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Autore: Soly_D    25/02/2015    2 recensioni
Neji era morto. Morto. Morto. Morto.
Quelle parole le rimbombarono nella mente per interi minuti. Si prese la testa tra le mani, tappandosi le orecchie come per placare quella vocina persistente, e strizzò gli occhi, mentre il pianto si faceva sempre più necessario, più irrompente.
Il sole era alto nel cielo, un cielo azzurro e finalmente libero dalle guerre, dalle devastazioni, dalla morte, ma a Hinata veniva solo da singhiozzare. Fino a non avere più lacrime.
[Mini-long KibaHina♥]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka, Un po' tutti | Coppie: Kiba/Hinata
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Hinata no haru
[La primavera di Hinata]








#02. Riparare un cuore


Kiba, Shino e Hinata saltavano da un ramo all’altro diretti verso Konoha. Il sole stava tramontando e la missione era stata portata a termine con successo, merito soprattutto dell’infallibile fiuto di Akamaru nello scovare indizi. Kiba guardò Hinata e gli si strinse il cuore: i suoi occhi erano vacui, spenti. Era da un po’ di tempo che aveva perso tutta la sua vitalità e Kiba aveva paura che potesse essere ricaduta nel baratro della disperazione a causa della mancanza di Neji, com’era successo un anno prima, alla fine della guerra.
Erano ormai calate le tenebre quando il team 8 arrivò a Konoha.
«Che ne dite di andare a mangiare all’Ichiraku Ramen?», propose Kiba.
«Io ho da fare», rispose Shino, impassibile come sempre. «Sarà per un’altra volta».
Si salutarono a vicenda, poi Kiba si rivolse a Hinata che ne stava tutta raccolta in se stessa. «Andiamo io e te, all’Ichiraku?».
La Hyuuga si morse il labbro inferiore, indecisa. «Ehm, io veramente... sono un po’ stanca».
Kiba non si perse d’animo, determinato a scoprire cos’era che turbava tanto la sua Hinata.
«Ah-ah, non voglio sentire storie. È da stamattina che non ci fermiamo: ora andiamo a mangiare un boccone insieme e poi ti riaccompagno subito a casa». La afferrò per mano e, ignorando le sue alquanto deboli proteste, la trascinò verso il locale.
Come sempre, lì dentro l’aria era calda e profumava di ramen. Non c’era nessun altro cliente. Teuchi li accolse con entusiasmo e i due si sedettero al bancone, ordinando la cena. Mentre attendevano, Kiba si voltò a guardare la compagna: era di nuovo assorta in chissà quali elucubrazioni. Afferrò il proprio sgabello e le si avvicinò maggiormente, poggiando un gomito sul tavolo per guardarla meglio.
La Hyuuga gli rivolse una breve occhiata, sospirando.
«A cosa pensi?», chiese Kiba, scrutandola alla ricerca di qualche indizio.
Hinata non voleva che l’amico si sobbarcasse i suoi problemi, ancora.
L’aveva sempre incoraggiata quando sbagliava, sostenuta quando falliva, rialzata quando cadeva.
Avrebbe cercato una scusa. Non le piaceva mentire, ma si era ripromessa che non sarebbe più stata un peso né per lui, né per chiunque altro. Aprì la bocca per parlare, quando una voce squillante riecheggiò tra le pareti del locale.
«Teuchi, prepara due scodelle di ramen belle abbondanti! Naruto Uzumaki e Sakura Haruno hanno un appuntamento!».
Hinata e Kiba si voltarono a guardare. Naruto sorrideva entusiasta stringendo la mano di un’imbarazzatissima Sakura, la cui vena pulsante sulla tempia non preannunciava nulla di buono.
«Hinata, Kiba!», li salutò l’eroe di Konoha, sedendosi al loro fianco seguito dalla compagna di team. Naruto prese a raccontare stupidaggini, ricevendo di tanto in tanto pugni sulla testa da Sakura, ma l’attenzione di Kiba era totalmente rivolta a Hinata: nell’esatto momento in cui i due membri del team 7 erano entrati nel locale, la Hyuuga aveva sgranato gli occhi ed era rimasta a fissarli con espressione indecifrabile. Poi era arrivata la sua scodella di ramen e aveva deciso di lasciar perdere il teatrino inscenato da Naruto e Sakura, preferendo girare e rigirare i tagliolini nel brodo con le bacchette, senza mangiare realmente.
Kiba si rese conto che la tristezza di Hinata aveva a che fare con Naruto, tuttavia non ne capì il motivo: non era la prima volta che Naruto e Sakura mangiavano all’Ichiraku insieme e Hinata non aveva mai fatto storie, consapevole che nonostante l’interesse del biondo Sakura rimaneva pur sempre innamorata di Sasuke. «Hinata», tentò, posandole una mano sul braccio.
«Voglio andare a casa», disse la ragazza tutto d’un fiato e Kiba capì che non doveva replicare.
«Ti accompagno». Lasciarono poche monete sul bancone, salutarono velocemente Naruto e Sakura, ed uscirono dal locale.
Rimasero in silenzio per l’intero tragitto, l’uno guardando la compagna con la coda dell’occhio e l’altra camminando addossata al muro con gli occhi perennemente rivolti verso terra.
Arrivati a villa Hyuuga, Hinata accennò un sorriso di circostanza. Un altro.
«Grazie per la serata e... buonanotte».
Kiba afferrò il polso della ragazza un attimo prima che potesse varcare il cancello.
«Perché, Hinata?», gli chiese semplicemente, e lei non ebbe bisogno di chiedergli spiegazioni.
«Mi sono illusa. Ho aspettato, aspettato e ancora aspettato... per un anno. Ma non è successo nulla, lui ama ancora Sakura, è chiaro come il sole». I suoi occhi erano gonfi di lacrime trattenute per troppo tempo.
Kiba le lasciò il polso e lei varcò il cancello, percorrendo il vialetto in mezzo al giardino.
L’Inuzuka la guardò allontanarsi, aprire la porta della villa e richiudersela alle proprie spalle.
Immaginò di sentire i singhiozzi di Hinata rimbombare tra le pareti della casa e strinse i pugni lungo i fianchi.
Quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe permesso al mondo di far soffrire Hinata.


***


Ad un anno dalla fine della guerra, le autorità di Konoha avevano avuto l’idea di organizzare una festa per celebrare una nuova era di pace e benessere. E chi avevano scelto come ospite d’onore? Ma ovviamente lui, l’eroe: Naruto Uzumaki. Kiba l’aveva sempre considerato uno dei suoi migliori amici, ma anche uno dei più grandi rivali. Lo stimava profondamente per la sua forza e tenacia, ma allo stesso lo invidiava perché Naruto aveva tutto ciò che lui desiderava: la fama e il rispetto dell’intero villaggio, il posto da Hokage assicurato, l’amore di Hinata.
«Vedrai che ci divertiremo!».
Hinata scosse la testa come una bambina. «Non ne ho voglia, mi dispiace tanto».
L’aveva invitata nella propria casa con il pretesto di guardare un film insieme, ma la verità era che voleva convincerla ad andare alla festa da quando aveva saputo di quell’evento.
Kiba le sollevò il mento, costringendola a guardarlo negli occhi. Vide la delusione per una risposta che non arrivava, la tristezza per un amore consapevolmente non ricambiato, e pensò che se Hinata glielo avesse mai permesso gli sarebbe piaciuto asciugare quelle lacrime e ripararle il cuore.
«Non puoi stare così per un cretino del genere. Naruto non sa cosa si perde!».
Hinata sollevò un angolo della bocca in quello che doveva sembrare un sorriso.
«Vieni con me alla festa, sono sicuro che sarà divertente. Ascolteremo il noiosissimo discorso dell’Hokage, mangeremo fino a scoppiare, gireremo per le bancarelle, rideremo e−».
«Kiba-kun, ti prego, non sono in vena».
Ma l’Inuzuka non si perse d’animo: non poteva, non doveva andare a finire così. Decise di sfoderare l’ultima carta, quella che teneva in serbo per il compleanno di Hinata, ma che in quel momento era più necessaria, affinché lei tornasse a sorridere almeno per una sera. A cosa regalarle per i suoi diciotto anni, Kiba ci avrebbe pensato in seguito.
«Peccato», commentò, «chissà quando ti ricapiterà l’occasione di indossare il vestito che ti avevo comprato...».
Vide Hinata sollevare di scatto il viso, lo sguardo confuso e incuriosito.
«Q-quale vestito? Mi hai comprato un vestito?».
«Aspettami qui», le disse, sparendo nella stanza accanto.
Al suo ritorno porse a Hinata un pacco con tanto di fiocco. Lei lo fissò ad occhi spalancati.
«Io... non me l’aspettavo. Perché, Kiba-kun?», gli chiese semplicemente.
«Perché te lo meriti e voglio che tu venga alla festa con me».
Hinata sorrise e questa volta per davvero. Scartò il pacco, ne estrasse il vestito ordinatamente piegato in un rettangolo e si mise in piedi per guardarlo tutto intero: un elegante kimono di colore lilla chiaro che richiamava quello dei suoi occhi. Se lo poggiò addosso, guardandolo estasiata, e Kiba pensò che con quel vestito sarebbe stata ancora più bella di quanto già non lo fosse.
«M-ma... dev’esserti costato tantissimo!». Hinata ora lo fissava esterrefatta.
In effetti, per comprarlo, Kiba aveva dovuto utilizzare tutti i soldi accumulati in un mese di missioni, ma non se ne pentiva. «Per te questo e altro».
Hinata arrossì e poggiò delicatamente il vestito sul divano.
«È bellissimo, grazie!», disse slanciandosi verso di lui.
Kiba la strinse a sé accarezzandole la schiena. Forse non era tutto perduto.
«Allora ci vieni?», le chiese speranzoso.
Hinata accentuò il sorriso, mentre le sfuggiva un “Sì” appena sussurrato.


***


Konoha, quella notte, era illuminata a festa. Le rosticcerie erano addobbate con lucine multicolore, ghirlande di fiori e lanterne rosse. Ovunque aleggiava un tiepido odore di carne arrostita. Le voci dei bambini e le risate amplificate dall’alcol si mescolavano con la musica, una melodia energica e ritmata che faceva venire voglia di ballare.
Kiba si voltò a guardare Hinata che a sua volta fissava incantata quel tripudio di luci e colori, avvolta nel kimono che lui stesso le aveva regalato: era lei il vero spettacolo. Kiba avrebbero voluto guardarla per tutta la notte, ma quando sentì urlare il proprio nome in lontananza da una voce decisamente furiosa, capì che avrebbe dovuto aspettare un po’ prima di poter accompagnare Hinata per le rosticcerie e le bancarelle di Konoha.
«Kiba, fammi un favore: vai a vedere dove si è cacciato quell’insensato di Naruto e digli di venire immediatamente qui! Manca solo lui!», gli disse infatti Tsunade, ormai in pensione, affiancata dal nuovo Hokage, Kakashi, decisamente più calmo e ottimista.
E a nulla servì opporsi, dirle che aveva altro da fare.
«Torno tra cinque minuti», promise ad Hinata, che teneva lo sguardo basso da quando aveva sentito pronunciare il nome di Naruto. La ragazza gli sorrise comprensiva ed ora Kiba si ritrovava a camminare per la periferia deserta di Konoha, diretto verso la casa di quel baka di Naruto.
Svoltò l’angolo e l’oggetto della sua ricerca si materializzò proprio sotto – contro? – il suo naso.
L’impatto tra i loro corpi fu così forte che caddero entrambi all’indietro.
«Diamine, Naruto, guarda dove vai!», si lamentò Kiba, fulminandolo con lo sguardo.
Il biondo si massaggiò la fronte, rimettendosi in piedi. «Scusa, è che sono in ritardo per la festa!».
«Be’, faresti meglio a sbrigarti, perché stanno aspettando solo te!».
Naruto si diede una manata in faccia. «Ci vediamo dopo, allora!», esclamò partendo a razzo in direzione del centro di Konoha, ma Kiba lo afferrò per un braccio, bloccandolo.
«Naruto, vedi di parlare con Hinata il prima possibile... sta ancora aspettando una tua risposta. Non sopporto di vederla così... triste».
Naruto sgranò gli occhi. «Lo farò, te lo prometto», disse all’amico, sorridendo.
Kiba annuì. «Mi raccomando, sii... delicato».
Naruto aggrottò per un attimo la fronte, poi assunse uno sguardo decisamente consapevole e salutò l’amico con un gesto veloce della mano, continuando la sua corsa sfrenata in direzione della festa. Kiba sospirò, prendendo la stessa strada per tornare da Hinata.


***


«...Certo, non ci sarà mai un solo giorno in cui non sentiremo la mancanza dei nostri cari e il dolore sarà forte, inevitabile, ma ricordiamoci che proprio loro avrebbero voluto vederci felici. Godiamo del presente che ci hanno donato e costruiamo un mondo nuovo. Niente più guerre: solo pace, amore e tanto ramen!».
Konoha scoppiò in un mare di fischi e applausi quando Naruto terminò il suo discorso in onore dei caduti in guerra. Non era stato il solito discorso calcolato e prestabilito, aveva davvero parlato con il cuore, come solo lui sapeva fare.
Kiba ebbe paura che le lacrime sul volto di Hinata non fossero solo di commozione. Allora, mentre la folla tornava a festeggiare, afferrò la mano della ragazza e la trascinò in una rosticceria per farla svagare un po’. Ordinarono della carne allo spiedo e attesero, quando Kiba si accorse della presenza di Naruto alle loro spalle. Era sicuramente venuto per parlare ad Hinata, come gli aveva chiesto.
«Ehi, ragazzi, come va?».
A quella voce, il volto di Hinata si adombrò improvvisamente.
Kiba strinse i pugni lungo i fianchi. E pensare che Naruto era sempre stato fonte di sorrisi per lei...
Ma come faceva, quello stupido, a non accorgersi di una come Hinata?
E cos’aveva Naruto, più di lui, da attirare l’attenzione di una come Hinata?
Kiba non riusciva proprio a spiegarselo. Era una continua lotta interiore: voleva che Hinata fosse felice e la felicità di Hinata era Naruto, ma solamente immaginarseli insieme gli provocava una morsa allo stomaco.
«Bel discorso, Naruto. Breve ma intenso», si complimentò l’Inuzuka, guardando Hinata con la coda dell’occhio.
Naruto si grattò la testa. «Be’, grazie!». Poi si rivolse alla Hyuuga. «Hinata, potremmo parlare io e te... da soli?». Fece l’occhiolino a Kiba che annuì in segno di approvazione.
La ragazza arrossì violentemente. «S-sì», rispose, facendo segno a Kiba di andarsene.
L’Inuzuka li lasciò soli, sperando che Naruto non ne combinasse una delle sue.


«Ehm, allora, ti stai divertendo?».
Naruto la guardava con quel sorriso che riusciva ogni volta a mozzarle il respiro.
«Io... sì», rispose, sempre più rossa in volto. «Ma la parte più bella è stata il tuo discorso».
Naruto sorrise ancora, un po’ imbarazzato. «Non è stato niente di speciale».
Hinata non sapeva più cosa rispondere. Abbassò lo sguardo, continuando a guardare Naruto con la coda dell’occhio. L’Uzumaki afferrò uno sgabello e si sedette vicino a lei, poggiandole una mano sul braccio. Hinata sussultò, colta alla sprovvista.
«Hinata, non voglio girarci intorno. Credo di essermi comportato male con te».
La ragazza trovò il coraggio di poggiare la propria mano, piccola e fredda, su quella grande e calda di Naruto. Anni prima non sarebbe mai riuscita a fare una cosa del genere, ma la guerra l’aveva resa un po’ più forte, un po’ più sicura di sé.
«Ma no, cosa dici? Tu non hai fatto niente...».
«Non è vero, tu sei sempre troppo buona con me», la bloccò Naruto, ed entrambi ritirarono la mano. «Mi hai confessato i tuoi sentimenti per ben due volte ed io... ho preferito lasciar correre per paura di ferirti. Sono stato uno stupido».
Hinata sgranò gli occhi con tutta l’intenzione di ribattere – era lui, il meglio per lei! – ma Naruto non gliene diede il tempo, continuando il suo discorso. «Hinata, tu lo sai, vero?, che io...».
«... che ami Sakura, lo so», terminò la Hyuuga.
Quando Naruto aveva implicitamente chiesto a Kiba di andarsene, Hinata aveva sperato con tutto il cuore che finalmente, dopo un anno di attesa, Naruto si fosse accorto di lei. Ci aveva sperato solo per un attimo e poi si era data mentalmente della stupida. Naruto aveva sempre amato Sakura.
E allora perché non si rassegnava? Perché continuava a cercarlo con lo sguardo in mezzo alla gente?
Aveva trovato la risposta proprio in quegli ultimi giorni.
Hinata voleva che Naruto glielo dicesse apertamente, che gli sbattesse in faccia la realtà così come aveva fatto Kiba quando lei non aveva voluto accettare la morte di Neji.
Tutti a cercare di essere delicati con lei, tutti a cercare di non farla soffrire.
Ma Hinata ormai aveva capito che la sofferenza era necessaria per rinascere dalle proprie ceneri.
Lo aveva imparato a sue spese ed ora non desiderava altro che sentirsi dire, una volta per tutte, da Naruto, che non era lei la ragazza con cui avrebbe passato il resto della vita. Solo acquisendo quella certezza Hinata avrebbe potuto rassegnarsi e guardare avanti.
«Hinata». L’Uzumaki le sollevò il mento con due dita, costringendola a incatenare i loro occhi. Quelli di Hinata erano lucidi, prossimi alle lacrime, ma lui doveva farlo, affinché lei capisse. «È vero, amo un’altra, ma questo non significa che io non ti voglia bene. Non posso dimenticare ciò che tu, tu e Neji, avete fatto per me. Non posso ignorare che sei sempre stata pronta a morire per me, nonostante io me ne sia accorto troppo tardi. Ti sarò sempre grato per questo».
La ragazza non potè fare a meno di sorridere, le lacrime impigliate tra le lunghe ciglia.
Per quanto amasse Naruto, per quanto la facesse soffrire il pensiero che lui fosse innamorato di un’altra, in fondo tutto ciò che aveva sempre desiderato era essere semplicemente notata da lui. E ci era riuscita.
«Grazie», si lasciò sfuggire, e lui scosse la testa, sorridendo.
Quale altra ragazza avrebbe ringraziato dopo essere stata rifiutata da colui che amava?
«Sei incredibile, Hinata», disse, stringendole forte una mano per farle capire che lui c’era. «Non meriti uno come me, tu meriti...».
Kiba. Naruto si stupì di quel pensiero improvviso.
In realtà non aveva mai pensato a Hinata e Kiba insieme, come coppia, ma, riflettendo sul comportamento dell’amico in tutti quegli anni e soprattutto negli ultimi tempi, Naruto si chiese se per caso Kiba non provasse qualcosa di più per la Hyuuga.
«... meriti il meglio», preferì concludere, e si sporse verso di lei, baciandole una guancia.
Hinata divenne rossa come un pomodoro. Voltò lo sguardo verso la porta di vetro che dava sulla strada, in completo imbarazzo, e incontrò gli occhi di Sakura che guardavano nella sua direzione con una certa insistenza. Hinata notò che spingeva via chiunque gli bloccasse la visuale e che Kiba, al suo fianco, cercava di coinvolgerla in una conversazione, ma sembrava del tutto inutile. Che Sakura provasse finalmente qualcosa per...?
Prese un respiro profondo. Le avrebbe fatto male, ma doveva farlo.
Lei era felice se lo era anche Naruto. E Naruto sarebbe potuto essere felice solo con Sakura.
«Credo che dovresti andare da lei, ora», disse tutto d’un fiato, indicando l’Haruno fuori dalla rosticceria. «È gelosa, sai?».
Naruto sgranò gli occhi e questa volta fu il suo turno di arrossire. «Ma no, cosa dici...?».
«Dico quello che vedo», rispose Hinata, improvvisamente più sicura di sé. «Non devi stupirti. Tu l’hai sempre amata, Sasuke no».
Naruto rimase a fissarla, come incantato, rendendosi conto di non conoscere colei che aveva di fronte.
Chi era quella ragazza riflessiva, consapevole, sicura di sé? Cosa ne aveva fatto della timida, impacciata Hinata Hyuuga?
«Forza, vai da lei», lo incoraggiò, alzandosi dallo sgabello e tirandolo per una manica.
Naruto la seguì e insieme uscirono dalla rosticceria. Hinata a quel punto gli sorrise, asciugandosi una lacrima scesa lungo la guancia, e Naruto le sorrise di rimando, sentendosi improvvisamente più leggero.


***


Hinata aveva visto Sakura afferrare la mano di Naruto per portarselo via e aveva abbassato lo sguardo, rassegnata. La conversazione con Naruto le aveva fatto male, dannatamente male, ma tutto sommato ora non aveva più rimpianti e poteva guardare avanti, ricostruirsi il cuore.
«Kiba-kun, mi accompagneresti a casa?», chiese all’amico, senza guardarlo in faccia. Non voleva che vedesse i suoi occhi prossimi al pianto, non voleva recargli altro disturbo.
Kiba acconsentì e così i due si incamminarono per le strade illuminate e gremite di gente, fin quando al ragazzo non sfuggì la domanda.
«Cosa ti ha detto Naruto?». Si pentì subito di averglielo chiesto, rimproverandosi mentalmente. Hinata non voleva, non doveva pensare a lui.
«Mi ha detto che sono importante per lui, ma che ama Sakura...».
«Quell’idiota! Scommetto che non è stato per nulla delicat−».
«Kiba-kun», lo bloccò Hinata. «Naruto è stato fin troppo gentile e sincero con me».
Kiba prese un profondo respiro, calmandosi, e così continuarono a camminare in silenzio.
L’Inuzuka notò che la tristezza che Hinata provava da giorni si era tramutata in freddezza. Era sempre così: quando soffriva, indossava quella maschera che le permetteva di mostrarsi tranquilla in pubblico e di piangere silenziosamente quando era da sola. Kiba lo sapeva che Hinata avrebbe pianto quella notte, e forse anche la successiva, perché per quanto si fosse rassegnata all’idea che non avrebbe mai potuto essere più di un’amica per Naruto, rimaneva pur sempre il suo primo amore.
E quella era già la seconda volta che la riaccompagnava a casa in quelle condizioni.
«Balliamo!», esclamò di getto, bloccandosi.
Hinata aggrottò la fronte. «Cosa...? Perché?».
«Balliamo», ripetè Kiba con determinazione. «Non senti la musica?».
Hinata si voltò nella direzione in cui erano venuti. Il centro di Konoha brillava in lontananza, facendo arrivare anche fin lì una melodia appena udibile.
«Kiba-kun, perché dovremmo...?».
Non riuscì a terminare la frase. Kiba le aveva poggiato una mano sul fianco, mentre con l’altra aveva cercato la sua mano e l’aveva sollevata a metà del busto. Hinata arrossì vistosamente, ritrovandosi il viso dell’amico a pochi centimetri dal proprio. Le sorrideva così apertamente che fu impossibile non lasciarsi contagiare e poggiare la propria mano sulla sua spalla, completando così la tipica posa del ballo di coppia.
«Voglio farti divertire, Hinata. Almeno per una sera».
E fu tutt’altro che perfetto.
Kiba la strinse forte e prese a volteggiare in mezzo alla strada, trasportandola con sé. Avanti e indietro, destra e sinistra, poi una piroetta, e di nuovo da capo. Hinata seguiva con gli occhi i piedi di Kiba, cercando di stargli dietro, ma non riusciva a coordinare i loro movimenti. I passi dell’amico erano troppo confusi, veloci, inaspettati. Allora preferì lasciar fare a lui, muovendosi dove la conduceva il suo braccio saldamente ancorato alla propria vita, e fu una delle cose più divertenti che avesse mai fatto. La testa girava vorticosamente ad entrambi, si pestarono i piedi più e più volte, rischiarono perfino di cadere e ruzzolare nel prato oltre la strada, ma non vi badarono.
A Hinata parve che la musica si fosse intensificata, entrandole dentro. La sentiva nelle orecchie, le rimbombava nel cuore e fuoriusciva sotto forma di risata, una risata sincera, cristallina, che si mischiava a quella di Kiba, più roca e gutturale. Le scappò un urletto divertito quando lui la condusse in un perfetto casquet: Hinata si aggrappò al suo collo per paura di cadere ma, nel momento in cui si ritrovò piegata all’indietro con le braccia di Kiba intorno alla vita, seppe che lui non l’avrebbe mai lasciata andare, nemmeno se fossero dovuti rimanere in quella posizione per tutta la vita.
Sorrise mentre Kiba la aiutava a rimettersi in piedi e si accorse che la musica in lontananza si era placata, sostituita da rumori scoppiettanti. Hinata alzò lo sguardo verso l’orizzonte, dove il cielo era illuminato da mille luci colorate. «Mi sono divertita tantissimo», confessò.
«Anch’io, ma non abbiamo ancora finito».
Hinata guardò l’amico con aria perplessa.
«Non senti?», le chiese, portandosi una mano dietro l’orecchio come per aguzzare l’udito. «La musica è cambiata».
«Kiba-kun... sento solo il rumore dei fuochi d’artificio».
Kiba scosse la testa. «Hinata... come fai a non sentirla? È una musica così lenta... così dolce», le disse, cingendole la vita con entrambe la braccia per avvicinarla a sé.
Hinata si allarmò. «N-non la sento. Perché non la sento?».
«Chiudi gli occhi». La ragazza obbedì e si lasciò andare tra le braccia di Kiba, ma constatò tristemente di udire ancora il solo scoppiettare dei fuochi d’artificio. Intanto lui aveva cominciato a dondolarsi piano, prima su un piede e poi sull’altro, inducendola a fare lo stesso. A Hinata venne spontaneo aggrapparsi alle spalle dell’amico poggiando la guancia sul suo petto, all’altezza del cuore, e fu proprio in quel momento che sentì la musica: il battito cardiaco di Kiba era regolare, così rilassante da sembrarle una dolce e leggera ninna-nanna. Hinata aveva la sensazione di essere cullata, come quando era piccola e sua madre tentava di farla addormentare. Pensò che le sarebbe piaciuto rimanere così per tutta la notte.
«Grazie, Kiba-kun».
“Oh, Hinata”.













Note dell'autrice:
Ringrazio chi ha commentato il primo capitolo e chi ha cominciato a seguirmi, spero tanto che anche questo sia all'altezza delle vostre aspettative e che mi farete sapere cosa ne pensate. L'accenno NaruSaku (mooolto evidente) era d'obbligo XD se seguite la mia raccolta NaruSaku, vi sarete sicuramente accorti che questo capitolo è parallelo al capitolo You will always be my hero di quella raccolta (ho riscritto alcuni parti con le stesse parole ma dal punto di vista di Kiba e Hinata). Ora rimangono solo altri due capitoli in cui Hinata raggiungerà piano piano la sua agognata primavera con l'aiuto di Kiba *-* Alla prossima!

Soly Dea


  
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