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Autore: Chesy    27/02/2015    2 recensioni
[...]"Sullo sfondo di una New York mondana e piena di sotterfugi, di club segreti e demoni impazziti, omicidi e brutali lotte, ci saranno anche i sorrisi e gli amori, il dolore e le storie di questi due protagonisti, e di tutti coloro che li circondano.
Perché, nonostante i ruoli capovolti, la storia cambiata e la linea temporale simile, il loro amore sboccerà ugualmente. E loro resteranno esattamente come sono, perché il passato li ha formati e resi ciò che adesso smuove le fondamenta di New York, ribaltando le Leggi e trasgredendo sempre alle regole che, da tempo, mantengono l’equilibrio dei mondi.
Benvenuti nel Mondo capovolto degli Shadowhunters."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Class_13, che mi sprona sempre a dare il massimo.
 
Abbadon può non aver vinto, ma ha infettato Magnus con il suo veleno: e mentre Catarina lotta per non crollare, e Jace punta a risolvere la situazione a mente lucida, è chiaro a tutti che quello è solo il preludio di una battaglia.
Perché Valentine è pronto ad attuare il suo piano, con o senza il supporto dei suoi figli.
 
LA TUA VITA, LA MIA VITA
 
Sospettava che sarebbe successo qualcosa.
E non ne aveva la certezza perché, come Stregone, aveva sognato una cosa del genere, ma perché i suoi fratelli avevano deciso di partire, promettendogli di contattarlo in caso di bisogno. Avrebbe voluto andare con loro, per proteggerli, ma non gli piaceva l’idea di lasciare Max da solo, in un momento, poi, che vedeva il Mondo Invisibile in balia di eventi inaspettati.
La sola idea di lasciarli soli, sia che Jace che Izzy che Max, lo faceva impazzire: avrebbe voluto sodoppiarsi, per seguirli, peccato non esserne capace.
E proprio mentre finiva di preparare alcune pozioni atte a supportare la guarigione, il messaggio apparve: una scrittura rapida, non elegante, di chi ha fretta di comunicare qualcosa.

"Vieni all’Istituto, Magnus Bane è stato infettato da un demone superiore."

La grafia era di Isabelle.
Il nome era del Cacciatore incontrato alla festa di sua sorella.


Magnus Bane.

Alec non seppe perché, ma leggere quel nome abbinato alla possibilità di morire, gli aveva scosso il cuore, facendogli tremare leggermente le mani: lui, che impazziva solo quando erano i suoi fratelli ad essere in pericolo, e che mai aveva preso a cuore altro che loro.
Prese la borsa e, senza tante cerimonie, aprì un Portale nel soggiorno: dall’altra parte, come oltre la soglia di una porta, vide l’Istituto immerso nel buio tetro della notte.
Non avvisò Max della sua partenza ma, non appena passato il varco, avrebbe trascinato e scaraventato sua sorella all’interno del Portale per farla arrivare a casa: anche lei sapeva quanto era pericoloso mollare un bambino tanto piccolo da solo, anche se Stregone.

Fece un profondo respiro e, senza esitare ancora, con un solo passo si porto a parecchi chilometri di distanza: ai mondani, la chiesa doveva apparire abbandonata e dimenticata da Dio ma lì, dinanzi ai suoi, di occhi, le luci erano accese e le rocce, seppur crepate, sembravano solide e trattenute al loro posto dai rampicanti.
Riconobbe la sagoma di sua sorella che gli correva in contro: slanciata e scura, la lunga coda che saettava a ritmo con i passi e il tocco dei tacchi. Vide subito che era sporca di sangue, secco e tirato sulla pelle: alle sue spalle, Simon appariva distrutto, i capelli arruffati e la maglia sporca.
Lo Stregone lo degnò appena di un’occhiata, ma non perché se ne fregasse interamente di lui: l’unica persona, in quei pochi metri, che catturava la sua attenzione era solo sua sorella Isabelle.

-Oh Alec…- lo abbracciò, ma alzò lo sguardo solo quando il fratello la tastò per capire se fosse ferita. –No, non è mio il sangue….Tranquillo.-

-Izzy, voglio che attraversi il Portale e vai da Max.- le prese il viso tra le mani, per fissare gli occhi nei suoi.

-Alec, non….-

-Per favore, Izzy.- lo sguardo preoccupato e determinato la trafisse come una spada. –Torna a casa, qui ci penso io. Fidati di me.-

Apparve indecisa, ma solo per un attimo: poi i suoi tratti si addolcirono e annuì.

-Mi fido sempre di te, fratello.-

Si vedeva che manteneva una certa riluttanza, ma non poteva neanche ignorare Max: e poi, la bella Ifrit sapeva perfettamente che suo fratello, quando lavorava, aveva bisogno di tranquillità, senza che nessuno gli stesse attorno per metterlo sotto pressione.
Solo quando vide la sua figura sparire, risucchiata dal Portale, Alec poté rilassarsi e tornare a pensare al motivo per cui era lì: Magnus Bane.

Non ci fu bisogno di chiedere a Simon, poiché il ragazzo capì al volo e, a grandi falcate, lo condusse all’interno della struttura, sino alla stanza in cui risiedeva il Nephilim: e mentre cercava di star dietro alle lunghe gambe dello Stregone, provò, ansimante, a spiegargli com’era andata.

-Si è distratto, per proteggerci.- spiegò. –Il demone lo ha morso: hanno provato ad applicargli delle rune, ma non ha funzionato …-

Arrivati dinanzi alla stanza, si accorsero che la parabatai di Magnus era inginocchiata davanti al letto, l’espressione tesa e preoccupata, lo stilo ancora stretto in mano: lasciava scivolare lo sguardo, velocemente, dall’amico sino alla soglia. Si bloccò a fissare Alec, pallida, quando si accorse della sua presenza.

-Il veleno è troppo potente per le rune.- affermò, senza scomporsi più di tanto.- Simon, mi serve che tu tenga fuori Catarina. Non entrate, qualunque cosa accada.-

Lo fissò, parole decise e che non ammettevano repliche: anche per Simon, che non conosceva a fondo lo Stregone, fu strano sentirlo così determinato e con la situazione sotto controllo. Da quando l’aveva visto, la prima volta, gli era parso soltanto come un ragazzo timido e impacciato, protettivo soprattutto nei riguardi dei fratelli.
Ora la sua figura…gli metteva quasi timore.
Catarina doveva aver udito le parole di Alec, perché abbandonò Magnus e si diresse verso di lui: aveva i capelli chiari scompigliati e sporchi di sangue, il volto teso per la preoccupazione, le braccia e le mani che tremavano, dipingendo una figura totalmente opposta, rispetto ai classici Nephilim forti e determinati.
Guardò prima Simon, poi nuovamente Alec: quando, finalmente, trovò le parole, la sua voce era stranamente calma.

-Io devo stare con lui, non posso abbandonarlo.- soffiò. –E’ il mio parabatai, deve trarre forza da me, ora più che mai….-

-Lo capisco.- disse il ragazzo dai capelli neri.- Ma il veleno sta soffocando il potere della runa, e devo estrarlo per ristabilirne il flusso. Lascia fare a me, Cacciatrice.-

Catarina esitò per un attimo: si vedeva che era combattuta, che non sapeva più a cosa credere. Ma poi, dopo aver ripreso possesso di un contegno e di una forza ripescata chissà da dove, guardò Alec dritto negli occhi, le parole che risuonarono chiare ed echeggiarono un poco, tra i corridoi freddi dell’istituto.

-Ti affido Magnus, Alexander Gideon Lightwood.-

E quelle parole, per il ragazzo dagli occhi blu, trasmettevano più cose, oltre al loro apparente significato: e, tra queste, Alec poté percepirne una molto rara.

Fiducia incondizionata.

Lo Stregone annuì, facendo scivolare le ciocche nere davanti agli occhi, le scaglie che scintillarono al debole chiarore delle luci: entrò nella stanza e, senza più guardarsi indietro, chiuse la porta dietro di se.
E, alla debole luce delle candele, notò quanto sudato e immobile fosse Magnus.

E quanto facesse freddo in quel posto, dannazione.

Ora capiva perché i Nephilim si aggirassero smanicati in pieno inverno: a forza di vivere tra le fredde mura di una chiesa, si faceva presto a diventare refrattari al gelo.
Agitò la mano, e il fuoco si animò attorno a lui: piccole fiamme circondarono le loro figure, riscaldando l’ambiente polare, donando la luce necessaria per constatare le condizioni di Magnus.
La sua carnagione ambrata aveva perso qualche nota di colore, occhiaie scure e livide sembravano un trucco scialbo e troppo pesante: con le dita, artigliava le lenzuola, trattenendole e rilasciandole a seconda di quanto veleno sentiva fluire nelle vene. Le labbra erano screpolate e morse a sangue, i capelli appicciati al viso: di tanto in tanto, da quelle stesse labbra, gli sfuggivano mugolii rochi e borbottii sommessi.
Alec venne colto da una marea di emozioni, una più difficile dell’altra, una più forte dell’altra: si sentiva strano, molto strano, e tremendamente preoccupato che le sue abilità mediche non bastassero a salvarlo.

Poi vide qualcosa brillare, sul viso del Cacciatore, tra le ciglia: occhi verdi e oro, velati dal dolore, come uno spicchio di luna in mezzo alle tenebre. Probabilmente fu solo una sensazione, ma Alec sentì il suo sguardo addosso, le iridi che si puntavano nei suoi occhi: gli sembrava che Magnus lo stesse guardando davvero quando, probabilmente, osservava i suoi incubi avvicinarsi.
Al ragazzo servì solo questo, per convincersi che quel Nephilim non sarebbe morto, che si sarebbe salvato, e che ancora avrebbe visto il suo sguardo illuminarsi e il sorriso aprirsi per dar voce ai suoi pensieri.

Boccette aperte invasero l’ambiente con il loro odore pungente e penetrante.
Bende varie si srotolarono lungo l’intera stanza, scivolando sulla pelle come piume d’angelo.
E poi nenie a non finire, che echeggiavano tra le mura: canzoni antiche, pronunce complesse, accompagnate da grida a stento trattenute e rochi sussurri; scintille prendevano vita al suono di quelle cantilene e si posavano sulla pelle, risanandola. Il veleno salì dalle ferite, danzò come un serpente sinuoso in un vortice scuro: e Alec lo guardava, le tempie sudate, i capelli appiccicati alle scaglie perlacee.

Si ritrovò ad odiarlo, quel veleno.

Perché apparteneva ad un Demone.
Perché aveva infettato Magnus.
Perché lui stesso era figlio di una simile tossina.
La spirale scura parve osservare lo Stregone di rimando, ma fu presto distrutta, in un solo battito di ciglia: evaporarono, le sue gocce, disintegrate da una magia gemella ma usata a fin di bene.
Le braccia tese di Alec si allargarono, i palmi posati ad un soffio dal corpo del Cacciatore: il respiro di entrambi era affannoso, ma ora Magnus non artigliava più le lenzuola con tanta foga e il sudore aveva smesso di colargli dalle tempie.

Le fiammelle ondeggiarono lievemente quando nuove scintile, delicate come fiocchi di neve, si posarono sulla pelle, ricongiungendo i lembi, risistemando le ossa: aprendo un occhio chiuso per la concentrazione, Alec si accorse che il colorito era tornato e che la pelle era meno tesa, quasi rilassata. Le occhiaie avevano lasciato il posto a lievi ombre, il respiro era più regolare e i denti avevano finito di torturare la carne del labbro.
Le pallide dita del ragazzo tremarono, ma non cedette: diede fondo ad ogni sua energia, a tutto ciò che aveva in corpo, facendo sì che la neve continuasse a risanare il corpo martoriato di quel ragazzo.
E, irrimediabilmente, si ritrovò a pensare a lui.

Al fatto che non lo chiamasse “Cacciatore” come faceva con altri.
E che, quando gli aveva parlato, sembrava che si fosse aperto uno spirale di luce, in tutta l’insicurezza che lo circondava: allo stesso modo, in quello stesso istante, l’alba fendeva il buio e lo scacciava. Era già passata la notte? Non se ne era reso conto, talmente era preso dagli incanti per tenere in vita Magnus.
Resistette ancora poco, poi crollò sulla sedia lì, vicino al letto.

Si sentiva stanco, e la sola prospettiva di aprire un Portale per tornare a casa lo demoralizzava ancora di più: si passò una mano tra i capelli, osservando il corpo dinanzi a lui, le fiamme che lo riscaldavano e giocavano sulla sua pelle con luci e ombre. Era più rilassato, e il respiro regolare rasserenò Alec come se fosse la ninnananna più bella del mondo: sospirò, sorridendo senza neanche rendersene conto.

Era salvo.

Non si accorse neanche di avere una mano di Magnus tra le sue: le guance si scaldarono, probabilmente arrossendo, ma non seppe dirlo, perché l’unico testimone di quell’atto giaceva incosciente nel letto.
Timidamente, contemplò i polpastrelli ruvidi, le unghie dipinte, le falangi lunghe e sottili: quelle mani erano adatte a creare magie, come un vero artista, e non a combattere.
L’anello della famiglia brillava tra il sangue e la pelle scura, svelando ad Alec una verità amara: lui era un Cacciatore, un figlio degli angeli, qualcosa di proibito.
Si alzò di scatto, come se Magnus scottasse: ma, in realtà, era stato quel pensiero a farlo allontanare.

Prese le sue cose, cercando di mantenere la concentrazione: si sentiva ancora spossato, ma non l’avrebbe dato a vedere, non davanti agli amici di Magnus almeno.
Aveva la mano sulla porta, quando un’idea s’insinuò nella sua pelle: era folle, stupida, incosciente, degna dei più grandi peccatori, ma lo eccitava da morire. Lo spaventava e lo attraeva allo stesso tempo come, appunto, qualcosa di proibito ma che brami di avere comunque.

Si avvicinò a Magnus, guardandolo dall’alto, gli occhi blu fissi su di lui: aveva un naso splendido, il viso spigoloso, la pelle come un quadro fatto di rune e cicatrici.
Sentì il cuore battere sempre più forte, Alec.
Temette che stesse per uscirgli dal petto.
E poi, senza più tentennare, trattenne il fiato e lo fece, spinto da un istinto antico, risvegliatosi solo in quel momento: come un fuoco sopito da tempo che si ritrova, improvvisamente, impregnato di benzina.

Lo baciò, sulla fronte, vicino a quei capelli pieni di gel e neri come la notte.
Lo baciò, inspirando il suo profumo di sandalo.
Lo baciò, desiderando che, al posto della fronte, ci fosse la bocca.

E mentre se ne andava, rassicurando Catarina e sperando che anche Jace e il resto dei suoi nuovi amici non avessero bisogno di cure, sentì il senso di colpa risalirgli lungo la gola, artigliandogli il cuore: qualcosa gli sussurrava che aveva fatto un errore, che era tremendamente sbagliato provare un sentimento per un uomo, per di più un figlio degli angeli.
Eppure, sino a quando non si risvegliò il giorno dopo, pensò che non gli importava.

E sognò di baciare ancora Magnus.



 
Lo Stregatto Parla.
Vi è piaciuto il capitolo? Scusate se ho tardato tanto.
Beh, come al solito, passo alle comunicazioni di servizio: vi starete chiedendo perché non recensisco più e perché non sono più attiva come prima. Le recensioni, giuro, le scriverò e risponderò a tutte, questo se volete lo prometto sui Malec, che mi fulminino se non lo faccio.
Comunque, il fatto è questo: quando sono entrata su Efp, la mia vita in gdr era drasticamente ridotta e avevo mooolto più tempo libero: ora, il forum di FFA è tornato attivo e su BSS si sono risvegliati dal letargo ed ambedue si contendono la mia presenza, anche perché tutti i membri dei forum sanno come rintracciarmi se mi vedono sparire nel nulla. E poi, beh, è il continuo ruolare che mi ha portata a scrivere racconti ed FF…. e sì, i miei pg sono stranamente fondamentali o__o Non l’avrei mai detto.
Indi per cui, sono meno attiva per causa loro, ma non temete, io non vi abbandono: diciamo solo che, beh, non ci sarò più come prima, ma non smetterò di scrivere, perché, voi non lo sapete, ma ci sono tantissimi nuovi progetti in cantiere, il tutto solo per voi!

Quindi vi ringrazio, voi che recensite e che, nel mentre, scrivete storie che mi fanno piangere e ridere, o rapidi sprazzi di racconti che mi emozionano più di un libro: grazie per non avermi lasciata sola e per il vostro continuo sostegno, senza non so proprio come farei.
Detto questo, se avete finito di leggere tutto ciò che ho scritto, nel vostro commento lasciate scritto anche “BAZINGA!” così so che avete letto le mie info del giorno.
Che altro? Ah, mentre scrivevo ho ascoltato il CD degli Imagine Dragons, quindi mi sono stata ispirata dalle loro canzoni.
Un abbraccio,
Chesy :3
  
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