XIV
1973
Arles
era abbastanza
agitato. Con l’elmo rosso sul capo e la maschera blu a
coprirgli il viso,si
sentiva ancora a disagio. Doveva abituarsi all’idea di essere
gran sacerdote.
Allo specchio, vedeva Saga in lacrime e la sua voce gli martellava il
cervello.
“Stai
zitto” gli
ordinò Arles, distogliendo lo sguardo.
“Perché
fai questo?”
domandava Saga.
“Perché
è la cosa
giusta. Ora taci!”.
Sedette
sul trono e respirò
a fondo. Fin ora stava andando tutto bene e voleva continuasse
così. Era notte
ormai. Forse poteva ritirarsi ed andare a riposare. Si alzò
e quasi inciampò.
Quella dannata veste era una tortura! Per non parlare della maschera.
“Toc,
toc!” parlò una voce
femminile, con una risatina.
“Chi
c’è?” domandò
Arles.
“Ma
buonasera, gran
sacerdote! Posso abbracciarti?”.
Lei
rise. Era Ninive,
con indosso l’armatura dell’Ofiuco.
“Come
ti permetti di
rivolgerti così al gran sacerdote?”
sbottò lui.
“Guarda
che lo so che
sei tu! Smettila di recitare”.
“Lo
sai?”.
Lei
annuì e tolse la
maschera che ne copriva il viso. Era giovane e da poco aveva
quell’armatura. Il
suo viso dolce forse non era adatto ad una guerriera. Lui la vide
sorridere e
fece lo stesso. Tolse la maschera blu. Ninive lo abbraccio, ridendo
felice.
“Amore,
posso essere
la prima a congratularsi con te?”.
“Sarai
la prima, e
probabilmente l’ultima”.
“Perché?!”.
“Perché
voglio che sia
così. Nessun’altro ha capito che sono io,
vero?”.
“Death Mask, Shura ed Aphrodite. Credo.
Loro ti conoscono bene. Immagino
lo abbiano intuito. E poi dai…si capisce che non sei
Shion!”.
“Non
farmi agitare”.
“Aiolos
è un po’
rimbambito e non credo che lo capirà. Gli altri gold e
futuri gold sono
piccoli. Non penso che notino qualcosa”.
“Bene”.
“Ma
perché ti agiti
tanto? Shion lo hai trovato morto, giusto? Allora è giusto
che sia tu ora al
suo posto. Sei adatto a questo ruolo”.
“Lo
so. Ma non tutti
lo capiscono”.
Lei
annuì, fingendo di
comprendere la mente contorta di lui.
“Che
morbida che è
questa veste” commentò, accarezzandola.
“Tiene
un caldo
assurdo. Il sarto di questo posto è un vero
idiota”.
“Allora
toglila” parlò
lei, con tono neutro, e si stupì nel vedere che Arles faceva
una faccia davvero
strana.
“Che
c’è?” gli
domandò.
“Mettiti
nei miei
panni. Ho quindici anni” ghignò lui.
“Anch’io!”.
“Beh…non
so tu, ma io
ho gli ormoni incasinati! E non puoi farmi venire certe idee
che…”.
“Arles!
Sei un bambino
cattivo”.
“Non
sono più un
bambino, è quello il problema”.
“Lo
so”.
Lei
gli diede un bacio
e poi si diresse verso le tende alle spalle del trono.
Guardò in su, verso la
statua di Athena. Si sentì un pianto di neonato, subito
placato dalle ancelle
che si prendevano cura della reincarnazione della dea. Poi
notò una porticina e
l’aprì. Lui non amava vederla gironzolare, specie
in quei luoghi che ancora non
conosceva bene.
“Bellissimo!”
esclamò
lei.
Era
entrata
nell’immensa sala con la vasca termale del gran sacerdote.
Era una stanza
magnifica, con imponenti colonne in marmo chiaro, che sorreggevano ampi
archi,
ed il soffitto decorato con un mosaico rappresentante le costellazioni.
L’acqua
limpida, che riempia la vasca anch’essa decorata a mosaico,
era una tentazione
irresistibile per Ninive. Con le mani, la toccò. Era calda.
Da un lato,
l’altezza era poca e si poteva stare seduti. Dal lato
opposto, la profondità
era notevole e si finiva immersi anche stando in piedi. Un sistema non
molto
chiaro alla sacerdotessa di
canali e
scoli faceva scorrere continuamente acqua calda e pulita.
“Ary,
facciamo il
bagno?” propose lei.
“Non
chiamarmi Ary,
non lo sopporto” sbottò Arles.
Lei
rispose con una
linguaccia ed iniziò a spogliarsi. Lui distolse lo sguardo,
cercando di fare
pensieri il più lontani possibile dalla balla ragazza nuda
nella vasca.
“Dai,
vieni. L’acqua è
bellissima” ridacchiò Ninive.
“Non
credo sia il
caso”.
“E
perché?”.
“Perché
non credo di
riuscire a rispondere delle mie azioni. Specie se siamo entrambi
nudi”.
“E
allora non
risponderne”.
Per
convincerlo, lei
lo schizzò, inzuppandone il vestito. Lui protestò
per un po’ poi scoppiò a
ridere. Gli ricordava quando da bambini giocavano assieme, non molto
tempo fa.
“Finiscila!”
ridacchiò.
I
bordi della vasca si
erano fatti scivolosi e rischiò di cadere come uno stupido.
Si sentiva come ubriaco,
e non lo era per niente! A quel paese le regole! Nessuno aveva accesso
a quella
sala senza il suo permesso, quindi nessuno correva il rischio di
scoprirlo. In
un istante, fu nudo ed immerso nell’acqua calda. Che bella
sensazione!
Ghignando, col viso immerso a metà, si diresse verso Ninive
che però si mosse
agilmente verso la direzione opposta.
“Non
guardarmi così!”
sorrise lei.
“E
come dovrei
guardarti?” rispose lui, anch’egli sorridendo.
Riuscì
a spingerla
contro uno degli angoli, dove non poté più
scappare.
“Allora?
Adesso che mi
dici?” ridacchiò.
“Dovresti
fare un
colpo di telefono ad Aiolos. È preoccupato per la sparizione
del cavaliere dei
gemelli. Teme di esserne le causa perché girano voci che
Shion avesse scelto
Sagitter come successore”.
“Non
è un problema
mio”.
“Come
sei crudele!”.
“Mai
detto il
contrario”.
“Ma
tu…mi ami davvero,
Arles?”.
“Certo,
hai dubbi? È
colpa tua. I tuoi occhi blu mi hanno stregato”.
“Che
bugiardo!”.
I
due si baciarono. Si
amavano come solo da così giovani si può amare
qualcuno. In quel modo assurdo
che ti convince che un sentimento possa durare per sempre.
“Ora
che sono gran
sacerdote…” iniziò Arles
“Posso farti un regalo”.
“Davvero?”.
“Spesso
mi ripetevi
che Shion non ti faceva mai andare da nessuna parte. Ebbene, io ti
manderò in
missione. Così vedrai cosa c’è al di
fuori del tempio”.
“Dici
sul serio?! Ma è
bellissimo, grazie! E che missione è?”.
“Shion
ha lasciato
molta libertà ai maestri d’argento. A me la cosa
non piace molto e vorrei
sapere chi di loro è ancora sotto il nostro controllo e chi
sta facendo
vacanza”.
“Ottimo.
E dove devo
andare?”.
“In
varie parti della
Grecia, se ti va”.
“Ma
certo che sì!
Finalmente! Mi sento davvero inutile stando qui tutto il
giorno”.
“Farmi
compagnia è
inutile? Guarda che sostenere il gran sacerdote è
importante!”.
“Non
ne dubito”.
“Vuoi
essere mia
questa notte? So che è contro le regole ma…io
sono il capo qui e se non ti
punisco io…non lo può fare
nessun’altro! Inoltre, ho visto il tuo viso.
Sappiamo bene che non puoi uccidermi.
Perciò…”.
“Sarebbe
un grande
onore”.
Lei
si lascò baciare
sul collo e guardò in su. Là, da una delle
finestre che aprivano un varco fra
le mura altissime, si intravedeva la statua di Athena. Ninive le
sorrise. Se
disapprovava ciò che stava per succedere, la
pregò di lanciarle un segno.
Nessun cenno divino apparve, perciò lei si lasciò
possedere.
Quella
notte pioveva
forte. Ninive aveva trascorso quasi un mese lontano dal tempio per
compiere la
sua missione ed aveva udito strani racconti sul grande tempio. Un
traditore fra
loro. Aiolos? Aiolos era morto? Incredula, aveva raggiunto la casa del
gran
sacerdote. Lì aveva trovato Arles, assieme a Death Mask.
“Lasciaci”
aveva
ordinato il gran sacerdote al cancro.
Il
giovanissimo
cavaliere, di soli nove anni, lasciò la sala e
lanciò solo uno sguardo a
Ninive, prima di uscire. Rimasta sola con Arles, lei non sapeva bene
come
comportarsi.
“È
vero quello che ho
sentito?” mormorò.
“Che
cosa hai
sentito?” volle sapere il gran sacerdote, senza togliere la
maschera.
“Che
Aiolos è morto e
che quella neonata è…”.
“Sì,
è vero”.
“Cosa
è successo?
Aiolos non è un traditore!”.
“Ha
cercato di
fermarmi”.
“Fermarti?”.
“Dovevo
ucciderla. Lo
dovevo fare. E lui mi ha fermato”.
“Uccidere
chi?”.
“Quella
bambina”.
“La
reincarnazione di
Athena?”.
Ninive
sobbalzò. Non
credeva Arles capace di tanto.
“Sì,
lei. Nessuno pare
rendersi conto che fra non molto il sigillo di Hade verrà
spezzato ed inizierà
una nuova guerra santa. Come possiamo affrontarla così? Non
percepivi quanto
debole fosse quella bambina?”.
“Era
solo una
neonata!”.
“Fin
da neonati coloro
che possiedono un cosmo lo fanno ardere! Non ricordi quello che
aleggiava
attorno a Ioria quando è nato? Lei, come dea, doveva
possedere un’energia
almeno pari a quella dell’aspirante leone d’oro. Ma
non era così. Era debole,
probabilmente rinata nel modo sbagliato”.
“È
una dea! Non fa le
cose in modo sbagliato!”.
“Il
mio compito è
difendere questo mondo. E questo è l’unico modo
possibile. Credimi, quella
bambina non sarebbe mai stata in grado nemmeno di difendere se
stessa”.
“E
Aiolos? Che ti
aveva fatto?”.
“Aveva
capito tutto”.
“E
allora?”.
Ninive
scoppiò a
piangere e lui lo capì, nonostante nemmeno lei avesse tolto
la maschera. Era molto
affezionata al sagittario ed ora pensava al piccolo Ioria, rimasto da
solo.
“Sei
felice, adesso?”
domandò poi, sempre piangendo.
“No,
non lo sono di
certo. Ma tutto quel che faccio, lo faccio per…”.
“Sì,
lo so: un bene
superiore. Ed io lo capirò, vedrai. Sei l’uomo che
amo, ti rimarrò accanto per
sempre”.
“Ho
quindici anni. Non
posso definirmi un uomo”.
“No,
è vero. Un uomo
non manderebbe un bimbo di nove anni ad uccidere un amico. Povero
Shura”.
“Non
mi aspetto che tu
capisca. Pare che non ci riesca nessuno”.
“Ma
io ti amo. Questo
è ciò che conta. Perché anche tu mi
ami, vero?”.
“Certo
che ti amo.
Ma…”.
“Ma?”.
“Credo
non sia
prudente per noi continuare questa storia. Non adesso. Cerca di capire
almeno
questo. La gente le nota le piccole cose. È stato un azzardo
permetterti di
venire qui un mese fa. Qualcuno avrebbe potuto capire
che…”.
“Allora
finirla è
prudente per TE, non per NOI”.
“Lo
è per tutto. Per
me, per ciò che sono ora e per ciò che devo fare.
Sei una grande guerriera, hai
un glorioso futuro qui al tempio. Ma per un po’ è
meglio che fra me e te non ci
siano contatti di alcun tipo”.
“Intendi
dire che
dovrei ignorarti?”.
“Intendo
dire che devi
comportarti con me come si comporta una sacerdotessa
d’argento con il gran
sacerdote. Hai capito?”.
“Ma
io credevo che tu
mi amassi!”.
“Io
ti amo. Ma
proteggere il mondo dalla follia degli Dei ha la priorità
sul resto, non
trovi?”.
Ninive
annuì. Si
congedò dalla tredicesima casa ed iniziò a
scendere le scale, lentamente. Vide
Ioria, in lacrime per la perdita del fratello, e lo salutò
accarezzandogli la
testa. Poi raggiunse la modesta casa all’interno del tempio
dove dimorava a vi
lasciò l’armatura. Era certa che presto
un’altra sacerdotessa l’avrebbe
indossata degnamente. Non aveva intenzione di portarla ancora, di
servire il
grande tempio ed il suo sacerdote. Anche se questo significava lasciare
quel
luogo e non sapere dove andare. A complicare il tutto, vi era in lei la
consapevolezza di non poter rimanere oltre, o rischiava punizioni
severe.
Presto tutti avrebbero saputo che aveva infranto il veto a cui erano
legate le
sacerdotesse di Athena. Non poteva nascondere a lungo di essere incinta.