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Autore: Ness    27/02/2015    9 recensioni
“E tu che cazzo ci fai qui? Mi stavi spiando?” urlo. Non si è neanche presa il disturbo di nascondersi la stronza.
“Io … non volevo … ecco ma …”balbetta quattro parole, come se potessi scusarla. Ma adesso basta. E’ ora che si tolga definitivamente dalle palle. Mi ha stancato. Deve smetterla. Deve sparire dalla mia vita. Cazzo!
“Sì certo, non volevi! – Ironizzo. Poi le vado contro inveendo con le braccia alzate – Mi stai sempre tra i piedi! Quando lo capirai che non m’interessi? Per me vali meno di zero! Dedicarmi canzoni non mi farà innamorare di una mocciosa che non ha carattere! O pensi che cambiare look una settimana sì e una no, mi faccia interessare a te? Non direi! Anzi, mi stai ancora più sulle palle così! Abbi un briciolo di amor proprio e vivi la tua vita, stando alla larga dalla mia!”.
Questa OS è presente in due versioni, quella di InuYasha e quella di Kagome.
Per la versione di Kagome scritta da Yasha26 ----> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3041055
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ti amo.

Di questa parola so tutto il peso – l’orrore e la meraviglia –

eppure te la dico, quasi con tranquillità.

L’ho usata così poco nella mia vita,

e così male, che è come nuova per me.

Cesare Pavese

 

 

 

 

 

Open your eyes

 

 

 

“Sì, ti ho detto che sarò puntuale”

“Mi raccomando InuYasha! Sarò sotto casa tua in cinque minuti! Fatti trovare pronto!” e riattacca.

Fottiti Miroku – penso mentre infilo i jeans con una mano e una camicia con l’altra.

Tutte le volte che dobbiamo registrare un nuovo album va in defibrillazione e rompe le palle a me. Il nostro gruppo sta spopolando tra i giovani e il singolo, lanciato solo meno di un anno fa, è ancora in vetta alle classifiche di quelli più venduti. Non me lo sarei mai aspettato. Se penso di aver scritto quel pezzo senza passione, solo perché non avevo niente da fare quel giorno, ancora ne resto basito. Forse è vero che i critici scrivono solo per il gusto di metter parole sulla carta. Credo che, se avessero ascoltato con attenzione il pezzo, si sarebbero accorti che fa letteralmente cagare. Mah, contenti loro. Io vendo, il mio gruppo scala le classifiche e i soldi entrano a palate. Ed io ho il denaro necessario per me e per le mie necessità primarie.

Sto per uscire da casa quando mi rendo conto di aver lasciato la roba sul tavolo in bella vista. Se dovesse passare la donna delle pulizie, verrebbe fuori il finimondo. La prendo e la nascondo nella tasca interna della giacca, sperando che nessuno se ne accorga. Non ho voglia di beccarmi il solito cazziatone da Miroku. Che si faccia i cazzi suoi una volta nella vita.

“Emiko io esco. Quando te ne vai, chiudi la porta e non lasciare niente di tuo in casa mia” urlo alla ragazza ancora mezza addormentata nel mio letto. Una delle tante che per una notte con me farebbe follie.

Siamo sicuri si chiami Emiko? – mi chiedo – Non sarà mica Yasu.

Chiudo la porta del mio appartamento e sento il clacson insistente di Miroku. Mi precipito dalle scale e mi fiondo nell’auto dal finestrino aperto, mentre lui da gas.

“Sei un imbecille Miroku!” dico cercando di mettermi seduto, senza sbattere a destra e a manca in auto.

“Ehi, ma non eri tu l’uomo sprezzante del pericolo?” sghignazza.

Quest’idiota non merita neanche una risposta. Riesco ad allacciarmi la cintura di sicurezza quando sento vibrare il cellulare. Lo prendo e vedo che c’è una notifica. Una nuova mail.

Leggo l’oggetto: Google Alert (1) – Kagome Higurashi.

Apro la mail e all’interno trovo un collegamento che mi riporta a una pagina web. Lascio caricare mentre accendo una sigaretta. Quando termina di aprirsi mi trovo davanti la foto di Onigumo Kumo che abbraccia Kagome Higurashi all’uscita dagli studi. Una di quelle foto promozionali, false come le promesse che da sempre ti fa la vita, e che poi, puntualmente, non mantiene. L’articolo diceva: Sono quasi terminate le riprese di Blossom Wild, film evento dell’anno che ha come protagonista l’eclettica Kagome Higurashi. E’ notizia di pochi giorni che, entro l’estate, saranno girate le ultime scene del film più atteso. I fans della cantante sperano di poterla vedere entro l’autunno sul grande schermo, ma, la casa di produzione ha già smentito la cosa affermando che il film arriverà nelle nostre sale per la fine di dicembre di quest’anno.

L’articolo continuava parlando della trama del film e c’era uno scambio di battute tra l’intervistatore e Onigumo Kumo, uno dei personaggi che ruotano attorno alla protagonista. Null’altro. Passo una mano tra i capelli e, per pura curiosità, provo ancora a scorrere per vedere se c’è qualche altra notizia.

“Cos’è, hai deciso di imparare a leggere? – dice il mio accompagnatore – Cosa leggi di così importante da non ascoltare quello che ti sto dicendo?”.

“Non ti ascolto solo perché spari cazzate dalla mattina alla sera”.

Intanto siamo arrivati allo studio di registrazione. Miroku mi fa scendere davanti all’ingresso mentre lui va diretto al parcheggio sotterraneo. Non amo entrare dalla porta sul retro. A me piace entrare dalla porta principale, con tutti gli onori spettanti a un cantante di successo come me.

Ho faticato e sudato a lungo per arrivare dove mi trovo, e adesso voglio godermi tutto appieno. La vita non è mai stata benevola nei miei confronti. Avevo solo sei anni quando i miei sono venuti a mancare e sono andato a vivere con il mio fratellastro Sesshomaru. Lui era molto più grande di me all’epoca e ritrovarsi un marmocchio in giro per casa a venti anni non era nei suoi progetti. Per lui ero un impiccio non di poco conto e, per “ripagare” la sua benevolenza, ero costretto a far tutti i lavori di casa, neanche fossi stato il suo sguattero. L’unica consolazione di quel periodo era la vecchia e gentile Kaede, un’anziana che viveva nel nostro stesso palazzo. Quando scoprì come mi trattava quella bestia di mio fratello, voleva chiamare i servizi sociali, ma riuscii ad evitare la cosa. Così mi aiutava in ogni faccenda e cucinava sempre per me. Mi si era affezionata, e suppliva alle mancanze di mio fratello, facendomi pesare meno la mia permanenza lì.

Il suo affetto, però, durò poco. Mancava poco al mio undicesimo compleanno, quando la dolce e buona Kaede morì. E rimasi nuovamente solo. La mia vita con lui era un continuo inferno e, quando arrivò alle mani, decisi di scappare via. Da solo, senza un soldo, minorenne. Per pura fortuna trovai un lavoretto sottopagato, ma almeno potevo magiare ogni giorno. E, grazie alla mia vita da vagabondo, mi avvicinai alla musica.

Un locale m’insegnò la musica, e i Kami mi donarono la voce.

Se Myoga, il proprietario di quel locale, non l’avesse udita, adesso non sarei qui. Ricco e famoso. Fortunato un po’ meno. Tutte le persone che amavo in questa vita mia hanno abbandonato, o per causa di forza maggiore o perché mi hanno tradito. Come quella puttana di Minori (2). Mi aveva usato, aveva preso il mio cuore, fatto in pezzi e usato per poi dargli fuoco. La amavo! Kami se la amavo! Era la donna più bella che avessi mai incontrato sul mio cammino e nel mio futuro, vedevo solo lei. Era lei a non vedere me, la stronza. Stava con me e si faceva sbattere dal chitarrista di un gruppo che spopolava in quel periodo. E la cosa assurda è che mi ripeteva in continuazione “Ma InuYasha, sono sincera. Non c’è nulla tra me e Makoto (3)!”. E aveva il coraggio di piangere, mentre mentiva spudoratamente. Il prossimo che viene a raccontarmi che il nome di una persona ne evidenzia il carattere, gli rovino la faccia a suon di cazzotti.

E’ colpa sua se ho deciso di non amare più, se ho chiuso il mio cuore e la mia anima al mondo intero. Nessun altro sarebbe entrato in me per poi abbandonarmi. Nessuno. Avrei vissuto la mia vita da solo, allontanando ogni possibilità di altro dolore nella mia vita. Ogni volta che cado a terra, devo ricominciare daccapo ma, rialzarmi, diventa sempre più faticoso.

Mentre ripenso alla mia vita, inevitabilmente, la mano va alla tasca interna della giacca, dove ho nascosto la bustina con la cocaina. Non avrei dovuto portarla con me. Se mi beccasse qualcuno, al di fuori di Miroku, passerei guai peggiori di quando vivevo con mio fratello. Se la vita non fosse stata nefasta nei miei confronti adesso, non sarei qui a nascondermi come un criminale e, soprattutto, pieno di debiti.

 

Esco dall’ascensore che mi ha portato al piano della sala prove, e mi accomodo, gambe incrociate, sul divano della sala relax che c’è nell’ampio corridoio. Chiudo gli occhi per rilassarmi prima di iniziare, quando mi accorgo che arrivato anche Miroku. Cazzo non è da solo. Sempre con quella Sango. Va bene che stanno insieme, ma è sempre tra i piedi. E con lei c’è quella dannata ragazzina. Come diavolo si è conciata questa volta? Possibile che se ne inventi di tutti i colori pur di attirare la mia attenzione? Quando capirà che deve starmi lontana? Mi alzo, lancio uno sguardo nella loro direzione e poi, fingendo di non vederle, gli passo davanti, ignorandole. Lui continua a conversare amabilmente con loro e nel passare davanti al trio, noto il dispiacere sul volto della ragazzina. Ben ti sta – penso gongolante – vediamo se alla fine la smetti di girarmi intorno.

Ogni volta che la incontro, ha sempre qualcosa di diverso, i capelli rossi, un nuovo tatuaggio, i piercing che non oso nemmeno immaginare dove ne ha di nascosti e sempre di nuovi. Perché non la smette.

Ricordo ancora quando l’ho incontrata la prima volta, tre anni fa. Ero appena entrato a far parte del gruppo di Miroku, e lei è arrivata cercando il suo aiuto per arrangiare un nuovo pezzo. Avevo sentito parlare di lei, ma non me ne ero mai interessato, prima di allora. Indossava un paio di jeans sbiaditi dai continui lavaggi, una maglietta grigia, di quelle che ti fa sembrare un pipistrello, e un paio di All Stars bianche, lunghi capelli, corvini, legati in un’alta coda spettinata, e un paio d’ipnotici occhi azzurri. Non ricordo di aver mai visto degli occhi così luminosi, prima di allora. Quella sua bellezza, acqua e sapone, mi conquistò immediatamente. Dopo quella volta, non l’ho più vista così semplice. Da allora ha cambiato look ogni settimana, facendo perdere ai suoi capelli, il loro colore naturale e nascondendo, quei magnifici occhi, dietro delle orribili lenti a contatto colorate.

“Che stupida – mi trovo a sussurrare – era così ingenuamente carina”.

“Chi è carina?” chiede Miroku con aria troppo curiosa.

“Nessuno” rispondo atono, sperando che non colga l’imbarazzo nella mia voce.

“Sicuro? Non è che il glaciale InuYasha ha finalmente deciso di aprire il suo cuore a qualcuno?”.

“MAI” rispondo con un tono un po’ elevato. “Vado in bagno e poi iniziamo”. E lo lascio lì come un deficiente per correre a chiudermi in bagno.

Arrivato alla toilette, mi assicuro che non ci sia nessuno dentro e richiudo la porta alle mie spalle. Devo assolutamente prenderne un po’. Questa mattina non ho fatto in tempo e ne sento il bisogno. Quando ho finito, ripulisco il tutto, mi sciacquo il viso e do una sistemata ai capelli. Non ho fatto in tempo a guardarmi allo specchio questa mattina Ho un aspetto terribile. Le occhiaie mi scavano il viso e non mi sono neanche rasato. Bagno i capelli, cercando di dar loro una forma, ma non mi piaccio. Forse dovrei tagliarli ancora un po’. Sarebbe più facile gestirli. Sbuffo. Se il mio consulente d’immagine scoprisse che ho certi pensieri mi farebbe secco. Esco cauto dirigendomi nella sala prove. La stanza è spaziosa e nei toni del rosso e del blu.

“Buongiorno ragazzi”.

“Ecco la prima donna che finalmente si degna di raggiungerci” risponde Koga, il bassista della band.

“Non è colpa mia se sono in ritardo!”. Ammicco.

“E di chi è questa volta? Della moretta di ieri notte?” domanda Bankotsu, la chitarra principale del gruppo. “Come si chiamava, Hojo, te lo ricordi?” chiede al nostro tastierista per sfottermi.

“Non lo ricordo già più! So solo che aveva due tette così!” e fa il gesto con le braccia per indicare quando prosperoso fosse il seno della ragazza che avevo lasciato nel mio letto. Che si chiamasse Ayumi (6)? Non me lo ricordo. Dovevo essere veramente strafatto.

“Ed erano veramente enormi!” confermo nel solito teatrino di tutti i giorni. Oramai tutti sanno che le voglio con il seno enorme. E andiamo avanti. Nemmeno ricordo più come mai mi sono ritrovato ad avere questa nomea.

In disparte Miroku mi osserva con aria stizzita. Che la sua bella dama lo abbia preso a schiaffi per l’ennesima volta? Eppure a guardarlo bene, non sembra avere lividi recenti.

“Ehi Miroku, che faccia da funerale che hai” dico con un tono di due ottave più alto.

“Tsk, andiamo imbecille” ribatte e mi afferra per un braccio trascinandomi fuori dalla sala prove. Mi porta in un luogo appartato, dove nessuno può sentirci.

“Non ti basta quanto ci hai dato dentro ieri sera?”.

“Quando la smetterai di farmi da balia Miroku?”.

“No, quando la smetterai tu di farti di quella robaccia! – sbraita prendendomi per le braccia e guardandomi le pupille – Si vede lontano un miglio che ti sei fatto! Idiota!”

“Ma non se ne accorgerà nessuno – ribatto staccandomi dalla sua presa – mi basterà indossare un paio di occhiali!”.

“In un ambiente chiuso? Ma sei deficiente, o cosa? Se i produttori dovessero accorgersene, saresti buttato fuori dal gruppo e finiresti i tuoi giorni in una cella! E’ questo che vuoi della tua vita?”.

Incrocio le braccia e gli do le spalle. Non sopporto quando mi fa la ramanzina per come mi comporto. In fondo ma vita è la mia, e lui non è nessuno per dirmi come devo viverla.

“Vuoi rispondermi?”.

“Pensa alla tua donna e non rompere le palle a me” rispondo lasciandolo lì per tornare alla sala prove.

Miroku è l’unico cui ho permesso di avvicinarsi. È l’unico amico sincero che ho. Con gli altri del gruppo mi diverto, esco a bere, vado a donne ma nulla di più. Lui invece, sarà anche un maniaco del sesso ma ogni consiglio che mi ha dato è sempre stato solo per il mio bene. E so che anche questa volta ha ragione, ma non posso permettermi di fallire e di uscire dal percorso che ho deciso di intraprendere. Non avrò altro amore nella mia vita che non sia la musica, e ogni distrazione deve essere tenuta lontana. Nella buona e nella cattiva sorte. Solo la musica non mi abbandonerà. Tutto il resto è niente.

E questo è l’unico modo che io conosca per raggiungere il mio scopo.

 

In sala gli altri stanno già provando la nuova canzone che lanceremo sul mercato. Così vado al mio tavolo, dove, la sera prima, ho lasciato i testi della canzone, per prenderli quando Miroku rientra e sta al telefono. Mentre gli do le spalle, lo sento solo rispondere: “Tranquilla Sango, verrò appena finiremo con la canzone – poi silenzio e lui che risponde – Ok va bene. Al massimo passo sul set cinematografico. A dopo”.

Set cinematografico? Non andrà per caso a vedere Kagome sul set televisivo?

Resto fermo immobile davanti al tavolino. Osservo gli spartiti gettati sopra alla rinfusa, e guardo il foglio con la scaletta delle prove di oggi. La ragazzina e Onigumo. Mi sono rifiutato di chiedere a Miroku la trama del film, ma lui ha insistito per raccontarmela. Oggi ho visto Kumo in giro, quindi girerà con lui. Scuoto la testa, come a voler scacciare quel pensiero assordante e lo sguardo mi cade su una cartellina. La fisso per un po’, come se mi stesse parlando.

Prendo gli spartiti al suo interno e torno dai ragazzi.

“Cambio di programma, proviamo questa” dico risoluto.

“Che roba è questa?” chiede Koga.

“Una cosa venuta fuori un po’ di tempo fa” rispondo dando a ognuno la parte e dirigendomi al microfono.

“Shed my skin?” chiede Miroku alzando un sopracciglio.

“Hai qualcosa da ridire?” domando guardandolo di sbieco.

“No, certo che no! Sono sorpreso di vedere che finalmente ti sei deciso a incidere questa – dice con un mezzo sorriso – Forza ragazzi, diamoci da fare!”.

 

Shed My Skin

Non sono solo

Vivo con dei ricordi e il rimpianto è la mia casa
Questa è la mia vera libertà
Esprimere tutti i sentimenti di quello che sono diventato
Osservo il sole che sorge
Spero di trovare un po’ di pace oggi

Sembra che io me ne sia andato
Sembra che io mi sia perso
Sembra che io abbia davvero smarrito la mia strada
Sembra che io mi sia perso
Sembra che io…
Cambia la mia pelle

Sei pronta per me oppure purifica il mio amore
Sei pronta per me?

Un sentimento amaro che sta affondando
Sono consapevole del fatto che non si può più tornare indietro
Verso il mondo dal quale provengo
Sono in cerca di qualcosa ma sto trovando meno di niente
Sembra che io me ne sia andato
Sembra che io mi sia perso
Sembra che io abbia davvero smarrito la mia strada
Sembra che io mi sia perso
Sembra che io…
Cambia la mia pelle

Sei pronta per me oppure purifica il mio amore
Sei pronta per me?

Oh quanto darei per provare di nuovo i sentimenti che ho perso
per essere di nuovo quello che ero
Ho aspettato tutta la vita
Giorni senza fine si sono presi ciò che mi faceva sentire libero
Sono passati anni e sono distrutto
Non parliamo del passato
Quegli anni, oh, mi perseguitano ancora

Cambia la mia pelle

Sei pronta per me? Oppure purifica il mio amore
Sei pronta per me? Cambia la mia pelle

 

 

“Bravissimi ragazzi! Questa canzone sarà la punta di diamante del vostro nuovo album – dice entusiasta il produttore da dietro il vetro – E dimmi un po’ InuYasha, dove avevi nascosto questo gioiello?”.

Faccio spallucce. Non ho molta voglia di spiegare perché questa canzone è venuta fuori.

“Lo so io, Jaken! E scommetto che ne resterà sorpreso quando glielo dirò!”.

Prendo un microfono e lo lancio in testa a quell’idiota del mio amico. Così vediamo se, magari, una commozione celebrale gli fa perdere la memoria.

“Dai non prendertela amico! Non sarò certo io a spifferare i tuoi segreti!” dice guardandomi con l’aria di chi la sa lunga. Non gli presto attenzione e incito gli altri a proseguire con la prova del brano. Voglio che sia perfetta. Devo liberarla e liberarmene.

Sono passati tre anni da quando l’ho scritta e, da allora, l’emozione che provo nel cantarla è rimasta immutata. All’epoca, ogni singola parola è comparsa nella mia mente, creandone il testo, come se fosse da sempre stata lì e non aspettasse altro che fuoriuscire. E, quel paio di occhi azzurri le hanno dato forma. Mi ha sempre spaventato questa canzone perché, nonostante io facessi di tutto per tenermene lontano, il sentimento dietro ogni parola non accennava e non accenna a diminuire. Sono stufo di tenerla nascosta. Si dice che quando riveli un segreto, questo perda di importanza. E, infatti, adesso mi sento più leggero, soddisfatto, fiero di non essere caduto nella mia stessa trappola. Alla fine è solo una canzone. Nulla più.

E allora perché ho il cuore che sembra esplodere? – penso per poi ricacciare indietro quel pensiero. Forse quello che si dice, è solo una delle tante cazzate che si sentono in giro.

Terminiamo di provare e i ragazzi propongono di andare a pranzo insieme, ma non ne ho voglia. L’effetto della mia dose sta svanendo e non ho molta voglia di uscire, né di prenderne un’altra. Non oggi almeno. Devo cercare di ridurne il consumo o non ce la farò a saldare i miei debiti.

“No ragazzi, io passo oggi. Torno a casa a vedere se la tipa ha lasciato il mio letto”.

“Io non ti accompagno di certo! – dice Miroku ricordandomi che sono venuto in auto con lui – Voi, ragazzi, andate pure, che all’asociale ci penso io, oggi!”.

I ragazzi ci salutano e se ne vanno a pranzo insieme. Visto il buon lavoro fatto con la canzone, tutti abbiamo il pomeriggio libero. Ci ritroveremo domani per ulteriori prove.

“Non hai appuntamento con la tua donna?” chiedo, temendo cosa gli passi per la testa.

“Appunto, e tu vieni con me!” e mi strizza l’occhio.

“Dove stiamo andando?”.

“A trovare la donna che ti purificherà!” risponde sghignazzando e trascinandomi fuori dalla sala prove. Non ho il coraggio di immaginare dove mi stia portando, e ripensando alla sua telefonata, ho il terrore di sapere esattamente dove stiamo andando.

“Sei un bastardo” dico in un ringhio.

 

Arrivati sul set cinematografico Sango accoglie il suo uomo con un bacio poco casto, mentre a me riserva una delle sue terrificanti occhiate. Sango mi odia, forse per il modo in cui tratto la ragazzina rompiscatole. E l’odio è reciproco. Non la sopporto. Manesca, maniaca del controllo, e per niente femminile. Mi chiedo cosa ci abbia visto Miroku in una come lei.

“E a me niente bacio?” chiedo annoiato.

“Che diavolo è venuto a fare questo qui?” chiede a Miroku, ignorandomi.

“Solo a farmi compagnia. Che scena girano?” chiede, facendo la domanda che avrei voluto porre io.

“Una scena che avreste fatto meglio a non vedere! Soprattutto tu Miroku, perché sono certa che ti farà venire strane idee!”.

Sango ci spiega che la geisha interpretata dalla ragazzina sta per avere un incontro amoroso con uno dei clienti più assidui, e che la scena sarà un po’ spinta. Bene, di male in peggio. Kagome che scopa, anche se per finta, con quel subdolo di Onigumo è l’ultima cosa che avrei voluto vedere oggi. Ci mancava solo questo.

Contrariato incrocio le braccia e mi appoggio con le spalle al muro. Perché cavolo non sono venuto con la mia moto, questa mattina. Adesso non sarei incastrato qui. Sto dire a Miroku che me ne vado, quando incontro gli occhi di Kagome. È uscita dal camerino truccata e vestita come una vera geisha. Solita parrucca nera, senza acconciatura, e maledette lenti scure che rendono i suoi occhi neri come la pece. Sbuffo pesantemente. Non le sta proprio quell’abbigliamento ricercato. È solo una delle tante maschere che indossa, almeno non per me questa volta. La mia presenza la imbarazza. Ghigno a vederla impicciata. Brava comportati da troietta – penso e intanto sento il sangue iniziare a ribollirmi nelle vene.

Vedo Onigumo avvicinarsi a lei e parlarle, ma non presto attenzione a quello che si dicono. Quello che m’interessa è ciò che dirà il regista.

“Bene ragazzi, iniziamo. Kagome, inginocchiati sul futon, col viso verso la telecamera tre. Onigumo, inginocchiati dietro di lei e alzale il kimono fin su la schiena, poi con la mano sinistra raggiungi l’apertura davanti e infilala dentro come per toccarle il seno. Tutto chiaro?”

“Si” li sento rispondere e li vedo mettersi ai loro posti.

Quando Onigumo le alza il kimono, da dove mi trovo, si vede quasi tutto, e lui non accenna a distogliere lo sguardo. Il suo sguardo lascia ben intendere cosa vorrebbe farle. Sento la tensione salirmi sulle spalle.

Lui è nudo e lei indossa uno slip bianco che, in mezzo a tutto il kimono si nota appena. Il porco è già eccitato. Se non sapessi che stanno solo recitando andrei lì a spaccargli il muso. A un tratto, mentre stanno girando, vedo lei togliergli la mano dal seno e lui, senza tanti complimenti infila la mano sotto il kimono, oltrepassando il limite degli slip.

E no, questo no! È un bastardo! Lascio il mio posto per andare a spaccargli il sorriso da ebete che sta sfoggiando, mentre sento Kagome urlare “Porco” e la vedo alzarsi.

Arrivato, la rabbia che provo nel trovarmelo davanti è talmente forte che gli pianto un pugno in pieno volo, rompendogli il labbro.

“Brutto maiale! Fai proprio schifo!” ringhio allontanandolo da lei.

“Che succede?” interviene il regista.

“Questo porco le ha messo le mani nelle mutande. Dovreste essere sicuri di non avere a che fare con maniaci prima di girare scene del genere!” sbraito per poi abbassare il kimono di Kagome che nel frattempo era rimasto alzato lasciando le sue grazie alla vista di tutti.

“E tu – dico incazzato nero rivolgendomi a lei – dovresti evitare di girare scene col culo all’aria se non vuoi che porci simili ne approfittino”. La guardo schifato e me ne vado, lasciando Miroku in soccorso della sua ex.

 

 

Brutto schifoso che non sei altro. Ti avrei spaccato la faccia, oltre che le labbra– penso mentre me ne vado dal set cinematografico – E lei che razza di parti che accetta.

Sono tanto infuriato romperei qualsiasi cosa che mi capiti a tiro. Decido di tornarmene nella sala prove, magari suonare mi calmerà un po’. Entrato, e presa la chitarra in mano, inizio a sentire dolorante la mano con cui ho colpito quel viscido. Nella foga di colpirlo ho dimenticato di tenere il pollice fuori dal pugno. Spero solo non sia rotto. Vado diretto in farmacia. Fuori il sole è alto e provo un enorme fastidio agli occhi. Fortuna ho con me gli occhiali da sole o non riuscirei a muover un passo. Giunto alla farmacia, vicino agli studi, la farmacista mi riconosce, e cerca di ottenere un mio autografo e anche un appuntamento, ma sono ancora troppo incazzato per accettare le avances di questa qui e chiedo solamente qualcosa per far passare il dolore. Il dottore, presente all’interno della farmacia, mi si avvicina con la scusa di guardarmi la mano.

Siamo entrambi con lo sguardo basso verso la mia mano destra, quando sento gli occhiali scivolarmi dal naso. Il dottore se ne accorge. Una frazione di secondo e mi fissa le pupille.

“Ragazzo. Cerca di non fare stupidaggini. Per questa volta non dico nulla, ma la prossima volta sarò costretto a denunciarti” dice in modo che solo io possa sentirlo, continuando a fissarmi.

Faccio un leggero segno si assenso con il capo, prendo la pomata che mi è stata data, da applicare tre volte al giorno, e me ne torno a casa a piedi.

Esco dalla farmacia e mi dirigo a piedi verso il mio appartamento. Il medico mi ha fatto una leggera fasciatura, da cambiare a ogni applicazione. Per strada ripenso alla ragazzina, vestita da donna, e a quello schifoso che le ha messo le mani addosso. Prendo a calci una lattina di birra che è stata abbandonata per strada, metto le entrambe le mani nella tasca della giacca, sollevando le spalle e guardando fisso a terra mentre cerco di raggiungere casa.

Perché diavolo me la sono presa tanto? Devo smetterla di fare così.

Prendo il cellulare, vado sulla mia mail e disattivo il Google Alert.

 

 

La tipa se n’è andata senza lasciare nulla di suo in giro. La donna delle pulizie è passata ed ha riordinato ogni cosa. Sembra che in questa casa non viva nessuno. Le tende sono chiuse e, a causa del sole che c’è fuori non ho voglia di aprirle, o dovrò portare gli occhiali anche in casa. Vado in cucina e apro il frigorifero per vedere se c’è qualcosa di commestibile. La stanza è illuminata dalla luce al suo interno. E’ vuoto. Lo richiudo e mi getto sul divano con la medicina. Vediamo cosa dice la pomata che devo applicare sulla mano. Mentre sto per leggere le indicazioni del farmaco, sento vibrare il cellulare. E’ Miroku.

“Ehi …”.

“Come ti senti?” chiede dall’altro capo.

“Se mi fossi fatto i cazzi miei, starei molto meglio” rispondo guardandomi la mano dolorante.

“Ne vuoi parlare?”.

“Non c’è niente di cui parlare”.

“A me non sembra, Inu. Ti sei scaldato troppo per i miei gusti, e sai come la penso a tal proposito”.

“Stanne fuori Miroku. Non succederà più” e riattacco.

 

Non c’è niente da capire. Niente da spiegare. Ho perso la testa come avrebbe fatto una qualsiasi persona assennata a questo mondo. Nulla più.

 Il mio gesto non significa nulla. Non nasconde nulla.

 

 

 

Nei giorni successivi, le prove procedono bene, anche se evito di tenere in mano il microfono a causa della fasciatura. Già tutti sanno del pugno che ho rifilato al viscido, e la cosa che mi fa più incazzare è che, con la mano fasciata, devo sembrare un imbecille. Solo io potevo farmi male così. Oramai nei corridoi tutti ne parlano, tutti mi chiedono, come se fosse l’evento del mese. A quanto pare erano in molti a volerle suonare a quel tipo. Io, però, evito di parlarne anche perché non ho assolutamente voglia di ripensare a lui e a quella dannata ragazzina. Meno la penso e meglio sto.

Shed my skin oramai è perfetta. Meglio non poteva venire. Sono proprio contento sia degli arrangiamenti, sia delle modifiche che, insieme agli altri, abbiamo apportato per rendere il testo e la musica più fluidi. E presto sarà lanciata sul mercato. Sto per prendere gli spartiti della nuova canzone da arrangiare, quando mi si gela il sangue nelle vene.

“Ciao bellezza!” sento dire a Bankotsu.

“Ciao Bankotsu. Come va, ragazzi?”.

Porca puttana, che ci fa lei qui? – penso.

“Tutto bene ora che ci sei tu!” risponde quell’idiota di Koga. Sempre a far il cascamorto con lei. Stringo il pugno della mano intatta.

“Vi ho interrotto?” chiede. Non ci vedo più. Deve sparire da qui, o spacco qualcosa.

“Ovvio! – mi volto a guardarla arrabbiato – Che vuoi?”. Il suo sguardo cade sulla mia mano fasciata e immediatamente la nascondo. Non sono cose che la riguardano.

“Avrei bisogno di scambiare due parole con te”. Cerca di ostentare sicurezza ma nella voce percepisco un leggero imbarazzo.

“Scordatelo. Dobbiamo incidere un disco, se non te ne sei accorta” speriamo si tolga dai piedi.

“Facciamo due minuti di pausa! Sono stanco!”.

Miroku sei un bastardo. Sai che non voglio parlare con lei e invece fai di tutto per lasciarci soli. Spero che le mie maledizioni ti colpiscano alla fine.

“Oh sì! Ci vuole un caffè italiano. Andiamo giù al bar?” risponde Hojo, che si porta via tutti, lasciandomi solo con la ragazzina.

Quando restiamo soli, la vedo guardarsi attorno, come per trovare un posto dove accomodarsi. Non ha capito niente la mocciosa. Deve uscire immediatamente da qui.

“Allora? Che mi devi dire di così importante da interromperci?” chiedo per tagliar corto.

Pare non sappia dove guardare e né cosa dire, le vedo le gote irrorarsi di sangue, abbassare la testa e dire appena: “Volevo ringraziarti per ieri”.

Non cadere nella trappola. Non cadere nella trappola – me lo ripeto come un mantra. Ma perché deve arrossire così?

“E tu mi hai interrotto solo per questa cazzata, ragazzina?” chiedo sbuffando senza guardarla.

“Come per questa cazzata? Per me non è una è stata una cazzata il tuo intervento, anche perché sembra che tu sia l’unico ad essersi accorto di quello che stava facendo Onigumo. E comunque non sono una ragazzina, ho solo sei anni meno di te!” replica infastidita.

Colpita e affondata. Ecco che ora tira fuori le unghie. E adesso vediamo come infierire ancora un po’.

“Evidentemente la mia posizione offriva una migliore visuale. – dico malizioso e lei va a fuoco. Poi, però, ripensando a ieri, il sangue torna a ribollirmi – Comunque buona parte di ciò che è accaduto è anche colpa tua. Solo una ragazzina come te poteva mettere uno slip bianco semitrasparente per una scena del genere! Era più quello che si vedeva di quello che era nascosto!” ribatto.

“Non era affatto semitrasparente! Era un semplice slip bianco! Sei tu ad averlo visto trasparente! Hai la vista a raggi-X forse? E comunque non è stata una mia scelta, ma del regista, così da poterle cancellare nel caso si fossero viste!”.

Dall’imbarazzo siamo passati all’incazzatura, eh? Scommetto sta morendo di vergogna perché non sa, quanto ho effettivamente visto e quanto no.

“E perché ti giustifichi con me? – chiedo per stuzzicarla ancora, ma non risponde e continuo – Mah, fai come ti pare e mettiti quello che vuoi, basta che non vieni a scocciare me!”.

E la mollo lì da sola. Ogni volta che mi trovo a parlare con lei, finisce sempre così. Una parte di me dice “allontanala” e un’altra mi ripete in continuazione “ti piace da impazzire quando si infervora in questo modo”. Questa parte di me deve andarsene il più lontano possibile, o cadrò nuovamente.

 

 

Dopo quella volta ho sempre evitato di parlarle o di restare solo con lei. E' venuta spesso da noi, in sala prove a parlare con Miroku ma, tutte le volte che lei entrava, io uscivo. Un saluto veloce e basta. Nulla più.

E la mia vita è andata avanti senza intoppi, tornando alla normalità. Musica e donne che entrano ed escono dal mio letto. E poi i soliti giri nei bassifondi per procurarmi la roba. Ho come l’impressione che in questo periodo io ne abbia abusato. Forse è una mia impressione. Forse il senso di vuoto che provo si è solo ampliato.

Il singolo è stato lanciato un paio di settimane prima del nuovo album e subito è schizzato in vetta alle classifiche. Come tutte le volte. Anche per questo pezzo vogliono farci girare il video, ma non ho voglia di mettermi a recitare per fingere chissà quale cosa. Se vogliono il video, non sarò io a correre attraverso quei corridoi bui. Il protagonista dovrebbe correre attraverso questi corridoi per giungere poi alla sua "salvezza": una donna raffigurata tipo angelo, che lo accolga braccia aperte. Che cazzata è questa? Io la canzone non l'ho scritta per una roba simile. Sì, sarà anche quello il senso, ma non voglio essere ridicolo.

"Le fans vogliono te! I sondaggi parlano chiaro, InuYasha! Rischiamo che il video non piaccia!".

"Ma che vai dicendo! I fans non amano una canzone solo se il video piace! E poi lo hai visto anche tu! – dico indicando la porta con il braccio destro – Il singolo è già in testa da più di due settimane, che cazzo vuoi che gliene importi se nel video sono io o no!".

"Non puoi non comparire ..." interviene Miroku.

"Non ti ci mettere anche tu!".

"InuYasha – mi mette una mano sulla spalla come a volermi calmare – in un modo o nell'altro devi esserci, lo sai. Amano la tua voce, ma sai che farebbero follie per te" dice alludendo alla marea di ragazzine che comprano i nostri album non solo per le canzoni, ma anche per il mio aspetto.

Sbuffo. "E va bene. Trovate, però, un altro idiota che corra per quel cazzo di corridoio. Io comparirò con gli altri, mentre suoniamo. Non farò altro".

E detto questo, prendo la giacca e lascio la stanza per andare a fumare una sigaretta. Mi dirigo al terrazzino del quinto piano, in modo da godermi tutta la tranquillità possibile, ma uscendo dall'ascensore incrocio la ragazzina. Lei è intenta a parlare con un ragazzo, che, dal taglio di capelli assurdo, riconosco essere Usui Takumi (4), una nuova promessa della musica leggera. Lui le mette un braccio attorno alla spalla e lei gli sorride. Un sorriso di circostanza. Ricordo ancora quando l'ho vista ridere la prima volta. E il suo sorriso arrivava agli occhi, non come ora che si ferma alle labbra.

Non mi ha notato – penso eclissandomi alla loro vista – Ma perché dovrei nascondermi, poi? Che diavolo me ne frega di cosa fa lei? Così esco dal mio nascondiglio e le passo davanti senza degnarla neanche di un saluto, ma seguendola con la coda dell’occhio. E li vedo scomparire nell’ascensore.

Esco sul terrazzino e accendo finalmente la mia sigaretta. Fuori c'è il sole e mi metto comodo su alcune delle poltroncine. Stendo le gambe, le incrocio e chiudo gli occhi, assaporando lentamente ogni aspirata. Mi ci voleva proprio. Sento i nervi calmarsi e i brutti pensieri sfumare.

Sto quasi per addormentarmi, quando suona quel dannato telefono. Contro voglia, lo tiro fuori dalla tasca dei pantaloni. Guardo chi è e vorrei non dover rispondere.

"Ce ne hai messo di tempo a rispondere" urla la voce dall'altro capo del telefono.

"Scusami, ma non ero da solo". Mento.

"Sai che giorno è tra una settimana?". Penso, ma non mi viene in mente nulla.

"Allora – incalza – te lo ricordi o devo venire rinfrescarti la memoria?".

Cazzo! I soldi!

"Erano 1'350'000 yen (5), giusto?" rispondo ostentando sicurezza.

"Né uno di più, né uno di meno!".

"Tranquillo. Ci vediamo al solito posto, solita ora, Mukotsu".

"E sarà meglio per te che tu ci sia" e riattacca.

 

Per fortuna ho ancora 3'500'000 yen (6) sul conto e posso saldare questo piccolo debito. Come diavolo posso fare per trovare gli altri nove milioni (7)? Oramai la pace e la tranquillità, che avevo trovato con la sigaretta, sono andate a darsi fottere. Devo far in modo di temporeggiare ancora un po’. La scadenza non è poi così lontana, a ma sono certo che quando ci vedremo farà in modo di ricordarmi del debito. Ho incontrato Mukotsu dieci anni fa, dopo che Minori mi ha lasciato. All’epoca la sua offerta sembrava la soluzione a tutti i miei problemi. Invece si sono moltiplicati in maniera esponenziale. Non solo sono diventato dipendente dalla sua robaccia, ma ho accumulato una marea di debiti, e non riesco a guadagnare abbastanza per farlo sparire dalla mia vita. Fino a quando non salderò il mio debito, non riuscirò neanche a pensare a me stesso. Fino a che lui sarà un’ombra alle mie spalle, io cederò alla tentazione con molta più facilità. Continuerò a vederlo come una soluzione al mio problema. Lui. Un cane che si morde la coda.

Torno in sala prove, dove gli altri stanno provando già gli arrangiamenti che serviranno per il video. Miroku invece se ne sta in disparte ad arrangiare un pezzo. L’ha definito il suo capolavoro. I pezzi dei nostri album sono composti prevalentemente da me, ma molte delle canzoni più dolci e, secondo me, più belle sono scritte da lui. Appendo la giacca e vado a sedermi al suo fianco per sbirciare un po’ cosa sta creando. Leggo il titolo " Wonderful Life ".

"Titolo interessante" dico sarcastico.

"E' un testo che ho scritto per due voci, che te ne pare?".

Mi passa i testi e le musiche e do una lettura veloce, immaginando nella mia mente come potrebbe essere.

"Mi piace – rispondo restituendogli il materiale – ma la cantiamo a una voce".

"Ti prego, facciamo la prova! Nella mia testa viene benissimo!".

"Io non ho mai cantato a due voci, e poi da quando ti è venuta voglia di cantare?".

"A volte mi stupisce la tua ignoranza, InuYasha. La seconda voce è per una donna! Non per me!".

"Stai scherzando? Non esiste donna in grado di sostenere la mia voce!".

"E chi parla di una donna. – ribatte sornione – Io pensavo a una ragazzina".

Resto basito intuendo quali siano le sue vere intenzioni. E nella mia mente compare una sola parola.

Bastardo.

Figurati, poi, se quella dannata ragazzina rifiutava l'offerta. Cazzo, meno la voglio tra i piedi e più mi gira intorno. Prima o poi quel bastardo me la pagherà. Così, per una settimana proviamo la canzone di Miroku. Effettivamente le nostre due voci non stonano l'una accanto all'altra. Tutt'altro. Sembrano fatte per cantare insieme. E questo non va bene. La sua vicinanza continua, durante questi giorni, mi destabilizza. Più le sto vicino e più devo trattenermi dallo stuzzicarla. Adoro quando s’incazza, ma ancora di più quando ride. In tutti questi giorni le avrò rivolto sì e no dieci parole, e quando rischiavo di rimanere solo con lei, me ne andavo con una scusa. E Miroku, perspicace, ha fatto le somme e non perde occasione per indagare.

Alla fine mi sono abituato a cantare a due voci, ma sono ancora dell'idea che quella canzone debba essere cantata ad una voce. Riuscirò a convincere il bastardo che, come se non bastasse, è da un po’ che vedo confabulare con la ragazzina. Quei due stanno sicuramente combinando qualcosa. Mi chiedo come possa starle così vicino dopo esserci andato a letto per un anno. Vorrei spifferare tutto alla sua ragazza, così lo riempie di botte da parte mia.

L'unica consolazione è che non vedrò la ragazzina per un po’ e che quindi riprenderò i miei ritmi naturali, senza sentirmi in colpa per qualcosa. In questa settimana che lei provava continuamente con noi, non sono riuscito a portarmi nessuna a casa. Ogni volta che facevo un pensiero poco casto su una ragazza, subito mi sentivo sporco. Che palle.

 

Finite le prove, vado a casa a far una doccia. Mentre mi spoglio e apro l'acqua della doccia, lascio andare la segreteria telefonica. Sono presenti due messaggi.

Primo messaggio. Sesshomaru.

"Ciao bastardo. Sarò via per lavoro per i prossimi sei mesi. Non mi fido di chi si occuperà della mia villa. Potresti pensarci tu? In ricordo dei vecchi tempi. In fondo, sei nato per essere secondo a me, in tutto, no?”.

Stronzo – penso. Oramai sa che io sono più in vista e più famoso di lui, ma ancora crede di riuscire a farmi del male, parlandomi così. Lui sarà anche diventato un avvocato penalista di successo, ma io sono il grande InuYasha. Io riempio gli stadi con le folle. Lui riempie solo le sue tasche con le tangenti prese dai malviventi che difende ogni volta. Scommetto che è l’avvocato anche di quel bastardo di Mukotsu.

Secondo messaggio. Jaken.

"Ciao InuYasha. Ho grandi novità per te. Ho tra le mani un grande progetto che ti renderà ricco, oltre ogni misura. Roba che potresti non lavorare per i prossimi due anni e vivere di rendita. Non sto più nella pelle. Ti chiamerò domani durante la mattinata per... ".

E il messaggio qui si è interrotto. Quell'idiota di Jaken non ha ancora capito che le segreterie telefoniche ti danno la possibilità di lasciare un messaggio breve e non un intero discorso. Sbuffo. Poi, però, penso all'idea del vivere di rendita, e la cosa solletica i miei appetiti. Guardo l'ora. Ho ancora tre ore prima del mio incontro con Mukotsu. Chiamo il ristorante sotto casa e ordino una decina di uramaki e qualche nigiri (8). Chiedo che il tutto mi sia consegnato tra un paio d'ore, poi prendo il telefono, mi butto sul divano e chiamo Jaken.

Non appena risponde al telefono, è entusiasta di quello che ha trovato per me. Onodera, il regista, mi vuole nel suo prossimo film. Sarà un film in costume, ambientato nel periodo Sengoku. Dovrei interpretare un soldato che, per amore di una donna, che per di più mette pure incinta, diventa un disertore. Che grandissima cazzata. Possibile che mi voglia per un ruolo così? Non ho neanche mai recitato in vita mia. Inizio a sospettare che sia uno dei grandi buchi nell'acqua di Jaken. Sì, è un bravo agente ma alle volte si lascia trasportare tropo dall'entusiasmo e resta solo con un pugno di mosche in mano. Speriamo almeno che la partner femminile sia una bella donna.

"Inoltre – continua – questo film uscirà, oltre che in Giappone, anche in America e Asia. Farà il giro del globo! Avrai la possibilità di farti conoscere all'estero e guadagnerai, ed io di riflesso, il quadruplo di quello che prendi ora!".

Soldi. Soldi. SOLDI. Quello che mi serve per saldare i miei debiti.

"Ok. – rispondo – Concludi l'affare. M’interessa!".

"Ti adoro ragazzo mio! Sarai magnifico in coppia con la Higurashi!".

"Che cosa?" chiedo scioccato.

"Con la Higurashi! Sarà lei la tua partner in questo film! Onodera è stato irremovibile. O voi due o non se ne fa niente! Ci sentiamo nei prossimi giorni per i dettagli!".

E chiude la comunicazione.

Higurashi. Kagome Higurashi.

La dannata ragazzina.

Per caso i Kami ce l'hanno con me? Perché la mettono sempre sul mio cammino?

Oh quanto darei per provare di nuovo i sentimenti che ho perso
per essere di nuovo quello che ero
Ho aspettato tutta la vita
Giorni senza fine si sono presi ciò che mi faceva sentire libero
Sono passati anni e sono distrutto
Non parliamo del passato
Quegli anni, oh, mi perseguitano ancora

Cambia la mia pelle
Sei pronta per me? Oppure purifica il mio amore
Sei pronta per me? Cambia la mia pelle

Perché adesso mi vengono in mente questi versi? I miei scomodi pensieri, fortunatamente, vengono destati dalla consegna del ristorante.

 

Ceno, faccio una rapida doccia e mi preparo. Dopo un paio d'ore, sono in auto verso il luogo del mio incontro con Mukotsu. Accendo una sigaretta e lascio che la radio mi faccia compagnia. Pessima scelta.

"Ed ecco qui il nuovo singolo della nostra cantante preferita! Un singolo inaspettato ma che ha riportato un enorme successo, a solo poche ore dal lancio. Con la nuova canzone Lovin'you, Kagome Higurashi!".

Ascolto la nuova canzone della ragazzina e sbuffo. A quanto pare il suo scopo nella vita è di tormentare la mia anima, già dannata di suo. Ne assimilo le parole. Serro i pugni attorno al volante, quasi volessi farlo a pezzi. Ogni parola, ogni respiro, è un chiaro messaggio. Un messaggio per qualcuno che la ignora, che la tratta male e che nonostante tutto, lei continua ad amare.

"Dannata ragazzina. Quando capirai che devi smetterla di pensare a me?".

Spengo la radio e accosto essendo giunto, in anticipo, al luogo dell'incontro. Lui ancora non si vede. Così, ripenso alle parole appena ascoltate, con i pugni sempre serrati attorno al volante. Poggio la fronte allo stesso, provando a non pensare a lei, al suono della sua risata, al colore dei suoi occhi, all’aroma dei suoi capelli. In questi giorni, ho avuto modo di approfondire tutti i colori del suo profumo. Chissà come sarà recitare al suo fianco.

Smettila o ti farai male. Colpisco più volte il volante con la testa, e tra un colpo e un altro, vedo sopraggiungere Mukotsu.

Scendiamo dall'auto, un breve cenno di saluto e ci apprestiamo ad entrare nel bar. Il solito posto è lì ad aspettarci, solo per noi, e nessuno viene a disturbarci. Nessuno fa domande e nessuno s’interessa a nessuno.

"Hai i miei soldi?" chiede senza complimenti.

"Eccoli" rispondo allungandogli la busta sotto il tavolo. Lui la prende e inizia a contarli.

"Sono tutti" continuo piccato.

"Sarà, ma io non mi fidi dei tossici come te".

"Adesso me ne vado" faccio per alzarmi ma lui mi ferma facendomi notare cosa brilla tra le sue mani. Una pistola.

"Sarai anche ricco e famoso, ma me ne sbatto! I debiti vanno pagati e tutti. Questo che mi hai dato è solo un anticipo".

"Ma io non ho ancora tutti i nove milioni che ti devo – rispondo senza staccare lo sguardo dal ferro che mi punta addosso – però li avrò presto! Mi pagheranno profumatamente per... ".

"Senti bello, niente grana, niente roba. E non credo tu sia stato tanto scrupoloso da tenertene un po’ da parte per occasioni come questa. – Deglutisco. Sa di avermi in pugno. – La prossima volta che ci vedremo, dovrai saldare il tutto. Oppure farai una brutta fine".

Si alza e se ne va.

 

 

E' passata qualche settimana da quando ho incontrato Mukotsu e da quando ho visto l'ultima volta la ragazzina. Ho continuato le mie prove, sono uscito quasi tutte le sere con una ragazza diversa e, cosa più importante, ho firmato il contratto per il film. Questo vuol dire che entrambi abbiamo accettato la parte. Dovrò accettare che sarò costretto a stare fianco a fianco con lei.

 

Le riprese inizieranno tra poche settimane, ma mi hanno già contattato per valutare come meglio interpretare la mia parte. La cosa assurda di questa impresa è che né io né lei abbiamo fatto un provino. Neanche insieme per vedere se siamo credibili, insieme, sul grande schermo. Speriamo non venga fuori una schifezza o rischio di perdere l’immagine che ho costruito.

Oggi ho fatto la prova costumi. Non mi trovo a mio agio con l'armatura, né con gli yukata (9) estivi che mi hanno fatto indossare. Sembro un deficiente e non riesco a muovermi con agilità. Sto uscendo dagli studi televisivi, quando la vedo entrare, e venire verso di me. E' vestita molto sobriamente, solo un paio di jeans e una camicia a bianca a sottili righe viola. Il trucco quasi inesistente. E, fortunatamente, niente lenti a contatto. Solo i suoi stupendi occhi azzurri. Da quanto tempo non li vedevo. Sta molto bene quando è al naturale. Se non fosse per quei capelli che sono diventati improvvisamente lunghissimi.

Visto che reciteremo insieme, tanto vale iniziare ad instaurare un rapporto civile. Sì, InuYasha, inventa un’altra scusa. Strano che fino ad ora non sia venuta in sala prove o che non ne abbia parlato con Miroku.

"Ciao" la saluto fermandomi davanti a lei.

"Ciao". Mi guarda diffidente, e ha ragione. Sono giorni che non le rivolgo la parola.

"Ho saputo che ti vogliono per il film di Onodera".

"Sì, così sembra. Sto andando dal mio manager proprio per parlarne".

"Hanno chiesto a me di fare il protagonista maschile".

Improvvisamente la vedo sbiancare. Come mi aspettavo, ancora non lo sapeva. E non sembra felice della cosa. Perché?

"Ah... " risponde dopo qualche secondo di silenzio.

"Beh, ciao, ci si vede" e me ne vado, forse un po’ deluso, dalla sua reazione.

 

Se la conosco almeno un po’, adesso andrà a urlare contro il suo manager che le ha nascosto una notizia di tale importanza: recitare con me. E' lo stessa cosa che avrei voluto fare io, quando l’ho saputo, ma mi sono trattenuto una questione puramente economica.

I soldi ora sono il mio unico obiettivo.

 

Dopo qualche giorno dal nostro incontro, iniziamo a girare. Avevo capito che non era ancora tutto pronto e che avremmo iniziato solo tra un mese. Invece, inaspettatamente, il regista aveva già organizzato tutto. Aspettava solo la firma sul contratto, da parte di Kagome. Le scene da girare a volte sono insieme e altre, invece, ognuno recita con altri attori. In questi giorni l’ho vista tranquilla, segno evidente che la mia vicinanza non la disturba.

Oggi giriamo una scena che si conclude con l’ennesimo bacio. Quando leggo il copione, sospiro. Ancora – penso. Possibile che in tempo di rivolta questi abbiano il tempo di baciarsi? Il truccatore ci pettina un’ultima volta e il coreografo ci indica le posizioni da prendere.

 

"Chiharu, rimani nascosta! Qualunque cosa accada non devi muoverti da qui!" dico tenendola per una spalla.

"Akihito! Non chiedermi questo! Non posso lasciarti andare da solo!" ribatte avvicinandosi ansiosa e guardandomi. Stai attento. Non fissarla.

"Devi! Ricorda che porti in grembo nostro figlio! E poi è me che vogliono".

"Ma se vai lì fuori i soldati ti uccideranno!".

"Se sarà per difendere voi due, allora morirò sereno!".

 

La scena termina con me, nella parte del disertore Akihito, che lascio un dolce bacio sulle labbra della mia compagna Chiharu, interpretata da Kagome.

"Stop! Era perfetta! Bravissimi! Cinque minuti di pausa!" urla il regista con aria soddisfatta.

Mi allontano qualche minuto da lei dirigendomi verso la mia sedia. Prendo un asciugamano e tampono un po’ il sudore che ho al collo. Gli abiti, ma soprattutto i riflettori, mi fanno sudare come se fossi costantemente nella sauna.

Durante le varie scene del film, più di una volta ho dovuto baciare Kagome. Ed ogni volta è stato strano baciarla. Ad ogni contatto, seppur lieve delle nostre labbra, il suo profumo entra ancora di più nelle viscere. Ed ogni volta, non riesco a far a meno di leccarmi le labbra, come a voler catturare il resto del suo sapore. Cazzo. Perché deve avere un odore così buono? La prossima volta tratterò il respiro. Me ne vado dal set, una specie di baracca che dovrebbe avere l’aspetto di una stalla, dove i due innamorati si rifugiano. Ho bisogno d'aria e di rinforzarmi un po’. Vado nel mio camerino, chiudendomi la porta alle spalle, ma mi accordo che la mia scorta sta finendo. Me ne serve ancora, ma Mukotsu è stato chiaro. Fanculo lui e i suoi limiti. Me ne serve altra, o non riuscirò a sopportare la pressione che sento quando sono in scena a girare al suo fianco.

Prendo il telefono e lo chiamo.

"Ehi, mi senti" la ricezione è disturbata. Cazzo. Esco dal camerino e mi dirigo nel corridoio, infischiandomene di chi possa esserci.

"Mukotsu, mi senti? Si sono io! Ascolta me ne serve ancora un po’!"

"Richiama quando avrai i soldi!".

"No, aspetta Mukotsu, non riattaccare! Lo so che ti devo un bel po’, ma non mi hanno ancora dato un centesimo per questo filmetto idiota! Appena mi pagano ti restituisco i tuoi nove milioni, ma non lasciarmi senza! Sto per finire quella che ho, se non me ne vendi altra come faccio a …

"Non sei un tipo affidabile, Taisho!".

"Sì, sì lo so, ma non puoi lasciarmi così! Ti giuro che ti do tutto, anche gli interessi!”.

"Sono stato chiaro con te! Niente grana, niente roba!".

"No! No, no, no, aspetta! Stavolta è la verità! Ti pago tutto in contanti! Lo so, sei stato chiaro l’ultima volta. Me la ricordo ancora la tua pistola ma … aspetta, no, non chiudere! Mukotsu? Mukotsu? – dall'altro capo del telefono, solo silenzio – Dannazione!".

Sbatto il telefono contro il divano che c’è nel corridoio e mi accorgo di non essere solo. E chi altri poteva essere se non sempre quella dannata ragazzina. Mi sta continuamente appiccicata. Non le basta avermi quando giriamo?

E tu che cazzo ci fai qui? Mi stavi spiando?” urlo. Non si è neanche presa il disturbo di nascondersi la stronza.

“Io … non volevo … ecco ma …”balbetta quattro parole, come se potessi scusarla. Ma adesso basta. E’ ora che si tolga definitivamente dalle palle. Mi ha stancato. Deve smetterla. Deve sparire dalla mia vita. Cazzo!

“Sì certo, non volevi! – Ironizzo. Poi le vado contro inveendo con le braccia alzate – Mi stai sempre tra i piedi! Quando lo capirai che non m’interessi? Per me vali meno di zero! Dedicarmi canzoni non mi farà innamorare di una mocciosa che non ha carattere! O pensi che cambiare look una settimana sì e una no, mi faccia interessare a te? Non direi! Anzi, mi stai ancora più sulle palle così! Abbi un briciolo di amor proprio e vivi la tua vita, stando alla larga dalla mia!”.

Le urlo contro tutto ciò che mi passa per la mente ora e me ne vado. Sono stufo di trovarmela tra i piedi. Perché non cresce e diventa una donna? Avrà anche ventiquattro anni ma si comporta peggio di una mocciosa delle medie.

“E a me serve una donna con le palle. Non una poppante!” borbotto a me stesso, per autoconvincermi.

 

Vado fuori dagli studi e fumo una sigaretta. Per quanto sono furioso, la finisco in meno di due minuti. Non ha avuto alcun sapore. Non mi ha dato alcuna soddisfazione. La getto via con rabbia e torno dentro a girare. Per fortuna le scene che mi restano oggi non sono in coppia con la mocciosa. Le giro con foga e con rabbia. Per combinazione il mio stato d’animo è perfetto, giacché devo girare una parte della battaglia prima che il mio personaggio diventi un disertore.

“Meraviglioso! Sei perfettamente nel personaggio oggi, Taisho! Vorrei che tutti i miei attori fossero professionali come te!” mi lusinga il regista. Lo ringrazio e vado al trucco.

L’irruenza messa nel recitare ha fatto si che un po’ della rabbia svanisse. La troupe, solitamente, si riunisce per un tè serale e decido di unirmi a loro. Sto togliendo l’armatura quando vedo, attraverso lo specchio, il riflesso di Kagome seduta alla sua poltrona, dove la stanno struccando. Fisso il suo volto. Non sorride. Lo sguardo è spento. Sembra lo sguardo di una morta.

Dopo le urla che le ho fatto, non l’ho più cercata con lo sguardo e non so cosa abbia fatto poi. Ma quel viso così triste. Che sia stata per colpa mia? Che cazzo ho fatto – penso. Mentre la osservo mi tornano alla mente tutte le cattiverie che le ho detto per rabbia. Più della metà delle cose che le ho urlato non le penso veramente. Forse dovrei scusarmi con lei. – Sto per avvicinarmi quando uno dei macchinisti mi afferra per un braccio e mi trascina via, per uscire.

Durante tutta la serata mi rimorde la coscienza. Non avrei dovuto trattarla così. Sì, è vero che mi sta sempre tra i piedi, ma alla fine non mi da fastidio. Tutt’altro. Ed è questo tutt’altro che mi spaventa e che mi spinge ad allontanarla da me, con ogni mezzo.

“Ehi amico … ho fatto una cazzata …” dico al telefono.

“Cosa hai combinato questa volta?”.

Racconto a Miroku di cosa abbia urlato a Kagome, tralasciando il motivo per cui me la sono presa con lei.

“Quando l’ho vista in quello stato, te lo giuro Miroku, mi sono sentito un mostro. Che devo fare ora?”.

“InuYasha? Dimmi la verità, cosa provi per lei?”.

“Ecco … io …”.

 

Già cosa provo per lei. La telefonata con Miroku non è servita a chiarirmi le idee, peggio, le ha confuse ancora di più. Guardo il display del cellulare, in attesa del contatto di Kagome. Miroku non si fa attendere e, pochi istanti dopo, mi arriva il suo numero. Lo salvo sotto la voce: ragazzina. Sorrido al pensiero di come si incazzerebbe se lo scoprisse, ma non posso farci niente. Per me resta e resterà sempre una ragazzina. Secondo Miroku dovrei chiamarla, dirle esattamente come stanno le cose, chiederle scusa, magari invitandola domani a prendere un caffè insieme. E’ sicuro che non mi chiuderà il telefono in faccia. Non è tipo da farlo. Forse, se le mando un messaggio, evito di fare la figura dell’idiota. Rigiro quel telefono in mano, come se lui potesse decidere per me. Decido di scriverle.

Ciao ragazzina, volevo chiederti scusa per quello che ti ho detto oggi, ma non lo pensavo sul …

Cancello.

Ciao Kagome, non te la sarai presa per …

No. Cancello di nuovo.

Perdonami.

Sì. Questo è il messaggio giusto. Non servono altre parole. Devo chiederle perdono per quello che ho detto. E sono certo mi perdonerà, infondo, è innamorata di me, giusto?

Resto con il dito sollevato dal pulsante invio, e penso. E se con questo poi rischiassi di avvicinarmi troppo a lei? E se da un messaggio si passasse al altro? Se fraintendesse? Se mi lasciassi trasportare troppo da quello che provo? Cosa accadrebbe se, dopo tutto, anche lei fosse come tutte le altre? Sì, mi abbandonerà anche lei. Ne sono certo. No, non posso cedere. Non posso cadere nella mia stessa trappola. Io non ho bisogno di lei. Io non ho bisogno di nessuno per stare bene. Se sei da solo, non rischi di venire poi abbandonato da chi ami.

Cancello il messaggio e decido di chiederle scusa di persona. In modo distaccato, in modo da non cadere in equivoci strani.

Sì. È la cosa migliore.

Ripongo il cellulare e mi addormento sul divano.

 

 

 

 

Il giorno dopo sembra tornata la Kagome di sempre. Mi parla tranquillamente, sorride e recitiamo insieme, come se nulla fosse accaduto. La cosa mi rincuora. Forse, mi sono spaventato per niente. Forse, le mie parole non l’hanno toccata come avrei voluto. Forse non è poi tanto innamorata di me, da star male per i miei insulti. E non so se la cosa mi dia più piacere che delusione.

Le riprese sono continuate assiduamente nelle settimane avvenire, e manca poco alla fine. Io sono riuscito ad avere la mia roba, proseguire con il lavoro ed ho anche scritto una nuova canzone, che spero di pubblicare non appena termineremo il film. Alla fine, questa esperienza non è stata male. Mi sono anche divertito e devo ammettere che, ho bevuto e, assunto droghe, con meno frequenza. Mi sono sentito veramente meglio, anche se a volte ne sento la necessità e non posso esimermene. Da quella sera non ho più affrontato il problema Kagome con Miroku, e lui non ha neanche insistito. Ho capito che lui è una persona di cui mi posso fidare.

 

“Taisho!” mi volto nel corridoio dei camerini, al suono della sua voce. Ora che ci penso, è la prima volta che rimaniamo soli, dopo la mia sceneggiata. Forse potrei approfittarne e scusarmi per il modo in cui l’ho trattata, ma il modo, e il tono con cui mi ha chiamato, non mi lasciano presagire nulla di buono.

“Da quando mi chiami per cognome?” indago cauto.

“Da quando mi hai gentilmente detto di girarti al largo. – Poi mi consegna bruscamente dei documenti – Tieni, questo è tuo. Vedi di usarlo con intelligenza, una volta tanto”.

Guardo cosa mi ha messo tra le mani, mentre lei se ne va senza neanche darmi il tempo di chiederle cosa siano questi documenti. Li sfoglio e mi sento come se mi fosse caduto un secchio di acqua gelata in testa. Sono documenti bancari, delle coordinate con un nuovo conto a nome InuYasha Taisho. Manca solo la mia firma per renderlo effettivo. Saldo del conto: dieci milioni di yen. Alzo lo sguardo per cercarla ma lei è sparita.

Osservo il sole che sorge
Spero di trovare un po’ di pace oggi

Sei pronta per me? Oppure purifica il mio amore
Sei pronta per me? Cambia la mia pelle

Ha messo tra le mie mani la mia salvezza.

 

Durante le riprese, cerco più e più volte di avvicinarla, di parlarle, di ringraziarla ma soprattutto di chiederle il perché del suo gesto. Ma è irraggiungibile. Non vuole parlare con me, quindi ce l’ha ancora con me per quello che le ho detto, oramai, mesi fa.

So che dovrei rifiutare, cavarmela da solo, uscirne e smettere di buttare i miei soldi in quella porcheria, ma da solo non ce la faccio.

Se sono solo, non ne vale la pena.

Finite le riprese, chiamo la banca e fisso un appuntamento per la convalida del conto, il giorno dopo. La sera chiamo Mukotsu e saldo finalmente il mio debito.

 

 

 

“Chiharu, ti hanno mai detto che sei la ragazza più testarda che esista?” mai parole furono più vere.

Sì, una volta me lo disse il mio sposo, ma non lo fa più da un po’, quindi suppongo di essere diventata più docile ai suoi occhi” sorride.

Affatto. Non te l’ho più detto perché ero impegnato a salvarti la vita, ma adesso posso dirtelo: sei una gran testarda!” Sei tu che hai salvato me e non te ne rendi conto.

Allora sono felice di esserlo, visto che grazie alla mia testardaggine tu sei ancora vivo, al mio fianco”. Già. Al tuo fianco. Non credo che mi vorrai mai più al tuo fianco.

“Ma hai rischiato di essere uccisa! Te ne rendi conto?”.

“Per te avrei corso anche questo rischio, marito mio. Senza di te la mia vita non ha senso. Gli Dei ci hanno uniti, facendoci incontrare in questo periodo cruento e pieno di guerre incessanti. – Si aggrappa al mio kimono e abbassa lo sguardo. Non farlo Kagome. Lasciami guardare i tuoi occhi. Ma hanno sempre avuto quelle sfumature dorate? – Purtroppo sei diventato un disertore per proteggermi, ma in questo piccolo villaggio non ci troverà mai nessuno!”.

 

Nel momento in cui tocca a me, non ricordo assolutamente mia battuta. So che in questo momento dovrei dire qualcosa, ma cosa?

“Stop! Stop! – urla il regista – Taisho ma dove hai la testa?”.

“Mi scusi …” rispondo mortificato.

“Rifacciamola. Parti tu Higurashi. Riprendi da quando ti aggrappi a lui per guardare poi altrove”.

“Certamente” risponde lei, avvicinandosi a me.

“Ciak, motore, azione!”.

Si aggrappa nuovamente a me, fissandomi per un istante e poi abbassare lo sguardo. In quell’istante rivedo quell’azzurro e sì, alcune pagliuzze dorate rendono quello sguardo ancora più ipnotico.

Purtroppo sei diventato un disertore per proteggermi, ma in questo piccolo villaggio non ci troverà mai nessuno!”.

“Non – non cosa? Cosa dovrei dire? – Non …” .

“Stop! Ma che diavolo ti prende Taisho!”.

Sbuffo. Non mi era mai successo, in tutto questo periodo di riprese.

“Mi sono distratto, mi perdoni” tento di giustificarmi, ma poi vedo Kagome alzare lo sguardo e cercare l’orologio che ci indica che ore sono. Si morde un labbro. Anche? Ma perché? Mi passo una mano sul viso come a scacciare il pensiero del suo volto. Devo smetterla di guardarla, devo smettere. O qui finirà male, molto male, per me. Sembra che si stia spazientendo. Forse ha un appuntamento con qualcuno. Prendo un bel respiro e faccio la mia proposta.

“Senta, Onodera, e se partissimo direttamente da quando lei ha lo sguardo abbassato?”. Forse se la smette di guardarmi con quegli occhi, non perderò la concentrazione.

“Cos’è Taisho, la nostra Higurashi ti mette soggezione? – dice guardandomi e io rispondo con uno sguardo in cagnesco – E va bene, facciamo come vuoi. Su Higurashi, prendi posizione”.

Lei mi si avvicina, tenendo già il capo chino.

“Ciak, motore, azione!”.

Purtroppo sei diventato un disertore per proteggermi, ma in questo piccolo villaggio non ci troverà mai nessuno!”.

“Non sarà così facile come credi. Mi cercheranno ovunque per aver abbandonato le milizie del mio Signore”. Ha funzionato. Perché deve farmi questo effetto?

Riprende a recitare ed io non posso far altro che lasciarmi trasportare nuovamente dal suono della sua voce e dal suo profumo.

“Qui no! È ben nascosto dalle montagne, i terreni circostanti offrono appena di che mantenersi. Nessuno penserà mai a depredarlo. La signora Haruko mi raccontava che qui, mai si è visto un soldato, o un forestiero. Noi siamo i primi, dopo anni. – dice d'un fiato, per poi addolcire lo sguardo – Quindi non sono affatto pentita di aver rischiato la vita per l’uomo che amo, se il risultato è stato questo

Termina la sua battuta alzandosi e allargando le braccia. Mostra, a chi la sta ammirando, quanto sia fiera di ciò che lei e il suo amato siano riusciti a costruire insieme. Io invece devo restare a terra, immobile, poiché il mio personaggio è rimasto ferito. La mia posizione, scomoda, m’impedisce di muovermi facilmente.

Speriamo sia come dici, mia cara. Voglio solo vivere una vita tranquilla con la mia famiglia”. Famiglia. Chi ne ha mai avuta una. E accarezzo il bambolotto che funge da nostro figlio.

“Attento a non svegliarlo o poi ch …”.

“Kagome! Spostati!” urlo disperato quando noto uno dei pannelli di legno della casa in cui ci troviamo, caderle addosso.

“Kagome!” urlo ancora liberandomi di tutta la robaccia che ho addosso. Mi sento impacciato e, rischiando di slogarmi una caviglia nel tentativo di raggiungerla, corro da lei.  Cerco di spostare il pannello ma è pesante e da solo non ci riesco.

“Aiutatemi! Cosa fa lì impalati?” urlo e la troupe corre ad aiutarmi. Quando riusciamo a sollevarlo un po’, striscio sotto di esso per raggiungerla e vedere come sta.

“Kagome! – E’ immobile e sembra non reagire – Kagome, ti prego, svegliati!”.

Ma lei non risponde. Resto lì e le faccio scudo con il mio corpo, per evitare che il pannello insisti ancora su di lei, fintanto che, con una delle catene delle set, non riescono a sollevarlo. Mi scosto da lei e controllo che non abbia ferite. Non ne vedo. Provo a sfiorarla ma, il timore che possa provare dolore, mi frena.

“Kagome … – dico in un sussurro – ragazzina ... ti supplico …”.

Immediatamente arrivano i soccorsi e mi allontanano bruscamente da lei. Viene immobilizzata, e caricata sulla barella. Cerco di salire in ambulanza, ma i soccorritori non vogliono che la segua, perché non sono un parente. Me ne frego, mi levo gli abiti di scena e mi infilo nell’ambulanza con lei. Sotto gli abiti avevo solo un paio di jeans ed una maglia a mezzemaniche leggera. Durante il tragitto non smetto di stringere la sua mano, dipendendo esclusivamente dal calore che emana.

Quando arriviamo all’ospedale, ci separano. Lei viene portata in pronto soccorso, io voglio seguirla ma mi dicono di fermarmi in sala d’attesa. C’è molta gente che aspetta il proprio turno, chi con una mano fasciata, chi con un gesso da rimuovere, chi, invece, sembra che apparentemente non abbia nulla. Resto fermo, in piedi ad un angolo e noto le persone osservarmi. Tra loro ci sono un paio di ragazze che, non appena mi vedono, infischiandosene del luogo in cui si trovano, iniziano ed emettere gridolini e fare scene di isteria. Mi hanno riconosciuto e sembra che stiano cercando un pretesto per avvicinarmi. Sbuffo contrariato. Stanno per alzarsi e venirmi incontro quando abbandono la mia posizione per andare al banco dell’accettazione. Devo avere notizie della mia ragazzina. Non posso star qui a perder tempo con quelle due gatte in calore.

Non sanno nulla. Il tempo passa e nessuno mi dice niente. Le gatte hanno provato ad avvicinarsi, ma le ho incenerite con lo sguardo. Decido così di avvisare Miroku, e mi assicura di far tutto il possibile per arrivare con Sango.

L’attesa mi snerva. Vedo solo un via vai di medici che corrono da tutte le parti e non so se stanno correndo da lei, o dagli altri pazienti. Inizio a sbattere nervosamente i piedi, mentre una signora anziana viene a sedersi accanto a me. Ho il viso tra le mani, quando sento una mano calda sul mio ginocchio.

“Sta tranquillo. Prega i Kami e tutto andrà bene!”.

L’anziana donna, toglie la mano, mi fa un sorriso, e torna a guardare avanti a sé stringendo tra le mani un rosario. La guardo e non riesco a non chiedere il motivo per cui si trovi in un posto simile. Candidamente mi racconta che suo marito ha avuto un infarto e molto probabilmente verrà operato. Quando le chiedo come fa ad essere così tranquilla, e a non preoccuparsi che gli accada qualcosa, semplicemente risponde: “Ragazzo mio, abbiamo vissuto per più di cinquant’anni l’uno affianco dell’altra, ripetendoci ogni giorno, con piccoli gesti, quanto fossimo innamorati. Certo che ho paura di non rivederlo più, ma se questo fosse il volere dei Kami io lo accetterei di buon grado. So che il suo e il mio amore resterà immutato per sempre. Non sarà la morte a dividere le nostre anime unite dal destino”.

Continuo a fissarla ancora un po’, poi torno a guardare la porta, oltre la quale si trova la mia ragazzina. Mia. Da quando ho iniziato a pensare che lei mi appartenesse? Che diritto ho di crederlo? Ma è così. Lei è la mia ragazzina e forse, inconsciamente, l’ho sempre saputo. Per questo l’ho sempre trattata male. Per questo mi sono preso la libertà di ferirla tutte le volte che potevo. La mia mente voleva allontanare ciò che il cuore voleva, solo per paura di perderla.

Ma se la perdessi ora? Lei non sa cosa provo per lei, non lo ha mai saputo. Lei non è come quell’uomo, la cui anima è pronta perché sa che, comunque, vivrà nel cuore di sua moglie. No, lei non lo sa. Lei non può andarsene, non ora. Che idiota sono stato a volerla allontanare. Quanto tempo ho perso, quando avrei potuto conoscerla, averla vicino, imparare ad amarla. Ma chi poteva immaginare che il destino aveva in serbo per me quest’ennesimo dolore?

“Non portatemi via anche lei …” mi lascio sfuggire e la signora al mio fianco cerca di confortarmi, posando il suo braccio sulla mia spalla. Lei è così minuta, al mio confronto, che il suo tocco è quasi impercettibile. Non ho la forza di ringraziala e quando la vedo alzarsi per seguire la barella con su suo marito, l’unica cosa che riesco a pensare e un semplice Buona fortuna.

Dopo circa un’ora d’attesa il medico esce e mi dice che la stanno trasferendo al quinto piano, in una stanza riservata, come ha chiesto il suo agente per telefono. Chiedo informazioni al medico e mi dice che ha due costole e un braccio rotti, una commozione celebrale, ma che per ora è stazionaria e che tutto dipenderà da lei. Lo ringrazio, e corro all’ascensore. Sto arrivando, ragazzina, non ti lascio sola. – penso mentre le porte si aprono, e vedo, in lontananza, gli infermieri uscire da quella che presumo sia la sua stanza. Mi avvicino chiedendo il permesso di entrare e quando varco la porta, finalmente la vedo.

E’ addormentata, ha un piccolo graffio sulla guancia sinistra e la testa fasciata. I lunghi capelli si notano da sotto le bene, segno che non glieli hanno rasati.

“Ciao ragazzina …” sussurro e le sfioro la guancia per poi sedermi al suo fianco e tenerle la mano, come accaduto in ambulanza.

Qualche minuto dopo arrivano Miroku e Sango. Racconto brevemente loro cosa sia accaduto, ma le mie informazioni, per lei, sono vaghe e decide di andare lei stessa a parlare con il medico. Magari, essendo una donna, riesce a convincerlo a farsi dare qualche informazione di più.

Non stacco lo sguardo da lei e sento la mano di Miroku sulla mia spalla.

“Come ti senti?”.

“Perché le è accaduta una cosa simile, Miroku?”.

“Gli incidenti accadono, InuYasha, e tu non puoi farci nulla”.

“Doveva colpire e uccidere me, quel pannello, e non ferire lei, così piccola e indifesa – mi passo una mano tra i capelli – Se … Miroku … cosa farei … se …”.

Non fa in tempo a rispondere perché Sango torna nella stanza.

“E allora? Che dicono?” chiedo.

Il dottore dice che sembra non ci siano gravi danni, ma attende il suo risveglio per esserne sicuro”.

“Che significa? Che teme possa avere dei danni cerebrali?” chiede Miroku.

“C’è la possibilità”.

“Danni di che tipo?” domando preoccupato.

“Motori o neurologici. Non si può escludere nulla. Il colpo alla testa è stato abbastanza forte”.

“Non può! Lei deve stare bene! Ha una vita davanti. Una carriera da portare avanti. Deve stare bene! Deve!” urlo stringendo la mano di Kagome.

“E tutto questo interesse da dove arriva? Sbaglio o fino a ieri le urlavi che non la volevi tra i piedi? Non l’hai mai degnata di uno sguardo! L’hai perfino umiliata quando ha ascoltato, senza volerlo, la tua conversazione, perché me l’ha raccontato come l’hai trattata! Non capisco perché tu sia qui, a tenerle la mano per giunta! O sono i sensi di colpa a spingerti a farlo? Beh, sappi che se adesso fosse sveglia ti manderebbe al diavolo! Kagome è cambiata per colpa tua. E’ ritornata a estraniarsi dal mondo, esattamente come faceva da piccola. Sono giorni che non mi rivolge la parola per colpa tua!”.

“Sango, smettila …”.

“Non la smetto Miroku! Questa sua ipocrisia mi fa incazzare!”.

Mi sento di troppo e così, a malincuore, decido di uscire dalla stanza per lasciarli da soli.

“InuYasha, aspetta! Non devi andare via per quello che ha detto Sango”.

“La tua ragazza ha ragione. La mia presenza qui è superflua” ed esco.

Mi fermo fuori dalla porta, con le spalle al muro vicino. Non voglio allontanarmi troppo da lei. Non voglio lasciarla da sola. Dall’esterno li sento ancora parlare.

“Sei contenta adesso? Perché l’hai aggredito così?”.

“Perché lui ha aggredito Kagome senza motivo! Lo sapevi che quel bastardo ha un mare di debiti per la droga?”.

“Ma che diavolo stai dicendo? Possibile sia arrivato a tanto?”. Come mi aspettavo anche Kagome è una ragazza discreta. Come Miroku.

“Già. E questa stupida qui gli ha anche pagato tutto. Me ne ha parlato Saya. Era preoccupato per lei, così mi ha raccontato tutto. Questa scema si butterebbe anche sotto un treno per lui, e come la ripaga? Offendendola, maltrattandola. Non merita di stare accanto ad una così brava ragazza come Kagome, o a lungo andare finirà con lo sporcarla”.

Stringo i pugni. Ogni parola di Sango è una stilettata al cuore. Ha ragione. Se mi avvicinassi troppo a Kagome, finirei per rovinarla. Forse è il caso che sparisca dalla sua vita. Forse, la decisione della mia mente di allontanarla da mio cuore, non era poi così stupida. Decido di uscire a fumare una sigaretta, e intanto una coppia passa nel corridoio, che porta alla stanza di Kagome. La donna le somiglia in modo incredibile. Che sia la sorella? Sì, se non ricordo male ho letto da qualche parte che ha una sorella. Mi fermo e li vedo entrare nella stanza da cui sono uscito. Sospiro sentendomi più tranquillo. Almeno lei ha una famiglia che si preoccupa per lei. Finito di fumare torno verso la camera di Kagome e incrocio nuovamente la coppia, questa volta mentre se ne va. Riesco a catturare un frammento della loro conversazione.

“Io dico che sarebbe dovuta venire a stare da noi, Naraku!”.

“Non ti preoccupare Kikyo, con i suoi amici si troverà bene. Tu sei in attesa nel nostro terzo figlio e non puoi occuparti anche di lei”.

“Sono felice di sapere che stia bene”.

Allora Kagome si è svegliata! I Kami hanno ascoltato le mie preghiere! Corro, senza curarmi di essere in un ospedale, verso la stanza, ma prima di entrare sento le voci concitate di Kagome e Sango. E mi fermo sulla soglia in ascolto. Sì, la ragazzina sta bene se ha il nervo di rispondere a tono a Sango.

“Mi spacchi i timpani così, Sango!”. Sorrido a sentirla.

“Ringrazia non ti spacchi altro! Tu vieni a casa nostra e basta!”.

“No, Sango, non è il caso. Per quanto possiate volermi bene, non dimentichiamoci che sono stata l’ex di Miroku. Non credi sarebbe una cosa un po’ strana vivere tutti e tre sotto lo stesso tetto?”.

Ha ragione. Ma se non starà né dalla sorella né da Miroku, come farà da sola?

“Quindi è deciso: andrò a casa mia!”.

“Ma come pensi di fare da sola, con un braccio ingessato e due costole rotte? Sarà già tanto se potrai alzarti dal letto”.

“In qualche modo farò. Non preoccuparti”.

Non resisto un minuto di più, assumo l’aria più spavalda che possiedo ed entro.

“Ci penserò io” affermo senza riflettere. E se ne sono accorti, perché mi guardano come fossi un alieno.

“Come, prego?” chiede Kagome.

“Mi occuperò io di te. Se vuoi stare in casa tua, posso trasferirmi da te, almeno finché non starai meglio” continuo risoluto. So di aver parlato senza riflettere, ma non posso tirarmi indietro. Non voglio.

“Questa è bella! Figurati se lascio la mia amica nelle mani di un drogato! Piuttosto mi ci trasferisco io da lei!”.

“Sango! Non parlare così!” la rimprovera Miroku. Grazie amico. Tu si che ci tieni a me.

“E perché? È quello che è. Lo sa anche lui, e se non gli piace il termine può: o smettere di esserlo e comportarsi da uomo, oppure girare i tacchi ed andarsene” ribatte severa.

“Né m’infastidisce il termine né me ne andrò. E di certo non ho intenzione di farle del male, Sango” replico.

“Un uomo non può occuparsi di una ragazza che non sia né la sua donna né tantomeno sua amica. O pensi di farle tu il bagno e metterle la biancheria intima?” continua.

“Sango!” stavolta è la ragazzina a fermare la sua amica. La vedo terribilmente in imbarazzo.

“Non vedo dove sarebbe il problema. Non mi scandalizzo mica nel vedere una donna nuda. Ovvio che sono più bravo a spogliarle, ma suppongo di saperle anche vestire” replico non senza malizia.

“Ma con che faccia tosta puoi anc…” cerca di replicare Sango.

“Non ho bisogno né di essere lavata né vestita! Non sono una moribonda. Grazie della premura Sango, ma davvero, me la caverò da sola. O al massimo chiedo al mio vicino che è sempre gentile e disponibile in caso di necessità” la ferma Kagome.

“Il vicino? Quindi da lui ti lasceresti fare il bagno?” esclamo infastidito. Da un estraneo sì, e da me no?

“E se anche fosse? E’ bella, giovane e soprattutto single! Può farsi vedere nuda da tutti gli uomini che vuole!” interviene di nuovo quell’arpia di Sango. La fulmino con lo sguardo. Non ci piacciamo e la cosa è evidente, ma perché deve parlare così di Kagome?

“Non ho mai avuto l’impressione che fosse un’esibizionista, o sbaglio?” ribatto prima guardando l’arpia e poi Kagome.

Non hai mai avuto l’impressione? Da quando la conosci scusa? Non sai nulla di lei, perché non hai mai voluto sapere nulla! Ora credi di conoscere che tipo è? Non è che il riflettore è caduto in testa a te, provocandoti vuoti di memoria?” replica furiosa.

“Non serve conoscerla personalmente per sapere certe cose! I giornali fanno un ottimo resoconto di vita, morte e miracoli di chi vuoi!”. Oramai è una battaglia tra me e l’arpia. Vediamo chi la spunta.

“Oooh … questa mi giunge nuova. Così ti tieni informato su Kagome dalle riviste di gossip?” chiede beffarda.

“Non … non ho detto questo …” e adesso come ribatto? Mica posso risponderle che mi tengo aggiornato sulla ragazzina.

“InuYasha, perché vuoi occuparti di Kagome, visto che non avete mai avuto un buon rapporto d’amicizia?” mi chiede Miroku guardandomi fisso.

Sostengo il suo sguardo. So cosa vorrebbe dicessi, ma non lo farò mai.

“Perché ho un debito con lei”.

“Guarda che non ti ho dato quei soldi per ottenere qualcosa in cambio – interviene ora Kagome. E quello che sta per dire, so non mi piacerà. – Quindi non mi devi assolutamente nulla. Anzi, per la verità, preferirei non vederti. Quindi grazie, ma non ho bisogno del tuo aiuto. Aiuta te stesso invece, credo tu ne abbia bisogno. Smetti di farti di quelle porcherie fintanto che sei ancora in tempo”.

Ora è lei a non volermi tra i piedi, e non posso non biasimarla. E se è quello che vuole, questa è la mia unica occasione. Forse l’ultima per chiederle scusa.

“Senti, mi spiace per quello che ti ho detto quella volta. Ero incazzato e mi sono sfogato su dite. Non volevo offenderti” potevo essere più incisivo però, ed usare parole migliori.

“Non mi hai offeso, tranquillo, è tutto a posto. – afferma calma. Troppo calma per i miei gusti. E la sua calma m’irrita. – E adesso per cortesia, se te ne vai mi fai un favore. Grazie.”.

“Non è a posto un bel niente! Dannazione!” esclamo furioso e me ne vado da lì dando un pugno alla porta.

Cazzo. Mi sono fatto male di nuovo.

 

Nei giorni che seguono non mi presento alla sala prove. Sono troppo incazzato per presentarmi al lavoro e non ho assolutamente voglia di cantare. Un paio di ragazze sono andate e venute dal mio appartamento, ma nessuna di loro mi ha risollevato il morale. Anzi, più le vedevo e più mi ribolliva il sangue. All’ultima ho persino sbattuto la porta in faccia quando le ho aperto. L’unico che mi tiene aggiornato sulle condizioni di Kagome è Miroku, e sono certo lo faccia di nascosto dall’arpia.

 

“Mi perdonerà mai Miroku?”.

“Kagome non è tipa da portare rancore a lungo. E sono certo che non ti odi, tutt’altro”.

 

Ogni giorno cerca di consolarmi ma non ci riesce. Non la vedo da quasi una settimana e la cosa mi manda ai pazzi. E pensare che, prima , facevo di tutto per evitarla quando la intravedevo da lontano, e ora invece, darei qualsiasi cosa per vederla un solo istante.

Mi siedo al tavolo, prendo la chitarra con la quale compongo e inizio a buttare giù qualche accordo. Li metto insieme e, mentre suono quelle note, alcune parole mi vengono in mente.

Looking back I clearly see                                           Guardando indietro vedo chiaramente

What it is that's killing me                                          cos'è ciò che mi sta uccidendo

 

Through the eyes of one I know                                              attraverso gli occhi di una persona che conosco

I see a vision once let go                                              ho visto un'idea lasciata andare

I had it all                                                                          avevo tutto

 

Rileggo nuovamente ciò che ho scritto, anche questa volta, ogni verso è per lei. E la cosa mi piace. Ho aperto i miei occhi, forse troppo tardi, ma almeno l’ho fatto. Continuo a scrivere note e parole, quando il telefono mi distrae. Lo cerco tra i cuscini del divano e vedo che è Miroku. È allarmato. Dice che Kagome ha cercato prima Sango e poi lui, ma che entrambi non hanno sentito il cellulare squillare. Chissà che diavolo stavano combinando quei due per non risponderle. Quando l’hanno richiamata, lei non ha risposto. Mi chiede di andare a controllare che stia bene. Mi da il suo indirizzo e mi dice dove trovare la chiave per entrare. Che le sia accaduto qualcosa? Esco da casa come una furia, prendo la moto e corro come un pazzo, tra le via della città, verso casa della ragazzina. Salgo di corsa le scale che portano al suo appartamento, cerco il vaso con la chiave ed entro in casa chiamandola.

“Kagome? Dove sei? – la chiamo ma non risponde. Kami fate che stia bene – Kagome?” quando finalmente la trovo, è stesa a terra tra la camera e il corridoio che porta al bagno.

“InuYasha …”

“Che diavolo ti è successo?” le vado incontro per aiutarla a mettersi almeno seduta. Cerco di far piano, ma dalle smorfie, e dalle lacrime, mi rendo conto che il dolore che prova è ancora molto forte.

“Sono caduta in bagno”.

“E dal bagno a qui come ci sei arrivata?” chiedo sorpreso. Come avrà fatto ad arrivare qua, se è caduta in bagno? La sollevo piano e la prendo in braccio per portarla in camera.

“Perché sei qui? Come hai fatto a entrare?”.

“Mi ha chiesto Miroku di venire. Lui e Sango sono bloccati in autostrada per il traffico dovuto a un incidente. Mi ha detto di aver visto che li hai chiamati, ma quando hanno provato a richiamarti, non rispondevi. Si sono preoccupati e mi ha chiesto di venire a controllare. La chiave l’ho presa da sotto il vaso, come mi ha spiegato lui. Non mi sembra saggio conservare le chiavi lì, ma in questo caso è stato utile”.

“Capisco. Grazie per l’aiuto”.

“Non è il caso che ti stenda con i vestiti bagnati. Dove hai quelli asciutti?” chiedo.

“Non importa. Mi cambierò quando passerà un po’ il dolore, per adesso non me la sento. – dice chiudendo gli occhi. Chissà per quanto tempo è rimasta lì a terra – Puoi anche andare ora, e grazie per essere passato ad aiutarmi. Non riuscivo più ad alzarmi”.

Non può continuare a resta sola in queste condizioni. Non lo permetterò.

“Non ringraziarmi, e comunque non ho intenzione di andarmene. Dove sono i vestiti puliti?” insisto.

“Che significa che non hai intenzioni di andartene?” domanda con un’espressione buffa sul viso.

“Quello che ho detto. Da oggi mi trasferisco qui, che tu lo voglia o no. Saresti capace di romperti tutte le ossa, anziché guarire” affermo aprendo l’armadio e guardando dentro. Ogni cosa è al suo posto e tutto ha il suo profumo. Rovistando trovo un pigiama. Per stare a letto, il pigiama è l’indumento più comodo.

“Questo pigiama ti va bene per adesso?” glielo mostro. Lei invece mi guarda come fossi uno spettro e quando si rende conto di quello che sto facendo, si solleva di scatto, gemendo dal dolore e iniziando a piangere.

“Ehi aspetta! Se vuoi alzarti chiama me!” le vado incontro per aiutarla.

“Non … pensarci … nemmeno!” deve essersi fatta molto male. Respira piano e a fatica.

“Se non ti piace questo, dimmi dove ne trovo altri, no?”

“Non ho … bisogno del … tuo aiuto. Non mi serve. So cavarmela”. Ecco il nocciolo della questione. Capricciosa e testarda. Anche con tutte le ossa rotte riesce a farmi uscire pazzo.

“Certo, non ti serve. Per questo ti ho trovato distesa per terra. Smettila di fare l’orgogliosa e lasciati aiutare”.

“Sei stato tu a … dirmi di cominciare a … avere rispetto per me stessa!”.

“Lascia stare le mie parole di quel giorno! Te l’ho detto, ero arrabbiato e me la sono presa con te”.

“Hai detto cose vere”.

“Ho detto solo una cazzata dietro l’altra! Non volevo offenderti, davvero”.

“Non mi hai offeso, te l’ho già detto”.

“E allora perché non vuoi più parlarmi?” chiedo piano.

“Perché mi hai ferito. Hai sminuito ciò che provavo per te, facendolo passare come un capriccio, come una cosa stupida. – dice fissandomi negli occhi – Però alla fine avevi ragione. Sono stata una stupida, ma adesso non ho più intenzione di cambiare per niente e nessuno. Quando mi riprenderò, finirò le ultime riprese del film e poi me ne andrò via per qualche mese. – distoglie lo sguardo da me per fissare i suoi piedi nudi sul letto – Voglio staccare la spina e starmene per conto mio, da sola, lontano da tutti”.

“Non farlo …”.

“Cosa?” torna a guardarmi.

“Allontanarti da tutti. Allontanarti da me. Non farlo …” la supplico abbassando la guardia.

“Perché?”.

“Perché isolarti, non ti aiuterà a stare meglio. E nessuno meglio di me lo sa. Isolarmi è ciò che mi sono ostinato a fare in questi anni, per paura di soffrire ancora, ma è servito solo a peggiorare le cose”.

“Perché ti sei voluto isolare?”.

“Perché provare amore per qualcuno, e poi perderlo, è troppo doloroso. L’ho provato troppe volte e mi sono stancato di soffrire”.

“Ti riferisci ai tuoi genitori?”

“Sì, ma non solo. Dopo la loro morte sono stato affidato a mio fratello maggiore. Quello stronzo. Mi odiava con tutte le sue forze e non mi ha mai reso le cose facili. Avevo appena sei anni quando sono rimasto orfano. Avrei avuto bisogno di tante cose, ma lui mi lasciava sempre solo in casa, obbligandomi a sbrigare le faccende che lui non voleva fare. A quell’età non sapevo certo cucinare, quindi dovevo arrangiarmi come potevo per mangiare. Per fortuna in mio aiuto veniva spesso la vicina, Kaede, un’anziana donna sempre dolce e affettuosa con me. Cucinava, mi aiutava a pulire, stirava e sbrigava le faccende al posto mio. Mi ha quasi cresciuto lei. Quando ha saputo come mi trattava mio fratello, inizialmente, voleva chiamare i servizi sociali, ma io le chiesi di non farlo o avrei perso anche lei, ma poiché il destino è un fottuto figlio di puttana, si è preso anche Kaede, perché morì che non avevo nemmeno undici anni. Era come una seconda madre per me”. Non ne ho mai parlato ad alta voce e faccio fatica a trattenere le lacrime.

“Mi dispiace” sussurra, e posa una mano sulla mia, stretta a pugno sulle mie ginocchia. Quel tocco, così caldo, mi sprona a continuare.

“Con la morte di Kaede mi ritrovai di nuovo solo. Mio fratello, col tempo, si era fatto anche violento, e non di rado mi ritrovavo pieno di lividi. Stanco di quella vita, scappai da casa a quattordici anni. Trovai un lavoro che mi permise quantomeno di mangiare, ma dormivo per strada, non potendomi certo permettere altro. Fortuna volle, che vicino dove ero solito dormire, avesse appena aperto un piano bar. Ogni sera sentivo canzoni e cantanti diversi, così mi appassionai al canto, ritrovandomi spesso a canticchiare i motivi che sentivo provenire dal locale. Una sera il proprietario mi sentì, mentre era fuori a prendere una boccata d’aria. E siano ringraziati i Kami e quella mancanza d’aria di quel giorno, perché da allora cominciai a lavorare nel suo locale, cantando e suonando ogni sera e dormendo lì. Il buon vecchio Myoga è stato come un secondo padre per me, oltre lo stipendio mi aveva anche assegnato un posto in cui passare la notte. Mi aveva anche insegnato a suonare il pianoforte, così da accompagnarmi da solo. Qualche tempo dopo fui affiancato da una giovane e bellissima violinista. Me ne innamorai come un idiota. Credevo fosse l’amore della mia vita, invece, mi tradiva con il chitarrista di una band abbastanza famosa all’epoca. Ci rimasi malissimo, ma almeno avevo il mio lavoro, pensai, e invece … fu il turno anche di Myoga abbandonarmi, che morì a causa di un infarto” le parole escono come un fiume in piena.

“Ma è terribile!”. Dal viso di Kagome traspare che non si aspettava che la mia vita fosse stata così.

“Già, terribile, hai detto bene. Anche perché in seguito il locale fu chiuso dai familiari di Myoga, ed io ero di nuovo solo, senza casa e lavoro. Era destino che le persone da me amate mi lasciassero solo. Così ho ricominciato di nuovo tutto daccapo, ma con il proposito che stavolta non mi sarei mai più affezionato a nessuno, né amici, né donne e nessun altro che potessi perdere, te compresa” mi lascio scappare.

“Per questo hai iniziato a usare quella porcheria?”chiede. Sorrido mestamente. Non ha afferrato il senso di quello che ho appena confessato.

“Già. È stata l’unica compagna di questi anni, ma non vedermi come chissà quale tossico pronto a farsi in qualunque posto della città, perché non è così”.

“Ne sei comunque dipendente”.

“Affatto, posso smettere quando voglio”.

“Questo è quello che pensano tutti i tossicodipendenti. Non ti serve per sentirti amato! Ti sta solo rovinando la vita e nemmeno te ne accorgi. Hai degli amici vicino, ma non li vedi perché non dai loro una possibilità. E ci sono anch’io, che ti posso essere amica, se vuoi. Comunque sono sicura che ci sarà una donna che ti amerà come meriti, una che non ti tradirà e non ti lascerà mai. Devi solo cercarla e non precluderti la possibilità di aprire il tuo cuore” ne ha di tenacia la ragazzina. Anche se non è poi tanto sveglia.

“Aprire il mio cuore … quanto sei poetica. Magari potesse essere così facile”.

“Può esserlo, se permetti a chi ti sta intorno di conoscerti, comprenderti e amarti. Mi hai appena detto di non isolarmi, perché sarebbe peggio, quindi ti rigiro il tuo consiglio. Smetti di isolarti e soprattutto smetti di usare quella robaccia prima che ti bruci il cervello. Il destino non è stato benevolo con te, ma non pensare che con me lo sia stato, tutt’altro. Però ho riversato tutto sul lavoro ed in parte ha funzionato. Poi il fatto di avere buoni amici aiuta molto. Prova, e non te ne pentirai”.

“Vedremo. – taglio corto. E’ proprio poco sveglia – Ora basta chiacchiere. Devi togliere quel pigiama bagnato”.

“No! Non ci penso proprio a farmi vedere nuda da te!”.

“Quanto la fai lunga! Mi dici qual è il problema? Sapessi quante ne ho viste donne nude, anche più formose di te” la stuzzico e la vedo incavolarsi.

“Certo, se non hanno le tette enormi, non le guardi neppure!” ribatte offesa.

“Infatti, quindi stai tranquilla che guardarti è l’ultimo dei miei pensieri. Ora sbrighiamoci, così vado a prendere qualche cambio per venire a stare qui”.

“Io non ti ho mica detto che puoi!”

“Tra amici ci sia aiuta, o sbaglio?” azzardo.

“Amici? Vuoi davvero essere mio amico, quindi?” chiede sorpresa.

“Sempre che tu non abbia cambiato idea”. Ti prego, non abbandonarmi anche tu – penso.

“N … no, no affatto! Mi farebbe piacere esserti amica” afferma e uno splendido sorriso spunta sulle sue labbra.

 

Dopo circa mezz’ora, riesco a convincerla a farsi spogliare da me. Non è certo potuta fuggire dalle mie mani, in quelle condizioni. E questa caccia alla ragazzina è stata divertente. Però, mi ha fatto uno strano effetto. Ha un corpo minuto, asciutto. Le gambe sono sode e snelle. Non mi è mai capitato, prima d’ora, di spogliare una donna per poi rivestirla, ma è stata la cosa più interessante che potesse mai capitarmi. Soprattutto i suoi inutili tentativi di nascondersi da me. A fatica riesco a farle indossare il buffo pigiama che ho scelto. Ha i pantaloni azzurri a tinta unita e la maglietta piena di nuvole bianche su un cielo blu. In questo modo vado ad abbassare la temperatura dei riscaldamenti. Per non sentire freddo, visto che non riusciva a vestirsi completamente, li aveva alzati al massimo. Sembrava di essere in un forno.

 

La saluto velocemente e vado casa. Ho bisogno di qualche cambio. Mentre butto in una borsa alcuni abiti chiamo Miroku per avvisarlo che Kagome sta bene e che ha accettato il mio aiuto.

“Te lo dicevo io che non portava rancore!”.

“Si avevi ragione! Forse non tutto è perduto!”.

Prendo gli spartiti, il testo che ho iniziato a scrivere, la chitarra e, dopo venti minuti, torno da lei.

 

 

“Ti prego, dammi una delle pillole che trovi sul tavolo della cucina. Non ce la faccio più”. Ha gli occhi pieni di lacrime. La botta che ha preso cadendo, deve averle aumentato i dolori. Prendo una di quelle pillole, dell’acqua e torno da lei. La aiuto a sedersi.

“Tieni. Aspetta che ti aiuto”

“Grazie” prende la pillola, la aiuto a sdraiarsi e si addormenta.

 

Il tempo passa e due settimane sono volate. Il nostro rapporto è migliorato. Per chi non conosce i nostri trascorsi, direbbe che siamo amici da una vita. Anche con l’arpia va molto meglio. Adesso quando mi vede non mi bastona con le parole, e qualche sorriso compare sul suo volto. Che conquista! Kagome mi ha raccontato di come anche lei abbia perso i genitori in un incidente d’auto, delle difficoltà che ha affrontato, ma, per fortuna, mai da sola. Al suo fianco aveva la sorella Kikyo. La donna che ho incrociato all’ospedale. Mi racconta anche di come Naraku, il marito, non la sopportasse e per questo motivo ha rifiutato l’aiuto di sua sorella. Quando mi ha raccontato di come la trattava suo cognato, mi sono sentito ancora più un verme. Ogni mia offesa deve averle riportato alla memoria quel periodo. Quando glielo faccio notare, però, lei ne parla con un sorriso dicendo che orami il passato è passato. Amo i suoi sorrisi per me. Mi rendo conto che, più il tempo passa e meno posso farne a meno.

Nel frattempo le indagini hanno dimostrato che la caduta del riflettore è stata dovuta a un incidente. E la notizia la tranquillizza. Era convinta che l’incidente fosse stato causato da Onigumo che l’aveva minacciata solo qualche giorno prima. Se quello stronzo prova solo a pensare a lei, si ritroverà con tutte le ossa rotte.

Le giornate, vissute con lei, sono di puro divertimento. E’ spiritosa, solare, non smette mai di sorridere e di arrossire quando la spoglio e la aiuto a lavarsi. Sto bene qui con lei, mai avrei immaginato di potermi sentire nuovamente sereno.

“Tempo di doccia! Su sfaticata, alza il culo dal divano che poi devo andare a comprare qualcosa da mangiare”.

“Ormai sono in grado di farla da sola, vai pure”.

“E perdermi il tuo perenne imbarazzo quando ti spoglio e lavo? Non ci penso proprio!” sghignazzo divertito.

“Dì, piuttosto, che sei un maniaco e che ti diverte vedermi nuda!” tenta di ribattere arrossendo. Kami, quanto è bella.

“Ammetto che è un bel vedere …” rido malizioso.

“Non dicevi che sembro una bambina, tanto sono piatta?”.

“Hai il tuo perché. – la guardo un istante e poi la prendo in braccio per portarla in bagno – Ora andiamo, su!”.

Mette uno strano broncio, ma alla fine la spunto io. Chissà cosa le sta passando in quella testolina.

 

Oramai è passato più di un mese da quando sono qui, e mi sento perfettamente a mio agio. Neanche se fossi nato e vissuto in questa casa, sarei stato così bene. Spesso ricevo la telefonata della donna delle pulizie che vuole sapere se sono ancora vivo e quando tornerò a casa. Ogni volta le rispondo che, se porterà pazienza, potrei regalarle il mio appartamento, e lei puntualmente mi manda al diavolo.

E’ una delle tante notti che passo da quando sono qui. E anche questa, come le altre, vado a vedere come si sente. Mi affaccio sulla porta. Entro piano nella sua stanza e vado a controllare se sta dormendo. E’ avvolta nel silenzio più assoluto. Una debole luce entra dalla finestra e le illumina il viso. Mi avvicino e la guardo per un po’. Presto non avrai più bisogno di me. – sospiro – Ma forse, sono sempre stato io ad aver bisogno di te. Le scosto una ciocca di capelli che le si è incastrata tra le labbra, e le sfioro, rubandole un bacio.

 Stanotte, come tutte le notti.

Torno nel soggiorno, dove mi sono accampato nell’ultimo mese. Cerco lo spartito che avevo iniziato e continuo a scrivere. Mentre scrivo, un’idea si fissa nella mia mente. Sì, è la soluzione migliore. Dopo qualche ora, sono soddisfatto del mio lavoro e della mia scelta.

Sì. Questo sarà il mio ultimo singolo. Avrei dovuto decidermi tanto tempo fa.

Posso finalmente riposare anche io.

 

 

Open Your Eyes

Guardando indietro vedo chiaramente
cos'è ciò che mi sta uccidendo
attraverso gli occhi di una persona che conosco
ho visto un'idea lasciata andare
avevo tutto

Mi opprime continuamente
è difficile fidarsi e non posso crederci
persa la fede e perso l'amore
quando il giorno è passato

Apriranno i loro occhi
e capiranno che siamo una cosa sola
senza sosta siamo soli
finché non arriva il nostro giorno
quando apriranno i loro occhi
e capiranno che siamo una cosa sola

Mi piace come mi sento oggi
ma come so che il sole svanirà
i giorni tristi sembrano essere
tutto ciò che vivrà sempre in me
e continuo a correre

è difficile percorrere questo cammino da soli
difficile capire quale strada scegliere
salverò mai questo giorno?
cambierà mai?

Apriranno i loro occhi
e capiranno che siamo una cosa sola

Fino ad oggi andiamo avanti
so che il nostro momento arriverà
quando apriranno i loro occhi
e capiranno che siamo una cosa sola

Apriranno mai i loro occhi
e capiranno che siamo una cosa sola
(è difficile percorrere questo cammino da soli
difficile capire quale strada scegliere)
apriranno mai i loro occhi
e capiranno che siamo una cosa sola
(persa la fede e perso l'amore quando il girono è passato)

Apriranno mai i loro occhi
E capiranno che siamo una cosa sola

 

 

Mi sveglio di buon’ora e preparo la colazione per Kagome. Non posso far altro se non pensare a quello che ho deciso. E devo dirlo a lei. Devo avere il coraggio di parlare con lei. Ma come. Che penserà? Sarà felice? Ma soprattutto, mi aspetterà? Avrà capito cosa provo per lei? Ho lo stomaco chiuso e le mani sudate. Ho il terrore di perderla.

 

“Che stai preparando?”. Sono immerso nei miei pensieri che non la sento arrivare alle mie spalle.

“InuYasha?”.

“Eh? Che c’è?”.

“Che succede?”chiede agitata.

“Nulla, perché?”.

“Ti vedo strano. Non è che per caso …” lascia la frase a metà, sperando che io capisca a cosa si stia riferendo.

“No, no mi sono fatto. Non ho più intenzione di farlo” Spengo i fornelli e mi volto verso di lei.

“Davvero? Hai smesso?” chiede speranzosa.

“Non ho smesso, non è certo così facile come schiacciare un bottone. Oggi lo fai e domani no”.

“E allora …”.

Sii uomo InuYasha. Diglielo.

“Quando ti toglieranno il gesso e starai bene, io andrò via. Non ci vedremo per un po’”.

“Cosa? E perché? Ho forse fatto qualcosa di sbagliato?” la vedo spaventarsi, e non posso far a meno di sorridere.

Forse ….

“Che hai capito stupida! Non voglio andare via da te, ma da ciò che sono diventato".

“Non ti seguo”.

“Ho contattato un centro specializzato nella disintossicazione. Inizierò la riabilitazione quando saprò che puoi cavartela da sola” spiego serio. Forse adesso mi darà una pacca sulla spalla, e mi dirà che è contenta. Invece, mi salta addosso, infischiandosene del gesso e mi abbraccia con tutta la forza che possiede. Il suo corpo minuto contro il mio emana un calore indescrivibile.

“Sono felice! Non potevi darmi una notizia migliore! Sono davvero contenta!” E scoppia in lacrime, abbandonandosi alla mia spalla. La scosto un po’ da me e, delicatamente, le asciugo le lacrime.

“Perché piangi?”.

“Beh … perché … ti libererai di quella robaccia prima che ti distrugga. Non sai che paura avevo di sentire al telegiornale che eri morto per un’overdose o per qualche altro incidente causato da quelle porcherie. Piango perché sono felice per te” risponde asciugandosi le lacrime con la manica del pigiama.

“Piangi per me?”.

“Perché, lo trovi strano?”.

“In effetti, sì. Nessuno si è mai preoccupato tanto per me” ammetto triste.

“Questo perché tu non hai dato modo a nessuno di preoccuparsi di te. Il passato è passato. Viviti il presente, che è pieno di amici pronti a sostenerti e aiutarti”.

“Ascolta … so che ti sembrerà egoista da parte mia, ma … vorrei chiederti un favore. Un favore impegnativo …”. La fisso senza staccare lo sguardo da lei. O lo faccio adesso o non ne avrò più occasione.

“Dimmi”.

“Kagome, so di essermi comportato in modo pessimo con te, ma non lo facevo perché ti odiassi, tutt’altro. La paura di perdere le persone per me importanti, mi ha portato ad allontanarmi anche dall’amore. Mi costringevo a trattarti male per allontanarti da me, da quello che sapevo tu, provavi per me, ma soprattutto da quello che io sentivo di provare per te … – Dico tutto d’un fiato. Poi prendo un respiro e continuo – Ciò che voglio chiederti è … se provi ancora qualcosa per me … ti andrebbe … di aspettarmi?”.

Ecco. L’ho detto. Stringo la sua mano tra le mie attendendo una risposta.

“Aspettarti … per cosa” domanda in un sussurro.

“Aspettarmi … per provare ad amarci … ti prego …”.

Resta a fissarmi a bocca aperta ed io non posso far altro che continuare a supplicare.

“Lo so che la mia è una richiesta assurda, soprattutto per come ti ho trattato, e capisco che tu non vogl …”. Ma non mi lascia continuare, perché mi chiude le labbra con un bacio. Tra tutti gli scenari possibili, questo era l’ultimo che avrei mai immaginato. Sento il cuore esplodere dalla gioia. Nonostante il mio essere un bastardo, lei ancora mi ama.

“Ti basta come risposta?”.

“Non ho ben capito. – ghigno divertito – Non è che potresti spiegarmelo meglio?” e mi avvicino alle sue labbra, attendendo una spiegazione che non tarda ad arrivare.

“Ti aspetterò InuYasha. Ti aspetterò anche tutta la vita!”.

“Non servirà tanto. – sorrido – Basterà qualche mese”.

Torno a baciarla per poi prenderla delicatamente in braccio, portarla nella sua stanza e chiudere la porta alle nostre spalle.

 

 

Prima di partire per il centro di disintossicazione, ne parlo con gli altri che sono felici della mia scelta. Miroku a parte, hanno sempre sospettato che facessi uso di droghe. Pubblico, con gli altri, il mio ultimo singolo, Open your eyes e annuncio un ritiro momentaneo dalle scene. Non viene spiegato il motivo, solo che ho necessità di una pausa per mettere ordine nelle idee e valutare magari altri sbocchi professionali. Come scusa è stata buona. Ha scatenato un caos mediatico che ha portato il nostro gruppo a scalare tutte le vette.

Al momento della partenza, Kagome aveva gli occhi colmi di lacrime. Non la smetteva più di incoraggiarmi, e dirmi che anche se lontani, saremmo stati comunque vicini. Anche Sango è stata carina con me. Chi si sarebbe mai aspettato che l’arpia avesse un animo gentile. Miroku l’ho salutato solo per pura formalità. So che la mia permanenza lì sarà dura e non voglio assolutamente che lei mi veda nelle condizioni peggiori, così gli ho detto che lui sarà l’unico a cui permetterò di farmi visita, ma di tenerlo nascosto. Agli altri ho detto che non sono ammesse visite, ma che le telefonate sono permesse.

Non rivedere la mia ragazzina sarà dura, ma per lei, ma soprattutto per me, devo riuscire a venirne fuori. Voglio che la mia vita con lei sia meravigliosa e che un giorno, lontano nel nostro futuro, possiamo essere come l’anziana signora incontrata al pronto soccorso quel giorno. Aver vissuto appieno la nostra vita e consapevoli dell’amore che ci ha unito.

Mi telefona tutti i gironi, ma le telefonate non durano più di quindici minuti. In ogni telefonata mi racconta la sua vita, le sue giornate, m’incoraggia a non mollare e non smette mai di ripetermi quanto mi ami. Sono quelle telefonate a farmi andare avanti. A spingermi a continuare in questa cosa. Ogni suo ti amo mi ricarica ogni volta che sono deciso a mollare.

Qui è dura e non pensavo che smettere sarebbe stato così faticoso. I farmaci che mi danno, in sostituzione della schifezza che prendevo, mi fanno stare male ogni giorno, e il mio aspetto è terribile. Sento spesso la necessità di scappare da qui. Mi chiedo perché abbia preso una decisione simile, poi ripenso alla mia ragazzina e la mia mente torna lucida.

Miroku, come promesso, viene a trovarmi tutte le settimane. Come c’era da aspettarsi, il singolo, è diventato doppio disco di platino, dopo una settimana dalla sua pubblicazione. La cosa mi fa piacere. Quella canzone è per lei, lei che mi ha riportato alla vita, riaprendomi gli occhi. Chissà se ha mai capito che anche le altre erano per lei?

“E’ un bel posto qui”.

“Perché non ci sei rinchiuso tu, scemo!”.

“Ma dai, guardati attorno. Sei immerso nel verde, anche se siete rinchiusi in un posto sperduto tra le campagne. Quando respirerai di nuovo un’aria così pulita?”.

“Quando riabbraccerò la mia ragazzina” sorrido mestamente stringendomi nelle spalle.

Quanto mi manca. La sua assenza è come un dolore fisico. In occasioni come queste prenderei la chitarra, e comporrei una canzone. Ma non mi è stato concesso di portarla. Non ho possibilità di avere contatti con il mondo esterno, niente tv, niente cellulare, niente internet. Solo le sue brevi telefonate e le visite, programmate, di Miroku. Così, mi procuro carta e penna e inizio a scrivere.

 

Ciao ragazzina,

qui tutto procede bene. La cura sta avendo buoni risultati e mi sento meglio, rispetto ai primi giorni rinchiuso qui. Come procede la vita nel mondo, senza di me? Le mie fans si sono fatte una ragione della mia assenza? Mi amano ancora? Riescono a sopravvivere senza di me?

Ammetto che inizio ad andare in crisi di astinenza da tette enormi. Se penso a tutte quelle donne lasciate sole … Non oso immaginare a come si sentano. Appena esco da qui, recupererò il tempo passato. Rassicurale da parte mia e, se non ti dispiace, inizia a fissarmi qualche appuntamento!

Comunque, volevo solo farti sapere una cosa.

Se vai a casa mia, sul tavolo da lavoro, troverai sparsi alcuni testi delle canzoni che ho scritto. Ce n’é una in particolare. Forse te la ricordi, forse no. Non so neanche se l’hai ascoltata con attenzione, ma … il titolo originale, non e quello con cui è uscita. Non potevo pubblicarla con quel titolo. Nessuno avrebbe capito, forse solo Miroku. Perché lui? Beh, perché lui era presente quando l’ho scritta, tre anni fa, il giorno che ti ho incontrata la prima volta.

Il titolo originale di Shed my skin era “Ragazzina”.

Un titolo che non aveva nulla a che vedere con il testo, ma che serviva a me per ricordare l’istante esatto in cui ho visto per la prima volta i tuoi occhi. Eri così pura e meravigliosa, e non ho potuto non pensare che i Kami di avessero inviata per purificare me.

Ti amo, ragazzina.

 

                Chiudo la mia lettera, la consegno a Miroku e lascio che sia lui a consegnargliela. Inventerà lui una scusa su come l’abbia avuta.

 

I mesi passano tra alti e bassi. La terapia procede e, quanto scritto nella lettera, inizia a coincidere con la realtà. Inizio veramente a stare meglio. L’affetto di Miroku, e l’amore incondizionato della mia ragazzina, sono stati uno stimolo a non rinunciare e a proseguire fino in fondo. Manca poco e potrò riabbracciarla.

E finalmente giunge il giorno che tanto aspettavo. I medici, soddisfatti di come ho reagito alla terapia, e del mio comportamento impeccabile, mi comunicano che posso abbandonare il centro e continuare la terapia a casa, purché mi presenti agli incontri settimanali. Non potevo avere una notizia migliore! Chiamo Miroku e organizzo con lui una sorpresa a Kagome.

Ragazzina, sto tornando da te!

 

 

Lei è lì, sul palco, davanti al suo pubblico. Stupenda, canta la canzone che ha scritto per me. My fate. Seguo il brano con attenzione, in modo da poter entrare al momento opportuno. Conosco le parole a memoria, ogni sfumatura nella sua voce quando la canta.

Ed ecco l’ultimo ritornello.

Inizio a cantare insieme a lei, avanzando piano. Lei continua a cantare, da grande professionista qual è, ma i suoi occhi tradiscono un’emozione indescrivibile. E il pubblico va in visibilio, mentre ci accompagna. Tutti sanno che stiamo insieme, ma nessuno è a conoscenza del reale motivo della mia assenza. Sanno, però, che stasera, su questo palco, io e Kagome ci ritroviamo dopo mesi di lontananza.

Ma io voglio sapere il mio destino,

prima che ogni mia speranza svanisca.

Prendimi il respiro.

Portami in alto più che puoi.

Voglio volare da qualche parte, lontano da questo mondo.

Dammi un paio di ali, così potrò volare eternamente.

 

La canzone finisce e la vedo correre verso di me, dimentica del concerto e del pubblico, per abbracciarmi. Riaverla tra le mie braccia è il regalo più bello che la vita abbia potuto mai farmi.

“Che ci fai qui? Non avevi altri tre mesi di ricovero?” domanda felice e dubbiosa allo stesso tempo.

“Ho ancora tre mesi, infatti, ma posso finirli ambulatorialmente, recandomi al centro due volte a settimana per i vari controlli di routine. Il “carcere” è finito”.

“Quindi, ti ho tutto per me da adesso?”.

“Già, per tutto il tempo che vorrai”.

“Per sempre! Ti voglio per sempre InuYasha!” afferma baciandomi davanti a tutti.

Gli applausi e i fischi di approvazione ci ricordano che non siamo da soli, così mi vedo costretto a staccarmi da lei , salutare il suo pubblico, e tornare dietro le quinte aspettando che il concerto finisca.

 

 

Appena finisce, torna correndo verso di me, stringendomi.

“Mi sei mancato tantissimo!”.

“Mi sei mancata anche tu”.

“Bentornato amico! Direi di organizzare una bella festa per il tuo ritorno!” mi saluta Miroku, visto che ci eravamo sentiti solo per telefono, ma non eravamo ancora riusciti a vederci. Almeno non dall’ultima visita al centro. Uno sguardo di intesa tra me e il mio amico serve a sancire che le sue visite resteranno per sempre un nostro segreto.

“Volentieri, ma non oggi” rispondo guardando la mia ragazzina.

“Perché?” mi domanda curiosa.

“Perché ora tu ed io ce ne andiamo a casa. Devo rifarmi dei mesi lontano da te” le dico malizioso e ammiccando. Ed ecco le su gote imporporarsi. Kami quanto le amo!

“Ti … ti sembra il caso di dirlo così, davanti a tutti poi …”. L’imbarazzo se la sta divorando.

“Mi spiace per te amica mia, ma sei finita dalla padella alla brace!”.

Scoppio a ridere con Miroku,seguito a ruota dagli altri. Tutti sanno che quando Kagome stava con Miroku, il loro unico passatempo era il sesso.

“Allora, andiamo?” le chiedo prendendole la mano.

“Andiamo – dice per poi aggrapparsi a me e sussurrarmi all’orecchio – anche perché ho una sorpresa per te”.

Fingo di non sapere di cosa parla, guardandola strambo. Non sa che le mie spie mi hanno informato su cosa si sia tatuata dopo la mia lettera.

Mi segue felice e sorridente, ma io di più.

Non vedo l’ora di ammirare dal vivo le due farfalle nere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’angolino di Ness.

Eccomi qui, con questo progetto improvviso che mi ha vista impegnata per quasi tutto il mese di febbraio, insieme a quella che oramai definisco “Gemella diversa”. Sono stata veramente onorata si immedesimarmi in InuYasha, per scrivere questa visione che prende spunto da una storia ideata da Faby, e l’averla aiutata mi ha dato nuovi stimoli per migliorarmi e per migliorarci entrambe.

Grazie amica mia! Mi hai fatto un regalo immenso! Ho potuto così rendere omaggio anche ad uno dei miei gruppi preferiti: Alter Bridge un gruppo incontrato per caso, mentre scrivevo Luna Rosso Sangue (ancora in fase di stesura).

Ci tengo a precisare che ho affrontato un argomento delicato, e mi scuso se posso aver dato l’impressione che il problema droga si risolva così facilmente. So per esperienza, a me molto vicina, che non è una cosa con cui deve scherzare e che e difficile da superare. L’aiuto delle persone amate e soprattutto la convinzione di se stessi, sono un valido punto di partenza.

Nel descrivere il centro ne ho ricordato uno, dove sono stata a trovare una persona cara tantissimi anni fa. Sembrava veramente un piccolo paradiso, anche se, chi si trovava lì dentro, stava vivendo un inferno.

Non mi dilungo più, avendo già scritto tanto. Vi lascio qualche noticina informativa.

Spero di non avervi deluso, e che la nostra storia vi sia piaciuta!

Ness.

 

In Giappone, chiunque vende, possiede, usa o è sospettato di aver consumato droga, è messo in galera. Sconti e sospensioni della pena non esistono, centri per la disintossicazione neanche. Anzi ce n’è uno solo, privato e che va avanti senza sovvenzioni pubbliche, che può ospitare non più di venti tossicomani per volta. Le galere non sono allegre da nessuna parte, ma qui meno che altrove, il comfort è un concetto che riguarda gli uomini liberi. Unica rara alternativa alla prigione è l'internamento in reparti speciali di alcuni ospedali psichiatrici e tra le due possibilità è difficile stabilire quale sia la migliore (n.d. Yasha26).

 

(1)               Google Alert: Per chi non lo sapesse, se si vuole rimanere costantemente aggiornati su un argomento di nostro interesse, si può chiedere a Google di inviarci un Alert tramite mail, con gli eventuali link della notizia che ci interessa. L’unica pecca è che ci invia la mail anche se l’argomento è solo nominato. Io l’ho fatto chiedendo notizie di Heath Ledger e, ancora oggi, mi arrivano mail sull’attore ormai scomparso.

(2)               Minori: (): Significati:1) "Verità."

(3)               Makoto: (): Significati: 1) "Sincero, vero."

(4)               Usui Takumi: Nell’immaginare Kagome che esce con qualcuno, non potevo non rendere omaggio a questo personaggio che, personalmente, adoro. Usui è il protagonista maschile del manga e/o anime Maid-sama! La doppia vita di Misaki (会長はメイド様! Kaichō wa meido-sama). Bello, bello e l’ho detto bello? Anche caratterialmente! Un cameo era dovuto! Che ne pensate?

(5)               1'350'000 yen circa 10'000,00 euro.

(6)               3'500'000 yen  circa 25'000,00 euro.

(7)               9 Milioni di yen circa 68'000,00 euro.

(8)               Uramaki e Nigiri: Nella cucina giapponese il sushi (寿 司 / / sushi) è un cibo a base di riso insieme ad altri ingredienti come pesce, alghe, vegetali o uova. Il ripieno può essere crudo, cotto o marinato e può essere servito appoggiato sul riso, arrotolato in una striscia di alga, disposto in rotoli di riso o inserito in una piccola tasca di tofu. L’Uramaki (rotoli interno – esterno). 裏巻き è una polpetta cilindrica con il nori all´interno, di dimensioni medie e con due o più ripieni. Il ripieno è al centro circondato da un foglio di nori, quindi uno strato di riso ed una guarnizione esterna di un altro ingrediente, come uova di pesce o semi di sesamo tostati. l nigiri sushi è un particolare tipo di sushi che consiste in piccole polpettine di riso sopra alle quali vengono appoggiate delle fettine di pesce crudo, o altre guarnizioni, accompagnate da un pochino di wasabi, la tipica salsina verde piccante giapponese. (Fonte Wikipiedia).

(9)               Yukata: Lo yukata (浴 衣?) è un indumento estivo tradizionale giapponese. Viene indossato principalmente durante gli spettacoli pirotecnici, alle feste bon-odori e ad altri eventi estivi. Lo yukata è un tipo molto informale di kimono, che viene indossato anche dopo il bagno nei ryokan, gli alberghi tradizionali giapponesi, infatti, yukata letteralmente significa abiti da bagno. L'indumento risale al periodo Heian (794 – 1185), quando i nobili indossavano gli yukata dopo il bagno. Durante il periodo Edo (1600 – 1868), invece, gli yukata venivano portati anche dai guerrieri. (Fonte Wikipidia).

  
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