente ancora una volta che abbiamo il consenso del Consiglio per agire come meglio crediamo, purché l’anima non crei danni. Se in quest’occasione farai uso delle tue conoscenze non correrai alcun rischio, soprattutto se saremo in grado di fornire delle risposte sul caso alle Alte Sfere quanto prima-;
-Tu sei fuori di testa! Anche se i Supremi in persona ci hanno dato carta bianca, non significa che ammetteranno una strategia simile, e qui non vedo una bolla ufficiale in cui si impegnano a non farmi fuori nel caso dovessi acconsentire a rivelarti…!-;
-Ti ricordo che il capo del Consiglio attuale è proprio Raphael-;
-Ma non sarà a capo degli Arcangeli per sempre. Metatron potrebbe tornare domani, per quanto ne sappiamo-;
-In via temporanea o definitiva, ho come l’impressione che Raphael stesso ci abbia voluto portare a questo sin dal principio- rivelò loro Seto, lasciandoli a bocca aperta -E se mi avesse concesso la sua fiducia proprio perché, in qualche modo, sapeva già quale sarebbe potuta essere la mia strategia, avendo te al nostro fianco? Lui sa che sono a conoscenza del tuo passato, in fondo-.
Amelda inghiottì lo stupore: -Pensi davvero che Raphael…?!-;
-Ciò che è avvenuto la scorsa notte non ha precedenti. E’ possibile che anche lui abbia subito valutato questa ipotesi, ma non poteva certo rivelare di te agli altri Arcangeli, perciò l’unica cosa che ha potuto fare è stata concedermi piena fiducia. Dobbiamo ottenere informazioni, e la soluzione più veloce e rapida è quella di avvicinare Gray. Con le nostre attuali sembianze non ci è possibile farlo. Gli umani non possono percepirci, e qui entri in gioco tu. Dovrai rivelarmi come praticare la metamorfosi-.
Amelda digrignò i denti, seccato e a disagio.
-Non pensare che sia una passeggiata, quello che mi stai chiedendo-;
-Ma di che cosa state parlando, si può sapere?- chiese Noah, inquieto, mentre il rintocco metallico e solenne del Big Ben esplodeva fra le colonne, spezzando il silenzio della capitale.

-Piove-.
Il conte Gray alzò lo sguardo al cielo e, sollevando una mano guantata, accolse sul palmo le prime, timide gocce di pioggia.
Attorno a lui, davanti al suo sguardo assente, si aprivano ombrelli e si affrettava il passo della gente, che non mancava di lanciargli fugaci e perplesse occhiate, per poi correre via in cerca di riparo.
-Quello non è Gray? E’ da giorni che si aggira nei dintorni-;
-Forse aspetta qualcuno. Avrà messo gli occhi su qualche ricca straniera-;
-Farà bene a continuare a non presentarsi, la poveretta, se è così. Mi domando come sia possibile che un individuo simile si aggiri libero per le strade della City…-.
Yami serrò le labbra e abbassò il viso, distogliendo gli occhi dal gruppetto che lo stava superando in quel momento, bisbigliando.
Cominciava quasi a vergognarsi di come un tempo avesse potuto trovare dilettevole frequentare combriccole pettegole come quelle, ed esserne stato quasi considerato un membro di spicco.
Anni prima era stato lui stesso a generare pettegolezzi su amici e nemici, talvolta anche su se stesso, per il gusto di sentire pronunciare il proprio nome anche da labbra sconosciute e di rilievo, ma gli ultimi avvenimenti, accompagnati da quei giorni trascorsi in una volontaria solitudine, sembravano avergli aperto gli occhi al riguardo. Non si ritrovava più a biasimare le persone che lo sbeffeggiavano, lo schernivano e che diffondevano cattiverie su di lui. Era stato lui stesso, d’altronde, a dare un capo a quella scia di maldicenze.
Forse aspetta qualcuno…
Sì, Yami Gray attendeva davvero qualcuno su quel ponte; malauguratamente, nemmeno lui sapeva chi.
La persona che gli aveva impedito di gettarsi in quel fiume, supponeva fra sé; ma le ore, i giorni si erano susseguiti e, come spesso accade per i sogni, i vaghi ricordi di quella sera, che già a malapena la sua memoria faticava a conservare, cominciavano a scemare ed i particolari a perdere consistenza.
Non ricordava più alcun volto, a malapena distingueva una voce molto vaga, ma era sempre più lontana e complessa da definire. Era di un uomo? Una donna? Si era convinto che qualcuno si fosse trovato lì, sul Westminster Bridge, e che l’avesse salvato, ma ora non ne era più sicuro.
Forse, senza rendersene conto, prima di gettarsi aveva deciso di desistere e, scendendo dal mancorrente, era inciampato battendo la testa, convincendosi di qualcosa di assurdo; la polizia stessa aveva confermato di averlo trovato solo e svenuto su quel ciottolato.
Eppure ancora si trovava lì, fermo su quello stesso pavimento chiazzato, poggiato al ponte di pietra, a contemplare ogni volto che gli passava davanti, sperando che la sua memoria ne potesse giovare.
I pesanti rintocchi metallici del Big Ben lo fecero trasalire.
-Sto davvero impazzendo…- pensò, premendosi le mani sulle tempie, infastidito da quei rintocchi.
-Guarda, guarda chi abbiamo qui. Conte Gray, che bella sorpresa-.
Un tuono in lontananza seguitò a quell’affermazione, e quando il conte ebbe alzato lo sguardo dinanzi a sé, scorse una figura vestita di umili e logori abiti da lavoro fermarsi davanti a lui e fissarlo con malcelato astio.
-Chi siete?-;
-Davvero non mi riconosci?- ringhiò l’uomo.
-No, temo di non…-;
-Io mi ricordo molto bene di te. Come se fosse ieri- lo interruppe lo sconosciuto, afferrandolo per una spalla e spintonandolo contro il mancorrente del ponte –Il cognome Vane ti dice qualcosa?-.
-Vane?- ripeté il conte, aggrottando la fronte -Io non conosco nessun…-.
-Sono Matthew, il fratello di Serenity Vane. La donna che tu hai ucciso- affermò l’uomo, lasciando il giovane a bocca aperta.
Serenity… Ora ricordava.
Yami aveva intravisto solo un paio di volte il giovane fratello di Serenity, quando, al tempo, si recava a far visita all’aspirante attrice in uno squallido teatro dell’East End; a differenza di quei giorni, ora il volto di Matthew era scottato dal sole, butterato, il mento coperto da una spessa e ispida barba, i suoi abiti non erano altro che un ammasso di stracci e la sua intera persona odorava di alcolici.
-Mi sono assentato per parecchio tempo da Londra, dopo i funerali di mia sorella, ma ne ho sentite sempre molte sul tuo conto, Gray. Un maledetto. Tutti si chiedono come mai tu sia ancora così, giovane e attraente come venti anni fa....- sibilò afferrandogli con la mano rugosa il mento liscio e immacolato –Anche le tue abitudini, suppongo, non saranno cambiate. Sarai rimasto quella sottospecie di puttana per ricconi, eh? Con la differenza che ora sei anche un assassino. Come mai un essere spregevole e privo di sentimenti come te è ancora vivo dopo tutto quello che ha fatto patire a me, alla mia famiglia, e a tante altre persone innocenti? Se ora ti uccidessi qui, nessuno ti piangerebbe o ti soccorrerebbe, stanne certo!- ringhiò Vane fuori di sé, levando una mano dalla tasca del soprabito logoro e puntando contro al ragazzo un coltellaccio.
I pochi passanti presenti li superavano frettolosi, senza dare troppa importanza a quella scena; nessuno aveva intravisto l’arma, nessuno poteva sentire cosa Matthew Vane stesse sussurrando al conte, perciò nessuno intervenne.
Yami cercò di urlare, di affrontare quell’individuo, ma la voce rifiutò di uscirgli di gola.
-Vorrei poterti far patire tutto quello che ha dovuto sopportare mia sorella per il tuo amore malato e incostante, ma non ho molto tempo… Mi accontenterò di trafiggerti quel maledetto cuore e al diavolo le conseguenze! Oramai non ho più nulla da perdere!-.
Le grida minacciose di Vane, il coltello che si levava dinanzi al viso terreo di Yami, poi, una voce alle sue spalle.
-Temo si tratti di un equivoco, signore-.
Un bastone da passeggio calò sulla mano armata di Matthew Vane, colpendola e disarmandola, per poi fermarsi a mezz’aria proprio davanti al suo volto butterato.
Il conte Gray abbassò le braccia e riaprì piano gli occhi, guardando confuso l’uomo rimasto disarmato, davanti a lui.
-Tu chi diavolo…!?-;
-Ve lo ripeto, signore. C’è senz’altro un equivoco- affermò ancor più glaciale e imperturbabile la voce, che sembrava voler lasciare ad intendere la medesima cosa alla piccola folla di curiosi, ora fermatasi ad osservare la scena.
Yami si voltò verso la persona a poca distanza da lui, scorgendo con la coda dell’occhio un alto giovane avvolto in un lungo mantello nero notte, e dal vigile e penetrante sguardo in quel momento fisso su Vane.
-E tu chi sei?- esclamò quest’ultimo, sprezzante -Uno dei tanti compagni da letto di questa puttana? Bada, non ne ricaverai nulla di buono…!-.
-Questo lasciatelo giudicare a me- sibilò fra le labbra lo sconosciuto, e parve che un fuoco guizzasse nelle sue iridi magnetiche, tanto da far rabbrividire l’aggressore -Vi consiglio di allontanarvi. Adesso-.
Dopo qualche istante di smarrimento, l’assalitore lanciò un’occhiataccia al conte e ai passanti, divenuti oramai numerosi e scomodi testimoni, e si allontanò a grandi passi lungo il ponte, svanendo alla loro vista.
-Non finisce qui, Gray-.

-Non posso crederci- esclamò Noah, incredulo, sporgendosi dal mancorrente, dopo aver seguito la scena dalla torre dell’orologio -E’ riuscito a fermare quel tizio!-.
-Non è per niente facile adattarsi al corpo di un umano, anzi, ha diversi effetti collaterali-;
-E mio fratello ne è al corrente?-;
-Certo che no, altrimenti mi sarei rovinato il divertimento. Auguriamoci che vada tutto come previsto- disse Amelda –Mi sono messo in un guaio rivelandogli come praticare la metamorfosi, perciò vedi di non farne parola con nessuno. In giro per le Alte Sfere non farebbe piacere sapere che un ex Inquisitore ricorda ancora come esercitarla-.
Noah tacque, tornando a lanciare un’ultima occhiata verso Seto.
Adesso era umano. Adesso, se solo l’avesse voluto, avrebbe potuto intervenire lui stesso sul destino degli altri esseri umani. Era davvero troppo pericoloso, e Amelda non si era fatto pregare per tutto quel tempo solo per capriccio, pigrizia o indisponenza nei confronti del Consiglio…
-Pensi che anche io potrei esserne in grado?- gli domandò.
-Sveglia, ragazzino. Siamo semidivinità, in fin dei conti. Ai Supremi fa comodo tenerlo nascosto perché, trasformandosi in umani, le Falci non possono essere rintracciate facilmente- gli spiegò Amelda, lasciandolo di stucco -Come credi che abbia fatto Pegasus a sfuggire agli Arcangeli per secoli?-;
-Si può sapere che cos’ha fatto questo Pegasus, per essere così braccato dai Supremi? E cos’è, di preciso, un Inquisitore?-.
La falce serrò le labbra, interdetta, capendo di aver parlato troppo, e rendendosi conto che l’avida curiosità di Noah l’avrebbe costretta ad una lunga serie di noiose spiegazioni.
-Senti ma… tu davvero pensi che il Consiglio esista da sempre? Non ti sei mai chiesto cosa accadesse prima dell’arrivo degli Arcangeli?- lo interrogò -Te lo dico io: le falci prendevano sembianze umane, e facevano fare la fine che preferivano agli umani. Proprio così. Niente liste dei decessi, niente archivi giù nella Burella, bastava solo che uno di noi interagisse con un essere del mondo terrestre e questo aveva già un destino segnato, bello o brutto che fosse. Li plagiavamo nella maniera che più preferivamo, anche portandoli a scontrarsi gli uni con gli altri, senza dover rendere conto a nessuno- raccontò, tornando a prendere posto sul mancorrente di pietra -Poi, un giorno, Qualcuno giunse per porre fine ai nostri giochi, mandò gli Arcangeli per ristabilire l’equilibrio, e questi ci rovinarono la festa. Secondo loro gli umani dovevano essere lasciati liberi di scegliere il proprio destino e altre idiozie… E così, noi falci divenimmo soltanto un ammasso di spazzini raccogli anime, senza più alcuna voce in capitolo-;
-E vi venne impedito di prendere sembianze umane?-.
Amelda scosse il capo.
-In via definitiva, solo dopo il cinquecento- precisò -L’arrivo degli Arcangeli e di tutte quelle regole e costrizioni non piacque a molti di noi, e così Pegasus si unì in gran segreto all’Inquisizione terrestre. Fu lui a scoprire che, sotto sembianze umane, il Consiglio non avrebbe potuto rintracciarci e avere facile controllo su di noi, e, in questo modo, continuammo ad intervenire sulle vite della gente, accanto proprio a quegli umani di cui da sempre ci prendevamo gioco e di cui decidevamo il destino. Assistemmo e fummo i mandanti della caccia alle streghe, delle torture, e anche di molte guerre… Ma alla fine fummo traditi, e tutte le divinità facenti parte di quella setta vennero rintracciate e sottoposte alla scissione dell’anima. Ai miei compagni venne cancellata ogni traccia di memoria; di conseguenza, anche il ricordo della loro abilità di mutare in esseri umani, che da quel giorno non poté più essere tramandata alle nuove leve. Soltanto Pegasus la scampò, e riuscì a fuggire…- il ragazzo tacque per qualche minuto, mentre i suoi occhi grigi parevano vagare in un’epoca a Noah sconosciuta -Si vocifera che fu addirittura lui a tradirci-.
Il ragazzino al suo fianco corrugò la fronte, assimilando tutto ciò che fino a poco prima gli era stato narrato, con avidità: -Soltanto Pegasus… e te- aggiunse, mentre il collega trasaliva -C’è davvero lo zampino di Raphael in tutto questo, allora. Ecco perché non volevi rivelare a Seto come trasformarsi in umano…-.
Amelda gli diede le spalle, portandosi le mani sui fianchi: -Bah! Seto ha scoperto di me per puro caso. Maledico il giorno in cui ho avuto a che fare per la prima volta con lui. Sapevo che prima o poi mi avrebbe chiesto di mettere a sua disposizione queste informazioni- sbuffò –Ed ora basta chiacchiere. Ti ho già detto fin troppo. I novellini come te non dovrebbero essere a conoscenza di queste cose, secondo i Supremi. E vedi di non lasciarti sfuggire questa storia con nessuno, sono stato chiaro? Abbiamo già abbastanza guai- lo ammonì -Pensiamo a cercare negli archivi della Burella informazioni su Gray. Qualunque elemento, a questo punto, potrebbe esserci utile-;
-E se oltre al nome si fosse cancellato anche tutto ciò che ha a che fare con lui?- gli chiese Noah, seguendolo.
-Saremo in grossi guai, ma dobbiamo tentare. Dovrò fare qualche ricerca negli archivi, ma se sarò fortunato e davvero Raphael sa cosa stiamo combinando, avrà già trovato lui stesso qualcosa di interessante di cui metterci al corrente-.
-Ah, adesso ti stai impegnando davvero. Allora è vero quello che si dice in giro. Che Raphael ha un buon ascendente persino su tipi come te- ghignò Noah, svanendo assieme al compagno nell’ombra.
-Ehi ehi, non venirmi a dire certe cose. Sono pur sempre un tuo superiore, non puoi parlarmi in questo modo, lo capisci?-.

La pioggia scendeva con insistenza su Londra.
Seto distolse lo sguardo dal punto in cui Vane era scomparso e, risistemandosi il mantello sulle spalle, lanciò un’occhiata al conte.
-Siete ferito?-.
Il tono della sua voce era freddo, distaccato, il suo proprietario non sembrava davvero interessato a conoscere la risposta, ma il conte non vi fece troppo caso; sembrava in balìa di una sorta di dejà-vù e, alzando una mano tremante verso lo sconosciuto, strinse fra le dita un lembo del suo mantello scuro.
La spirale di ricordi sfocati e sconnessi di quella sera di alcuni giorni addietro sembrò dissiparsi; ogni frammento tornò al proprio posto nella sua mente, come ravvivato proprio da colui che gli stava dinanzi in quel momento. Yami ricordò con chiarezza la pioggia battente, il corso impetuoso del fiume ed una sagoma alta e slanciata svettare in quell’oscurità, sopra di lui…
-Voi…!-;
-Come dite?-.
La mano guantata del conte Gray si posò sul viso di Seto, cancellandogli per pochi istanti quell’espressione intellegibile, quasi apatica.
-Voi…- continuò Yami, mentre lo sguardo sorpreso dello straniero percorreva i suoi lineamenti, ancora tesi per l’agitazione -Vi trovavate qui, la sera della tempesta, circa una settimana fa. Non mi sto sbagliando. Siete proprio quella persona…?-.
La mano di Seto si posò su quella del conte e l’allontanò con pacata fermezza dal proprio volto.
-Temo di no, desolato- replicò -Non credo di capire-.
-Perché negate?-;
-Ciò che dite è impossibile. Sono giunto a Londra solo ieri, mentre voi parlate di un fatto avvenuto tempo addietro, se non vado errato. Siete ancora sconvolto dall’accaduto, è evidente-.
Il conte Gray scosse il capo, assumendo un’aria smarrita: -No, io… In ogni caso vi devo ringraziare per il vostro tempestivo intervento, signor…?-.
Seto lo scrutò in silenzio.
Nonostante la fermezza nel dissentire alle sue affermazioni, non era del tutto certo di essere riuscito a convincere con quella menzogna il giovane conte. Era preparato all’ipotesi di essere stato scorto da Gray, quella notte. Non era una cosa impossibile per coloro destinati a lasciare la vita terrena, ma che fosse riuscito a riconoscerlo, avendolo solo intravisto giorni e giorni prima durante la sua caduta, questo lasciò la Falce piuttosto perplessa.
-Seto- si limitò a rispondere, poco dopo -Seto Kaiba-.
I gelidi occhi zaffiro che emergevano da sotto la chioma di capelli scuri del ragazzo conferivano al suo volto pallido, magro e attraente un’aria eterea, distinta e solenne che lasciò Yami segretamente affascinato.
-E’ davvero strano- disse quest’ultimo, pensieroso -Vi chiedo scusa, ma non riesco ad abbandonare l’idea di avervi già incontrato-.
Seto ignorò quell’affermazione e si voltò, muovendo qualche passo lungo il ponte.
-Aspettate!-;
-Dopo quanto accaduto sarà più sicuro che vi scorti fino alla vostra dimora- disse Seto –A meno che non preferiate restare sotto la pioggia e rischiare un malanno o un’altra aggressione-.
Il conte Gray lo guardò allontanarsi, e rivolse un’ultima occhiata al fiume Tamigi, sotto di loro: era nero e ingrossato come la sera in cui tentò di farne la propria tomba; anche il cielo gravido di pioggia pareva il medesimo, e la presenza di quello straniero dalle intelligibili iridi blu oceano arricchiva di particolari quella che sembrava essere una quasi involontaria ricostruzione dell’accaduto.
Affrettò il passo e lo raggiunse.
-Io sono Yami- si presentò, mentre il giovane al suo fianco gli rivolgeva una fugace occhiata -Yami Gray-.

CONTINUA…

Disse l’autrice:
Pappa-para-para-rappa-para *Musichetta circense* Salve a tutti, membri della sezione i-gi-o!(?)
Come mi sento leggera al pensiero di aver ripreso a postare questa fanfic, che aggiornai per l’ultima volt-GIUGNO2013?! *Lancia tastiera per aria* Che scherzo è questo?!
E invece è davvero trascorso tutto questo tempo, ahimè. Ne è passata di acqua sotto i ponti, da quell’estate. Pensavo proprio che questa storia non avrebbe mai visto una prosecuzione, e infatti, per quasi più di un anno, è stato così. Avevo davvero rinunciato, lo ammetto. E poi, a distanza di tempo, mi sono di nuovo ritrovata ad aprirne la cartella e PUFF! Il mio cervello pare aver ricevuto più ossigeno del solito proprio in quel momento, ed ecco che la montagna insormontabile che ha ostacolato e bloccato il mio cammino per mesi e mesi è svanita, I suppose.
Ma parliamo di questo benedetto capitolo, ora che c’è. FINALMENTEH.
Come avrete notato, ancora una volta la trama ha subito un’ulteriore evoluzione rispetto al quadro di partenza che mi ero prefissata. *Due capitoli, Alice? Sì, sì… ahahah*
Riprendere a scriverne fa davvero uno strano effetto. Spero che ogni cosa, fin qui, stia procedendo in maniera chiara, e che l’entrata in scena di nuovi personaggi non sia risultata una scelta troppo azzardata. Mi scuso anticipatamente in caso abbiate trovato difficoltà nella lettura di questo incredibile guazzabuglio medievale [cit.].
Tra l’altro, l’idea di un Consiglio degli Arcangeli&Co. neanche mi aveva sfiorata prima.
Pensavo soltanto ad una veloce Pride di due capitoli e nulla più, ma come al solito tutto mi è nuovamente sfuggito di mano *…Ho un dejà-vù*, ed ecco entrare in scena Falci (o shinigami, o dei della morte, definiteli come vi pare), Arcangeli, Alte Sfere, strani poteri, l’Inquisizione e vicende parallele a quelle dei protagonisti…! T-tutto ciò non sarebbe dovuto succedere, ma se questo mi ha permesso di tornare a riprendere la storia, per Diana e Atteone, proseguiamo! Anzi, ho già parlato troppo, perciò credo sia tempo di chiudere qui.
Che altro dire?
Ringrazio chiunque abbia speso un po’ del suo tempo sulla storia, chi in passato la recensì e ne attese gli sviluppi e chi avrà voglia, in futuro, di tornare per scoprire cosa accadrà.
Un abbraccio, Adam e al prossimo capitolo, mentako!

+AliceWonderland+
  
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