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Autore: katniss590    28/02/2015    9 recensioni
"Non sognava solo loro. Il sogno più ricorrente, la morte più ricorrente era quella di Percy Jackson. Nico ricordava benissimo cosa provava ogni volta che si svegliava, non trovandolo a canto a se. Disperazione, paura, dolore. Nico non sapeva più quante volte avesse rischiato di impazzire, quante volte avesse rischiato di perdere la sua salute mentale. E perfino lui dubitava di averne ancora, di salute mentale. Forse era diventato un pazzo, un pazzo senza speranza".
Nico è disperatamente innamorato di Percy. Il figlio di Poseidone, però, è fin troppo stupido per capirlo. E Nico così non può più andare avanti, è sempre fermo allo stop. Ma se...?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Jason Grace, Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Nico non era mai stato un ragazzo coraggioso. Aveva avuto paura, quando la madre era morta. Aveva avuto paura quando lui e Bianca erano stati portati all’Hotel Lotus, e quando ne erano usciti. Aveva avuto paura quando erano stati attaccati da Mr. Thorn, una manticora dall’accento francese. E aveva avuto paura anche durante la battaglia finale. Ma almeno li aveva mostrato un po’ di coraggio. Si era dimostrato degno, almeno sperava. Poi, c’era stato il Tartaro. Odiava quel posto, quel…quell’Inferno. Si, non c’era altro modo per chiamarlo. Un Inferno buio, spaventoso e pieno di mostri, creature malvagie e, soprattutto, incubi. Nico non aveva mai rivelato il suo più grande segreto a nessuno, se l’era tenuto per se per molti anni.

Avrebbe voluto dirlo a Bianca, sua sorella, ma ormai era troppo tardi. Lei era morta, e, quando aveva cercato di riportarla in vita con la scomparsa di Thanatos, aveva scoperto che aveva deciso di reincarnarsi in qualcun altro.

Quindi, ormai, era costretto a tenere le sue emozioni chiuse nel suo cuore, come in una prigione. Nico rammentava ancora le cose orribili che aveva visto nel Tartaro. I mostri erano in agguato ad ogni angolo, ogni giorno era una nuova tortura, ogni minuto, ogni secondo, erano un supplizio, la peggiore delle pene. E Nico aveva gli incubi, dal momento in cui vi era entrato. E sognava sempre la stessa cosa: la morte. Mai il figlio di Ade aveva temuto la morte prima di allora, mai. Dopotutto, era il figlio del dio degl’Inferi, non avrebbe dovuto averne troppa paura, sapeva cosa c’era dopo la morte.

Ma non era la sua morte. Era quella dei suoi amici. Ogni notte, vedeva i volti di Annabeth, Thalia, Leo, Piper, Jason, Hazel…li sognava, ogni notte. Sognava la loro morte, una morte straziante e dolorosa. Le loro urla, le loro richieste di aiuto. E Nico non riusciva a muoversi. Non poteva salvarli.

Non sognava solo loro. Il sogno più ricorrente, la morte più ricorrente era quella di Percy Jackson. Nico ricordava benissimo cosa provava ogni volta che si svegliava, non trovandolo accanto a se. Disperazione, paura, dolore. Nico non sapeva più quante volte avesse rischiato di impazzire, quante volte avesse rischiato di perdere la sua salute mentale. E perfino lui dubitava di averne ancora, di salute mentale. Forse era diventato un pazzo, un pazzo senza speranza.

Nico non sapeva come era cominciato tutto. Forse dalla prima volta in cui si erano incontrati, forse dalla morte di Bianca, forse dal suo bagno nello Stige. Nico questo non lo sapeva. Sapeva solo che ogni volta che li vedeva, insieme, ogni volta che vedeva Annabeth e Percy ridere, baciarsi, prendersi la mano, lui sentiva un dolore al petto, si sentiva morire dentro. Perdeva se stesso. Quante volte aveva pensato a quanto fosse fortunata, quante volte aveva desiderato poter essere al suo posto? Quante volte l’aveva odiata? Ora lui non lo sapeva più. Sapeva solo una cosa: lui si era innamorato perdutamente di Percy Jackson. Ed era il suo viso, quello che vedeva ogni volta prima di andare a dormire, e ogni volta che si svegliava. Come quel mattino. Si era svegliato pensando a lui, a cosa gli piaceva mangiare a colazione. Al suo colore preferito, il blu.

:-Ehi, amico!-lo chiamò Jason. Nico si era svegliato presto, proprio per poterlo evitare. Non gli dava tregua, da quando Cupido lo aveva costretto a rivelargli il suo segreto davanti all’amico. Non voleva parlare con lui, si vergognava. Ma si girò comunque, senza provare a fingere un sorriso.

:-Allora, che si fa oggi?-chiese Jason, come tutte le mattine.

Nico non capiva come potesse essere così entusiasta.

:-Niente di niente-rispose lui, come ogni giorno. –Io seguo la mia strada, e tu la tua. E sono due strade separate.

:-Invece no!-esclamò il ragazzo. –Ho organizzato una bella giornata. Due ore di allenamento di scherma, tre di tiro con l’arco, perché siamo due frane, pausa pranzo, e dopo lancia. E poi, promesso, ti lascio libero.

:-Ti odio-disse Nico, ma, come tutti i giorni, sospirò, e seguì l’amico. Alla fine, dovette ammettere Nico, non fu così male come credeva, a parte tiro con l’arco. Jason aveva ragione, erano due negati, ma almeno non si era arrabbiato quando si era dovuto togliere una freccia dalla spalla. Dopo un’ora di lancia, passata più che altro a colpire bersagli, decisero di darsi un attimo di pausa.

Dopo un silenzio parecchio imbarazzante, Jason disse:-Allora, cosa vuoi fare? Con…

:-Non lo so-rispose il ragazzo, affranto. Ed era vero, non lo sapeva. L’amore, soprattutto degl’adolescenti, era strano. Ti faceva solo male e basta. Perché gli adulti desideravano tornare giovani? La vita dei teenager era un inferno, sempre piena di dolore, amori difficili, errori sciocchi.

:-Dovrai dirglielo, prima o poi-constatò Jason, come faceva ogni giorno. –Non puoi tenerlo segreto per sempre, Nico. E non devi avere paura. Cos’è la vita, senza qualche rischio, dopotutto?

:-Si che posso-disse lui, come tutti i giorni, imbronciato. –Mi odierebbe, lo sai.

:-Non è vero, non lo farebbe-rispose Jason, sicuro. Nico cominciava a pensare che Jason fosse fin troppo sicuro delle sue convinzioni, ma non capiva. Non avrebbe potuto mai capire. –È una persona per bene. Sono certo che capirà.

:-Non è vero, mi disprezzerebbe, non vorrebbe mai più vedermi. Gli farei schifo-ribatté Nico, il tono velenoso quanto il morso di un cobra. –Lo perderei per sempre.

:-Nico, credimi, non sarà così, Percy ti vuole bene, sei suo amico-disse Jason. –Il suo difetto fatale è la fedeltà, lo ha detto anche Miner…Atena.

:-No, non è vero, e lo sai-disse lui. –Nessuno mi vorrebbe con se, nemmeno come amico. Cavolo, Jason, tu sei l’unico mio vero amico.

:-Beh, ci sarebbero anche Leo, Piper, Hazel, e…-provò a dire lui, ma Nico lo fermò.

:-Hazel non conta, è mia sorella-disse lui. –Piper non parla spesso con me, e Leo non fa che prendermi in giro e chiamarmi “scheletrino”, o “cadavere putrefatto”. Non mi sembra amicizia, considerando che non ha un tono scherzoso, e non cerca mai di passare del tempo con me. Ci evitiamo, e io non l’ho già spedito negl’Inferi solo perché è amico di Hazel.

Sentì una risata, maschile. Pensava che fosse stato Jason, e alzò lo sguardo pronto a dargli un pugno in faccia. Ma non era stato lui. Alzò lo sguardo, e vide Annabeth e Percy. Lei stava cercando di studiare un foglio di carta, sicuramente un progetto di architettura, e Percy le faceva il solletico. Entrambi ridevano, e si guardavano con quel luccichio negl’occhi che Nico non sopportava. Il figlio di Ade sentì le lacrime pronte a fare capolino dagl’occhi.

:-Nico…-cominciò il ragazzo, ma lui non glielo permise. Doveva andarsene, non poteva sopportare ancora il dolore.

:-Senti, noi…ci vediamo domani-disse Nico. –Forse. Io…devo andare, ora.

Jason non tentò nemmeno di fermarlo, perché capiva che Nico aveva bisogno di stare solo.

Nico si alzò e corse verso la casa tredici, quella dedicata ad Ade. C’erano solo lui e Hazel, e lei era solo un’ospite. Non aveva altri fratelli o sorelle. Era solo. Si sdraiò sul letto, e si lasciò andare. Permise alle lacrime di scorrere sul suo viso, silenziose, mentre i singhiozzi lo attanagliavano. Poi sentì qualcuno bussare alla porta, e cercò di cacciarlo con un “Vattene via, Jason” poco convinto.

:-Non sono Jason-disse una voce maschile. Sapeva a chi apparteneva.

:-Non importa, sparisci-ordinò Nico. Non voleva vederlo. Non poteva.

:-Aprimi, per favore-disse Percy. –Sul serio, è importante.

Nico sospirò, si asciugò le lacrime, sperando che non avesse gli occhi rossi, e aprì. Trovò Percy con in mano un’intera cassa di lattine di Coca Cola, una vera rarità al Campo.

:-Jackson-constatò Nico, cercando di sembrare annoiato. –Cosa vuoi?

:-Noi due dobbiamo parlare-disse Percy, sicuro.

:-Chi ti dice che io sia d’accordo?

:-Dai, Nico, non farti pregare-lo implorò l’altro ragazzo, alzando il braccio destro. –Guarda, ho anche due Happy Meal.

Nico alzò un sopracciglio:-Un Happy Meal? Non ho tre anni, Jackson. Stai cercando di corrompermi?

:-Può anche darsi-disse il ragazzo, ammiccando. –Dai, vieni.

Nico si maledisse, perché non riusciva mai a dire di no a quel maledetto ragazzo. Sospirò e disse un “Muoviamoci” con un tono parecchio infastidito. Si diressero insieme al piccolo fiume che attraversava la foresta del Campo, e si sedettero. Nico, sospirando, aprì una lattina.

:-Cosa devi dirmi?-chiese Nico di Angelo.

:-Nico, so che sembro stupido, ma…non lo sono così tanto-disse Percy, andando subito al punto della questione, e diventato improvvisamente serio. –Ma non sono cieco, ok? L’ho capito.

:-Tu hai capito che io…-chiese il ragazzo, stupito. Se aveva davvero capito, forse non era arrabbiato. Forse sarebbe rimasto suo amico. Forse non lo avrebbe odiato.

:-Da quanto va avanti?-chiese Percy, bevendo un sorso della Coca Cola.

:-Non lo so-rispose sinceramente Nico, che cercava di trattenere la sua gioia, e il suo cuore che batteva talmente forte che sembrava quasi volesse uscirgli dal petto.

:-Cavolo, amico-disse Percy, dando un morso al cheeseburger. –Siamo in un bel guaio, noi due.

:-Ma siamo ancora amici, vero?-chiese Nico, impaurito. Non voleva perderlo. Preferiva averlo al suo fianco come amico che perderlo per sempre.

:-Certo, amico, ma ti pare?-disse l’amico, ridendo. –E poi, chi può capirti meglio di me? Insomma, io ci sto insieme, ed Annabeth è molto carina, intelligente, e…

:-Aspetta, cosa?-chiese il ragazzo, stupito e confuso. –Annabeth?

:-Beh, ti sei preso una bella cotta per lei, amico-disse Percy, dandogli una pacca sulla spalla. Nico si sentì malissimo, stava morendo, lo sentiva. Il dolore lo stava uccidendo. Quel ragazzo era molto più stupido di quanto sembrasse. Non poteva vivere in quel modo, si disse. Quello non era vivere, ma sopravvivere. Non poteva più sopravvivere in quel modo. “Cos’è la vita senza qualche rischio?”. Così aveva detto Jason poco prima. E, per una volta, fu grato al figlio di Giove. Doveva rischiare. Che aveva da perdere, dopotutto?

:-Percy…-disse il ragazzo, respirando profondamente per raccogliere tutto il suo coraggio. –Annabeth…Annabeth non centra niente.

:-Cosa?-chiese il ragazzo, che aveva quasi rischiato di sputare la bevanda.

:-Metti giù quella roba, altrimenti ti ci strozzi-lo avvertì Nico, apprensivo, togliendogliela di mano.

:-Se non centra Annabeth, chi…?-chiese Percy, confuso.

:-Cavolo, Percy, ecco perché Annabeth e tutti gli altri ti chiamano sempre Testa d’Alghe-disse il ragazzo, esasperato.

:-Per cosa, scusa?-chiese il figlio di Poseidone, confuso. Non capiva, sul serio? Era il ragazzo più stupido del pianeta. Nico non sapeva più cosa dire, ma sapeva che Percy avrebbe avuto bisogno di gesti concreti, e magari di un disegnino. Come i bambini della materna.

Il ragazzo prese coraggio, e si sporse in avanti, premendo le sue labbra su quelle del ragazzo. Era un semplice bacio a stampo, ma sperava che Percy non fosse tanto idiota da considerarlo come un rituale degl’anni quaranta. Il ragazzo sapeva di mare, proprio come si aspettava. Quando si staccò, sentì le guance ardere, era sicuramente arrossito, lo sapeva bene, e la sua carnagione chiara non gli permetteva di nasconderlo.

:-Oh…-disse Percy. Il ragazzo non sapeva cosa dire, era più che evidente. E nemmeno Nico sapeva cosa fare.

:-Nico io…amo Annabeth-disse il ragazzo, alla fine.

:-Lo so-rispose Nico. –Non voglio mica separarti da lei o stupidaggini simili. Però…dovevo dirtelo. O sarei scoppiato. Ti prego, non dirlo a nessuno. Mi odierebbero.

:-Nico-cominciò Percy. –Non devi vergognarti di nulla. Nessuno ti odia ne ti odierà mai, chiaro? E non devi avere paura. Non siamo negl’anni quaranta, nessuno ti butterà in un campo di concentramento che perché ti sei preso una cotta per me.

Nico annuì, e sentì gli occhi che gli pizzicavano. Sbatté le palpebre e le lacrime cominciarono a scendere contro la sua volontà.

:-Noi…noi siamo ancora amici, vero?-chiese Nico, piangendo.

:-Certo, Nico-disse il ragazzo, abbracciandolo. Non voleva che soffrisse ancora, quel ragazzo non aveva fatto altro che soffrire, nella sua vita così breve. –Non piangere, andrà tutto bene. Noi saremo amici per sempre.

Nico annuì, asciugandosi le lacrime con il lembo della manica del suo giubbotto da aviatore fin troppo grande per lui.

:-Comunque, Nico, hai davvero ragione. Sono un vero idiota-disse lui, sciogliendo l’abbraccio. –Perché sei un ragazzo davvero carino, e tenerissimo quando mette il broncio. Quando Tyson è arrabbiato fa una faccia davvero spaventosa.

Nico rise, ed era una strana risata. La sua, quella risata felice che non aveva dalla morte di Bianca.

:-Ti giuro, che se non fossi innamorato di Annabeth…-disse Percy, triste, perché capiva quanto l’amico stesse soffrendo.

:-Tranquillo, Percy, io starò bene-disse Nico, sorridendogli. –Finché siamo amici, andrà tutto bene. Io voglio solo che tu sia felice.

:-Anche io voglio che tu sia felice-ribatté Percy, scompigliandogli i capelli. –E lo sarai. Te lo prometto.

“Alla fine, Percy Jackson è più intelligente e sensibile di quanto sembri. E ha già mantenuto la sua promessa”pensò il figlio di Ade. “Perché io sono già felice. Perché io sono felice solo se lui lo è”.


La zonetta dei pomodori: Salve, cari. Vi prego, abbiate pietà di me, è la mia prima storia. Siate buoni. Spero vi sia piaciuta <3

  
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