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Autore: Uncanny Cantaloupe    28/02/2015    2 recensioni
{ hoennchampionshipping | rocco x vera | storia tradotta da Lacie con il consenso dell'autrice }
Acciaio: qualsiasi forma alterata di ferro, prodotta artificialmente, e avente le caratteristiche di durezza, elasticità e resistenza. Vedi anche: rendere qlcn insensibile, inflessibile, irremovibile e/o determinato.
«A volte gli piace pensare di essere una fortezza. [...] Dopotutto Rocco Petri è fatto di pietra. E la pietra è dura e insensibile e inflessibile. Non è un caso che il suo tipo di Pokémon preferito sia Acciaio. Ha scelto di mantenere alte le difese e fredde le sue emozioni molto tempo prima.
... Finché Vera non fa una domanda inaspettata:
"Voglio dire, sei mio amico, no?"
Rocco risponde di sì. E non sta mentendo.»
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adriano, Altri, Rocco Petri, Vera
Note: Missing Moments, Otherverse, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Gli eventi qui narrati si svolgono nel contesto di Pokémon Smeraldo.




Acciaio:

1. Qualsiasi forma alterata di ferro, prodotta artificialmente, e avente le caratteristiche di durezza, elasticità e resistenza.

2. Rendere qlcn insensibile, inflessibile, irremovibile e/o determinato.

...

(a volte gli piace pensare di essere una fortezza)

...

Si accovaccia sull'apertura nel terreno, le dita bianche di polvere, il completo elegante insolitamente sporco, granuli di detriti sgretolati sui suoi capelli prematuramente argentei. Le sue mani affusolate scavano sempre più a fondo nell'abisso, alla ricerca dell'agognato premio.

Può vederlo, è di un azzurro scintillante, e ce l'ha quasi fatta, basta solo un filino ancora. La tensione nella curva elegante del suo braccio gli suggerisce di smetterla, ché non ne vale la pena, ma è arrivato fin lì con uno scopo preciso, e allora si allunga ancora di più, appena un millimetro.

Ne ha giusto sfiorato la dura - ma deliziosa - superficie, la accarezza con dita ruvide, e sta per condurre in salvo il suo premio nella sua tasca quando...

"Mi scusi?"

Non ha affatto intenzione di fermare il suo implacabile scrutinio, e dunque non si volta verso la voce piuttosto giovanile alle sue spalle, rimane in ginocchio. Senza dubbio quel timbro femminile è rivolto a qualcun altro.

Sotto le sue dita, la pietra si smuove lievemente, il letto di granito si dissolve a contatto col suo tocco inquisitorio, un sospiro pacato ma esultante sfugge alle sue labbra screpolate (è uno zaffiro). Ritrae il braccio indagatore dal buco, il pugno saldamente serrato e schegge acuminate che ne scavano il palmo (leggermente umido).

"Signor Petri?"

Ha ormai destato la sua attenzione. Calmo come sempre e sicuro di sé, si volta lentamente, scrollando con una mano la povere dai pantaloni neri, l'altra sempre ben chiusa.

"Posso aiutarti?"

Iridi grigie e tempestose incontrano incredibili acque di zaffiro, e lui si raddrizza leggermente, ammirando la brillantezza dei colori che questa ragazza indossa - smeraldo e topazio - a contrasto con l'oscurità della caverna umida.

Il suo completo nero e viola impallidisce in confronto a tonalità tanto preziose.

È un'Allenatrice di Pokémon, nota distrattamente, guardando le tre pokéball appese alla sua cintura, di un verde vivace. Un minuscolo Torchic sfrega contro le sue gambe nude, sputando di tanto in tanto delle palle di fuoco.

"Sei tu..." - getta un'occhiata veloce all'indirizzo sull'involucro del pacco - "Rocco Petri?"

"In persona."

La ragazza, realizza, è più grande di quanto sembri. Sedici, diciassette anni al massimo. Si acciglia, aggrottando le sopracciglia, e rughe increspano la sua pelle bianca. Chi è?

"Ho una consegna per te, da parte della Devon S.p.A. di Ferrugipoli."

Accetta il pacchetto, ovviamente (anche se dentro di sé vorrebbe che suo padre la smettesse di provare a comprare il suo ritorno coi regali), e lo fa scivolare in una tasca quasi invisibile.

Tira fuori un disco metallico, liscio (grigio argento, naturalmente) e glielo porge, non senza esitazione. Due grandi lettere a stampatello sulla custodia ne esplicitano il contenuto.

Gli risulta strano dare a una ragazza sconosciuta una delle sue macchine tecniche preferite, e tuttavia minimizza il suo gesto come segno di semplice cortesia. La ricompensa per avergli consegnato il pacco, nulla più.

"Ti ringrazio, signorina...?"

"Vera."

...

(c'è una scheggia nelle sue difese di ferro, ma viene ignorata o liquidata con una spiegazione)

...

Rocco incontra Vera ancora una volta sul percorso 118, e il sole splende sorridente sul mondo come se tutto fosse perfetto, cosa assolutamente non vera. Ne ha abbastanza delle erronee illusioni di suo padre su eredi, successori e aziende, ed è alquanto irritato.

Vera inizialmente non migliora la situazione.

"Rocco!"

Lui continua a camminare, ignorando il richiamo come fosse indirizzato a qualcun altro (di nuovo). Andatura salda e svelta, passi regolari e cadenzati. E poi arriva lei, di corsa, arrancando goffamente sul sentiero zeppo di fango, sollevando nuvole, nebbie di polvere.

"Oh, Vera. Scusami. Ero sovrappensiero."

"A che proposito?"

Rocco realizza di aver raccontato più cose a lei nell'ora seguente che a chiunque altro negli anni passati. Non è granché, d'accordo, ma questa fonte di energia è comunque un'eccezione alla sua convinzione di essere del tutto indifferente. Lui, a tempo debito, scopre che:

- il suo nome completo è Vera Sapphire Haruka*

- il suo colore preferito è (com'era prevedibile) il verde

- ha sedici anni e tre quarti, ma ne dimostra molti di meno

- il suo Tipo preferito è il Fuoco

- non ama né il sole né la pioggia, e predilige invece il vento ("Perché ti tira indietro i capelli e ti sembra di volare")

- non ha un buon rapporto con suo padre, il Capopalestra Norman

- le piace il taro latte con le praline**

- il suo Torchic si chiama Kentucky, detto Ken, o Kentaro nelle occasioni formali ("Lo trovava divertente, anche se non gli piace il KFC")***

Al momento di separarsi, in piedi l'uno accanto all'altra nella brezza estiva che profuma di Bellossom e erba appena tagliata, si accorge di essersi davvero divertito con lei.

Si chiede se ci sia qualcosa che non va in lui.

...

(la scheggia è diventata una piccola crepa, e si dirama come una ragnatela nel labirintico muro di ferro che lo circonda)

...

Rocco è in piedi su un ponte pericolante, tenuto sommariamente assieme nient'altro che da solidi tronchi di legno e una corda di canapa. Il vento lo fa oscillare pericolosamente, e per poco, una volta, non perde addirittura l'equilibro.

Un tuffo nelle acque lapislazzuli del lago sottostante non è la prima delle sue priorità.

La ragione per cui si trova su questo pericolante behemot se ne sta tremante alla sua sinistra, avvolta in uno strato di vestiti piuttosto inconsistente per essere metà novembre. Sospira, poiché sa bene che non c'è verso di farle indossare qualcosa di caldo; d'altro canto adora il vento.

"Questo è un Devonscopio. Rivela la presenza di oggetti non visibili a occhio nudo ."

Rocco non sopporta l'idea di avere tra le mani una delle "geniali" invenzioni di suo padre. Ma dopotutto, è per aiutare Vera. È la prima persona dopo tanto tempo a poter definire qualcosa di più di una semplice conoscenza. È quasi magnetica. Emana un'energia irresistibile, e il suo sorriso smagliante è contagioso.

"Allora, cos'è quella roba?"

"Lascerò che lo scopra tu stessa; sarà molto più interessante."

"...Che?"

"Sei pronta a combattere?"

"Cosa?!"

Quando si allontana dal ponte pericolante, Rocco ha un lieve sorriso sulle labbra e una calda sensazione di felicità nel petto.

Vera, dal canto suo, non si accorge (o forse non ne è consapevole) del gran numero di sguardi curiosi che riceve quando fa il suo ingresso nella palestra di Forestopoli per sfidare Alice. Pensa che la causa siano i suoi capelli color cannella tutti scarmigliati, o il suo accento (leggermente) straniero ogni volta che apre bocca (il che succede spesso).

Ottiene la medaglia, ovviamente. Rocco le ha dato dei consigli sulla lotta.

Solo una volta al sicuro nella sua Base Segreta (strategicamente collocata appena fuori Forestopoli) si accorge che la giacca nera e viola tipica di un certo qualcuno le copre palesemente e in modo efficace le spalle nude.

...

(la frattura è ora abbastanza grande da poterci inserire una mano, e qualcosa comincia a filtrare. stranamente, non viene mai riparata)

...

Rocco e Vera si incrociano ancora diverse volte, anche perché la strada per Iridopoli e la Lega Pokémon è a senso unico, e lei è determinata ad arrivare fin là.

Non decidono mai dove incontrarsi, niente di tutto ciò. Rocco ancora si rifiuta di credere che Vera eserciti un qualche influsso su di lui.

Non è nemmeno stata sua l'idea di scambiarsi i numeri di PokéNav. No, assolutamente. Non possono certo essere diventati amici, giusto? Rocco battaglia a lungo con quest'idea. Ha solo frainteso, scambiandoli per amicizia, l'ammirazione e il rispetto che nutre per il talento della ragazza. Tutto qui.

Dopotutto Rocco Petri è fatto di pietra. E la pietra è dura e insensibile e inflessibile. Non è un caso che il suo tipo di Pokémon preferito sia Acciaio. Ha scelto di mantenere alte le difese e fredde le sue emozioni molto tempo prima.

... Finché Vera non fa una domanda inaspettata:

"Voglio dire, sei mio amico, no?"

Rocco risponde di sì. E non sta mentendo.

...

(la crepa si espande giorno per giorno e lui sa che non può nascondersi per sempre e che lei l'ha cambiato e non ci vorrà molto prima che quel muro si frantumi in mille pezzi senza possibilità di ripararlo)

...

Si imbattono letteralmente l'uno nell'altra al centro spaziale di Verdeazzupoli, dove il panico regna sovrano con l'aggiunta di caos e confusione. Il Team Magma ha deciso di seminare la distruzione che lo contraddistingue prendendo possesso della pietra miliare del luogo.

"Aspetta, Rocco! Cos'hanno fatto?"

"Ancora niente, credo. Vuoi visitare la città, mentre io aspetto qui?"

"Ma... !"

"Hai bisogno della prossima Medaglia, no?"

Sorride nel dirlo, perché non vuole che lei scorga il panico che gli turbina nello stomaco come un milione di Volbeat. Sa che ha già affrontato il Team Magma e il Team Idro in precedenza, e li ha anche piuttosto stracciati, ma l'attuale situazione gli sta sfuggendo di mano.

Non vuole ammettere di essere leggermente preoccupato per lei.

Quando riemerge dalla palestra di Tell e Pat, il viso di Vera è una maschera di determinazione. Rocco si lascia sfuggire un gemito, poiché sa bene che con quello sguardo dagli occhi d'acciaio come i suoi, non si fermerà davanti a niente.

"Vengo con te."

"Vera-"

"Lo so che è pericoloso! Ma è la cosa giusta da fare, e poi..."

"Poi?"

"Non posso lasciarti andare da solo."

A questa dichiarazione, il cuore di Rocco, dalle (presunte) mura d'acciaio, fa un balzo e lui si impone di non lasciar trasparire alcun segno visibile di sollievo. In tutta onestà, si sente molto più al sicuro con Vera al suo fianco.

"Fai attenzione, allora."

"Certo! Non sono una bambina!"

A quelle parole Rocco fa una smorfia dentro di sé, dato che c'è una bella differenza tra i diciassette anni di lei e i suoi ventiquattro. Vera non sembra accorgersi del suo turbamento.

Il Team Magma, con grande sorpresa di Rocco, viene annientato con relativa facilità; si meraviglia nel vedere che Kentucky, detto Ken, Kentaro nelle occasioni formali, è già diventato un Blaziken. Si complimenta con Vera per i suoi successi e lei si illumina, letteralmente, d'orgoglio mentre stritola il feroce volatile in un abbraccio mozzafiato.

"Grazie per il tuo aiuto, Vera."

"Aiuto? Li ho massacrati praticamente tutti io!"

"Allora la prossima volta mi asterrò dall'interferire."

"Non oseresti."

Più tardi si trova a casa sua con Vera, appollaiata rigidamente su uno degli unici due divani della casa. Lui gioca con un filo randagio (verde agata, il colore preferito di Vera) mentre lei vagabonda per la casa, osservando tranquilla la sua stravagante collezione di rocce.

Averla lì, nel suo appartamento spoglio, lo imbarazza. C'è odore di polvere e delle soluzioni che usa per lucidare la sua collezione di minerali, ogni superficie disponibile è coperta da una sottile coltre grigia. Lei non ci fa caso, o comunque non commenta (probabilmente la prima).

Vera prepara il tè e addolcisce il suo con del latte e miele, ma si limita a spremere un po' di limone in quello di lui (poiché ricorda di averglielo sentito dire una volta), e si siede allegramente al suo fianco, indicando le pietre mentre entrambi bevono la propria bevanda, rispettivamente dolce e amara.

"Cos'è quello?"

"Uno zircone."

"E quello?"

"Ossidiana, e quella affianco è una pietra pomice."

"Dove le hai trovate?"

"A Cuordilava. Hai presente la palestra di Fiammetta?"

"Mh. Ehi, e quello?"

"Sei una sorgente di curiosità infinita, eh?"

Il lato sinistro di Rocco (dove lei si era protesa) si raffredda spiacevolmente quando si alza per andarsene, dicendo di avere un appuntamento con quell'altro ragazzo (il rivale dal cappello assurdamente ridicolo) alla Grotta Ondosa, quella sera.

I suoi capelli color ambra ondeggiano mentre lei gli spiega tutta eccitata di voler trovare tutti i Gusciondosi di Hoenn, e la sua parlantina gli piove addosso come acqua ghiacciata. Ha il sospetto che le servirà la MN Sub se ha intenzione di arrivare a Ceneride.

Passano dieci minuti prima che lei si ricordi che sì, deve proprio andare.

Quando se ne va Rocco le spinge in mano un disco piatto e blu, e non si aspetta certo di venir placcato dall'esiguo peso di Vera, la quale gli si lancia addosso in segno di gratitudine.

È dolorosamente cosciente delle sue braccia snelle attorno alla nuca, e del profumo di sole e cannella che irradia. La sua prima reazione è quella di irrigidirsi, e ogni muscolo del suo corpo si tende incredulo perché cosa sta facendo esattamente?

Avverte le labbra rosse di Vera curvarsi in un sorriso contro il tessuto della sua maglietta quando lui ricambia l'abbraccio, esitante, facendole scivolare le braccia attorno alla vita sottile. È veramente minuta, nota, anche se non sembra (sarà alta un metro e cinquantacinque).

Poco dopo essere uscita fa nuovamente capolino da dietro la porta, per appendere la giacca che gli ha diligentemente restituito, prima di sgattaiolare via di nuovo.

...

(la scheggia viene finalmente riconosciuta, assieme al sorprendente fatto che il muro non si sta sgretolando, bensì sciogliendo)

...

Il terrore allo stato puro è un'emozione che dovrebbe esistere sono nelle favole, pensa Rocco mentre sprona il suo Skarmory affinché voli più veloce ti prego è importante è davvero importante.

Se credeva di conoscere il panico a causa dell'(ora famigerato) incidente al Centro Spaziale di Verdeazzupoli, si sbagliava di grosso. Il panico non erano i Volbeat nello stomaco. Quello era nervosismo.

Il panico assoluto era la sensazione di avere braccia e gambe pesanti, un vortice di rimorsi, paura e terrore nello stomaco, e un'orribile sensazione di tensione nel petto. Senza contare il tremore che minacciava di prendere il controllo del suo corpo da un momento all'altro.

... Era al corrente di quanto accaduto, naturalmente. In teoria. Kyogre era stato risvegliato e al momento si stava dirigendo da Groudon per combatterlo, per gentile concessione di Team Idro e Team Magma.

L'unica cosa che non sapeva era dove si trovasse Vera, ed è per questo che stava quasi implorando il suo fidato uccello d'acciaio affinché lo portasse in fretta al centro della tempesta infuriante. Forse diluvio sarebbe una definizione più accurata, pensa, sentendo gli schizzi d'acqua gelata bagnargli la pelle come spilli.

La trova in ginocchio in mezzo all'oceano, su un banco di sabbia bagnata, immersa nell'acqua gelida fino alla vita. Non sa dire se il suo viso sia bagnato dalla pioggia o dalle lacrime. Non è nemmeno sicuro di volerlo sapere.

"Vera."

"..."

"VERA."

"...Ho fallito."

"Cosa?! No. No, non è così!"

"E allora questo cos'è? Il mondo sta per finire, Rocco. Il mondo sta per finire perché non sono stata capace di sistemare le cose."

"Oh, Dio, Vera..."

Lei rimane in silenzio, sconvolta com'è, mentre lui la avvolge, per la seconda volta, nella sua giacca quasi del tutto zuppa e attira il suo corpicino malconcio tra le braccia, mentre il suo Skarmory li porta entrambi in volo a Ceneride.

...

(il muro è stato ridotto in un sol colpo in tante schegge di metallo iridescenti)

...

Rocco cammina su e giù per la stanza, quando lei si sveglia, e apre e chiude le palpebre sui suoi occhi di zaffiro mentre osserva l'ambiente. Non può fare a meno di sentirsi turbato quando vede il suo volto cereo, la confusione stampata in ogni curva dei suoi lineamenti baciati dal sole.

"Dove mi trovo?"

"A Ceneride. Adriano, un mio conoscente, ci ha gentilmente permesso di atterrare qui."

"Perché?"

Il rombo di un tuono fa tremare i vetri delle finestre nelle loro cornici di legno. Vera lancia un'occhiata alle gocce traslucide che scivolano sulla lastra, e il sangue defluisce ulteriormente dal suo viso già pallido, rendendola simile a un fantasma. Ha ricordato.

Rocco stringe Vera tra le braccia mentre lei piange sulla sua maglietta.

Adriano ha abbastanza tatto da rimanere al piano di sopra.

Una delle ragazze in città si offre generosamente di prestare a Vera un paio di jeans e un maglione, nonostante nelle circostanze attuali si sia a corto di impermeabili. La giacca di Rocco (asciugata di recente) si trova ancora una volta sulle spalle di Vera, e ogni verso di protesta viene subito zittito.

Quando lui starnutisce lei prova a restituirgli la giacca, ma lui rifiuta. Successivamente, si chiede quando è stata l'ultima volta che ha messo il benessere altrui prima del proprio, e non riesce a ricordare. La cosa lo spaventa un po'.

"Riprenditi la giacca!"

"Vera, ti assicuro che sto perfettamente bene."

"Ti ammalerai, Rocco!"

"Disse quella che è rimasta in ginocchio nell'oceano, sotto la pioggia, per almeno quarantacinque minuti."

"Rocco."

"Sei tu che devi andare là fuori, non io, giusto?"

"..."

Vera fa un passo all'esterno con riluttanza e vede infine ciò che ha tanto preoccupato i due uomini. Pare che due titani si siano infine risvegliati e stiano ingaggiando una guerra di proporzioni epiche nell'enorme piazza di Ceneride. Rocco le lancia occhiate preoccupate quando lei non guarda.

Al riparo sotto il tetto sporgente di una casa (di chi sia, non ne ha idea né gli interessa al momento), analizza i danni. Enormi eruzioni di vapore e del magma vorticoso ribolliscono e colano lentamente ai piedi del Leggendario di Terra, solidificandosi all'istante a contatto con l'acqua.

Kyogre, per vendetta, lancia a Groudon bombe d'acqua ghiacciata, mantenendo sempre costante l'infinito diluvio nel cielo. Accanto a lui, Vera emette un lieve gemito e vacilla. Rocco si appoggia al muro di mattoni in cerca di sostegno. Le labbra di Adriano, solitamente sempre in movimento, sono serrate in una linea di cupa determinazione.

Rocco si volta verso il vecchio amico e i due uomini si scambiano uno sguardo esausto, stremato, e i loro occhi tetri celano il peso di migliaia di parole non dette. Sa cosa sta per succedere, e sa che non può interferire con il corso della natura né con il ciclo della storia.

"Vera... Per favore, fa' attenzione. Non fare niente di avventato."

La trattiene per il polso pochi secondi prima che si allontani, sentimenti inconfessati vorticano tra i due Allenatori. E lui non si sente rassicurato quando lei non replica al suo saluto. Capisce che non può promettergli nulla del genere.

Il cataclisma diventa sempre più incontrollabile. E Rocco sa che lei è l'unica a poterlo fermare.

...

(i frammenti si sciolgono in piccoli rivoli argentei, scivolano via come mercurio liquido e filtrano nella terra)

...

Rocco non sa dire di preciso cosa sia successo.

I giorni passano in un susseguirsi di torrida siccità, precipitazioni burrascose e preoccupazione. Non ha idea di cosa stia succedendo, e se c'è una cosa che non sopporta, è proprio non sapere.

I servizi gracchianti dei telegiornali (quando non manca la corrente) parlano di un misterioso drago verde che solca i cieli di Hoenn, e delle assurde e imprevedibili condizioni meteorologiche. Non ha notizie di Vera.

... Quando la Torre dei Cieli crolla sotto la forza di quella che pare una lotta apocalittica, lui teme il peggio, e si rifugia al sicuro tra le sue rocce e i suoi minerali, nell'oblio più forzato, incapace di affrontare le conseguenze.

Rocco sa di essere un codardo, e cerca di scendere a patti con sé stesso nelle notti insonni, infestate dai ricordi del viso radioso e sorridente di Vera. Dopotutto, le emozioni non si addicono alle sue difese d'acciaio.

Finge che non gli importi, nonostante una vocina irritante in fondo alla sua mente (straordinariamente brillante) gli suggerisca il contrario.

Alcuni giorni dopo, quando tutto sembra finito, Adriano bussa alla sua porta. Non ottiene risposta.

...

(le mura sono tornate, persino più forti di prima, e se allora lei è riuscita a distruggerle con tanta facilità, ora la sua fortezza deve essere assolutamente impenetrabile)

...

Si rifiuta di pensare alla faccia che farà Vera quando (se) troverà il biglietto sul tavolo polveroso della cucina.

Né si concede il lusso di pensare a quando, inevitabilmente, Vera farà irruzione in casa sua, spalancando la porta e annunciando (tutt'altro che discretamente) di essere il Campione oh mio Dio Rocco ho battuto Adriano! (perché non ha dubbi che lei diventerà Campione)

Si rifiuta di immaginare i suoi grandi occhi sgranarsi, le pupille dilatarsi, quando le lame affilate del tradimento e dell'abbandono affonderanno in lei. O al modo in cui contrarrà le labbra, tanto da farle sbiancare.

O a come non capirà subito la situazione e dovrà rileggere la lettera una seconda volta, e alla fine indietreggerà vacillante, incredula. Perché non avrebbe mai pensato che proprio Rocco l'avrebbe abbandonata come già suo padre aveva fatto, e senza nemmeno degnarsi di salutarla decentemente.

Si pente di aver usato un tono così formale, e di non essersi dilungato a spiegare dove andava, cosa faceva e perché. In retrospettiva, naturalmente.

Vorrebbe essere in grado di affrontare la bruciante vergogna della sua passività.

Una parte di lui desidera credere che Vera lo conosca tanto bene da capire immediatamente dove rintracciarlo (benché Hoenn sia piena di caverne). L'altra vuole scappare lontano dove nessuno potrà mai trovarlo, e starsene in tranquillità a dissotterrare rocce e vivere isolato come un eccentrico eremita.

Un breve biglietto redatto frettolosamente (su un fazzoletto, per giunta), bianca nuvola eterea, e un Pokémon abbandonato non possono compensare la mancanza di un amico.

...

"Per Vera;

Ho deciso di intraprendere un viaggio di ricerca interiore e mi allenerò lungo il cammino. Non penso di tornare a casa per un po'.

Ho un favore da chiederti; vorrei che tu prendessi la pokéball sul tavolo. Contiene un Beldum, il mio Pokémon preferito.

Conto su di te.

Spero che le nostre strade si incroceranno ancora.

- Rocco Petri"****

...

È buio. E umido. E senza dubbio spiacevole per chiunque non sia un appassionato esperto di pietre, ragion per cui Rocco conclude che nessuno sarà in grado di trovarlo qui.

Né suo padre, maniaco del controllo, il famigerato Presidente Petri. Né Vera. Né i suoi vecchi fan di lunga data, quando ancora era il Campione. Nemmeno Adriano. Nessuno.

Le Cascate Meteora possiedono una sorta di bellezza glaciale, riflette. Magari è dovuta al riflesso della luce emessa da alcuni Pokémon, che occasionalmente si rifrange sulle (imponenti) stalagmiti e stalattiti.

Potrebbe anche essere il quasi impercettibile plic, plic, plic della condensa, che gocciola con fragore dal soffitto, così simile a quello di una cattedrale, e che raggiunge terra con un morbido splash formando cangianti pozze color ametista.

Oppure è per via dell'isolamento. L'evidente mancanza di presenze umane permea di calma il rombo dell'acqua che scorre e i distanti richiami degli Zubat.

(Tre cose sono infinite, ad Hoenn: l'universo, la stupidità umana e il numero di Zubat in una grotta.)

Ovviamente, la maggior parte delle persone non noterebbe lo stesso splendore di un geologo esperto. Vedrebbe bei cristalli, una bella cascata, e l'uscita della grotta, la luce del sole che filtra e promette di asciugare i piedi bagnati, niente più ragnatele e il familiare rumore di scavi.

Rocco estrae un piccolo pennello dalla sua immancabile cintura degli attrezzi e con movimenti veloci e precisi , comincia a spolverare la pietra che ha appena scavato dal muro di fronte a lui.

E quando spazza via i frammenti di detriti, le sue dita si stringono involontariamente allo zaffiro appena portato alla luce. Persino quando va via e prova a dimenticarla, trova sempre il modo di infiltrarsi nella sua mente.

Il suo secondo nome è infatti Sapphire e i suoi occhi hanno sempre avuto quella stessa sfumatura di azzurro intenso (ed è una cosa che Rocco non è mai riuscito a scordare), sia che piovesse, splendesse il sole o soffiasse il vento (che tanto amava); persino quando pioveva cenere.

Stringe la pietra talmente forte che le punte ruvide e affilate gli si conficcano nella pelle screpolata. Non vuole rievocare il ricordo del suo profumo alla cannella e la sua ridicola bandana verde (il suo colore preferito), perché si è ormai lasciato tutto alle spalle e nessuno lo troverà mai più.

Non è forse ciò che desideravi?, si ammonisce. Non volevi forse dimenticare ogni cosa e tornare ad essere insensibile, freddo, fatto d'acciaio? Eppure non riesce a dimenticare il modo in cui le sue labbra pronunciavano il suo nome;

"Rocco?"

Fantastico. Adesso ha anche le allucinazioni. Ha sentito dire che l'isolamento prolungato può portare alla pazzia. Forse dovrebbe lasciar perdere quest'idea e tornare a fare l'eremita a Verdeazzupoli.

Non si accorge dei passi titubanti o dell'odore di cannella che aleggia nell'aria finché non gli piombano addosso cinquanta chili, e le lacrime filtrano attraverso la sua giacca elegante fino alla maglietta.

Si volta lentamente, incapace di credere a quanto sta accadendo, convinto com'è che si tratti di un'allucinazione nonostante ne abbia la prova vivente proprio davanti agli occhi.

Non è Blaziken quello che illumina con vampate irritate la sua piccola grotta. E sicuramente non è un Metang quello che levita quieto in fondo alla stanza e scandaglia con i suoi occhi rossi gli attrezzi e i minerali sparpagliati.

E non è Vera quella che si aggrappa alla sua maglietta lasciando una grossa chiazza bagnata sulla sua sciarpa rossa (poiché la sua altezza non le consente di arrivare oltre).

"Pensavo mi avessi abbandonato."

"...È quello che pensavo anch'io."

Una pausa.

"Sul serio, Rocco, non ci si libera di me tanto facilmente."

Senza fermarsi a riflettere, Rocco avvolge le braccia attorno alla vita di Vera e le si avvicina (perché sente che è la cosa giusta da fare) e lei sospira di sollievo, appoggiandoglisi contro. Lui affonda il viso nei suoi capelli (scarmigliati come sempre), e inspira a fondo, inalando il profumo di sole, risate e primavera.

E quando infine lei gli afferra la mano in una morsa d'acciaio e comincia a trascinarlo verso l'uscita e poi nella luce abbagliante (strizza più volte gli occhi), non oppone resistenza. Perché forse, solo per questa volta, può piegare le sue mura d'acciaio per questa ragazza.

...

(quel giorno, lui impara che le sculture più belle non sono forgiate da strumenti di rame e d'acciaio, ma dal tocco gentile del vento e dell'acqua che lavorano a loro piacimento).

...



Note della traduttrice (translator's notes):
* Sapphire è il nome di Vera nel manga Pokémon Adventures, e Haruka è il suo nome originale giapponese.
** Il taro latte è un latte vegetale, e per praline intendo le palline di cioccolato che spesso si mettono come topping (immagine).
*** Il KFC, per chi non lo conosce, è una catena di fast food specializzata in pollo fritto; l'ironia sta nel fatto che Torchic sia un pulcino.
**** Non ho giocato a Smeraldo e in OR/AS non sono ancora arrivata al punto della lettera, per cui la traduzione non è quella ufficiale. Modificherò appena avrò l'occasione, per il momento mi sono attenuta al testo inglese.
Per PokéNav, Gusciondosi, MN e MT penso non ci siano problemi di identificazione, in alternativa c'è Wikipedia.
   
 
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