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Autore: danonleggere    24/02/2015    4 recensioni
Alzi la mano chi vuole prendere Spagna e Romano, chiuderli in una scatola e scuotere.
*alza la mano*
Alzi la mano chi è stufo di un uke scazzato che fa da bella bambolina gonfiabile e di un seme macho sfruttato.
*alza la mano*
E infine alzi la mano chi non vuole un Antonio pervertito da mettere in crisi anche Francia e la voce-pensiero di Lovino che fa anche peggio.
*titubante alza la mano*
Ed ecco a voi la mia nuova missione per rovinarmi l'esistenza: far dichiarare Romano senza renderlo OOC. Stavolta sarà lui a dover sudare!
Antonio sapeva di essere un bel ragazzo, ed era abbituato ad avere delle ammiratrici. Ma non si sarebbe mai aspettato che quel ragazzo -carino, ma pur sempre un ragazzo- con quello strano ciuffo ci provasse in modo così esplicito con lui, da arrivare perfino a baciarlo in un locale pieno di gente!
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Bad Friends Trio, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Romano girò ancora una volta su se stesso dalla felicità mentre si dirigeva a lezione.

Era riuscito ad ottenere un sì.

Ma non significava nulla, la sua bramosia voleva spingerlo fino al sapore delle dolci sillabe che prima o poi avrebbe fatto pronunciare all’altro.

Fargli ricordare quei momenti che solo i due amanti conservavano.

Li avrebbe fatti rivivere per liberarne i ricordi.

Sorrise mentre nella grande aula universitaria una voce roca e stanca iniziava a non spiegare come vivere la vita.

Una leggera vibrazione distrasse l’italiano che controllò il cellulare, un messaggio.

Il mittente, un suo amico di vecchia data lo invitava ad una serata musicale, come ai vecchi tempi avrebbe potuto cantare qualcosa.

Quella era l’occasione perfetta!

Nella sua avventura con Antonio la musica era sempre una costante, radio o televisione. Occasionali concerti e artisti da strada.

Anche quando il silenzio voleva prevalere veniva scacciato dalle mani veloci del moro che si metteva a strimpellare qualcosa sulla sua chitarra, quasi come se facesse parte di lui.

Nel tempo Romano non gliel’aveva mai detto che sapeva cantare, o almeno, qualche canzoncina gliel’aveva fatta sentire, ma non aveva mai ammesso una cosa, si era sempre imbarazzato al pensiero di farlo davanti a lui.

Insomma, la lirica non è molto comune come passione.

E non ti puoi rendere figo vantandoti di essere un tenore come se fossi parte di una rock band.

Ma adesso sarebbe stato diverso, avrebbe riscoperto il moro facendosi riscoprire. Mise via il telefono e riprese a seguire la lezione mentre si perdeva tra note e numeri.

 

Tornato a casa incrociò sulle scale Antonio che andava a lavoro da Eliza, quindi lo avvertì che quella sera sarebbero usciti. In una conversazione che si può riassumere in:

“Allora esta sera ti vedrò nel tuo massimo splendore Lovinito?”

“Non chiamarmi così cogli… iamo questa occasione… a dopo.”

Romano gli aveva detto di vestirsi elegante perché sarebbero andati in un posto speciale, e Antonio si era offerto di usare la sua macchina.

Sarebbero partiti alle nove, quindi era meglio non arrischiarsi con la vespa. Era da un po’ di tempo che non si allenava, ma sperò che per una canzone quella sera non sarebbe successo nulla di strano.

 

Passato il pomeriggio a studiare con la testa fra le nuvole e lo stomaco in subbuglio si andò a preparare.

Cazzo, neanche fosse il suo primo appuntamento! Beh, forse da un certo punto di vista lo era, ma non per lui!

Sì vestì di scuro, in visibile contrasto con il suo viso luminoso, tutto in nero con la camicia aperta sul davanti, il palco era piccolo ma le luci e l’agitazione gli avrebbero tenuto più che caldo.

Si sistemò i capelli più per abitudine alla lotta contro il suo ciuffo ribelle che per reale necessità, e afferrata una giacca si diresse verso la porta di Antonio. Bussò e immediatamente lo spagnolo aprì, come se fosse rimasto ad aspettarlo. Prese le chiavi della macchina e scesero.

Lungo l’andata, mentre Romano dava indicazioni, parlarono del più e del meno, in modo che l’italiano aveva sempre più la scusa per le cose che conosceva dell’altro.

Ma anche se le aveva già sentite e commentate, ritornare a condividerle lo faceva stare bene. Antonio gli parlò dei suoi migliori amici e del suo lavoro. Romano gli raccontò dell’università e si lamentò del suo capo.

Arrivati a destinazione in un quartiere periferico parcheggiarono poco lontano dal locale e ci entrarono.

Stretti muri con mattoni a vista evidenziavano quadri di ogni stile e corrente, mentre accompagnavano il cliente nella sala centrale.

Antonio non era mai stato in quel locale, neanche prima dell’incidente, mentre Romano si muoveva agile tra i tavoli rotondi che colmavano l’intera stanza con assoluto disordine.

Coperti da semplici tovaglie candide rese scure dalla luce soffusa che riempiva l’atmosfera.

L’italiano guidò l’altro fino ad un tavolo in disparte abbastanza appartato e lo fece sedere in modo che avesse il piccolo palco di fronte.

Il quale in quel momento non illuminato ospitava una sedia e un microfono.

Dopo qualche minuto arrivò vicino a loro un cameriere, Romano senza neanche controllare la lista ordinò una bevanda per entrambi.

“Questo posto è abbastanza caro, ma ciò che servono ne fa valere la pena.” disse spiegando all’altro, mentre una donna sul palco iniziava una lenta canzone dall’aria struggente.

L’italiano si mise a spiegare allo spagnolo come funzionava quel posto, quando sei persone dall’aria molto elegante si avvicinarono a loro.

“Ciao Guglielmo!” Romano salutò il più vicino abbracciandolo “Da quanto tempo.”

“Non ti fai più vedere in giro, dove te cacci?” rispose quello guardando Antonio con aria interrogativa e ricevendo in risposta un cenno col capo.

“Ho da fare, ma oggi sono riuscito a venire a vedervi, come hai vecchi tempi.” e si risedette dopo aver abbracciato e salutato anche gli altri membri del gruppo.

Antonio sentì una spiacevole sensazione, quasi di gelosia a vedere il calore tra i sette, come se lui dall’italiano non ne avrebbe ricevuto tanto. E si sentì alquanto sollevato quando se ne andarono per prendere il posto della donna.

“Mettono in scena l’Aida questa sera.” disse Romano al moro.

“Ma non è un opera lirica? Nel senso, ci riescono qua?” chiese stupito Antonio.

L’italiano ridacchiò tra sé “Sono delle teste dure, hanno deciso di esibirsi qui e hanno trovato il modo.”

I sei intanto sparivano dietro una piccola tenda nera che sembrava attaccata al muro, invece rivelava delle spaziose quinte.

“Se non mi sbaglio oggi fanno il terzo atto.” cercò di dire in modo casuale il minore, come se non lo sapesse.

“Ma di cosa parla esattamente?” l’iberico cercò di saperne di più.

“Di una storia d’amore tormentata e divisa tra due regni. Desideri personali contro dovere verso un popolo. Mi piace come storia, anche se finisce male.”

Arrivò in quel momento il cameriere con la loro ordinazione e Romano fece bere l’infuso di cioccolato e limone ad Antonio per poi assaggiarne un po’ dallo stesso bicchiere.

Intanto lo spettacolo cominciò.

Tutti e sei sul palco si divisero in Aida, Amneris, Radamés e il coro.

Un invocazione ad Osiride riempì l’aria, catapultando quella sala in un più antico Egitto.

Una donna e un uomo si portarono in un tempio, mentre colei che faceva Aida guardava quelli che parevano amanti sperando per l’amor suo.

Ed ecco che di colpo il sopraggiungere di Amonasro padre di Aida e quasi voce della sua coscienza, le dice che lei può avere sia l’amore riprendendolo ad Amneris, sia la patria riprendendola a suo padre re d’Egitto. Ma solo se il primo tradirà in gloria del secondo.

Antonio rimase turbato dal senso di colpa usato sulla giovane.

Va indegna! non sei mia prole…
Dei Faraoni tu sei la schiava.” cantò il padre.

Padre, a costoro schiava io non sono…

Non maledirmi… non imprecarmi…

 Tua figlia ancora potrai chiarmarmi…

 Della mia patria degna sarò.” rispose la figlia.

E dopo questa scena dove le forti voci degli interpreti rigettarono emozioni verso il pubblico, ne iniziò una nuova dove si sarebbe palesata la visione romantica.

Radamés cantò “Pur ti riveggo, mia dolce Aida…

Lo spagnolo si girò di scatto verso colui che aveva cantato al tavolo con lui.

Lovino stava in piedi ad ascoltare la risposta della ragazza sul palco.

Ti arresta, vanne… che speri ancor?
A te dappresso l'amor mi guida.” continuò l’italiano mentre si dirigeva sul palco.
Questa Antonio davvero non se l’aspettava, ma in breve rimase incantato dalla potente voce del ragazzo, che giurava il suo cuore al servizio della bella.
Il profilo illuminato dalle luci faceva trasparire tutta la concentrazione che ci stava mettendo.
Sovra una terra estrania
 Teco fuggir dovrei!
 Abbandonar la patria,
L'are de' nostri Dei!
Romano cercò lo sguardo del moro tra gli spettatori, era come se la stesse cantando per lui.
Il suol dov'io raccolsi
Di gloria i primi allori,
Sorrise per una frazione di secondo mentre riprendeva fiato.
Il ciel dei nostri amor
Come scordar potrem?
E con questa frase cercò di dire quanto non poteva dire al ragazzo che ignaro dei suoi tormenti stava a guardarlo.
Aida rispose, e il loro dialogo continuò tra le più splendide note.
“Fresche valli e verdi prati
A noi talamo saranno
Su noi gli astri brilleranno
Di più limpido fulgor.”
E insieme come a coronare quella grande magia che si era creata.
 “Vieni meco — insiem fuggiamo
Questa terra di dolor —
Vieni meco — io t'amo, io t'amo!
A noi duce fia l'amor.”
Poi Aida seguendo il volere del padre ingannò l’amato e si fece dare le informazioni della battaglia.
La scena finì con la voce di Romano che catturò tutti mentre riusciva a imprimere più emozioni al suo canto che quelle che una persona può provare.
Tornato il silenzio l’italiano scese dal palco mentre il vero cantante si riprendeva il suo posto per essere accusato e incarcerato per tradimento.
Ma ai due ragazzi ora seduti vicini queste cose non importavano.
“Romano… sei stato grandioso!” riuscì a dire Antonio dopo essersi ripreso dalla sorpresa.
Completamente rosso in viso e grato di non essere più sotto ai riflettori il ramato rispose con un mugolio. Era davvero agitato, ma sembrava andata bene.
“Grazie…” disse solo rigirandosi verso lo spettacolo di inganni.
 
Alla fine dell’atto i cantanti scesero dal palco e si ritirarono verso un tavolo sul fondo della sala.
Antonio era ancora stupito, e non faceva altro che chiedere all’amico dove avesse studiato o da quanto cantasse.
Mentre l’altro si scherniva da quei complimenti come se davvero credesse che fosse una cosa normale.
 

Le ore trascorsero e i due decisero di tornare a casa, il giorno seguente sarebbe stato impegnativo per entrambi, e avevano bisogno di dormire.

Non avevano ancora smesso di parlare una volta arrivati al condominio, e davanti ai loro appartamenti non sapevano che fare.

Romano pensava di dover concludere la serata con qualcosa, Antonio non voleva far finire quell’incanto.

Stavano così bene assieme che si dimenticarono presto di essere nel pianerottolo di casa loro nel cuore della notte, e il muro che divideva le loro porte gli avrebbe tranquillamente detto di tacere, se la vicina non lo avesse anticipato.

“Allora ci vediamo” lo salutò Lovino.

“A presto” sorrise Antonio.

E un attimo prima che lo spagnolo si girasse l’italiano gli schioccò un breve bacio su una guancia, per poi dargli la schiena e andarsene.

 

Entrambi provavano una strana sensazione al cuore, Antonio era confuso, Romano era spaventato.

Era davvero giusto?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ecco accà Roma che fa le sue mooosse.

E ancora non riesco a capire perché mi cambia i font, ma sono sfinita dal fatto che almeno adesso si vede in una pagina sola.

Spero vi sia piaciuto e con palesi messaggi spam a caso *guardatevi l’Aida!*

Alla prossima e CIAO!

  
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