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Autore: Il Pavone e la Piantana    27/02/2015    1 recensioni
Junior e Willow sono i figli di una nuova Panem, nata sulle ceneri dei caduti e sulle cicatrici di una libertà pagata con il sangue. Sono i figli della rinascita e del dolore, della promessa di un nuovo futuro e dei fantasmi del passato, spesso talmente oscuri da adombrare perfino il giallo brillante della speranza.
«Credevo fosse normale...» Dico, in un sussurro. Mi sembra brutto dirlo a voce troppo alta, come se lo rendesse più reale.
«Ma è normale. Esattamente come te». Risponde, fredda, con un'espressione seria sul viso. Perché io sono come lei, sono il figlio di eroi di guerra che portano sulle loro spalle i dolori del passato, rendendo le nostre vite più difficili di quelle di chiunque altro.
[…]
Mi allungo nell'erba, strofinando lente le braccia lungo i fianchi, fingendo di essere di nuovo una bambina che disegna con il proprio calore una ghiandaia nella neve fresca. Ma non c'è neve da raccogliere, qui. Solo cocci, gusci vuoti di conchiglie e un listello di legno che ormai suona solo note stonate.

{Fa parte della serie Colors. || Fanfiction fortemente psicologica che tratta in modo esplicito alcune patologie psichiche}
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Bimbo Cresta-Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Colors.'
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XVII.




È stata come una tempesta che ha infuriato, rendendo la navigazione difficoltosa, ma è trascorsa, lasciando che i raggi del sole si infiltrassero attraverso le nuvole. Era passata, lontana, ora. Sembrava quasi fosse accaduta mesi prima, quando non sono passate altro se non poche ore.
Deglutisco, scavando il viso sul cuscino. Il mal di testa di ieri sera mi cerchia ancora il capo. Mi ritrovo a pensare quanto avrei voluto renderla felice e nel farlo, io abbia rovinato tutto. L’ho vista piangere, come non aveva mai fatto.
«Hai pensato alle conseguenze?» Ci sarebbero comunque state, che noi avessimo parlato o meno. Partirà ugualmente, lasciandomi qui ed io non la rincorrerò. O precludiamo il nostro ipotetico futuro, oppure cerchiamo di viverlo. Lontani. Non ci sarebbero comunque state conseguenze, se non forse il rimpianto di non averci nemmeno provato. E voglio farlo. Voglio davvero cercare di andare avanti e superare qualsiasi tempesta che potrebbe travolgerci. La lontananza, il distacco, la noia, forse.
Allungo il braccio, cercando di abbracciare la sua pelle, soltanto per trovare quella parte del materasso fredda e vuota, senza di lei. Alzo lo sguardo, scontrandolo contro lo specchio, sporco di pennarello rosso. No, non l’ha sporcato.
Sono andata a casa, mamma e papà tornano presto!
Ci vediamo là.
Ti amo,
Will.
p.s. Scusami se ti ho sporcato lo specchio. A dopo. Ti amo

Lo leggo più volte, sospirando. «Accidenti a te, mocciosa». Sorrido, nel dirlo, continuando a guardare quella faccina sorridente vicino al suo nome e quel cuore, vicino al ti amo.
Ed addio a qualsiasi saluto più intimo ci potesse essere, addio colazione preparata da lei, addio abbracci o baci, perché in compagnia di Peeta o della zia non ho modo di potermi avvicinare troppo a lei. E soprattutto mi domando per quale motivo abbia dovuto scrivermi su quel cazzo di specchio con un pennarello indelebile. Ci metterò mesi a pulirlo. O almeno a cancellare la prima riga.
«Come faremo, Junior?» Si accoccola sul mio petto, affossando il viso. Sento il suo respiro sulla mia pelle, la voce tremante con la quale si esprime. Ha paura.
«C’è il telefono». Rispondo, accarezzandole i capelli, con voce calma e quanto più rilassata. Ora che l’ho trovata, che è con me, vorrei poter far in modo di non farla allontanare mai, ma non ho paura. Credevo di averne, invece, per la prima volta, mi sento più sicuro che mai.
«E poi?» Sussurra, stringendo i miei fianchi.
«Verrò nel 12 ogni volta che mi è possibile, a Capitol City quando ti trasferirai e ovunque tu vada. Verrò sempre da te». Le bacio la nuca, senza smettere di accarezzarle la pelle. Sono davvero pronto a tutto. A stare con lei, a piangere con lei e per lei, a fare l’adulto quando la paura si impossessa di Willow. Sono pronto a tutto, per Willow.

Sospiro, alzandomi dal letto.
«Fanculo!»
Tocco di nuovo il materasso, scrollando il piede per far volare via la conchiglia. «Fanculo».
Le bacio gli zigomi, catturando sulla mia lingua il sapore salato delle sue lacrime. Scendo lungo la mandibola ed il collo, le palpebre. Vorrei cancellare qualsiasi cosa sia successa prima, farle capire quanto davvero sia importante per me, che sia l’unica che mi ha sempre visto davvero. Vorrei poterla stringere sempre e amarla, senza dover aver il dubbio che non mi capisca.
Ma è colpa mia, di tutti i miei rifiuti, di tutte quelle parole atta a farla allontanare, in passato. È colpa mia.
Le accarezzo i capelli, intrecciando le dita tra le ciocche ben annodate dalle mani di mia madre, togliendole con assoluta lentezza dai capelli e gettandole ai piedi del letto. Ogni conchiglia è un bacio dato e uno ricevuto.
Credevo non avrei mai più avuto modo di baciare le sue labbra.

Raccolgo tutte le conchiglie dal pavimento, appoggiandole sul comodino. Accarezzandone il dorso una ad una.
«Ho paura, Junior». Sospira nel mio collo e non posso fare altro se non accarezzarle i fianchi. Ha paura. Paura di quello che sarà, come io ho sempre avuto il terrore di avvicinarmi troppo a lei, come se non fossi abbastanza, come se non andassi bene. Ma non è una decisione che spettava a me, non potevo decidere io per lei, come non possiamo far sì che sia la lontananza o la paura a decidere per noi.
Io non ho paura.
Non posso averne, ora. Non quando l’unica soluzione alternativa sarebbe perderla e non voglio. Io non ho paura.
«Io no». La mia voce esce rauca, ma con una fermezza tale da sorprendere persino me. Io non ho paura, non quando c’è Willow vicino a me. Con lei non c’è distanza, non ce n’è mai stata nemmeno in passato. Possono trascorrere anni, mesi, ma ogni volta che mi era di fronte era come se non fosse passato un minuto. E dopo tre anni nei quali ho cercato di scappare da lei, siamo arrivati qui, nel sottoscala di casa mia, stretti l’uno nell’altro.
Non hai idea di quanto tu sia importante per me. «Io accetto tutto, Will. La lontananza, le difficoltà, i musi lunghi, i capricci. So soltanto di essere innamorato di te e se vorrai dividere la mia vita con me io ne sarò felicissimo, quali che siano gli ostacoli». Io accetto tutto. Accetto te, in qualsiasi modo. Quando mi abbracciavi senza che te lo chiedessi o potessi contraccambiare, quando mi metti il muso perché dico o faccio qualcosa per farti innervosire. Io accetto tutto. Devo, anche se vorrei poter trascorrere tutti i giorni, i minuti ed i secondi con lei tra le mie braccia. «Io accetto tutto». La bacio tra i capelli raccolti nelle conchiglie, una, due, tre volte. «Qualsiasi cosa». Sussurro ancora, tra i suoi capelli. Più per me che per lei. Più per prepararmi alla sua decisione, perché mi stringe e piange, ma potrebbe decidere di porre fine a tutto. Potrebbe decidere che non ne vale la pena, sgombrando ogni piano da qualsiasi candela.
Alza il viso verso di me, annuendo. Allunga la mano, intrecciando le dita con le mie - piene di cerotti - e singhiozza ancora una volta. «Voglio stare con te». Dice, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Non voglio nessun altro, non ho mai voluto nessun altro. Solo te».
E mi sembra di tornare ragazzino, un bambino che non riesce a trattenere il pianto e che piange perché è triste, perché è felice, per qualsiasi cosa gli accada. E Willow sorride, tra le lacrime, asciugando le mie guance.

Ero così convinto che avrei potuto stringerla questa mattina che non posso fare a meno di sentire la sua mancanza. Saresti dovuta rimanere, svegliarmi e darmi il bacio del buongiorno. Sorrido, immaginandola in piedi che mi guarda dormire. Vedo le sue ginocchia sul letto ed il suo viso avvicinarsi al mio. Con tutta probabilità l’ha persino sussurrato quel «Buongiorno, Junior» senza che io avessi la possibilità di ascoltarlo.
Mi costringo ad alzarmi, stando bene attento di non calpestare conchiglie dimenticate, e impreco quando noto l’ora. Mi dirigo al piano di sotto per bermi almeno un caffè, quando il pennarello rosso cattura di nuovo la mia attenzione. «Hai imbrattato tutti gli specchi, mocciosa?» Dico ad alta voce, anche se non c’è nessuno che può rispondermi.
A proposito, ti ho preparato i pancake! Non voglio certo che vieni a stomaco vuoto o che bruci casa!
Ti amo.
Ah!
Buongiorno, Junior!
Will

Non avrò più modo di guardare il mio riflesso allo specchio. Spero che almeno quello del bagno di sia salvato dalla sua mano piena di sorrisi e cuori e parole. Buongiorno, Will.
Non riesco a nascondere il sorriso, scendendo le scale e persino il cerchio alla testa sembra essere sparito. Sul tavolo troneggia una torre di pancake, ha persino disegnato con lo sciroppo, la mia mocciosa. E mi sento solo a mangiare in questa cucina ora sgombra da cocci di conchiglie e candele, senza lei che mi sorrida, mi dia fastidio o mi accarezzi.
Dormono ancora tutti ed abbiamo la cucina tutta per noi.
La colazione di mezzanotte, l’ha chiamata Willow. E mangiamo, riempiendoci lo stomaco.
«Ti piacciono, Junior?» Domanda, trovando il mio sguardo e voltandosi con il corpo verso di me, portando a contatto le nostre ginocchia.
Annuisco, continuando a masticare. Il mio pollice finisce sull’angolo delle sue labbra, sporche di sciroppo e subito dopo tra le mie, per assaporare la salsa ed il suo sapore. E Willow arrossisce appena, prima di stringere le sue braccia intorno al mio collo e sentire la sua bocca sulla mia guancia.
«E questo?»
«Il bacio di mezzanotte?» Sorride, baciandomi ancora una volta lo zigomo.
«Non va bene». Rispondo, serio, osservando i suoi occhi dilatarsi e la sua espressione rabbuiarsi.
«Perché non va bene? È il bacio di mezzanotte!»
Le accarezzo i capelli quando la sento scostarsi da me, per sciogliere l’abbraccio. Non ha capito niente, come al solito.
«Questo è quello giusto, mocciosa». Sussurro nell’incavo del suo collo, prima di far incontrare le nostre bocche che sanno di sciroppo d’acero e di lei.

Mi preparo più in fretta che posso, così da potermi avviare a casa di mia madre e la consapevolezza che questo è l’ultimo giorno, che questo pomeriggio prenderà il treno, tornando al Distretto 12, fa sì che il mio palato di secchi ed il cuore aumenti i propri battiti. Non voglio che se ne vada, che si allontani, senza sapere quando avrò modo di stringerla ancora, come ho fatto durante queste notti. Vorrei che rimanesse con me, che mi preparasse i pancake ogni mattina, che mi baciasse ogni qualvolta le vada. È durato troppo poco. Non sono davvero pronto a lasciarla andare via.
Accetto tutto. Mi ripeto nella testa, come un mantra. Non posso fare altro se non continuare a dirlo. La rivedrò e sarà come se non fosse passato un sol giorno. Accetto tutto. Eppure già mi manca.
Salgo le scale del portico due a due, entrando in casa come se non l’avessi mai abbandonata. Sento la sua risata e la voce del padre e la zia che parla con Johanna, stringendo al petto le gemelle.
«Junior». Mi chiama, zia Katniss, quando mi vede. Si alza in piedi sciogliendo l’abbraccio con le figlie. Deglutisco, osservando il suo sguardo serio mentre si avvicina a me; Johanna che, dietro di lei, ride sotto i baffi; Peeta, con il suo passo pesante, camminare, forse per venire ad uccidermi.
«Zia».
«Sono stati una notte fuori casa e il tipo ha dormito sempre in camera di Willow». Ghigna il moccioso, diretto alla madre. «Posso ucciderlo per te, padre».
Peeta scuote la testa ed invece di trovarmi a terra, pronto per essere ucciso dalla zia, sento le sue braccia stringermi in un abbraccio e lo sbuffo del moccioso che attendeva trepidante ben altro. «Non ti perdonerò mai, se la farai stare male». Sussurra al mio orecchio, lasciando la presa, soltanto per essere circondato da altre braccia, più familiari.
«Mi sei mancato, Junior!» Deglutisco. «Abbracciami, Junior! Io non ti sono mancata?» Mi sorride, alzandosi in punta di piedi per baciarmi una guancia. E zia Johanna continua a ridere, senza più nascondersi, dando gomitate tra il costato di zio.
«Vuoi una sedia?»
«Lascia perdere, Johanna». Stringe i pugni, senza distogliere lo sguardo da me e Willow. Ed io non so cosa fare. L’abbraccerei, la bacerei, la porterei in camera sua e ci chiuderei dentro, se soltanto non ci fossero i suoi genitori.
«Sì». Dico, scostandomi da lei. Mi sono mancate le tue labbra, le tue braccia, i tuoi ti amo. E mi mancheranno stasera e domani. Mi mancherà come l'aria sotto l'acqua, ma accetto tutto e non appena ne avrò la possibilità la stringerò ancora tra le mie braccia al Distretto 12. Accetto tutto, anche rimanere in apnea fino a che non la vedrò di nuovo; quando le legherò intorno al collo tutte le conchiglie che hanno assistito all'inizio del nostro futuro. Mi sei mancata, mi manchi, mi mancherai.
E non posso fare a meno di osservarla camminare lungo la stanza, raggiungendo il padre, la madre e persino la mia, stringendoli uno ad uno in un abbraccio.
«Grazie zia Annie per avermi acconciato i capelli». Dice, ancora tra le sue braccia, salde e senza tremori ora.
«Junior ha trovato una perla rara e la custodirà sempre dentro di sé, proteggendola da ogni male, proprio come ha sempre fatto Finnick, lo sai? Non succederà mai nulla a questa perla perché è la cosa più importante del mondo».
Deglutisco, osservando il sorriso di mia madre e le sue mani sulle guance di Willow, annuisce, guardandola dritta negli occhi. «E non è importante la distanza, la perla è sempre dentro l’ostrica anche se è lontana e la marea li ricongiungerà perché-»
«La marea torna sempre». Conclude Willow, per lei, stringendola ancora tra le sue braccia, asciugandosi lesta le lacrime. «Hai ragione, zia. La marea torna sempre».
Sorride, mia madre, prima di lasciarla andare e mi ritrovo circondato da quelle braccia minute, sentendo i suoi singhiozzi. Ed ha ragione, mia madre. La marea torna sempre. Ogni giorno, ogni mese ed ogni anno, la marea si alza e si abbassa. Ed io andrò da Willow ogni volta che ne avrò la possibilità e non ci sono guerre, ora. Non c’è l’ignoto di non sapere se si farà ritorno. Tornerò sempre e questa è davvero una promessa.
Vedo gli occhi di tutti puntati su di noi e guardo il sorriso di mia madre, le mani che si chiudono davanti alla bocca e le sue lacrime scendere lungo le guance. «Mamma...» Sussulto, scostandomi da Willow per raggiungerla, ma lei nega con la testa e si fa abbracciare dalla zia Katniss.
E rimaniamo così, con la zia che stringe mia madre ed io che abbraccio Willow, davanti a tutti. Perché sta singhiozzando e piangendo e non posso fare niente per cancellare ogni lacrima che versa. Non posso fermarla, né bloccarla qui con me.
Dite qualcosa. Sospiro, accarezzandole i capelli. «Vieni». Le stringo una mano, sotto gli occhi attenti del padre, del moccioso e delle gemelle.
«Voglio anche io un Junior!» Esclama Lily, riuscendo a strappare una piccola risata dalle labbra di Willow e da quelle di Johanna.
«Non ti conviene, mocciosa. È un demente».
«Ma sembra così bello e dolce! Voglio un Junior, papà!» Sento in lontananza, continuando a guidare Wilow sino alla sua stanza. Niente e nessuno è importante in questo momento, se non Willow. Non esiste nessun altro.
«Junior, io-»
Crede che ce l’abbia con lei, che abbia fatto qualcosa di male, che forse mi sono isolato per poterle dire che non ci si comporta così, che non si piange, non dopo la nostra decisione, che dobbiamo essere forti e camminare a testa alta. Ma non sono qui per questo e non la lascio concludere nemmeno la frase che le mie labbra sono sulla sua bocca e sulle sue palpebre, seguendo la via delle lacrime. Non piangere. L’abbraccio, sentendo la sua guancia contro il mio petto. «Avresti dovuto svegliarmi questa mattina, mi sei mancata». Dico, prima di riprendere a baciarla. «Buongiorno, Will».
Singhiozza, stringendo le mie braccia. Sento le unghie sulla stoffa della mia maglia e nella mia carne e non so che fare. Voglio andare con lei, stare con lei. Non voglio più lasciarla andare via. L’ultima volta sono passati tre anni nei quali non l’ho vista, perché l’ho lasciata, cercando di mettere quanta più distanza mi era possibile. Ma ora non è così, ora è diverso. Ora ci siamo dentro insieme, in tutto e per tutto.
«Aspettami qui, Will». La bacio ancora una volta, e un’altra ancora, prima di scostarmi da lei. «Torno subito». Annuisce, allontanando le sue dita da me. Le sorrido, o almeno ci provo, prima di chiudere la porta alle mie spalle, correndo verso camera di mia madre.
Prendo subito tra le mani il portagioie con le collane, cercando quella che volevo darle l’ultima volta che siamo stati qui. Non è abbastanza, per lei, ma è qualcosa per il momento.
Mi porto dietro le sue spalle quando rientro nella stanza, portandole la collana intorno al collo. «Non è la mia, è quella di mio padre». Ammetto, baciandole l’angolo che congiunge il collo alla mandibola. Non sono stato capace di fartene una con le mie mani, ancora, ma lo farò.
«Junior...» Mi ammonisce, cercando di voltarsi verso di me, con le dite intrecciate tra le conchiglie.
«Lo so». Rispondo, chiudendo la collana intorno al suo collo, accarezzandole poi le spalle scoperte. «Non ho fatto in tempo a fare nulla. Tu mi hai regalato un muro, Willow. Voglio che tu abbia qualcosa che ti ricordi me».
Scuote la testa, stringendo i miei polsi. «Non ho bisogno di avere qualcosa per ricordarmi di te. Sei sempre nella mia mente».
Mi chino su Willow, sfiorando la pelle del suo collo con le labbra. Vorrei far scendere le mani, per stringerla e non farla partire. «Ma voglio che la tenga tu, Will. La prossima volta sarà fatta delle tue stesse conchiglie». Sussurro, vendendo la pelle d’oca sul suo corpo. «È un pegno. Quando ti farò indossare la collana giusta, porterò questa al suo posto».
Le bacio la guancia, sentendola tirare in un sorriso. «Le mie stesse conchiglie?»
«Quelle con cui mi sono bucato i piedi stamattina, quelle che ti ho tolto, ieri sera». Le accarezzo la vita, circondando il suo corpo e sentendo la sua schiena contro il mio petto. «Questa volta la finirò, non rimarrà incompleta».
Willow si gira del tutto, piantando le labbra sulle mie. «Non è incompleta!» Esclama, stringendo i miei bicipiti. «È perfetta, l’abbiamo completata noi, quella sera».
«Ma non puoi indossarla».
«Non importa». Scuote la testa, stringendo le mie reni così forte da mozzarmi il fiato per un momento. «È giusto che quella collana sia incompleta. Non bisogna indossarla, è… il nostro primo bacio. La nostra prima notte, ed è un bene che non sia finita perché se lo fosse significherebbe che non ci sia stato nessun bacio e carezza. E non voglio». Parla a raffica, baciandomi di tanto in tanto e mi sento come se fossi alla deriva. Sto scivolando sempre più al largo, in un mare che non conosco, ma che voglio studiare ed imparare ad amare.
«Non la finirò, quella. È completa così». Rispondo dandole un bacio tra i capelli, accarezzandone la punta. Non voglio che parta e continuo a pensare di doverla nascondere da qualche parte per poterla mantenere insieme a me, qui. E mi sembra tutto così assurdo, ora. Il doverci separare, vivere in due Distretti diversi, mi sembrano così lontani i pensieri di come non andassi bene per lei, che avrebbe dovuto abbracciare qualcuno della sua età. Perché non c’è niente di migliore di me e lei. «Non abbracciare nessun altro». Dico, issandola sul letto, prima di chiuderla nel mio abbraccio.
«Cosa?» Ride e mi bacia e mi accarezza il viso.
«Non abbracciare più nessuno. Puoi abbracciare solo me».
«Nemmeno la mia famiglia?» Ride ancora, baciandomi le labbra.
«Okay, ti concedo di poter abbracciare la tua famiglia, ma non abbracciare Warren, né Evan, né nessun altro». Mugugno, sopra la sua pelle, vergognandomi di me stesso. Perché mi fido di lei, so che non farebbe mai nulla per ferirmi, ma soltanto l’idea che qualcun altro possa appoggiare le sue mani su Willow, quando io non posso, mi fa uscire di testa. «E nemmeno baciare sulla guancia. Puoi baciare ed abbracciare solo me».
Ed anche se mi sento stupido a fare tutte queste raccomandazioni inutili, la sua risata è la ricompensa migliore che potessi ricevere.
E se non ti liberassi più? Non lo dico, questo. Perché sarebbe soltanto la debolezza di un ragazzo innamorato che non vuole separarsi dalla propria ragazza ed io accetto tutto. Accetto anche la lontananza. Ci rivedremo, ci ritroveremo e, prima o poi, saremo insieme ogni giorno. Perché non vedo altro futuro se non con Willow.
Scendere è stato difficile, ma l’abbiamo dovuto fare. Non chiedo della valigia, sebbene sappia che è pronta, da qualche parte e che non rimarrà niente di lei, se non il muro, gli specchi con la sua grafia, con i suoi disegni e la sua forza.
«Le prossime ferie le ho tra un mese, Will». Le sussurro all’orecchio, prima di baciarle una tempia. «Verrò nel 12».
Dilata gli occhi, circondandomi il collo con le sue braccia. «Conterò i giorni, i minuti ed i secondi».
«Willow, mi aiuti con la valigia delle gemelle?» La zia ci interrompe, facendomi scansare l’uno dall’altra.
«E tu puoi aiutare me con il pranzo, vero, Junior?» Il sorriso accondiscendente dello zio mi mette i brividi, e guardo la schiena di Willow raggiungere la madre e urlare quanto Mallow sia stata pestifera, e Rye che ha tentato in tutti i modi di farmi fuori le dita. Sembra già lontana, ora e c’è una paura di fondo che mi fa domandare se, un giorno di questi, potrebbe dimenticarmi.
«Junior, mi ascolti?»
No. «Dicevi, scusami, io...»
Si schiarisce la voce, stringendo la spalliera della sedia davanti a sé, senza utilizzare le unghie. «Sono… contento per te e Willow».
«Non la farò star male...» Lo anticipo, credendo che il discorso possa finire lì. «Sarà lei… farò quello che vuole lei». Mi giustifico. Accetto tutto.
«Non è più una bambina, per davvero, lei. Ed è innamorata di te, e tu di lei. Non posso fare niente per tenerla sempre con me». Parla, scostando la sedia per sedersi. «E so cosa significa stare con la persona che si ama da tutta una vita. Non nego che, secondo me, la differenza di età è uno scoglio che esisterà sempre tra di voi, e la distanza, ma ogni coppia ha le proprie difficoltà». Fa una pausa, cercando i miei occhi. «E voglio solo che Willow sia felice, Junior. Se tu la farai felice, allora lo sarò anche io».
«Papà ha detto che da Capitol City porterà i contraccettivi». Mi dice, stringendosi al mio petto e intrecciando le nostre gambe.
«Tuo padre ha detto che cosa?» Scatto seduto, allontanandomi da lei.
«Che ti porta i contraccettivi di Capitol City. Dice che sono troppo piccola per dormire con un ragazzo e che devo stare attenta e che devi stare attento anche tu, non vuole diventare nonno». Mi sorride, accarezzandomi il viso. «Vedi che mio padre è il più bravo del mondo?»
«Gli hai parlato del fatto che… noi…» Ho gli occhi dilatati dallo stupore. Mi ucciderà. La prossima volta che mi vedrà, mi ucciderà.
«Anche mamma e papà fanno l’amore. Quando si ama è normale, no?! Io voglio fare l’amore con te, Junior». Mi bacia la guancia sino a raggiungere l’angolo della bocca.
«Ma potrebbe anche non saperlo ogni persona della tua famiglia».
«Perché dovrei nasconderlo? È una cosa bella, ed io sono felice quando facciamo l’amore e non nascondo niente a mio papà». Mi bacia ancora, ed ancora, accarezzando l’addome, il petto, il ventre e mi dimentico di tutto, di segreti, di possibili morti, di contraccettivi e di qualsiasi altra cosa. È disarmante, Willow, persino quando si stringe a me. Ogni cosa che fa è guidata dalla spontaneità. «Ti amo».

«Voglio stare con Willow». Dico, sedendomi davanti a lui. «Non voglio sentirmi sbagliato per questo. Lo so che sono… che abbiamo un’età differente, ma voglio stare con lei».
«Non sei sbagliato, Junior e nessuno di noi lo pensa. Non hai mai fatto niente di male nei confronti di Willow, l’hai allontanata quando hai creduto che fosse opportuno, ma non si possono comandare i sentimenti, Junior. Ci sono passato e Willow ti ama, da sempre». Mi guarda negli occhi, senza paura o rabbia, soltanto con la preoccupazione che credo sia parte di ogni padre nei confronti della figlia. «E credo che possa trovare la felicità soltanto con te». Sussurra, abbassando lo sguardo. «Ma devi seguire i suoi tempi, Junior. È ancora una ragazzina, sotto certi aspetti e tu hai quasi trent’anni».
«L’aspetterò, Peeta, l’aspetterò sempre». Non ho fatto altro in tutta la mia vita. Non ho problemi ad attendere. Ho atteso paziente il ritorno di mia madre, quando se ne è andata perché assomigliavo troppo a mio padre, ho aspettato che i miei sentimenti per Willow scomparissero, senza vederli mai sfiorire. Non posso fare altro, io, se non aspettare.
Lo sento sospirare, accarezzando la superficie del tavolo e comprendo che non ha finito, che ha qualcosa da aggiungere, che ciò che ho detto non basta a convincerlo. «Non recitare, non con lei». Ed anche se non l’ho fatto, se ho smesso di chiudermi, decidendo di seguire il suo consiglio, di non allontanarla, non più, non sembra voler accettarlo.
«Ora». Pronuncia, cercando di miei occhi. «Ora aspetti, poi ti stancherai di farlo. E non dico che tu debba allontanarti, ma succederà, Junior, e per quando accadrà non so se Willow sarà effettivamente pronta». Inarco un sopracciglio, senza riuscire a seguirlo. «Anche io ho aspettato tanto, e poi ho semplicemente smesso di farlo, perché non si può aspettare per l’eternità».
Sospiro, massaggiandomi le palpebre con le dita. «Ma io e Willow non siamo te e la zia, Peeta. Non contrapporre il vostro rapporto a quello che ho ora con lei». Rispondo, esasperato. Una volta, i suoi racconti su come amasse Katniss, su come fosse stato difficile avvicinarsi a lei, potevano essermi d’aiuto, ma non siamo loro e non lo saremo mai. Non ci siamo conosciuti in un arena, non combattiamo contro la morte come hanno fatto loro e Willow non è la zia, come io non sono Peeta. «Aspetterò anche dieci anni, la aspetterò il tempo necessario». Continuo, alzandomi in piedi e dandogli la schiena. Non siamo te e Katniss.
«Lo so, ma-» Mi fermo sull’uscio della porta, bloccando qualsiasi frase voglia dire.
«Io sono Junior, lei è Willow e l’aspetterò, sempre». Perché ora non posso fare altrimenti, perché è una decisione che ho preso non appena l’ho baciata, su quella spiaggia, decidendo di non recitare più, di non allontanarla più, perché mi ama ed io sono innamorato della mia mocciosa e non voglio perderla.
Credo che voglia aggiungere qualcos’altro, ma non lo fa. Rimane in silenzio ad osservarmi la schiena, con tutta probabilità, e faccio un passo verso l’altra stanza, stanco delle sue paternali. «Sono suo padre, voglio solo che non soffra». Lo sento sospirare, soprattutto a se stesso che non a me.
«Junior, fai una collana di conchiglie anche a me? Ne voglio una come quella di Willow». Abbasso lo sguardo sulla mocciosa di nome Lily, mi sorride affabile, stringendo la stoffa dei miei pantaloni.
«Non posso». Rispondo, accovacciandomi per raggiungere la sua altezza. «Sono soltanto per Willow».
«Perché le vuoi bene? E a me no?»
Rimango in silenzio, guardandola. «Perché la amo, come tuo padre ama tua madre». Rispondo in sussurro, sentendo le spalle più pesanti e delle labbra sulla mia guancia.
«Ti amo anche io, però più di come papà ama mamma. Molto di più, Junior». Mi bacia ancora una volta, con il corpo sulla mia schiena, cosicché non mi possa alzare. Dannata mocciosa, staccati. Penso, sentendo i gridolini di Lily, euforici e divertiti su come stiamo appiccicati.
«Me lo dai un bacio, Junior?» Mi accarezza il mento, facendo sì che sposti il viso.
Nego. Non qui, non con una bambina davanti a noi che ci guarda e ci spia e sorride attendendo trepidante.
«Sei cattivo! Ma non importa, ti bacio io». Mi scosto, con uno scatto, quando sento la voce del moccioso vicino a noi.
«Mi fate schifo, lo sapete?» Scuote la testa, prima di mostrare i denti e ha ragione, questa volta. Willow non può comportarsi così, baciarmi davanti a mocciose che non capiscono nemmeno quello che stanno guardando.
«Rye, non rompere! Non capisci nulla, tu». Lo rimprovera, la sorella, mentre cerco di ritrovare una respirazione regolare e cercare di non strozzarmi con la saliva.
«Mi dai un bacio anche a me, Junior?» Lily mi sorride, dall’alto. Le mie mani sono appoggiate al pavimento, ormai seduto e sospiro. Ecco perché non volevo mi baciasse, Willow.
«Junior può baciare solo me, Lily!»
Comincia a farle il solletico, riempiendo il soggiorno delle loro risa e dei ringhi di Rye. Ed io rimango a terra, a guardarle rincorrersi e giocare insieme.
Aspetterò per tutto il tempo necessario, poi anche noi avremo questa felicità.




Ringraziamenti:
Come per ogni nostra fanfiction, non possiamo esimerci dal ringraziare tutte le persone che ci sono state vicine nella stesura della storia, quelle persone che, in qualche modo, hanno contribuito a rendere Aqua la storia che è, quindi i nostri ringraziamenti più sentiti vanno a:
radioactive che non solo ha creato per noi questo fantastico banner – e non ci stancheremo mai di dire che è una grafica nata – ma che ci ha promptate, aiutate, ispirate e che è la persona che più ci ha aiutate e spronate a scrivere Aqua. Questa fanfiction è anche sua;
_eco che ci ha fatto immaginare un incontro tra JJ e Will;
gabryweasley che ci ha seguite sin dall’inizio, amando Aqua tanto quanto noi. Che ci chiedeva di passarle i pezzi e li leggeva dicendoci sempre cosa ne pensasse.
Se amiamo tanto Aquamarine è anche merito loro ♥ Grazie per tutto, vi amiamo! ♥


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