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Autore: Irene Adler    09/12/2008    2 recensioni
Quella notte più e più volte il suo sguardo scivolò su di lei.
Quella notte più e più volte si ritrovò a ribadire a se stesso che le donne erano una seccatura.
Avere a che fare con loro era davvero una seccatura.
Una gran seccatura.
Peccato che, da tempo, Shikamaru Nara le seccature aveva iniziato ad amarle.
Coppia: ShikaShiho (Shikamaru x Shiho)
[Attenzione, presenza di personaggio spoiler!]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Shikamaru Nara
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Note: Se non vi piacciono le ShikaShiho e preferite di gran lunga le ShikaTema o le ShikaIno siete liberissimi di leggere la fan fic, però preferirei evitare di ricevere commenti poco carini su questo paring che personalmente adoro e soprattutto su Shiho, che come pg stimo moltissimo.

Credo proprio che questa sia la prima ShikaShiho del fandom. Che bello essere la prima a spostare una fan fic con questa ship adorabile *_* Probabilmente non sarà l'unica che scriverò su questi due insieme ^_^ 

Ora vi lascio alla lettura^^

 

Lovely  bother

[Un'adorabile seccatura]

By Irene Adler

 

 

L’orologio ticchettava insistentemente, rompendo il silenzio di quel laboratorio asettico.

China sui libri, una figura dedicava tutta la sua attenzione ad una piccola fotografia in bianco e nero, che rimaneva posata sulla superficie liscia e regolare del tavolo da lavoro.

Gli occhi della giovane seguivano scattanti, sotto le spesse lenti degli occhiali, la mano che disegnava formule e complessi calcoli sul taccuino davanti a sè.

Di quando in quando essi si distoglievano da quelle scritte, vergate con una calligrafia rapida e precisa, per poi soffermarsi su grosse pile di volumi posti ai suoi fianchi.

Mani sottili e affusolate prendevano quei tomi con delicatezza, per poi sfogliarne le pagine con rapidità, alla ricerca di qualche specifica informazione utile al suo lavoro, per poi richiuderli e riporli con ordine sulla pila.

La giovane si sistemò gli occhiali, fissando con estrema concentrazione quegli scritti tanto complessi, che a lei parevano tanto ovvi.

-Dannazione!-

Nulla di tutto ciò che aveva ipotizzato tornava o aveva un senso logico e Shiho, se il risultato delle sue analisi non fosse stato così fondamentale per il villaggio, avrebbe accennato ad un sorriso per quel codice misterioso che sembrava apparentemente indecifrabile: fin da piccola lei si era distinta dalle bambine della sua età per intelligenza e capacità analitiche, che con il tempo aveva rafforzato sempre più, facendo di lei il suo punto di forza. A differenza delle sue coetanee aveva sempre preferito lo studio anziché i giochi infantili; amava leggere, studiare e soprattutto analizzare ciò che la circondava: amava capire ed imparare e la sua aspirazione più grande era quella di poterlo fare per tutta la vita, rendendosi utile al proprio villaggio. In tutti quegli anni però non era mai successo di potersi rendere utile e a volte, quando vedeva la Haruno o la Yamanaka, così belle e così diverse, camminare per le mie della città, in partenza per una nuova missione, sentiva di provare un poco d’invidia per il fatto che loro avevano la possibilità di dimostrare le loro doti e lei no.

Tuttavia mai si era vergognata o aveva rimpianto la strada che aveva intrapreso.

Sarebbe stato come rinnegare se stessa, e questo Shiho non l’avrebbe mai fatto.

La ragazza sospirò, corrucciando il viso e avvicinandolo inconsciamente al foglio ricolmo delle sue idee.

Non riusciva a venire a capo di quel codice e il tempo a disposizione si stringeva sempre più.

Era perfettamente cosciente che, nonostante l’hokage non l’avesse specificato, il tempo a disposizione per decifrare il codice lasciato dal sommo Jiraya in punto di morte era esiguo e, ora che finalmente le si era data una possibilità e una grande responsabilità, non aveva intenzione di tradire le aspettative di tutti.

Un ninja aveva dato la vita per far si che quelle informazioni criptate arrivassero al villaggio e lei avrebbe impedito con tutte le sue forze che quel sacrificio fosse divenuto vano.

Avrebbe dato tutta se stessa e anche oltre se fosse stato necessario.

Sbuffò e tornò a concentrarsi su quei simboli, dandosi della sciocca per quella breve distrazione dai propri compiti.

Erano ore che fissava quelle cifre, senza mai darsi un attimo di tregua e gli occhi le bruciavano dalla stanchezza.

Dopo un altro quarto d’ora di ragionamento decise di staccare per qualche minuto e si mise a stiracchiarsi su quella sedia tanto scomoda, sulla quale stava seduta da tutto il giorno. Il suo sguardo si concesse un attimo di tregua e s’alzò verso la finestra posta alla sua destra, dalla quale si scorgevano abitazioni e negozi dalle inferriate chiuse; fra tetti e antenne s’intravedeva il cielo, una distesa sconfinata di blu nel quale si contraddistinguevano le lievi luminescenze delle stelle.

Stava già calando la notte e Shiho era l’unica rimasta nel laboratorio, troppo cocciuta o semplicemente fin troppo conscia dell’importanza del lavoro che stava svolgendo per andare a casa a dormire.

Si sfilò il camice bianco da lavoro e lo posò sulla sedia, per poi gettare il foglio su cui stava scrivendo sul tavolo, lo sguardo cupo.

Si dondolò appena sulla sedia, portandosi alla bocca la matita e rigirandosela fra pollice ed indice, mentre il pensiero le ritornava a quell’assurdo codice.

“Ahhh! Non ne vengo a capo!” sbottò al vuoto che la circondava, tirando un pestone al pavimento.

La sedia cigolò sinistramente e un istante dopo Shiho si rese conto di essersi sbilanciata all’indietro, la sedia in precario equilibrio sulle gambe inferiori.

Emise un verso strozzato annaspò per qualche istante con le braccia, urtando la pila di appunti sul tavolo davanti a se, e serrò gli occhi, avvertendo subito dopo il contatto con il pavimento freddo del laboratorio e il doloroso impatto alla schiena.

Riaprì quasi immediatamente gli occhi e sedette a terra, massaggiandosi il capo, dolorante all’altezza della nuca e avvertendo un bruciore diffuso fra le scapole.

Sospirò per la sua sbadataggine scompigliandosi ancora di più i capelli e sistemandosi gli occhiali, che le erano caduti sul petto.

-Grazie al cielo non c’è nessuno…-

“Shiho…?”

Sussultò spaventata e trattenne a mala pena un’esclamazione sorpresa al riconoscere la voce che aveva chiamato il suo nome; alzò lo sguardo sulla figura che, chissà come, le era scivolata al fianco senza che se ne rendesse conto, quasi come un’ombra, sistemandosi nervosamente gli occhiali sul naso.

“…che ci fai a terra?”

Boccheggiò per qualche istante, per poi scattare subito in piedi e accorgersi di alcuni fogli caduti a terra poco prima.

“A-ah, nulla Shikamaru-san!” rispose sbrigativamente, distogliendo la sguardo da lui e chinandosi a raccogliere i suoi appunti.

Li raccolse con delicatezza, sistemandoli per ordine di data, finché Shikamaru, che fino a quel momento era rimasto a fissarla dubbioso, non si chinò a raccogliere l’ultimo di questi, per poi porgerglielo.

“Grazie” rispose Shiho a quella gentilezza alla quale non era un gran che abituata, manifestando questo suo imbarazzo nel gesto nervoso e involontariamente delicato del sistemarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, che stonava completamente con quel suo aspetto un po’ trasandato.

Recuperò l’ultimo foglio dalle mani del Nara, per poi fissarlo finalmente in faccia.

“Che ci fai qui a quest’ora? E’ tardi e il laboratorio è chiuso…” disse superato l’imbarazzo iniziale.

Il ragazzo abbozzò un sorriso avanzando di qualche passo e posando sul tavolo della ragazza tre volumi che poco prima portava sotto l’ascella.

“Sapevo che ti avrei trovata ancora qui, quindi ti ho portato questi…” disse tranquillamente, per poi posare di fianco ai volumi due bicchieri di plastica contenenti entrambi del caffè.

“…e questo” aggiunse, porgendo uno dei due bicchieri alla ragazza.

Shiho però aveva già preso fra le mani uno dei tomi portati dal giovane ninja e aveva iniziato a sfogliarli con interesse.

“Ma questi sono i libri di Jiraya-sama!”disse dopo qualche secondo, tornado a rivolgersi al ragazzo.

Il Nara annuì appena, posando il bicchiere sul tavolo e passandosi una mano dietro alla nuca.

“Potrebbero esserti utili per risolvere il codice. Credo che, con tutta probabilità, possano esserne la chiave”

Shiho lo fissò per qualche secondo annuendo, per poi posare i suoi appunti sul tavolo, stipato da una quantità notevole di carte e di volumi.

Un breve silenzio scese sui due shinobi.

“Sei molto brava nel tuo lavoro, non è vero?” disse il ragazzo cambiando argomento e prendendo posto su una sedia vicina.

“Faccio il mio dovere, come tutti d’altro canto…” rispose lei vaga riportando in piedi la sua sedia e sedendosi nuovamente. Afferrò la matita e fissò con la coda dell’occhio la fotografia del codice criptato, riprendendo a scrivere.

“Mi spiace Shikamaru-san, ma devo assolutamente rimettermi al lavoro; ti ringrazio davvero per avermi portato questi libri, li leggerò immediatamente per verificare eventuali riscontri con il codice. Sarebbe meglio se tornassi a casa, ormai è notte fonda e sarai stanco” disse fissando con insistenza quelle pagine ricolme della sua calligrafia.

Odiava non fissare negli occhi le persone, eppure con Shikamaru Nara le accadeva spesso di evitarne lo sguardo, forse perché questi, con la sua sola presenza, riusciva ad agitarla più del necessario.

Non sarebbe mai riuscita a concentrarsi sul proprio lavoro finche il Nara fosse stato così vicino, per questo riteneva necessario cercare di allontanarlo dal laboratorio.

Non che credesse che il giovane chunin fosse venuto da lei per restare a lungo, beninteso, ma prima lui se ne fosse andato, prima il suo cuore avrebbe smesso di batterle furiosamente nel petto e prima avrebbe trovato la soluzione di quel codice.

Il ragazzo la fissò con attenzione con il suo solito sguardo indagatore che, all’apparenza, poteva sembrare disinteresse, mentre la ragazza continuava a scrivere chissà quali formule ed ipotesi sul rompicapo che aveva fra le mani.

Dopo qualche istante in cui lei non sembrava voler accennare a continuare il discorso, anzi, sembrava intenzionata ad ignorarlo, o almeno tentare d’ignorare la sua presenza,  e lui se ne rimaneva immobile, attento alle mosse della giovane, questi spezzò il silenzio.

“Dev’essere dura, non è vero?”

Shiho arrestò per un attimo i movimenti frenetici della matita sul foglio, per poi riprendere con più calma.

“Cosa intendi dire?” sussurrò appena, fissando il foglio davanti a se.

Shikamaru spostò lo sguardo sulla scrivania carica di materiale cartaceo, socchiudendo gli occhi.

“Intendo dire che deve essere dura fare questo lavoro. Ogni giorno lavori per il villaggio; decripti codici nemici, scrivi lettere criptate agli alleati della Foglia per conto dell’hokage, crei alfabeti per i reparti di spionaggio, ora il tuo lavoro potrebbe essere d’importanza vitale ai ninja del villaggio nella battaglia contro l’Akatsuki…eppure nessuno o ben pochi ti riconoscono questa importanza; il tuo lavoro rimane sempre …nell’ombra”

Shiho emise un verso basso, che al Nara parve uno sbuffo.

“Io non voglio ringraziamenti; niente del genere. Lavorare e contribuire al bene del mio villaggio…è questo tutto ciò che voglio. Non ho bisogno d’altro” disse lei a mò di risposta, prendendo in mano la fotografia del codice e corrucciando la fronte, le guance lievemente arrossate.

Si vergognava ad esprimere quelle sue convinzioni così profonde ad alta voce, in particolar modo al giovane ninja, eppure non aveva avuto tempo di fermarsi che le parole le erano uscite spontaneamente, dettate da un sottile orgoglio.

Shikamaru accennò un sorriso.

 “Bene…”disse schiarendosi la voce, sporgendosi verso la giovane e levandole dalle mani l’istantanea.

“M-ma cosa…?!”

Il ragazzo le mise fra le mani il bicchiere del caffè, diventato ormai tiepido.

“Fa una pausa ora, ne hai bisogno. Dopo, quando ti sarai riposata,  riprendiamo insieme e risolviamo questo stramaledetto codice...”

“M-ma, Shikamaru-san…?!” sbottò come protesta Shiho, cercando inutilmente di rimpossessarsi della fotografia, intenzionata ad ignorare il fatto che i suoi tentativi la portavano a superare la ‘distanza di sicurezza’ dal Nara.

“Non ti dico di non assolvere il tuo dovere, ma devi aver più cura di te stessa. Non ha senso continuare a ragionare su qualcosa quando si è stanchi, dovresti saperlo; se ti riposerai sarai poi in grado di continuare per tutta la notte. Bevi quel caffè e rilassati per qualche minuto, appena torno si ricomincia”disse il giovane alzandosi in piedi e dirigendosi verso il bagno, fissando distrattamente la fotografia fra le sue mani.

Sbadigliò vistosamente, stiracchiando le braccia.

“Dovresti andare a casa a dormire…” tentò debolmente Shiho, mentre il profumo del caffè le annebbiava piacevolmente i sensi e colorava le sue guance pallide.

Shikamaru si voltò verso di lei, alzando un sopracciglio.

“Non sei l’unica che non riesce a dormire senza aver risolto quel dannato codice…” sbottò, per poi sparire dietro la porta del bagno.

“Ho solamente pensato che, dopotutto, due cervelli sono meglio che uno in queste situazioni” continuò da dietro la porta fra se e sé.

Shiho fissò per qualche istante nella sua direzione, poi abbassò lo sguardo sul bicchiere di caffè, socchiudendo gli occhi e appoggiandosi alla sedia, diventata d’un tratto insolitamente comoda e accogliente.

-Shikamaru-san ha ragione…- disse fra sé e sé, togliendosi gli occhiali e sfregandosi gli occhi.

-Mi prenderò un paio di minuti di riposo-

Appoggiò il caffè sul tavolo, per poi socchiudere gli occhi.

-…solo qualche…minuto…-

Chiuse gli occhi.

-Qualche… minuto…-

Quando Shikamaru tornò da lei, trovò la ragazza alla scrivania, immobile e coricata sulla sedia, il capo chino.

Non ebbe bisogno di chiamarla per capire che s’era addormentata; abbozzò un sorriso e si sedette al suo fianco a gambe incrociate, posando la foto del codice sul piano da lavoro e prendendo la matita che lei, poco prima, utilizzava per prendere appunti.

Con sguardo concentrato prese uno dei libri scritti da Jiraya e lo aprì posandoselo in grembo, assieme al codice.

-Vediamo di risolverlo una volta per tutte…-

“Shika…maru…san”

Il ninja spostò lo sguardo alla ragazza addormentata al suo fianco: I capelli arruffati, le cadevano sulla fronte e sulle spalle, legati dietro alla nuca in una pratica coda bassa; le guance erano appena arrossate ed un leggero sorriso le increspava le labbra.

Sospirò.

“Donne…”

In quel momento si rese conto di fissarla da troppo tempo e di essersi appoggiato inconsciamente la matita alle labbra, medesimo gesto che, poco prima, aveva fatto la ragazza.

Assunse un’espressione corrucciata e posò sul tavolo la matita.

“…che seccatura”

Sbuffò di nuovo e quel lieve rumore sembrò ridestare la ragazza al suo fianco, che socchiuse gli occhi.

“Shi…?”

Shiho si tirò bruscamente a sedere, resasi conto di aver ceduto al dormi-veglia.

“Shi-Shikamaru-san! M-mi sono addormentata! Kami! Che ore sono?! Quanto ho dormito?! Come…?!”

La risata del Nara interruppe le frasi sconnesse della giovane, che arrossì di vergogna.

“M-mi dispiace! E’ stato ben poco professionale da parte mia!” balbettò la ragazza, sistemandosi nervosamente gli occhiali sul naso, che nascondevano le occhiaie.

Il giovane chunin soffocò le ultime tracce di riso, per poi porgere la matita e gli appunti alla ragazza.

“Coraggio. Decifriamo questo codice…Shiho”

La ragazza esitò per poi annuire.

 

Passarono la notte intera su quel codice.

Shikamaru inizialmente avrebbe voluto che la ragazza si concedesse un po’ di riposo, ma infine aveva capito che sarebbe stato inutile tentare di dissuaderla dai suoi intenti.

Quella notte si rese conto che loro due erano davvero molto simili: il ragionamento e il raziocinio erano essenziali nelle loro vite tanto quanto lo erano i nobili scopi per i quali li utilizzavano.

Per questo quando, più volte in quella notte, vide la ragazza dimostrare segni di cedimento, si trovò ad escludere a priori l’idea di costringerla a farsi qualche ora di sonno.

Quella notte più e più volte il suo sguardo scivolò su di lei.

Quella notte più e più volte si ritrovò a ribadire che le donne erano davvero una seccatura.

Avere a che fare con loro, per lui, era davvero una seccatura.

Una gran seccatura.

Peccato che, da tempo, Shikamaru Nara le seccature aveva iniziato ad amarle.

 

 

 

  
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