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Autore: AlexEinfall    25/02/2015    3 recensioni
[Casey/Severide] Prima mia long-fic su questa coppia, che credo abbia un grosso potenziale.
Severide affronta Casey circa il suo comportamento sconsiderato, ma le cose non vanno mai come ci si aspetta. Questo è l'inizio di qualcosa oppure le resistenze e l'antico astio ostacoleranno la loro strada?
Un giorno qualunque alla Caserma 51 è destinato a cambiare ogni cosa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le cicatrici di un combattente




  Kelly era in piedi nel corridoio, misurandolo a grossi passi, quando finalmente la barella uscì dalla stanza. Matt era vestito con un camice sterile e una mascherina gli pendeva sul petto. Si scambiarono un cenno del capo, prima che June e altre due infermiere spingessero la barella oltre le doppie porte che portavano alla sala operatoria.
  Sapeva che l'operazione non era rischiosa e che Matt sarebbe uscito da quelle porte vivo e vegeto. Eppure sentì una stretta al petto. Sospirò e si cercò una sedia isolata, preprandosi ad attendere che l'operazione finisse. Non aveva alcuna intenzione di andare da nessun'altra parte.
  Si morse il labbro, cercando di rievocare il sapore dell'ultimo bacio. Era diverso da qualunque cosa ricordasse e non riusciva a collocarlo da nessuna parte. Aveva baciato molte persone, forse troppe, e ora si rendeva conto di quanto questa fosse diversa e, in qualche modo, speciale. Intima. Poteva isolare diversi sapori in quell'unico mix, ognuno in grado di rievocare sensazioni e ricordi diversi. C'era un sottile sottofondo dolce, come quello di una bibita iperproteica, sul quale si innestavano neve, pioggia e agrumi vari. Nessuno di questi sapori da solo riusciva a racchiudere quello complesso delle labbra Matt. Rimase sconvolto dalle sue stesse conclusioni: non avrebbe mai voluto o potuto baciare nessun altro. Quel particolare sapore era tutto ciò che voleva assaggiare.
  Christie arrivò dopo dieci minuti, il volto teso e le mani che si torturavano a vicenda. Si sedette in attesa, scambiando solo qualche parola di circostanza con Kelly. Lui, osservandola, si ritrovò a chiedersi se Matt sapesse che fosse lì. Forse non lo avrebbe mai scoperto, perché improvvisamente la bionda si alzò. Esitò un attimo, prima di sorridere debolmente al vigile.
  «Devo prendere Violet a scuola. Se...qualunque cosa, chiamami.»
  Si scambiarono i numeri e lei corse via.
  Quando Shay arrivò, portandogli un caffé da una bar vicino, Kelly ne fu estremamente grato. Controllò l'orologio e sospirò.
  «Quando è entrato?» chiese Leslie, stirandosi sulla sedia.
  «Quaranta minuti.»
  Lei annuì, allungando il collo per osservare il corridoio sgombro e silenzioso, prima di tornare a poggiare la schiena contro la scomoda plastica. Gli diede una pacca sul ginocchio e lo rassicurò: «Andrà bene, queste cose ci mettono un po', sai.»
  Kelly la guardò, ignorando le sue parole. La mente era occupata da altri pensieri e immagini.
  Quella mattina si era svegliato sulla sedia accanto al letto di Matt, sapendo esattamente cosa volesse.
  «Ieri abbiamo parlato» mormorò, prima di guardare l'amica negli occhi. «Funzionerà. Deve funzionare.»
  Leslie lo osservò a lungo, poi un sorriso le illuminò il viso. Lo abbracciò, stampandogli un bacio sulla guancia.
  «Finalmente!»
  «Cosa?» chiese Kelly, stupito dalla sua gioia.
  «Finalmente Kelly Severide si è innamorato.»


....


  Gabby conosceva Shay abbastanza bene da leggerle in faccia quando qualcosa la preoccupava.
  Lavorare insieme per lunghi turni, con la stanchezza e i nervi tesi, ore spalla a spalla per salvare vite, riusciva a farti vedere un po' tutti i lati di una persona. Riconosceva il tic leggero della palpebra, il modo in cui le labbra strusciavano tra loro e le dita si rilassavano e stringevano intorno al volante.
  Erano quasi giunte al suo appartamento, quando Shay cedette alla pressione dello sguardo della collega su di lei. Con una rapida occhiata, sbottò: «Cosa, stavolta?»
  Gabby strinse le palpebre e incrociò le braccia al petto, senza mai staccarle gli occhi di dosso. «Dimmelo tu...»
  Quando Shay si mordicchiò il labbro, Gabby ebbe la conferma di quella sensazione che le aleggiava attorno da giorni: la sua amica le nascondeva qualcosa.
  «Non riguarda Casey, vero?»
  Shay sussultò e rispose con una risatina, che si ruppe a metà. Con un gesto della mano, scosse la testa. «No...no, ma che dici!»
  «Okay, ora mi stai preoccupando. Sai qualcosa che non so? Kendra ti ha detto qualcosa?»
  «Gabby, lui starà bene.» Per sottolineare l'affermazione, incrociò per un attimo il suo sguardo, prima di tornare alla strada con un'espressione tormentata. «Voglio dire, starà meglio. Callighan...sai, Kendra lo conosce bene. Comunque, ha detto che il trapianto è andato bene.»
  Gabby non rispose, spostando lo sguardo oltre il parabrezza. Ricordava distintintamente la prima volta che l'aveva visto in quel letto d'ospedale, ancora addormentato; la seconda, era sveglio e spendeva tutte le sue energie per non mostrare il dolore che provava, dentro e fuori. Quando pensò a come potesse apparire la sua pelle sotto tutte quelle garze, un grosso groppo le si formò in fondo alla gola e lo stomaco si torse. Spinse indietro tutte queste sensazioni, perché ciò che importava era che fosse vivo e che presto -forse non così presto- sarebbe tornato al suo lavoro, alla sua vita.
  Un pensiero la colse e le sue mani cominciarono a sudare: Casey non aveva più una casa. Poteva essere egoista e fuori luogo, ma lei sentì la necessità di offrirgli un letto...ovvero, un tetto.
  «Senti, Shay...io» si bloccò, torturandosi le mani. Sentì Shay guardarla con apprensione, quindi prese un grosso respiro e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, non riuscì a frenare le parole. «So che sarà l'ultimo dei suoi pensieri, ora, e che dovrà restare in ospedale ancora per molto, ma quando uscirà...voglio dire, lui non ha più una casa. Forse potrei...insomma, vorrei poter essere utile.» Sospirò e reclinò la testa, ricacciando indietro la frustrazione. «Chi prendo in giro? Prima c'era Hellie e ora...io l'ho visto, Shay. Lui non pensa più a me in quel modo...se mai l'ha fatto. Lui non...si è allontanato, capisci? Non so spiegarlo, ma lo sento.»
  Si passò una mano sul volto e attese di riuscire a ritrovare il respiro. Ammettere il poprio tormento, mentre lui aveva lottato per la vita due volte in pochi giorni e ora era in quel letto a soffrire, la fece sentire in colpa. Si rese conto del lungo silenzio solo quando  l'auto si fermò nel vialetto di casa sua. Guardò Shay, che non accennava a scendere dall'auto o staccare le mani dal volante.
  «Shay?»
  «Cosa?» chiese lei, strappata alla sua trance.
  «Bhe, dì qualcosa...non sei mai così silenziosa. Neanche un commento?»
  La ragazza sospirò e guardò oltre il finestrino, sotto lo sguardo preoccupato e quasi irritato di Gabby. «Shay...che succede?»
  «Ascolta, io...okay...diamine, non pensavo fosse così difficile.» Shay sospirò e fissò lo sguardo sulle ginocchia di Gabby, incapace di guardarla negli occhi. «Ti dirò quello che ho detto a Kelly. Voi due siete miei amici, accidenti siete i miei migliori amici e io non tradirei mai nessuno dei due...Dannato Kelly, mi ha messo in questa-»
  «Di che diavolo parli?» premette Gabby. Per qualche motivo, gli tornò alla mente lo sguardo di Kelly sul retro dell'ambulanza, quello di Matt e quella bizzarra sensazione di disagio che l'aveva colpita allo stomaco. Li aveva visti in ospedale e c'era decisamente qualcosa di strano tra loro.
  «Matt è interessato a qualcun altro» sputò fuori Shay, arrischiandosi a guardarla negli occhi. Sembrava le avesse appena dato uno schiaffo in pieno volto. «Anzi, direi che è già occupato.»
  Gabby deglutì a fatica, cercando di non ammettere di non essere sorpresa. Prima che potesse indagare oltre, Shay alzò una mano e la frenò. «Ti prego, Gabby, non chiedermi altro. Non mettermi anche tu in questa situazione che già è uno schifo, okay? Parla con Kelly.»
  Lei annuì e uscì dall'auto, sbattendo dietro di sé lo sportello. Entrò in casa senza voltarsi indietro.
  Shay aveva tenuto per sé quel segreto troppo a lungo e adesso che, in parte, era venuto fuori, non si sentì affatto sollevata. Rilasciò un lungo respiro e avviò il motore.
  Questa me la paghi, Kelly.




......




  Casey attese che Antonio Dowson uscisse dalla stanza, prima di rivolgere un quieto sorriso a Boden. L'uomo prese posto sulla sedia, la camicia bianca immacolata e un'espressione tesa. A Matt non fu difficile leggere le emozioni che si agitavano dietro gli occhi scuri. In quel momento pensò allo sguardo dispiaciuto con il quale il detective aveva loro annunciato che le indagini sull'incendio e l'incidente del ponte erano ancora ferme. Johnny e Anthony Messer sembravano svaniti nel nulla. Nessuno li aveva visti, nessuno li conosceva. Prassi.
  Matt era certo di dover provare qualcosa a quella notizia, ma non era sicuro di cosa, perché al momento sentiva solo un bizzarro distacco. Aveva quasi paura del momento in cui tutte le emozioni si sarebbero palesate, travolgendolo.
  Li troveremo, Matt, lo aveva rassicurato Boden con occhi di fuoco.
  Il suo sguardo ora era più dolce, mentre chiedeva: «Come te la stai passando?» Matt stava per replicare con un sorriso, quando la mano di Boden si alzò e uno dei suoi sguardi seri lo bloccò. «La verità, Matt.»
  Matt...Tutti continuavano ad usare il suo nome, come se fosse un oggetto da maneggiare con cura, malgrado i suoi sforzi di debellare ogni preoccupazione. Non poteva biasimarli, in fondo, perché lui al loro posto avrebbe fatto lo stesso. Questo non rendeva più semplice essere inchiodato a quel letto e vedere la porta aprirsi e chiudersi, sapendo ogni volta di dover indossare un sorriso.
  Lo sguardo di tutti lo forzava a incollare sul viso quella mascherza, tranne quello di Severide. Lui poteva vedere oltre. Matt si concesse un momento per sorriderne.
  Sospirò e disse la semplice verità. «Ci sono giorni buoni e giorni meno buoni.»
  Boden annuì e lui non ebbe dubbi che capisse fino in fondo le sue parole. Gli fu grato che non chiedesse di definire quel giorno. Cinque giorni erano passati dal trapianto e il dolore cominciava a farsi sentire. Cinque da quella notte in cui lui e Kelly avevano deciso di rischiare il tutto per tutto, e il sapore delle sue labbra sulle proprie era ancora percepibile. La contrapposizione tra gioia e dolore gli lasciava in gola un retrogusto difficile da comprendere.
   «So cosa vuol dire essere toccati dal fuoco» disse Boden con voce calma. Gli occhi di Matt andarono automaticamente al camice che copriva il fianco, mentre Boden sentì l'istinto di toccare la propria schiena, dove la grossa cicatrice attraversava la pelle scura. «Non si dimentica, mai. Ci sono giorni in cui mi guardo allo specchio e mi aspetto di non trovarla, ma lei è sempre lì. All'inizio la rifiutavo, la odiavo.»
  Matt lo guardò senza dir nulla, assorbito dal suo tono confidenziale.
  «Ma poi ho capito che è un onore portarla. Ci sono giorni in cui mi ricorda quello che i miei errori mi hanno portato via, e giorni in cui ricordo ciò che mi ha insegnato e quante vite ho salvato.»
   Il biondo distolse lo sguardo e scosse la testa. «La mia non è una ferita di battaglia, Capo.»
  «Ti sbagli» disse secco Boden. «Eri solo, in quella casa, ed eri ferito. Eppure il tuo istinto ti ha salvato. Ti sei alzato e hai attraversato l'inferno per salvarti. Tu hai combattuto.»
  «Non ho salvato nessuno.»
  «Hai salvato te stesso. I tuoi uomini» disse con voce più roca, indicando la porta della stanza, «loro sanno che hai combattuto. Tu sei un leader e come tale hai dato loro un esempio che non dimenticheranno mai e hai ricordato loro che un vigile del fuoco è sempre un vigile del fuoco.»
  Matt sentì una strana sensazione agitarsi sul fondo dello stomaco, mentre i suoi occhi si legavano a quelli di Boden. Non era solo il dolore e la stanchezza, ma un misto incromprensibile di orgoglio e gratitudine.
  «Un leader non appende mai la giacca da tenente» disse, ripetendo le stesse parole che Boden gli aveva detto molti anni prima, dandogli per la prima volta quella divisa. Solo ora capiva cosa volessero dire, quelle parole.
  Boden annuì e gli strinse un braccio, prima di uscire e lasciarlo ad un riposo più sereno di quanto si aspettasse.


......
 

  Era appena sorta l'alba, quando un bussare distinto sullo stipite della porta fu seguito da suole pesanti. Matt sapeva chi fosse ancor prima di alzare lo sguardo dal giornale e incontrare il volto stanco di Kelly.
  «Nottataccia?»
  Il moro sospirò e si abbandonò alla sedia, stendendo le gambe come se pesassero troppo.
  «Non hai idea» mugugnò, mentre passava una mano sul volto stanco. «Capp è rimasto intrappolato nel seminterrato di una casa. Per poco non ci rimetteva la pelle.»
  Matt fece una smorfia, chiudendo il quotidiano e gettandolo sul tavolo. Si alzò, poggiando il peso ai braccioli della poltrona, e si sedette di fronte a lui sul bordo del letto.
  «Voltati.»
  Kelly lo guardò scettico, ma il biondo non ammise repliche, costringendolo a voltare la sedia per rivolgergli la schiena. Le spalle sussulturano al tocco di due mani decise ma delicate, le dita che si infilavano sotto l'orlo della t-shirt e, fredde, incontravano la sua pelle calda. Un brivido involontario fu presto soppiantato da una sensazione di benessere liquido, mentre Matt operava uno dei massaggi migliori che lui avesse mai provato. Avvertì il suo fiato sul collo, la barba incolta che sfregava sulla pelle della nuca, mentre Matt si chinava e all'orecchio gli sussurrava: «Meglio?»
  Il moro annuì, sorridendo al tocco delle sue labbra sulla pelle del collo. Alzò una mano per sfiorare con le dita la pelle lucida del braccio di Matt, disegnando cerchi involontari, gli occhi chiusi e il respiro pesante. Lo sentì fermarsi e tendersi, come se il tocco lo avesse congelato. Fu solo un attimo e, quando le dita ripresero il loro cammino sulle sue scapole, Kelly poté quasi sentire il sorriso di Matt alle sue spalle.
  «Stavo pensando» annunciò il biondo, chinandosi sulla sua spalla. «Shay sa di noi, giusto? E immagino anche Dowson...»
  «Mmm...Dowson l'avrà capito da sola.»
  Matt si concentrò sul collo irrigidito di Kelly, premendo con i pollici verso l'alto per sciogliere i nervi.
  «E' un problema?» chiese il moro, lanciandogli uno sguardo.
  «Finché sono solo loro, no.»
  Kelly rimase in silenzio, spostando le mani sulle cosce di Matt, che lo serravano da entrambi i lati. Le massaggiò attraverso la stoffa sottile dei pantaloni, come fossero braccioli di una comoda poltrona.
  «La Caserma non deve saperlo, lo so, Matt» esalò alla fine. «Non voglio guai come non li vuoi tu. Non sono stupido, so che una relazione attirerebbe tutti gli occhi su di noi.»
  «E qualunque sbaglio, sarebbe colpa nostra.»
  Rimasero in silenzioso accordo, entrambi consapevoli che Boden avrebbe loro dato filo da torcere. Nessuno dei due credeva che i ragazzi avrebbero reagito male alla loro relazione, almeno non così male, ma chi poteva dar loro torto se avessero cominciato a dubitare della loro capacità di comandare?
  Matt sapeva che al suo ritorno avrebbe dovuto affrontare il difficile passo di far capire a tutti che stava bene e che era pronto a tornare. Non voleva mettere sul piatto della bilancia anche una relazione tra tenenti. Spostò le dita sugli avambracci di Kelly, tenendoli saldi mentre si chinava e gli baciava il collo. Il moro reclinò la testa per poterlo baciare sulle labbra, sorridendo tra esse.
  «Tu assicurati che Shay tenga la bocca chiusa.»
  Kelly si finse offeso, prima di ridere quietamente. «Non sono un supereroe.»
    

 

.....
 

   Shay esalò un lungo sospiro, scostandosi un ciuffo biondo dalla fronte e portandolo dietro l'orecchio. Lasciò andare i pacchi di tubi che stava contando. Per tre volte era arrivata fino a dieci, prima di perdere il conto.
  «Hey.»
  Alzò di scatto la testa, vedendo salire sul retro dell'ambulanza proprio la sorgente della sua ansia. Da giorni lavoravano senza rivolgersi niente più che frasi brevi e concise, utili solo al loro lavoro. Shay sapeva che Gabriela era risentita per tutta la situazione e che aveva trovato in lei una valvola di sfogo alla propria rabbia. In fondo, non poteva darle torto: le aveva tenuto nascosto un pezzo importante del puzzle.
  «Hey» rispose con voce più cauta del normale. Gabby sorrise e afferrò la cartella posta sulla barella. Scorse velocemente la lista, poi alzò un sopracciglio.
  «Sai che abbiamo altri dieci minuti per compilare la lista?»
  «Già, lo immaginavo» mormorò Shay, riprendendo a contare i sacchetti e a disporli in una pila.
  «Da sola non ce la farai mai» disse Gabby, aprendo uno scomparto per contare il resto dell'attrezzatura. I loro occhi si incontrarono e lei gli offrì un sorriso, che riuscì subito a farla sentire sollevata.
  Avevano quasi finito e Gabby stava completando le annotazioni, quando pasò la penna sulla cartellina, attirando l'attenzione della collega. «Senti...volevo solo che sapessi che tra noi è tutto a posto, okay?»
  Shay la scrutò e dovette convincerla ciò che vide, perché annuì e sorrise. Trattenne le domande sulla punta della lingua, sentendosi in dovere di ricambiare la cortesia di Gabby: nessuna delle due voleva essere pressata a dare risposte scomode così presto. La ferita andava rimarginata, prima.
  «Hey, ragazze!»
  «Otis» salutò Shay, senza alzare gli occhi dalla fornitura di flebo. «Tredici.»
  Gabby annotò, prima di salutare il vigile poggiato allo sportello aperto.   
  «Come se la cava Casey? Sapete quando lo faranno uscire?»
  Shay lanciò uno sguardo a Gabby, che si schiarì la voce e si impose un quieto sorriso. «Sta meglio. Sono passate tre settimane e l'ospedale non può più tenerlo. Antonio crede che è più sicuro ora farlo uscire, ma lo terrà d'occhio.»
  Otis annuì, dondolandosi avanti e indietro. Si staccò dallo sportello e disse sinceramente: «Qui manca davvero, i ragazzi sono persi senza il tenente.»
  Shay era intenta a salutarlo, quando il suo cellulare squillò. Vedendo il numero sul display, si scusò con Gabby e scese dall'ambulanza, allontanandosi il più possibile.
  «Meglio che sia questione di vita o di morte, Kelly» grugnì appena rispose.
  «In qualche modo lo è. Devo chiederti una cosa.»
   La voce agitata era sull'orlo dell'euforia e lei poteva immaginare molto bene il suo sorriso.
  «Proprio ora? Non puoi aspettare che finisca il turno?»
  «No, devo farlo ora o perdo il coraggio. Senti, dimmi solo: è un problema se Matt viene a stare da noi? »
   Shay rimase senza parola e pensieri. Quando la voce di Kelly la richiamò all'attenzione, lei si guardò attorno, prima di poggiare la schiena al retro del camion 81. «Non ti sembra un po' presto?» cercò di scherzare.
  «No no...cioè, non intendo venire a stare in quel senso. Sai, è solo per i primi tempi, finché non trova un posto suo... Dì di sì, Shay, ti prego.»
  Considerò le sue opzioni e, sinceramente, non trovò un solo motivo per negarglielo. Matt era tranquillo e ordinato, sapeva cucinare e aggiustare qualunque cosa si rompesse, senza contare che in lui Shay aveva trovato una piacevole compagnia. Da un punto di vista pratico, avrebbe sopperito a tutte le loro mancanze. L'unica ragione poteva essere Gabby, ma ormai era quasi certa che non le servisse davvero sapere la verità per abbandonare le speranze di una vita con Matt.
  «Avanti, Shay, sai che me lo devi.»
  La bionda sbuffò, ripensando a tutte le catastrofiche relazioni trasformate in brevi convivenze che aveva attraversato in quell'appartamento, costringendo Kelly a subirne alti e, soprattutto, bassi.
  «D'accordo, nessun problema.»
  Kelly si profuse in ringraziamenti entusiasti, ma Shay lo interruppe subito. «Aspetta...almeno con lui ne hai parlato?»
  «Non ancora.»
  Shay sospirò e trattenne a stento un sorriso: non sentiva Kelly così genuinamente felice da troppo tempo.
  «Buona fortuna, Kelly» disse in tono ironico, prima di agganciare.
  Aveva ancora il ghigno sulle labbra quando vide Gabby scendere dall'ambulanza e incontrare il suo sguardo. Ricomponendosi, sperò vivamente che Kelly non facesse uno dei suoi soliti casini.



  Tamburellando le dita sul fianco della pesante macchinetta, Kelly attendeva impaziente che tutto il caffé fluisse nel bicchiere di carta. La mente intanto viaggiava a mille tra le migliaia di possibilità che gli si aprivano davanti come campi sterminati.
  L'idea gli era venuta come un lampo appena parcheggiata l'auto davanti all'ospedale. Matt non aveva una casa e non mancavano molti giorni alle sue dimissioni. Guardando l'entrata delle ambulanze oltre il parabrezza, Kelly aveva preso una delle sue decisioni impulsive e da allora sentiva le mani formicolare dall'agitazione. Tutti i discorsi che si era preparato mentalmente si erano ingarbugliati e ora sembravano sfuggirgli.
  Non riusciva a credere al modo in cui le cose si erano allineate da sole. Dopo quell'unico confronto sulla balconata, non c'era stato bisogno di dire altro. Matt era diventato sempre più confidente, fisicamente più tranquillo, e Kelly si era ritrovato ad osservarlo sempre più a lungo. Su questo doveva dar credito a Casey: delle volte, fin troppo a lungo e con uno sguardo che di innocente aveva ben poco. Semplicemente non riusciva a impedirsi di saggiare con gli occhi ogni aspetto del biondo, come una liceale alla sua prima cotta. A volte viaggiava così tanto con la mente, che si presentavano spontaneamente le immagini delle mille cose che avrebbe fatto con Matt, o più precisamente a Matt. Casey aveva un'abilità particolare nel cogliere l'esatto momento in cui la mente di Kelly approdava a questi lidi, e lo canzonava, riportandolo alla realtà.
  Il bip della macchinetta lo distolse dai pensieri. Afferrò il bicchiere e si voltò, quasi inciampando in Dowson.
  «Hey, scusa» riuscì a dire Kelly, fallendo nel sembrare disinvolto.
  «Hey. Niente...anzi, cercavo te.»
  Il tono di Dowson contraddiceva la sua postura: era debole e sconfitto, quasi amareggiato. Il sorriso finto sembrava costarle troppo.
  Kelly annegò il groppo alla gola in un sorso di caffé, rendendosi poi conto che non l'aveva preso per sé. Si voltò e cercò nelle tasche delle monete da infilare nell'apparecchio, annotando mentalmente di mettere meno zucchero.
  «Caffé?»
  «No, grazie, sono a posto.»
  Il tenente annuì e premette il tasto. «Allora, cosa volevi da me?»
  Gabby poggiò la spalla alla macchinetta e si morse il labbro.
  «Senti, non prendere male quello che sto per dirti» cominciò, quando incrociò il suo sguardo. «Solo, ti prego, rispondimi sinceramente.»
  Davanti alle sue mani congiunte in preghiera e al suo sguardo lucido, Kelly non riuscì a far altro che annuire debolmente.
  «Bene...» Gabby passò una mano tra i capelli mori, trovando dopo pochi secondi il coraggio di guardarlo. «C'è qualcosa tra te e Matt?»
  «Cosa?»
   Sbuffò una risata, ma il suo cervello, dopo una brusca interruzione, riprese a ruotare a mille, gli occhi spalancati fissi in quelli di Gabby. .
  «Ascolta» lo pregò lei, intuendo il suo shock. «Non lo dirò a nessuno e non...non ti giudico, assolutamente. Solo...devo saperlo, capisci?»
  Ancora una volta, un bip lo costrinse a distogliere lo sguardo e prendere l'altro bicchiere. «E' complicato» disse, poi la guardò negli occhi e vide la preghiera muta che esprimevano.
  Kelly annuì piano.
  Gabby distolse lo sguardo e lui fu pronto a giurare che cercasse di lavar via le lacrime, portandosi una mano al volto. Quando tornò a guardarlo, i suoi occhi erano rossi, ma il sorriso, seppur più piccolo, sincero. «D'accordo. Solo, promettimi che non lo ferirai.»
  «Mai» disse, sorprendendosi della propria sicurezza.
  Gabby si voltò e scomparve oltre l'angolo del corridoio. Kelly la seguì con lo sguardo, prima di sospirare e ricomporsi, diretto alla stanza di Matt.
 


  «Oh, caffè di ricetta ospedaliera» borbottò Matt, sorridendo.
  «Meglio di quello di Mouch.»
  «Mouch sa fare il caffè?»
   Kelly rise, sedendosi pesantemente sulla sedia. «Te l'ho detto che le cose alla caserma sono strane senza di te.»
   Matt ebbe appena tempo di saggiare l'umorismo, prima che l'affermazione gli lasciasse in gola un gusto amaro. Tentò un sorriso e nascose la sua pessima recita in un sorso di caffé. «Pessimo» borbottò con una smorfia, poggiando il bicchiere sul comodino.
  «Non abbatterti» cominciò Kelly, poggiado i comiti sulle ginocchia. «Sai che tornerai presto in forma.»
  «Puoi giurarci.»
  Il moro vide di nuovo quel sorriso forzato e si limitò ad annuire, nessuno dei due pronto ad affrontare quel discorso. Parlarne seriamente avrebbe reso più reale il tempo che sarebbe trascorso tra le dimissioni e il ricovero completo, più tangibile il lungo percorso di guarigione sia delle ferite fisiche che mentali.
  Fu senza preavviso e senza neanche pensarci, che Kelly sputò fuori quella domanda. «Vieni a vivere con me.»
  Dannazione! Imprecò mentalmente. Non aveva intenzione di dirlo così e di certo non era suonata come se Matt avesse una scelta.
 «Voglio dire, puoi venire a stare da me e Shay, sai finché non trovi un posto tuo. Insomma, non devi metterti a cercarlo ora. Noi ti aiuteremo, ovvio...» Si bloccò e si azzardò a guardare Matt. Sul viso stupito comparve un rapido sorriso. «Se vuoi, eh.»
  Matt scrollò le spalle, fingendosi indifferente. «Dipende se mi lascerete cucinare.»
  «Amico, prego tutti i giorni che qualcuno allontani Shay dalle padelle!»
  «Così terribile?»
  «L'hai detto, Matt.»
  Kelly non trattenne una risata nervosa. Malgrado Matt stesse solo scherzando, i suoi occhi erano seri e bui, come se dietro di essi ci fosse una verità diretta solo a lui. Nell'accedere al fondo di quello sguardo si sentì liberato dal peso di tutto ciò che era accaduto, delle proprie colpe e della rabbia. Incertezza e paura, che non aveva mai realizzato di provare, fluirono via in un semplice battito di ciglia.
  Rimasero in quella stanza a parlare di tutto e niente finché Matt non si addormentò. Kelly rimase un attimo a guardarlo, prima di voltarsi e uscire per tornare alla casa che, presto, sarebbe stata l'inizio di qualcosa che lui era impaziente di scoprire.









Note: Hello! Ringrazio ancora chi mi segue, commenta e si appassiona a ciò che scrivo (ne sono davvero davvero molto felice!)
Questo capitolo copre l'arco della degenza ospedaliera di Casey. Ho preferito non prolungare troppo la descrizione della suddetta, sfoltendo il capitolo di tutte le aggiunte che avevo fatto per alleggerirlo ed evitando così di dividerlo.
Detto ciò, evoluzioni in progress!
Alla prossima, Ax.
  
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