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Autore: Smaugslayer    28/02/2015    1 recensioni
[seguito di Quidditch con delitto, http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2540840&i=1]
I (doppi)giochi sono aperti, e questa volta condurranno Sherlock Holmes e John Watson dal 221B di Baker Street al numero 12 di Grimmauld Place, Londra.
Se a Hogwarts i due eroi erano al centro delle vicende, ora saranno trasportati dalla storia del Ragazzo Sopravvissuto fino al cuore della Seconda Guerra Magica. E per tenere fede alle proprie convinzioni dovranno tradirle...
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I can see every single action in their existence.
 
Everything must come to dust. All this. Everything dies.
 
Why does this hurt?
 
I can see everything. All that is. All that was. All that ever could be.
 
Oh, my head.
 
 
 
 
Un attimo prima sono in piedi, appoggiata al lavello della cucina. Un attimo dopo sento i miei muscoli afflosciarsi e il mio corpo cadere a terra. Vorrei rialzarmi ma non ci riesco, è come se la mia mente fosse separata da tutto il resto.
 
Vedo le briciole sotto il bancone, il pavimento di legno e il ruvido tappetino verde. Mio marito grida il mio nome, e vedo anche le sue scarpe bianche avvicinarsi di corsa.
 
Dovrebbe comprare un paio di scarpe nuove.
 
Quando mi risveglio, sono distesa sul divano. David invade il mio campo visivo con la sua faccia, e noto che stamattina non si è rasato la barba.
 
“Stai bene?”, è la sua prevedibile domanda. Una ruga di preoccupazione fa capolino tra le sue sopracciglia.
 
Sto bene? Non ho ancora controllato.
 
No, decisamente non sto bene. Mi sento come quel coyote dei cartoni animati, Willy, che cade giù dai dirupi solo dopo essersi accorto di non avere più il suolo sotto i piedi: mi rendo conto di stare male solo quando ci presto attenzione.
 
Mi scoppia la testa, non riesco a concentrarmi.
 
La mia visuale periferica è limitata da luci giallastre e abbaglianti, tanto che prendo uno spavento quando mia figlia mi schiaffa un bicchiere d’acqua quasi sul naso, perché non l’avevo vista arrivare.
 
Il suo visetto paffuto vortica davanti a me, entrando e uscendo dalla luce.
 
“Grazie, Clara” dice mio marito, togliendole il bicchiere di mano e aspettando che io mi metta seduta per darmelo. Mi alzo con cautela, aggrappandomi allo schienale del divano.
 
Strizzo gli occhi sperando che la luce giallastra scompaia, ma quella non molla e, nel frattempo, la mia emicrania si acuisce. Cosa mi sta succedendo?
 
“Reyna?”
 
C’è qualcosa… c’è qualcosa che mi sta sfuggendo, è come se ce l’avessi sulla punta della lingua, una cosa che spiegherebbe lo svenimento e la luce che mi impedisce di vedere con chiarezza e che, come realizzo con apprensione, si sta espandendo nella mia retina.
 
“Mamma?”
 
Dovrei vedere Clara, so che dovrei vederla, la sua voce proviene da un punto davanti a me, ma in verità scorgo solo gli occhi castani di mio marito che mi fissano con apprensione. David è un medico, ma è un Babbano: sa che le malattie di noi maghi sono diverse, e presentano sintomi a lui incomprensibili, e questo lo fa impazzire.
 
“Reyna?” ripete con maggiore preoccupazione.
 
“Sto bene. Non so cosa mi sia successo. Grazie per l’acqua, Clara.” Deglutisco un sorso d’acqua e mi sforzo di sorridere.
 
“Perché non vai a giocare un po’ in cameretta?” propone mio marito a nostra figlia.
 
“Poi vieni anche tu?”
 
“Certo. Tu intanto inizia a giocare, ti raggiungo” David le rivolge un sorriso smagliante, e so che sta pregando che lei se ne vada al più presto, perché ha capito che non voglio parlare davanti a lei
 
Appena lei scompare nella sua stanza, il suo sorriso crolla. “Allora, che cos’hai?” mi chiede infatti con sollecitudine. Mi dispiace per lui. È difficile essere medico e non saper diagnosticare il problema di tua moglie perché va oltre le tue competenze. Mi ricordo ancora quando ha scoperto che ero una strega… nemmeno quello lo ha scioccato quanto apprendere che per noi maghi le malattie Babbane sono curabili con un paio di incantesimi, e un solo Guaritore potrebbe prendere il posto del suo intero reparto.
 
“Non lo so, non mi era mai successo. Vedo una strana luce, e…”
 
Mentre racconto l’emicrania colpisce di nuovo, e io divento completamente cieca.
 
Il metamorfomagus.
 
Quando la vista ritorna, mi accorgo di essermi aggrappata alla camicia di mio marito, che mi sta sostenendo con entrambe le braccia.
 
Ora ho capito, finalmente.
 
Sherlock Holmes” sussurro con urgenza.
 
Ora ho capito. Oh, santo cielo, ora ho capito. Sta accadendo. In questo momento.
 
“Cosa?” chiese lui, sconcertato, senza lasciarmi andare.
 
“La profezia. Credo che la profezia si stia compiendo.”
 
Faccio in tempo a dire solo questo prima che la luce giallastra torni ad invadere i miei occhi e io perda completamente il contatto con la realtà.
 
Riesco a vederli, adesso. Il ragazzo con i riccioli scuri è rannicchiato a terra. Ha il petto nudo e la schiena ricoperta da tanti graffi rossastri. Le sue lunghe dita stringono con forza i capelli, tanto che le sue nocche sono bianche dallo sforzo. C’è del sangue attorno a lui. Il suo sangue, suppongo.
 
L’immagine si spezza e si sfalda. Ora quello stesso ragazzo sta sorridendo, e sta dicendo qualcosa che non riesco ad afferrare; capisco solo “vita”, poi anche questa visione si contorce e svanisce, e viene sostituita da quella con il sangue sul pavimento di marmo. Ci sono anche delle schegge di vetro, e una bacchetta magica abbandonata a terra. Lunghe, pallide dita si chiudono su di essa. Una voce limpida esclama “Avada…” e l’immagine cambia di nuovo, rimpiazzata da una sequela di lampi troppo veloci e sempre più luminosi che martellano la mia testa.
 
I morti vendicheranno i morti, quando due ingannatori che giocano con la vita si scontreranno in una lotta impari, e il mutaforma, padrone del tempo, dal tempo sarà soggiogato se avrà affrontato la sua peggiore paura.
 
Sta accadendo ora.
 
E io posso vederlo.
 
Fa male.
 
Posso vedere le loro intere vite, ogni singolo atto delle loro esistenze.
 
William Sherlock Scott Holmes, e John Hamish Watson, e Mary Elizabeth Morstan, che è morta mesi fa, e Anne Grace Reyna Avery, che…
 
“Reyna! Reyna!”
 
“David!”
 
“Santo cielo, Reyna, che ti stava succedendo?”
 
Che cosa mi stava succedendo? David, seduto sul divano accanto a me, mi stringe al suo petto. Ha la camicia stropicciata, come al solito “Non… non lo so. Mi girava la testa. Ero… non me lo ricordo.”
 
“I tuoi occhi si sono illuminati, sembravano due lampadine! Hai avuto una premonizione?”
 
“Non lo so, te l’ho detto, non me lo ricordo… non ho detto nulla?”
 
Lui scuote la testa. “Nulla. Solo… prima, quando ancora sembravi… normale, hai detto che la profezia si stava avverando. Parlavi della tua profezia? Quella sul metamorfo?”
 
Giusto. Certo. “Sì, di quello mi ricordo. Credo che ciò che mi è successo abbia a che fare con quello, ma… nient’altro.”

 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Avevo avuto delle premonizioni, ma non ero mai riuscita a collegarle. Ora, però, mi è tutto chiaro. Quello che doveva succedere è successo. La mia profezia si è compiuta.”
 
 
 
Approfittando dello scompiglio causato dalla finestra che andava in frantumi, Molly scagliò un Sortilegio Scudo per proteggere Sherlock.
 
 
 
“Erano loro, alla fine, Sherlock e la moglie di John! Tu non avevi idea che sarebbe stata lei, vero?”
 
“Assolutamente no. Non ho mai avuto sogni che riguardassero lei. Su Sherlock e John, sì, anche se solo piccoli stralci, nulla di collegato alla profezia; ma nessuno su di lei. E pensare che l’ho anche incontrata… avrei dovuto capirlo, allora, e invece…”

 
 
 
Riavutisi, i quattro Mangiamorte pronunciarono i loro incantesimi, ma John, Molly e Greg li schivarono senza sforzo facendo virare le scope; scagliarono a loro volta delle fatture, che colpirono Mary e uno dei suoi compagni. Atterrarono scompostamente, riuscendo a malapena a difendersi da un secondo attacco mentre annaspavano tra le schegge di vetro per mantenere l’equilibrio e si riportavano in posizione. Uno dei due Mangiamorte ancora in piedi mirò a John, ma fu costretto a difendersi da un sortilegio di Lestrade e ad ingaggiare un duello con lui.
 
 
 
“E poi c’è stato l’abbraccio. L’avevo sognato, quello sì. Anche se all’epoca non avevo idea di chi fossero le due persone che si abbracciavano: l’ho capito solo quando li ho incontrati.”
 
 
 
John arrancò verso Sherlock, ancora rannicchiato sul pavimento, con le mani fra i capelli. Gli risanò tutte le ferite che aveva sul corpo, e lui sembrò quasi non accorgersene.
 
“Sherlock. Sherlock, sono qui. Ti prego, dimmi che mi senti. Sherlock.”
 
 
 
“Non posso credere di aver causato tutto questo dolore…”
 
“Non è stata colpa tua, Reyna, lo sai. Tu l’hai solo previsto.”

 
 
 
Lentamente, Sherlock sollevò il viso, guardando l’amico con occhi annebbiati. “…John?” chiese, titubante.
 
John sospirò di sollievo, gettando indietro la testa. “Sono io, Sherlock, sono io. Oh, per le mutande di Joseph Wronsky, pensavo fossi già impazzito.”
 
Sherlock tossì. “Era da tanto che non nominavi Joseph Wronsky” bisbigliò.
 
“Come stai?”
 
“Sto bene… ora.” Sherlock allungò la mano verso l’altro, che posò a terra la bacchetta e lo aiutò a mettersi seduto, e poi lo strinse fra le braccia. Desiderava restare lì per sempre, e non lasciarlo più andare. Da qualche parte dietro di lui, Molly e Greg stavano ancora combattendo tra i cocci di vetro della finestra, ma per lui esisteva solo Sherlock. Aveva quasi paura di fargli male, ma lui affondò il viso nella sua spalla e si aggrappò con forza alla sua camicia.
 
 
 
“Mai che una profezia finisca con un lieto fine, però, vero? Alla fine, qualcuno deve sempre morire. E io lo sapevo. Forse non è stata colpa mia, ma lo sapevo, e non ho fatto nulla per impedirlo. Pensa a quante cose avrei potuto fare… avrei potuto proteggere Sherlock e John, e invece…”
“Smettila, non è così! Non potevi sapere quando si sarebbe avverata la profezia, né che ci sarebbe stata di mezzo Mary. Non puoi addossarti la colpa.”

 
 
 
 
Quando Sherlock aprì nuovamente gli occhi, il suo cuore perse un battito.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Smaug’s cave
Salve gente. Rallegratevi del ritorno di Reyna Jane Hartnell! Sarete lieti di apprendere che in origine questo capitolo non esisteva, e parte di esso era inserita nell’epilogo. Poi però ho pensato: “nah, Smaug, ti stai raddolcendo, dov’è finita la carognetta che era in te?” e così ho diviso l’epilogo in due. Mi accontento di poco…
La parte iniziale, quella in inglese, non è mia, ma mi è sempre piaciuta tantissimo e ho voluto inserirla. È una citazione di Doctor who, da “The parting of the ways”, che è un episodio che adoro. E niente, siamo quasi alla fine. Ci risentiamo –per l’ultima volta- la settimana prossima!
 
  
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