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Autore: Bruiburiburi    25/02/2015    1 recensioni
Allora prima di tutto: Ironia, ironia, ironia! il sogno di qualunque "Fan" di Xena, cadere in quel magico mondo e far andare un po di cose a modo nostro. E' ambientato alla fine delle serie ma non e' fedelissimo, cerchero' tanti espedienti per il puro gusto di ironizare. Ovviamente Xena non restera' dimenticata nell'oltretomba, tutt'altro..
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altro Personaggio, Gabrielle, Xena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Okay..ditemi voi che lingua dovrei usare per scusarmi di questa assenza enorme che ho avuto. Insomma pochi giri di parole: MI DISPIACEE. Sul serio, ma avevo perso la concentrazione e l'ispirazione, e questo è un capitolo transitorio. Sono stata veramente felice che la FF nonostante un'autrice assente e scostante ha continuato a ricevere apprezzamenti, quindi davvero grazie!!! Non è mai ovvio ne scontato piacere o fare bene, perciò grazie mille =) buona lettura e un ultimo grazie a chi nonostante la mia tremenda assenza riprenderà a leggere ciò che ho scritto. 
Enjoy! ;)



Era passata un' intera giornata dalla nostra conversazione, e io e Olimpia eravamo in viaggio verso...verso...
< Dov'è che siamo dirette? Continuo a dimenticarlo > domandai, camminando accanto ad Argo e guardando la donna davanti a me
< In Tessallia. È un ampio paese e ci sono diverse mie conoscenze > rispose la donna. Mugugnai in risposta, arrancando in salita con una bisaccia in spalla. Olimpia si voltò
< Vuoi che la prenda io quella? > domandò
< Perché, non ti bastano quelle che hai? Sei più carica di Argo > replicai. La donna sorrise divertita
< Siamo quasi arrivate in ogni caso, per sera saremo la, e ricompreremo le cose per far trasportare i bagagli ad Argo > concluse, voltandosi nuovamente. < Uhm..poverella > commentai, carezzando il muso dell'animale. La giumenta parve apprezzare, strisciando a sua volta il capo verso la mia mano. 
Arrivammo a sera fatta come aveva previsto Olimpia. Prendemmo il necessario e risistemammo la sella di Argo, poi ci ritrovammo a camminare per il paese, diretti da una vecchia conoscenza della bionda.
< Io...non so se...potrebbe non funzionare o..potrebbe non essere possibile, o essere pericoloso > farfugliò dubbiosa e preoccupata Olimpia.
< Okay okay miss ottimismo, ora però rilassati > dissi continuando a camminare tranquilla e posando una mano sulla sua spalla < L'ultima cosa che ci serve è trasudare insicurezza > aggiunsi. Olimpia sospirò riprendendo la calma
< Hai ragione > commentò riprendendosi < è buffo > aggiunse poi < dovrei essere io a rassicurare te, non viceversa > disse divertita. Io sorrisi scuotendo le spalle < È stata un'idea mia > mi schermii, senza fermarmi, gli occhi fissi davanti a me, decisi. La donna mi guardò inarcando un sopracciglio
< OK, mi stai ricordando tremendamente Xena >
risi < Nah, non sono coraggiosa..ne valorosa, sono solo incosciente > replicai.
Mentre parlavamo eravamo arrivati nei pressi di una casetta, piuttosto piccola, e vagamente isolata, stile capanna.
< Eccoci, ci siamo > comunicò Olimpia, bloccando il mio incedere col braccio teso e fermandosi davanti alla porta. Ci guardammo, Olimpia fece per bussare, esitò un momento e io la sostituii mollando due botte sonore al legno. La bionda mi lanciò un'occhiataccia. Dopo un po sulla soglia apparve un uomo, un vecchio dall'aria stramba e stanca.
< Salve Mansante, si..ricorda di me? > il vecchio taque, continuando a guardare la mia compagna di viaggio di sottecchi, con il suo occhio velato, e una smorfia malevola, e poco invitante sul volto.
< Sono Olimpia..è passato tanto tempo dall'ultima volta che.. > ma l'uomo reagì all'improvviso
< Non so chi lei sia > esclamò, con un tono un po troppo allarmato per rendere la frase credibile
< Se ne vada, non la conosco, non l'ho mai vista > cointinuò, affrettandosi a cercare la maniglia della porta. La trovò, ma c'ero io dal lato in cui risultava aperta e, già che era spalancata, piazzai il piede in mezzo e lui non poté chiudere che di mezzo millimetro. Quando la porta impattò contro il mio piede e si bloccò, l'uomo guardò in basso, vedendo la fonte del problema. Alzò lentamente il capo e mi squadrò. I suoi occhi si dilatarono attimo dopo attimo, di stupore e paura.
< Chi è questa straniera! > ringhiò < fuori dalla mia terra > continuò esagitato.
< Ehi datti una calmata vecchio, non mi piace il tuo tono > replicai scaldandomi, Olimpia mi trattenne per il braccio.
< Mansante é proprio per lei che siamo qua, ci serve il tuo aiuto..dobbiamo parlare con Xena noi..>
< Cosa vai blaterando!! Via da qui, io non operò di questi sortilegi. Sono un contadino, solo un contadino, SPARITE! > strillò .
Alle sue spalle la casa non sembrava precisamente quella di un contadino. Feci per ribellarmi, ma mentre l'uomo continuava a inveire Olimpia mi tirò via, io tolsi il piede, che per altro per tutte le botte cominciava a dolere non poco, e l'uomo ci sbatté la porta in faccia. D'istinto mi venne da lanciarmi contro la porta, decisa forse a romperla, non lo sapevo, ero furiosa. Ma Olimpia afferrò la mia maglia e mi trattenne. Io rimbalzai indietro e trovai la forza di calmarmi un minimo.
< E va bene > mormorai, più a me stesa che a qualcuno, mi girai e mi diressi nel retro della casa allontanandomici poi di qualche passo. La bionda mi arrancò dietro
< E ora che diavolo fai?! > mi domandò, vagamente esasperata. Io mi fermai e, con calma, mi voltai.
< Ci appostiamo > sentenziai, lasciando cadere la sacca che avevo in spalla. 

Erano già dieci minuti buoni che discutevamo ormai, ma nonostante le proteste della bionda io avevo già piazzato meta accampamento.
< Hai sentito le sue parole! > strepitò ancora la bionda. Io mi alzai di scatto, arrabbiata e frustrata
< Sta mentendo! Maledizione è palese! > esclamai in risposta
< Ma, e cosa vorresti farci scusa? Cosa facciamo qua? > continuò cominciando a cedere davanti alla mia cocciutaggine. Io in risposta chiusi con vigore una sacca e indicai la finestra della capanna perfettamente visibile da dove eravamo.
< Lo spiamo, e lo becchiamo con le mani nel sacco > replicai. Volevo vederlo mentre faceva qualcosa di strano, cosi avrei avuto le giuste prove. Olimpia guardò nella mia stessa direzione, poi si girò di nuovo allargando le braccia e lasciandole cadere in un gesto stanco
< Va bene, e poi? > domandò.
< E poi come dite voi, che "gli dei" lo aiutino > conclusi. 
Non accettai alcun compromesso, stavolta Olimpia non mi avrebbe potuto trascinare via neanche legata ad Argo. E parve capirlo perché si arrese.

Passarono delle ore, e mi ritrovai seduta sul giaciglio, la coperta sulle spalle, e una meravigliosa luna enorme a illuminare tutto ciò che ci circondava. Il mio sguardo non si era smosso neanche per un istante dalla casa del vecchio. Sentii dei passi e poi Olimpia si accomodò accanto a me
< D'ora in poi ti metto a fare la guardia, sembri la più esperta delle vedette > commentò, vagamente aspra, porgendomi poi però la bisaccia dell'acqua in un gesto premuroso.
< Nah, hai conosciuto i miei rapporti col dormire..questa è al massimo un eccezione che conferma la regola > prendetti un bel sorso d'acqua e ritappai la bisaccia, voltandomi poi per renderla alla donna. Sorrisi
< Sono cocciuta, lo so, sopportami > aggiunsi. Lei mi sorrise appena, raddolcita
< Sei determinata...ed è giusto..io cerco solo di andarci con i piedi di piombo > mi rassicurò. Io ridacchiai
< Lo avevo intuito >
< Anche perché...sembrerebbe una cosa importante..insomma per rimandati nel tuo mondo > continuò
< Lo è, importante. E non solo per il mio stupido mondo. Se andassi li con la certezza di non poter fare nulla per me ma di poter far ricongiungere te e Xena, non esiterei un solo secondo. > commentai, facendo spallucce con noncuranza. Mi curai di continuare tutto il tempo a guardare davanti a me, anche se sentii gli occhi di Olimpia addosso. La donna sorrise ampiamente, poi si avvicinò, mi strinse appena e mi arruffò i capelli
< È molto altruista da parte tua > disse. Ridacchiai, pronta ad aprir bocca, per allontanare come sempre quell'alone di dolcezza con qualche sana scemenza, quando qualcosa accadde nella capanna.
Il vecchio entrò nella stanza che ci era possibile vedere, rovistò dentro una sorta di dispensa, tirandone fuori spezie e altre strane robe, poi si  voltò e andò verso il muro. Uscì dal mio campo visivo, cosi scattai in piedi scendendo di qualche passo. Olimpia mi fu dietro. Lo rinquadrai proprio nel momento in cui, dopo essersi guardato attorno, allungava la mano rugosa, scostava un asse di legno dal muro, e ne estraeva delle boccette sospette. Come se tutto ciò non bastasse, lasciò cadere l'asse, che da un lato restò attaccata al muro e dall'altra fece cadere un piede nascosto, creando un tavolo. L'uomo ci posò delle boccette e delle cose prese dalla dispensa, ci armeggiò, e infine si sollevò la manica, scoprendo una brutta fasciatura. La tolse, prese delle cose e, dopo averci armeggiato su, le impose sul suo braccio. Parlò a voce bassa, mantenne la mano sopra la ferita, poi un piccolo scoppio, del fumo colorato e la ferita sparì del tutto. Infine, con un movimento leggiadro della mano, risucchiò tutto il fumo denso attorno creatosi.
I miei occhi dilatati dal buio si strinsero, sotto la morsa della rabbia. Beccato. Non parlai, non feci altro che correre giù per la vallata verso quella stupida capanna. Olimpia, presa in contropiede, scattò in ritardo e non riuscì a riacchiapparmi. E io, dalla buia cieca rabbia dentro la quale ero stata risucchiata, riuscii solo a sentire un distante < Non fare follie! > soffiato dalle labbra della donna.
Arrivai alla capanna in poche falcate, sfondai la porta con una sacrosanta pedata, poi fui addosso all'uomo prima che quello potesse anche solo capire cosa stesse accadendo. Lo acchiappai al bavero e lo tirai su, mandandolo a impattare contro il muro.
< Pensavi davvero di prendermi in giro, vecchio?! > gli ruggii a pochi centimetri dal viso
< Sei un contadino eh? Già, probabilmente non riusciresti neanche a mostrarmi come si pianta una patata > continuai. Lui fece per aprir bocca
< STA ZITTO! > urlai ancora. Strinsi appena la presa, preda di una furia cieca.
< Ora, siccome evidentemente​, con le buone maniere non si ottiene nulla da te, ti suggerisco di starci a sentire se non vuoi volare fuori dalla tua stessa finestra. E mi auguro per te che tu abbia un modo per farci avere ciò che vogliamo > in quell'istante la mano gentile di Olimpia si strinse attorno al mio braccio teso.
< Basta ora, lascialo > disse gentilmente, senza urlare. Mi lasciai guidare dal suo tocco morbido e la mia presa scivolò via. L'uomo cascò a terra tossendo e sputacchiando.
< Mansante questo non è un gioco...abbiamo una missione importante..abbiamo bisogno di.. > ma il vecchio interruppe Olimpia
< Lo so cosa volete...dovete parlare con Xena, discendere nel limbo > soffiò, la voce ancora rauca, lo sguardo malevolo. Io scossi il capo, alzando le braccia in un gesto arrabbiato < Questo bastardo sapeva pure qual'era il problema > commentai, voltandomi e facendo due passi nervosi. Olimpia mi guardò solo per un istante, poi tornò a guardare intensamente Mansante
< Puoi farlo? > domandò ancora. Il vecchio fece una risata raschiante e crudele
< ma certo, che posso farlo, i miei poteri superano di gran lunga la vostra possibile misera immaginazione. > dovetti pregare ogni santo per darmi la forza di non ammazzarlo di botte.
< Non sei un po troppo vecchio e malpreso per fare tanto lo spiritoso? > replicai, aspra e sarcastica, cercando di bloccare il tremore nervoso nella mia voce.
< Va avanti > aggiunse Olimpia.
< Oh giovane Olimpia, posso farlo.. > l'ennesimo ghigno malevolo si aprì sul suo volto
< Ma sarà pericoloso...molto pericoloso >
   
 
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