Anime & Manga > Kuroko no Basket
Segui la storia  |       
Autore: Rota    27/02/2015    2 recensioni
Il tempo dei lupi non si è ancora estinto. Il tempo dei canti al cielo e delle veglie notturne, occhi di fuoco nella notte e nel giorno, non è ancora deceduto.
Come il lupo solitario, lontano da ogni possibile branco – pelo rossiccio talmente scuro da ricordare il porpora, o il sangue profondo proveniente direttamente dalle viscere. Lupo sperso, nel bosco fitto di una terra che concede persino allo smarrimento una via di redenzione, nascosto tra rocce dure e spigolose senza anima e senza spirito fisico. Lupo sempre, grande quanto può essere un orso e dotato della stessa famelica voglia di ogni cosa tranne che di sé medesimo. Lupo chiamato, dai pochi esseri umani che osano vivendo in quella zona mescolare il proprio destino a quello della totalità del tutto, “Gerbera della neve” o “Murasakibara”.

[MuraMuro WereWolf/AOB!Verse]
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsushi Murasakibara, Taiga Kagami, Tatsuya Himuro, Un po' tutti
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

*7*

If you don’t back away

 




 

Murasakibara corre tra le dune bianche di neve.
Non lo ferma il freddo, non lo ferma il ghiaccio su cui scivola, non lo ferma il terreno duro pieno di sassi né l'odore della proprietà precisa di un territorio. Corre senza volontà, per scaldare il fiato che ha nei polmoni e per sentire il vento tra le pieghe del pelo cupamente rosso.
Spezza i rami bassi degli alberi scuri al suo passaggio, con il capo e con le spalle, non si cura neppure del terrore che espande tra le piccole anime degli animaletti del luogo – una lepre salta fuori a un mucchio di rovi, per poi sparire alla vista con neanche l'eco dei suoi passi accelerati.
La furia è qualcosa di ben diverso da ciò che è racchiuso nel suo sguardo: totale assenza, mancanza di contatto con la realtà. E forse fa più paura quello che tutto il resto.
Non mostra interesse, e torna a guardare in avanti.
Il bosco si apre in una radura candida, che termina su un fiume coperto di ghiaccio. Le sue zampe fanno tremare il sottile strato, una crepa profonda si apre non troppo distante da lui e comincia a rendere incerto tutto.
Sente non troppo lontano qualcuno ululare: la luna non si smuove a pietà, come mai ha fatto, e rimane impassibile al centro del loro cielo. Non la guarda, disprezzando quell'astro come non ha mai disprezzato davvero nessuno, e la sensazione di astio come quella di smarrimento è tutto ciò che lo lega, in quel preciso istante, alla realtà fittizia di cui sono pieni i suoi occhi. È una sensazione che lo accompagna da quando la realtà è diventata troppo dura, troppo brutta per poterci davvero pensare, e tutto ciò che gli rimane in corpo è un dolore angosciante che necessita, in ogni modo e in ogni caso, di trovare giustificazione.
Ringhia, e nel scuotere la gola sente nel rigurgito il sapore di sangue fresco. Non di coniglio, non di cervo, non di orso; di Lupo.
Lui odia la luna, ma c'è chi ancora crede che possa dispensare bontà e buon futuro, che una volta raccolte le speranze di tutti ascolti i loro lamenti, ne sia custode e non ne sia indifferente.
Stupidi, stolti. Chi odia di più, sono proprio i Lupi che cantano a orecchi basse.
Ne ha trovati alcuni, sul proprio passaggio, quella stessa sera.
Tanti, piccoli e spauriti, come un branco di conigli colto alla sprovvista. È stato il loro sangue ad avergli bagnato i denti, il loro sangue che lui ha bevuto. Qualcuno lo ha morso, ha provato a rispondere alla sua rabbia cieca e alla sua forza, ma lui non ha neanche percepito – ha sentito però le ossa della gamba del capobranco spezzarsi, nella sua bocca, in maniera davvero distinta, e tutte le loro urla di agonia.
Ringhia, come quel Lupo ulula.
Tocca di nuovo la terra piena di sassi, e continua la sua folle corsa.

 

***

 

Atsushi non è molto contento di quello che vede, in quel momento. O forse lo è, da qualche parte nel suo cuore e nel suo animo, e riesce a nasconderlo fin troppo bene dietro un'espressione a dir poco scocciata.
Il viso del più grande degli Himuro esprime una ferma convinzione più che vero dolore, per quanto il piede infermo non riesca ancora a reggere il peso del ragazzo per più di qualche secondo. Il fratello minore, distante neanche mezzo passo da lui, lo guarda e lo scruta come se dovesse cadere a pezzi da un momento all'altro, con un'apprensione tale che si può chiaramente vedere in tutta la sua postura. Anche chi del branco è rimasto dalla battuta di caccia osserva, in modo più o meno partecipe, a quegli abbozzi di passi l'uno dietro l'altro dell'ospite umano, i cui inciampi e i cui successi sono accompagnati da piccoli sbuffi e da poco sonore esclamazioni, in ogni singolo caso.
Kiyoshi accompagna da dietro la passeggiata, con gli occhi puntati sulle ginocchia e sulle caviglie – senza Kuroko nei paraggi, è lui che diventa responsabile del gruppo lezioso, per quanto poca fatica questo gli costi.
Alla fine, quando Tatsuya si accascia di nuovo contro le spalle di Taiga, non è tanto preoccupazione quella che rivolge alla coppia.
-Per ora penso che necessiti dell'aiuto di un bastone. Lo accompagneremo ai bordi della foresta, da lì potrà anche proseguire da solo.
I fratelli sorridono, l'uno verso l'altro.
Atsushi si ricorda, per l'ennesima volta, come non abbia visto l'espressione di Tatsuya per l'intera mattinata, dalla veglia fino a quel momento. E certo non gli piace per niente.

 

-Tornerai al villaggio degli uomini?
Lo ha avvicinato lui, senza aspettare che Taiga o Hyuuga si allontanassero dalla sua persona. Il fratello in particolar modo lo guarda male, iniziando a muovere la coda ricoperta di pelo rossiccio – Tatsuya alza la mano per richiamare la sua attenzione, e con un cenno della testa cerca di calmarlo e di portarlo un poco alla ragione; ottiene qualcosa, anche se lo guarda mentre se ne va abbastanza scocciato e con le spalle palesemente tese.
Atsushi guarda solo lui, e pare addirittura più alto del solito. Non gli da una bella sensazione, sente quasi il disagio sotto pelle. Tuttavia, gli sorride dolce, senza troppo lasciarsi impressionare.
-Sì, direi di sì. È quello il mio posto.
Muove la coda, piano, e appare con un'espressione tra l'incredulo e l'incuriosito. C'è qualcosa, nella sua testa e nel suo pensiero, che non trova risposta o motivazione.
Più che ostilità, è fastidio ciò che ombreggia i suoi occhi, proprio verso la loro fine. Fa per allungare la mano, ma basta che Tatsuya lo guardi perché lui perda la voglia di muoversi.
-Non vuoi... rimanere?
Il ragazzo lo guarda in viso, per quanto può. Nota del movimento attorno a loro, e anche se non è del tutto invasivo rimane presente e un poco pressante. Del fogliame viene calpestato, e produce un suono secco di superfici che si frantumano.
-Non posso. Sarei solo un peso per tutti.
Atsushi si corruccia, come farebbe un bambino troppo cresciuto di fronte alle obiezioni del genitore davanti a uno dei suoi tanti capricci.
-Torneremo nella mia tana... solo io e te.
-Sarei un peso anche per te, Atsushi.
Ora qualcosa nella sua voce comincia a incrinarsi, pian piano. Qualcosa di simile all'insoddisfazione, anche se più profonda e schietta – Tatsuya mantiene la calma di fronte a lui, per quanto una mano sia andata a stringere il tessuto ancora morbido della maglia che ha addosso.
-Non è vero.
-Sì, lo è.
Trattiene un sospiro di fronte a lui, per evitare di metterlo di fronte a certi suoi sentimenti: ha l'impressione di non riuscire a comunicare come dovrebbe, proprio a lui, l'ansia che lo ha preso da quella mattina, di sicuro non in modo diretto e del tutto veritiero.
Poi, di certo non ha intenzione di rimanere sporco di fango ancora a lungo, e questo desiderio nessun capriccio glielo può togliere o negare.
-Anche senza più ferite, dovresti proteggermi e darmi da mangiare. Io non posso mangiare le stesse cose che mangi tu, e non so difendermi dalle bestie che ci sono nel bosco.
-Posso fare... entrambe le cose. Senza problemi.
-La vita nel bosco è qualcosa a cui non sono abituato. Ci sono mille cose che non conosco e che potrebbero non solo farmi del male, ma anche uccidermi.
Atsushi allunga le mani e lo tocca, leggero, sul profilo – percepisce chiaramente il brivido che coglie, in un attimo, l'intero corpo del più vecchio degli Himuro, e la cosa non gli piace per niente.
Qualcosa, ancora, nella sua voce si modifica, e ora si avvicina più a una muta richiesta di vicinanza.
-Ti insegno io tutto ciò che serve.
Quel ragazzo ha addosso l'odore della paura, che non è buono, non è buono affatto.
E per quanto sorrida, per quanto gli sia davanti fermo e immobile, per quanto lo guardi, non ha ancora capito che non può nascondergli nulla.
-Atsushi, io e te siamo diversi per troppe cose.
Questa volta è Tatsuya ad allungare la mano verso di lui, per accarezzarlo. È freddo, e per nulla piacevole.
Atsushi vuole il suo Tatsuya, quello che gli piace tanto.
-Tornerò nel bosco a farti compagnia, come sempre ho fatto...
Lo guarda male, e il ragazzo percepisce distintamente una vena di ostilità in lui.
-Perché allora sei rimasto qui... così tanto a lungo? Perché non siamo tornati alla mia... tana?
-Perché il branco di mio fratello mi ha aiutato a guarire.
-Lo avrei fatto anche io!
Alza la voce, di poco ma lo fa. Sui bordi della bocca ci sono delle piccole pieghe, uguali a quelle che stanno sul muso di ogni lupo. La smorfia che ora ha lui le demarca, e fa un poco impressione.
Tatsuya non si fa ancora impressionare, e vince la tentazione di fare un passo indietro.
-Nella tua grotta avrei aspettato di guarire da solo.
Il ragazzo cerca di ammorbidire la voce, per quanto può.
-Atsushi, io ti sono davvero grato per avermi salvato la vita. Senza di te, sarei morto in quel burrone. Ma questo non tog-
Ma viene interrotto da un ruggito che scuote anche gli altri Lupi presenti.
-Non mi interessa la tua gratitudine, non la voglio.
Scuote il capo, le braccia e le spalle. Fa qualche passo, indietro e attorno a lui, come se lo stesse braccando per attaccarlo. Ha la coda che si muove impazzita, e le orecchie tra i capelli distese all'indietro.
-Non me ne faccio assolutamente niente.
Lo vede stringersi e lo sente freddo, tanto da ferirlo più di qualsiasi ghiaccio.
-Cosa ti interessa, allora?
-Io voglio te.
-Perché?
-Te l'ho già detto.
C'è una punta di disprezzo che gli fa male, a quel punto, nelle parole di lui – e se avesse anche più calma in corpo, forse capirebbe che è più una provocazione che altro, senza pensare a chissà quale dimostrazione di odio nei suoi confronti.
L'uno e l'altro hanno paura, per motivi diversi.
E certo Tatsuya non è per niente controllato quando infierisce con qualcosa che è solo un suo pensiero e nessun ragionamento pensato e logico: la differenza nata dall'incomprensione è fittizia esattamente come la loro lontananza, in quel momento più che mai.
-Forse un Lupo intende in modo diverso il significato di un legame, ma per me non è una cosa così istintiva e così ormonale. Abbiamo condiviso dei bei momenti, so di essere attratto da te, ma non credo che questo basti a sancire nulla di profondo.
Atsushi ora grida, pieno di rabbia e di frustrazione. Lo prende per le spalle, incurante del dolore di lui e della smorfia quasi di ribrezzo che si lascia sfuggire ritrovandoselo con il viso troppo vicino.
-La stupidità umana è troppo grande! Anche tu sei uno di quelli che non capisce... finché non ha prove concrete ed evidenti! Sei cieco, come tutti gli esseri umani!
Lo scuote, potendolo fare, con le sue mani grandissime, donandogli la precisa sensazione sgradevole di essere totalmente impotente di fronte a lui.
-Te lo farò sentire, allora!
Lo morde sulla spalla ferita, del morso che unisce le anime dei Lupi.

 

Percepire attraverso la ferita anche l'intenzione offensiva dell'altro non è per nulla piacevole: fa esplodere ogni cosa, nella sua mente, come se niente avesse più senso o importanza se non quello specifico sentimento. E quando si fa dell'odio altrui il proprio mondo, anche se solo per un attimo o se solo per un singolo istante, poco può salvare da un assoluto rosso e spaventoso.
Dura poco, l'atto in sé. Atsushi lo tocca con quelle zanne da Lupo, penetra la carne della sua spalla in modo così improvviso che nessuno dei presenti riesce a reagire prontamente; la vecchia ferita non del tutto guarita torna a pulsare, più dolorosamente di prima, e gli sembra di avere uno squarcio in quel punto come non ne ha mai avuto prima.
Tatsuya si accascia a terra, con la spalla alzata. Guarda il viso dell'altro allontanarsi, con il mento e le guance rossi di sangue – del suo sangue: riconoscerlo e capirlo contrae di paura e terrore lo stomaco, aggiungendo dolore al dolore.
Sente caldo colare, su tutto il petto, e la percezione di ogni cosa si azzera. Percepisce ma non sente suo fratello avvicinarsi con un ringhio, veloce, e i ruggiti degli altri Lupi.
Il suo capo ciondola in avanti, con la volontà annebbiata. Diversi sussulti lo scuotono appena, non sa dire se per colpa del suo cuore impazzito o per altro.
Lo sente arrivare piano, confondendolo con la sensazione di calore del sangue che scivola sulla sua pelle. Una sensazione diversa, che parte da quella spalla e lo irradia tutto. Non è più dolore, anche se provoca lo stesso fastidio pungente.
Si accorge di non aver respirato per tutto quel tempo: è come prendere un sospiro profondo, che riempie di ossigeno ogni cosa. Specialmente il cervello.
E gli occhi. E il naso. E la bocca. E le orecchie. E tutta la pelle.
Febbre e frenesia, una scossa elettrica che supera il suo stesso concetto di estasi – rimane per neppure un istante e non è afferrabile, ma sa che è avvenuto.
Quando alza di nuovo lo sguardo, ingoiando la saliva depositata sotto la sua lingua, il mondo gli si rivela come qualcosa di cambiato. Più particolari che stimolano il suo cervello, più dettagli specifici.
Lo capisce anche senza che nessuno glielo spieghi, a quel punto. Sa di non essere un Lupo, perché la sua forma fisica non muta né l'essere nel suo intimo, rimanendo integro almeno in parte.
Atsushi lo guarda, dopo aver calciato via Taiga con un ringhio rabbioso. E come Tatsuya ha qualcosa di suo, lui ha qualcosa dell'altro.
Non è più niente di uguale, non c'è niente di replicabile o che vagamente gli possa assomigliare. Sa di appartenergli come appartiene alla vita, da quel momento in poi.

 

Atsushi, però, non ha previsto una cosa.
Nel momento della condivisione, tutto del partner diventa più intenso: sentimenti, finalità, intenzioni, e anche paure. Così, quando procede verso Tatsuya di qualche passo, per tornare a toccarlo come ha fatto prima, la realtà della sua paura e del suo disagio quasi lo schiaffa in viso e tenta in ogni modo di allontanarlo.
Il maggiore degli Himuro non ha cambiato il proprio cuore, in quel frangente, e si è rivelato di carattere più forte del destino imposto.
Questo, al Lupo, fa male. Tanto male da portarlo alla ragione, e a fargli capire la gravità del suo gesto: il ragazzo non lo guarda ancora, oltre il muro di ghiaccio freddo che ha eretto a propria protezione.
Ringhia e urla, tra la disperazione e la paura – sa che l'altro la sente, fin troppo bene.
E per orgoglio e per vergogna, Atsushi si volta e Murasakibara scappa via.

 

If you don’t back away then

I don’t care if you get hurt


 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: Rota