XVIII
LOSER
Gaia
era stata
sigillata. Saga, esausto, aveva perso i sensi dopo essere riuscito a
vincerla.
Non appena riaprì gli occhi, al sicuro sul giaciglio
all’interno del tempio, si
guardò attorno allarmato.
“Ti
sei svegliato!” lo
salutò Hestia, ora visibilmente sollevata.
“Quanto
tempo sono
rimasto privo di sensi?”.
“Qualche
ora. È notte
ora”.
Saga
si rialzò,
nonostante le proteste di Hestia, che lo invitava a riposare ancora un
po’, e
dei cavalieri d’oro lì riuniti. Ne mancava
qualcuno. Dopo essersi assicurato
che fossero tutti vivi e in buone condizioni, si allontanò
dalla sala senza
curarsi della stanchezza. Aveva ancora un compito da svolgere.
Salì lentamente
le scale ed attraversò le prime due case, giungendo alle
porte della terza.
“Phobos”
parlò,
vedendolo “Mi spiace. Ho saputo che hai perso un fratello in
questa battaglia”.
“La
guerra è vinta, è
questo quello che conta”.
“Il
tuo signore Arles
è alla terza casa?”.
“Sì.
Ma non pare molto
in vena di essere disturbato”.
“Lo
immagino”.
Il
labirinto della
terza era buio e silenzioso. I passi di Saga rimbombavano fra le pareti.
“Sei
venuto a prendere
la mia testa, Athena?” parlò Arles, creando un eco
quasi inquietante.
“Dove
sei? Fatti
vedere” rispose Saga.
Arles
apparve dal
fondo del corridoio, lasciandosi alle spalle il buio.
“Devo
ridiscutere con
le altre divinità la tua condanna a morte”
ricominciò a parlare la
reincarnazione della Dea “Mi pare evidente che tu non abbia
agito per tradirci.
E Ahriman ci ha permesso la vittoria”.
“Non
fa una grande
differenza, che io muoia ora o fra qualche mese nella prossima
guerra”.
“Prossima
guerra?”.
“Le
guerre ci saranno
sempre”.
“Fra
noi divinità,
siamo pronti a formare l’alleanza necessaria per mantenere la
pace”.
“Apprezzo
il tuo
ottimismo”.
“All’alba,
seppelliremo i morti. Anche Ahriman”.
“Lo
farai riposare nel
cimitero dei cavalieri?”.
“Sì.
Si è sacrificato
per raggiungere la pace. Sarà ricordato come un
eroe”.
Arles
quasi rise.
Traditore ed assassino, in pochi attimi divenuto eroe. Era ironico.
“Perché
non mi hai
detto che era tuo figlio?” continuò Saga.
“Cambiava
qualcosa?”.
“Cambiava
molto, a mio
avviso! Non ti avremmo condannato a morte! Ti avremmo
capito!”.
“Tu
mi avresti capito.
Tu soltanto”.
“Forse
hai ragione”.
Saga
sedette in terra,
lasciando che lo scettro sbattesse. Arles lo fissò con aria
interrogativa.
“Sei
pallido, Saga.
Facevi meglio a restare a letto” commentò.
“Smettetela
di
trattarmi tutti come se fossi un bambino!”.
“Non
ti tratto come un
bambino! So che hai combattuto ed hai consumato le tue
energie”.
“Come
hai fatto tu!”.
“Io
non ho sigillato
nessuno”.
“Tutti
quei morti…”
mormorò Saga “Se io non fossi così
debole, potrei riportarli in vita! Invece…”.
“Hai
già fatto molto”.
“Non
è vero! Io…io
vorrei ridarti tuo figlio! Lo vorrei davvero! Ma sono così
inutile che non sono
in grado di farlo!”.
“Se
vogliamo parlare
di questo, allora sono io quello inutile. Nella mia vita ho fatto tante
di
quelle cazzate che non riesco più a contarle. E guardami
ora! Sono uno fra gli
Dei più odiati: quello della guerra! Ma non la guerra giusta
e di difesa come
sei tu. Sono un fallito”.
“Che
bella coppia
siamo, io te”.
Seduti
uno accanto
all’altro, sospirarono all’unisono. Saga
guardò in alto. Aveva gli occhi
lucidi, ma non voleva piangere per l’ennesima volta. Arles,
invece, con sguardo
vuoto e perso verso non si sa quale meta, non era il genere di uomo che
versava
lacrime per sfogarsi.
“Dev’essere
orribile”
ricominciò Saga, con tono triste.
“Cosa?”.
“Sapere
che un figlio
esiste e poi perderlo in così poco tempo”.
“Ma
mi hai visto? Io
non sono un padre. Al massimo un fratello maggiore. E anche in quello
sarei un
disastro, credimi. Però ho sbagliato tutto. Devo ancora
chiedere perdono per
così tante cose…”.
“Immagino
sia questo
il momento giusto”.
“Prima
che Zeus mi
decapiti. Già”.
“E
lei?”.
“Lei
chi?”.
“Ninive.
Le hai
parlato? E con Ariadne?”.
“Più
sto lontano da
loro, e meglio sarà. Non hanno bisogno che le faccia ancora
del male. Ed è
meglio anche che stia lontano da te, fratello”.
“Ma
che dici? Tu…”
“Papà!”
si sentì
gridare per la terza casa, interrompendo la frase di Saga.
“Meno
male che sei
qui!” ansimò Ariadne, trovando lo zio ed il
genitore seduti in terra “Presto,
aiutaci! Mamma è fuori controllo, ti prego vieni con
me!”.
Arles
non ebbe il
tempo di riflettere sul fatto di essere appena stato chiamato
“papà”. Lui ed
Ariadne corsero in fretta fino alla sesta casa, dove Hestia e le
vestali ancora
dimoravano. Le donne erano fuori dalla porta, che tentavano di guardare
all’interno, troppo spaventate per entrare.
“Che
succede?” domandò
il dio della guerra.
“Vieni”
lo incitò
Ariadne, mentre le vestali si spostavano per fargli spazio.
All’interno,
Hestia
tentava invano di calmare Ninive. La donna era fuori controllo. Con
l’abito
nero, simbolo del lutto, gridava di rabbia e dolore. Il suo cosmo,
risvegliatosi, bruciava ardente ed impazzito.
“Ha
ferito delle
vestali” spiegò Ariadne “Non riesce
più a controllarsi”.
“Rischia
di
consumarsi”.
“Fermala.
Ti prego!
Trova un modo! Io ho tentato, ma non ascolta”.
Arles
respinse alcuni
colpi lanciati da Ninive. Hestia, ormai sfinita, si
allontanò. Il dio della
guerre fece segno alla figlia di fare lo stesso. Rimasto solo con lei,
tentò di
farla ragionare.
“Ninive!”
la chiamò
“Calmati!”.
Lei
gridò e un’altra
fiammata del suo cosmo si diffuse per la sesta casa.
“Ninive!
Ti consumerai!”.
“Meglio!”.
“Ma
che dici?!”.
“Oh,
stelle del cielo!
Fate che la mia vita si spenga ora”.
“Ninive!
Non fare
così! Vieni con me. Vieni a dare l’ultimo saluto a
tuo figlio”.
“È
stata tutta colpa
mia!”.
Arles
strinse i pugni
e scattò. Nonostante la resistenza di Ninive,
l’abbracciò. La strinse forte a
sé, combattendo contro il cosmo bruciante che lo aggrediva.
“Calmati”
le disse,
parlando piano e accarezzandone il capo velato.
“Lasciami!
Lasciami
subito! Non mi toccare!” ringhiò lei.
“Devi
calmarti!”.
“A
te che importa?
Lasciami! Lascia che bruci e muoia”.
“No!
Non ti lascio!
Questa volta no. Non avrei dovuto lasciarti andar via allora e non lo
farò
adesso”.
“Bugiardo!”.
“Folle.
Solo questo.
Sempre e solo folle”.
“Bastardo”.
“Può
essere. Ma ti
prego, Ninive, non lasciare che la tua incredibile energia ti uccida.
Ricordo
quando combattevi. Com’eri forte e sicura. Ricordo i tuoi
meravigliosi occhi
blu. Gli unici in grado di vedere la luce dentro di me. Tu credevi nel
mio lato
buono, se è mai esistito. Tu ti sei fidata ed io ho
sbagliato”.
“No,
sono stata io a
sbagliare. Sono una madre orribile. Sono una madre fallita”.
“Ma
perché dici questo?!”.
“Ho
obbligato mia
figlia ad una vita da vestale che non voleva e il mio
bambino…”.
“Ariadne
ora indossa
un’armatura d’oro. Ed Ahriman si è
sacrificato per il bene di tutti. Dovresti
esserne fiera. Fiera con tutta te stessa”.
“Sono
fiera, certo. E
sono distrutta. Mi manca il respiro. Sento il petto che esplode e non
voglio
vivere ancora con questo. Sono sola”.
“Non
sei sola!
Respira. Lentamente. Vieni con me. Andiamo a salutare
Ahriman”.
“Non
ci riesco”.
Il
cosmo di Ninive si
era placato e lei era scoppiata a piangere. Arles lo notava da sotto il
velo
che le copriva il viso.
“Ninive…quando
eravamo
dei ragazzini ti dicevo sempre che eri una guerriera, che non dovevi
piangere.
Ora non userò quelle parole, perché vorrei tanto
riuscire pure io a piangere”.
“Non
tutti ci
riescono”.
“Forse
sono un cuore
di pietra, come hai detto tu. Avanti…dobbiamo salutare
Ahriman. All’alba verrà
sepolto e non lo vedremo mai più. Anche se non è
cresciuto con noi e di lui
sapevamo poco, è pur sempre legato a noi. Lo era e lo
sarà sempre. Sangue del
nostro sangue”.
“Il
nostro bambino”
dissero i due in coro.
“Rispetto
la tua
decisione” riprese Arles “Si essere vestale e
ritirarti dal mondo d’ora in
avanti. Ma, ti prego, vieni con me da Ahriman”.
“Io…”.
“Un
passo alla volta. Coraggio”.
“E
poi mi lascerai da
sola?”.
“Non
dipenderà da me
ciò che sarà dopo”.
“Già,
è vero. Sei
condannato a morte”.
“Ariadne,
Hestia e le
tue sorelle vestali non ti lasceranno mai sola. Vieni. L’alba
è vicina”.
Ninive,
sempre
piangendo, si sforzò di calmarsi. Potenti singhiozzi la
scuotevano. Cadde in
ginocchio. Arles lasciò per qualche istante che si
riprendesse e poi la fece
alzare.
“Andiamo”
le mormorò.
Ed
insieme si
avviarono verso l’uscita della sesta casa.
“Hei!
Tutto bene? Ho
sentito le tue grida!” si allarmò Death Mask,
raggiungendo Ariadne.
“Sì.
Io sto bene. È
mia madre che…” rispose lei, guardando verso la
sesta casa.
“Ninive
è ancora là
dentro? Capisco…ma dobbiamo andare. È quasi
l’alba. Vedrai che…”.
“Sei
sensibile come un
coccodrillo morto!” sbottò Shaina.
“Non
rompere, bella!”
la apostrofò in malo modo il cavaliere “Questa
nave l’hai persa, e lo sai! Ci
ho provato per anni con te, vai a cercarti il principe azzurro
altrove!”.
“Che
cattivo che sei”
ridacchiò Ariadne “Pensa che il nostro incontro
è stato solo un caso. Se io
quella notte avessi incontrato mio padre, invece? Te lo immagini? Se
fosse
stato lui il mio maestro, senza che nessuno dei due sapesse la
verità? E se mi
fossi innamorata di lui?”.
“Saresti
comunque
caduta fra le mie braccia. Questo è fascino italiano,
tesoro!”.
“Coglione!”
replicò
Shaina, poi trascinata via a forza da Milo.
Cavalieri
di Athena,
Dei ed alleati si stavano tutti dirigendo al cimitero. Saga, vestito in
nero, era
pronto a celebrare la cerimonia. A braccia conserte, osservava gli
altri Dei.
Quello era il loro ultimo giorno assieme, poi ognuno avrebbe raggiunto
il
proprio tempio. Chissà se sarebbero rimasti per davvero in
alleanza. Il dolce
suono del flauto di Hypnos cullava le loro menti, alleviando il dolore
dei loro
pensieri. Un canto iniziò a levarsi. Un coro solenne,
triste. L’estremo saluto
a chi aveva combattuto l’ennesima guerra.
“Cominciamo”
si
pronunciò Saga, accendendo le prime candele.
Uscendo
dalla sesta
casa, Ninive ed Arles vennero travolti dall’odore
dell’incenso e dai cori.
Lentamente scesero le scale. Lui la sorreggeva con un braccio,
guardando dritto
davanti a sé. Lei, con la testa bassa, piangeva per ogni
vita spenta e per la
perdita del figlio.
“Arrivano”
mormorò
Thanatos a Saga.
Tutti
i presenti, con
in mano una candela, attendevano. La reincarnazione di Athena
annuì. Si accinse
a spalancare il grande portale dietro a cui i corpi dei caduti
giacevano, per
condurli con ogni onore al cimitero dei cavalieri. Si fermò,
udendo un canto
nuovo. Era così limpido e forte che copriva le voci del
coro. Un timbro
giovane, maschile. A quella melodia, si accesero le prime stelle nel
cielo.
“Che
succede?” si
chiese più di qualcuno.
“Mai
viste stelle così
belle!” commentò qualcun altro.
Guardando
in su, sul
tetto del tempio, videro una figura avvolta in una lunga veste candida
mossa
dal vento. La voce era la sua. Con un gesto della mano,
quell’uomo pareva
controllare il cielo. La luna ne incorniciava il profilo e le stelle
brillarono
come mai prima.
“Ma
chi è? Non sarà
mica un altro rompicoglioni?” sbottò Death Mask.
“Eh
no, che palle!”
concordò Milo.
“Chi
sei? Sai che stai
interrompendo una cerimonia piuttosto importante?”
parlò Shura.
“Scusate”
rispose la
figura.
La
sua voce fece
vibrare i loro cosmi. Era serena, solenne, avvolgente come il cielo
stesso.
Spalancò le ali e scese. I suoi lunghi capelli dello stesso
colore della notte
lo avvolsero, sfiorandone i piedi scalzi. Sorrise, inclinando il viso.
Ariadne
lo fissò, stupita come gli altri, e poi ne
incrociò gli occhi smeraldo.
“Ahriman?”
mormorò
“Ahriman, sei tu?”.
Il
giovane sorrise con
più convinzione, chiudendo gli occhi.
“Ma…com’è
possibile?”
domandò Thanatos “Avevi il tuo cuore in mano! Era
in terra!”.
“Vi
devo ringraziare”
parlò Ahriman “Solo con il sigillo su Gaia, potevo
tornare”.
“Fratello…i
tuoi
capelli…la tua voce…”.
“Mi
devo sdebitare”.
Dopo
quella frase, il
giovane ruotò una mano, dirigendola verso la porta che stava
alle sue spalle.
Dalle sue dita, frammenti sottili e luminosi, simili a polvere di
stelle, si
espansero nella stanza appena spalancata. Il buio in essa si dissolse.
Molti
cosmi la illuminarono.
“Stanno…tornando
in
vita?” domandò Hypnos al gemello Thanatos, forse
convinto di essere in uno dei
suoi sogni strambi.
“I
morti di questa
guerra…si rialzano” confermò il dio dei
defunti.
“Le
anime ed i cosmi
tornano nei corpi dei caduti” sorrise Hade, vedendo fra loro
alcuni dei suoi
uomini.
“Com’è
possibile?” si
chiese Phobos, sorridendo al fratello che usciva dalla sala con le sue
gambe.
Tornando
a posare lo
sguardo su Ahriman, videro che era mutato ancora. Era cresciuto e sul
capo
portava una corona scura.
“Urano”
lo riconobbe
Zeus.
“Il
mio bambino è il
dio Urano?” riuscì a dire Ninive.
Arles,
invece, non
disse nulla. Il giovane si stava avvicinando. Gli si fermò
davanti, mostrando
di essere una spanna più alto del padre. Alle sue spalle,
Dei e guerrieri
iniziavano ad inginocchiarsi dinnanzi al dio supremo del cielo.
“Io
non sapevo di
essere ciò che sono” ammise Ahriman “Ma
voi siete stati gli unici che han
creduto veramente in me. Voi e la mia sorellona Ariadne. Vi ringrazio.
Grazie
mamma, grazie papà”.
“Prego”
borbottò
Arles.
“Non
me lo condannate
a morte, vero?” sorrise la reincarnazione di Urano e Zeus
scosse il capo.
“Oh,
fratellino! Posso
abbracciarti?” domandò Ariadne e, senza aspettare
risposta, corse dal gemello e
lo strinse forte.
La
guerra era finita,
avevano vinto, il potere di Urano aveva donato nuova vita ai caduti.
Nessuno ci
credeva ancora. Nessuno capiva se ciò che vedeva era reale o
solo un sogno.
Hestia si era appoggiata a Saga, come a voler avere conferma che era
tutto
vero. Lui le accarezzò il viso.
“Dai,
andiamo a
festeggiare” propose Ahriman e la folla si mosse.
“Mi
piace l’idea,
cognato” ghignò Death Mask
Ninive
teneva le mani
strette fra loro, in una sorte di preghiera. Arles le stava accanto ma
non la
sfiorava.
La
reincarnazione di
Urano notò questo e si voltò a guardarli, di
nuovo.
“Papà”
parlò “So che
non sei abituato a sentirti chiamare così. E so che non ti
piace farti dare
consigli. Ma una volta, il mio maestro ha detto questo: non si
può cancellare
il passato. Non lo si può cambiare. Quando qualcosa finisce
o si infrange, non
tornerà mai come prima. Questo non significa che non si
debba avere la forza di
provare a rimediare, se è una cosa buona. E ricominciare da
capo”.
Arles
non seppe che
rispondere. Si sentì sfiorare la mano dalle dita di Ninive.
Stavano andando
tutti a festeggiare. La notte era appena iniziata. Il cielo era
magnifico.
Sorrise.
Era
tutto solo un
inizio
FINE