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Autore: WRitE_Of_uS    27/02/2015    0 recensioni
Può una ragazza innamorarsi delle belle parole, delle promesse e delle aspettative?
Bé in questo caso si.
ma tutte le favole hanno un "vissero felici o contenti", o a volte la vita reale ha la meglio?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I raggi del sole entrarono lentamente nella stanza e si posarono sul mio viso. Aprii gli occhi e realizzai che il lunedì era già arrivato. La mia attenzione fu catturata dai numeri digitali sulla sveglia. 7:15. 

Saltai giù dal letto e mi precipitai n cucina.  

I fornelli presero fuoco  e la macchina del caffè rilasciò il bollente, aromatico liquido. Riempii la tazza e ingoiai il fluido, sentendo passare il calore dalla lingua, alla gola, fino allo stomaco.
<< Buongiorno Ieie>>  sulla porta della cucina spuntò mio fratello. 

Aveva le guanciotte rosse e lo sguardo assonnato, il piccolo orsacchiotto sotto il braccio e i capelli scompigliati. Gli andai incontro per salutarlo, e gli stampai un bacio sulla fronte.

<< Buongiorno piccolo mio>>

Gli accarezzai il viso e mi diressi in bagno.

7:50. La scuola stava per cominciare. Mi precipitai giu dalle scale e spalancai il portone. Mi ritrovai all’ incrocio tra la via di casa e quella della scuola. Un ragazzo con i capelli neri mi passò davanti. Il suo sguardo incontrò il mio, conoscevo quegli occhi. Fui sul punto di emettere un suono, “Ciao”, ma un attimo prima che le mie labbra si schiudessero, lo sguardo del ragazzo tornò a fissare il vuoto davanti a se. 

Tommaso aveva finto di non vedermi, era riuscito a farmi sentire invisibile. Nella mia testa cominciarono a sorgere  una marea di domande, alle quali non riuscivo a trovare risposta, o forse semplicemente non volevo.
Dio solo sa come mi ero sentita.

Cinque ore dopo, i libri si chiusero, il portone si aprì e decine e decine di studenti sbucarono chiassosamente dal vecchio edificio. Le vacanze di natale non erano più un semplice conto alla rovescia, ci si erano materializzate davanti agli occhi.

Arrivò anche il mio momento di varcare le porte dell’effimera libertà. Abbracci, auguri e saluti, tutti da persone che probabilmente non avrei visto per il resto delle vacanze. Tommaso era qualche gradino più sotto rispetto a me. All’improvviso si girò nella mia direzione provando a salutarmi con un sorriso luminoso. Quanto potevano essere falsi quei sorrisi.

<< Buone vacanze Ire!>>  era arrivato uno dei soliti e simpaticissimi bivi, ripagalo con la stessa moneta o passaci sopra. Personalmente ho sempre trovato le scelte troppo convenzionali, e poi… sono una donna.  Se la vendetta andava servita fredda, io gliel’avrei servita gelata.

<< Grazie!>> 

Impassibilità e indifferenza, nulla può ferire di più
 
                                                         DUE MESI DOPO

Le vacanze volarono e con queste anche il 2013. 

“Anno nuovo, vita nuova”, che poi alla fine non cambia mai nulla, si continua nello stesso identico modo. 

A volte si perdono delle persone, altre volte se ne trovano di nuove. Poi ci sono quelle che non avresti voluto incontrare, quelle che sono piombate nella tua vita solo per portare scompiglio. Fanno le valigie  e come ladri, partono nella notte senza più restituire ciò che hanno preso.

Di Tommaso non avevo più notizie, dopo la fine della scuola ci eravamo sentiti per un paio di settimane, poi anche il nostro incrocio aveva preso strade diverse.

Mi ero affezionata, forse però era solo un mio problema. Dovevo imparare a non attaccarmi subito alle persone, anche perché non si può dipendere dagli altri. Le persone se ne vanno, ma tu resti e l’unica persona sulla quale puoi contare per rimettere a posto i cocci sei te stessa.
Davanti a me c’era solo strada, una serie interminabile di asfalto e macchine, una monotonia che rispecchiava perfettamente il mio stato d’animo. Grigio. Un grigio infinito. La radio risuonava nelle mie orecchie e compensava il muto suono della pioggia. “ Ciò che non ti uccide ti rende più forte”. Ciò che non ti uccide ti lascia in vita, e personalmente credo più vulnerabile di prima.
<< Quanto manca?>> guardai il navigatore: mancava tanto.
<< Poco Ieie, è la ventesima volta che me lo chiedi>>.
Ogni volte che facevamo un viaggio, quella era la mia frase preferita.  Mi stampai un piccolo sorriso sulla faccia e finsi che l’attesa non mi pesasse, invece mi stava lacerando. Odiavo aspettare, così come odiavo i momenti di pausa perché la maggiore parte delle volte non portano a nulla di buono. 

Eravamo diretti a Jesi per un impegno lavorativo di mio padre: una partita.

Quando il lavoro chiama… meglio correre! Meglio ancora se dietro ad un pallone dea basket. Era il presidente di una squadra sportiva, di conseguenza partite in giro per l’Italia ogni due settimane con ingresso gratuito.

Arrivammo giusto in tempo davanti al palazzetto, giusto in tempo per salutare delle persone importanti, per chiarire le ultime cose con l’allenatore e per prendere posto sulle gradinate.

Quando ero piccola per poco non mi ci trasferivo nel palazzetto. Mi ricordo tante persone e rampe di scale che parevano enormi ai miei piccoli occhi. Prendevamo i nostri biglietti, io mamma e papà, mio fratello non c’era ancora. Mi sedevo sempre in mezzo ai due, papà mi insegnava i nomi dei giocatori e le tattiche di gioco, mentre  mamma esultava ogni volta che mettevamo a segno un punto. In fondo, però, si vedeva che lo faceva solo per far contenti me e papà.

Poi la società fallì, così come la nostra famiglia.

Mio padre comprò la squadra, ma per noi ormai non c’era più niente da fare, era il capolinea.

…<< Come le dicevo, questa è mia figlia>> un uomo con i capelli bianchi mi porse la mano ed io, per cortesia, gliela strinsi.
<< Molto piacere…>> …chiunque tu sia.

I due cominciarono a parlare delle squadre, delle possibilità di vittoria, sul futuro della società. Decisi di tirarmene fuori.

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Tecnica infallibile. Mi allontanai dai due e per rendere più realistica la simulazione, presi il cellulare tra le mani. Feci per metterlo all’orecchio quando mi accorsi di un messaggio.

Tommaso: Ciao.

Io: cosa vuoi?

Tommaso: mi manchi 

Io: non credo

Tommaso: scusa se ti ho fatto aspettare, ma ci tengo troppo a te e non vederti anche solo per 3 secondi… mi terrorizza

Quelle parole mi incasinarono l’ esistenza, quelle parole furono in grado di abolire ogni tipo di difesa che mi ero costruita. Con lui ero vulnerabile, con lui ero fragile. Uno strano movimento salì dalla pancia fino alla bocca dello stomaco, somigliava ad un formicolio, ma era molto più insistente. A volte nessun insetticida è abbastanza potente, e non è possibile anestetizzare i propri sentimenti. Le farfalle nello stomaco erano una prova che quel ragazzo mi avrebbe sconvolto la vita, le farfalle sanno sempre tutto.

<< mi sei mancato anche tu>>

Quel giorno perdemmo la partita, ma io vinsi molto di più.

   
 
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