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Autore: youhavesavedme    01/03/2015    9 recensioni
Scarlett, la mia ossessione.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Part One.

Ero pallida, come se avessi sempre addosso la malaria e su quel pallore avevo dei grandi occhi verdi, e delle labbra fresche e rosse che ti potevano mangiare. Ero una piccolissima donna , tutta vestita di nero, con una forza di conoscenza dei propri pensieri e del loro valore. Ero cosciente di essere bella, di essere desiderata, certo, ma non mi  importava. Volevo essere io quella a distruggere, quella a dominare sugl’altri. Non desideravo affatto essere controllata da qualcuno, era una cosa che non sopportava. Ero perfida, mi piaceva far innamorare  i miei pretendenti, fargli immaginare un futuro insieme, per poi abbandonarli e lasciarli con solo una stupida illusione tra le mani. Ero convinta che la crudeltà fosse la virtù per eccellenza, l’unica via per sopravvivere in un modo che non sentivo mio, che non mi apparteneva . Non potevo vivere senza il piacere di vedere gli altri soffrire. Avevo una mente perversa, i pensieri malvagi. E per questo mio egoismo, avrei pagato presto le conseguenze. Infatti quell’episodio rovinò la mia vita, ma per colpa mia, colpa del mio odioso egoismo. E da quel giorno tutto cambiò.
I capelli color bronzo mi slittarono davanti agli occhi. Con un gesto infastidito li portai dietro alle spalle e sistemai i miei disegni in una cartellina rossa. Mi alzai dalla sedia con uno scatto veloce, facendola quasi cadere a terra e si affrettò a riporli dentro un cassetto. Controllai l’orologio e mi accorsi che dovevo uscire con Dominic, il mio migliore amico. Presi la sciarpa nera di cotone e il mio cappellino di lana dello stesso colore. Misi nella borsa il cellulare e le chiavi e uscii di casa. Una folata di vento mi invase il corpo scompigliandomi i capelli. il naso mi divenne immediatamente rosso e le labbra incominciarono subito a screpolarsi diventando ancora più scarlatte di quanto già non fossero. Erano le 16:30 ma il sole era quasi del tutto sparito a Londra. Mi guardai attorno notando Dominic su una panchina che maneggiava con il telefono.
“Dom”
Il francesino alzò la mano e mi fece segno di avvicinarmi. Dominc era diventato mio amico da subito. Ci conoscevamo da circa dieci anni e dovevo ancora capire come facesse a sopportarmi da così tanto tempo. Mi era stato sempre vicino e fu l’unico che mi aveva consolato nel mio orrendo passato, restandomi accanto e aiutandomi a rialzare. Non riuscivo a parlare del mio passato con nessuno, nemmeno con i miei genitori e per quanto in quel momento potessi nasconderlo,  rimasi colpita nel fondo del  petto con una ferita talmente profonda che sarebbe stata difficile da rimarginare. Ma Dominc era stato talmente amorevole e gentile con me da aiutarmi ad andare avanti e ad alzarmi ad una caduta fin troppo dolorosa per essere affrontata da sola. Scacciai quei pensieri e corsi verso di lui e lo salutai dando un bacio sulla sua guancia. Dominic mi guardò malissimo, così mi allontanai capendo il motivo della sua frustrazione.
“ Dom, ti sei ripreso dalla scorsa notte”
Dissi sorridendo e dandogli un pugno amichevole sulla spalla. Mi sedetti accanto a lui posando la borsa sulle mie gambe.
“Scarlett, non credere che io l’abbia dimenticato, quando mi sono svegliato volevo ucciderti”
Cominciai a ridere talmente forte da far uscire dalla mia bocca piccoli grugniti. Mi sbrigai a coprire la bocca con le mie mani, infastidita dal’orrendo suono che ne era uscito poco prima. Odiavo letteralmente quei maledetti cosi, ma a Dominic facevano sbellicare dalle risate, ma non in quel caso. Vidi il suo sguardo come infuocato e per poco non mi spaventai pensando di aver esagerato, ma capii che alla fine il mio amico non poteva prendersela davvero con me, quindi mi tranquillizzai. Decisi di cambiare totalmente argomento facendolo incavolare di più.
“Che vogliamo fare?”
“Scarlett! Ti rendi conto che mi hai ammanettato nel letto di una pazza scatenata? Non credere di passarla liscia!”
“Ma smettila! Lily, non è pazza! Le piace solo scherzare con il fuoco.”
Dissi toccando con l’indice la punta del suo naso. Squadrai per un attimo il suo volto. I capelli biondi platino incorniciavano il suo viso perfettamente, facendo un contrasto troppo grande con gli occhi neri e cupi. Mi riconcentrai sulla conversazione quasi immediatamente, aspettando una reazione del ragazzo di fronte a me.
“No,no. Lei è completamente matta, con la ‘m’ maiuscola”
Dominic, esagerò come al solito, alzando le mani al cielo in modo teatrale. Incominciandosi verso un pub, lo rincorsi come un cagnolino fa con il padrone mettendo la mia mano sulla sua spalla.
“Ma dai, non fare la vittima, ti ho fatto un favore enorme. Andavi a presso a Lily, da più di cinque mesi.”
“Andavo, hai detto bene! Mi hai fatto aprire gli occhi! È malata completamente. Non sembrava così quando l’ho conosciuta.”
“Così, come?”
“Così, sexy.”
Abbassò lo sguardo imbarazzato, e le sue guancie si tinsero di rosso.
“Aaah! Oddio ti piace! Ma io lo sapevo. A Scarlett non  sfugge niente caro Dom!”
Feci qualche urletto di gioia,  ma mi calmai notando l’espressione infastidita del mio amico.
“Okay, lo ammetto forse è un pochino matta, o forse era più ubriaca del solito tutto qui.”
“Ma sì, ma giusto un po’”
Disse quelle parole con una punta di sarcasmo e ironia che non poteva passare inosservata così, cercai di cambiare l’argomento per poi chiuderlo una volta per tutte.
“Dominc, finiscila andiamo a prendere qualcosa da qualche parte, sto morendo di fame. Ho la macchina dietro l’angolo”
“Okay, ma guido io. Tu sei un pericolo pubblico e non voglio morire giovane”
“Sei un deficiente”
Lo rimproverai fingendomi offesa, ma avevo la consapevolezza di ciò che stava dicendo. Ma ugualmente gli diedi un pugno sul braccio, stavolta leggermente più forte, e incrociai le braccia.
“E inutile che fai quella faccia, non so nemmeno come hai fatto a prendere la patente! Ammettilo, li hai corrotti, so che ne sei capace Scarlett”
“Dom!”
Il francese scoppiò a ridere rumorosamente, coinvolgendo anche me. Una volta deciso che avrei  guidato io andammo al nostro solito bar. I tavolini neri e rotondi, posti al di fuori del bar, erano lerci e rovinati, contornati da sedie di plastica su cui non mi sarei mai seduta. All’interno, invece il luogo era decisamente più carino e accogliente, ma restava ugualmente un posto poco curato. Le mattonelle beige avevano impronte di scarpe incise sopra e il grande lampadario con pendoli trasparenti riempiva il soffitto alto. I mobili erano intagliati in legno e i divanetti che erano all’angolo in pelle sembravano caldi e accoglienti. Le pareti erano di un rosso acceso che ti metteva in soggezione, come gl’occhi del ragazzo che avevano incominciato a fissarmi. Cercai di non girarmi verso di lui, così presi il braccio di Dominc portandolo su uno ei comodi divanetti.
“Perchè quel poliziotto mi sta fissando?”
Non feci in tempo a dirgli di non farlo che Dominc si girò notando lo sguardo del riccio intendo ad osservarmi.  Mi guardò cominciando a parlare piuttosto divertito.
“Forse, avrà visto come guidi e ora ti vuole arrestare”
“Sei un deficiente!”
Purtroppo alzai la voce di qualche tono, attirando l’attenzione su di noi. Portai istintivamente la mano avanti la faccia, per poi tossire qualche volta. il telefono di Dominc squillò e quest’ultimo se lo portò all’orecchio cominciando a parlare.
“Mia madre ha detto che devo badare a mia sorella, perché lei deve andare a fare delle commissioni”
Dominc cominciò a lamentarsi  e poco dopo cominciai anche io a supplicare che restasse lì con me.
“Per forza?”
“Per forza. E potresti prestarmi la macchina? La stronza ha detto che mi devo sbrigare”
“Emh, sì vai tu, io resto a prendermi qualcosa da bere. Poi tornerò a piedi”
“Okay ma stai attenta”
Dominic mi diede un bacio sulla guancia e dopo aver preso le chiavi dell’auto si avviò verso l’uscita.
In quel momento non ricordavo cosa combinai, ma bevvi molto, troppo. Gli occhi di quel dannatissimo  poliziotti erano ancora su di me, e la cosa cominciava a darmi fastidio. La testa mi girava e le gambe mi reggevano appena, volevo andare a casa ma non sapevo come. Mi sedetti su quel divanetto, intenta a cercare una soluzione quando una voce sconosciuta mi fece sussultare.
“Non credo tu sia in grado di ritornare a casa, o guidare”
“Questo lo dici tu”
Puntai il dito sul petto del poliziotto osservandolo per la prima volta per bene. Notai i suoi meravigliosi smeraldi verdi e la sua bocca a cuoricino, contornata da splendide fossette. I riccioli scuri gli ricadevano sul volto in una maniera dolce e a dir poco perfetta, mentre la sua divisa sembrava essergli stata disegnata addosso. Ma era fin troppo giovane per essere un poliziotto. Notai un gruppo di ragazzi che ridevano vicino al bancone assistendo alla scena. Forse erano suoi amici.
“Già lo dico io”
“E tu saresti?”
“Un polizotto”
“E allora?”
Era evidentemente scocciato di quel domanda e risposta così sperai che se ne andasse ma non lo fece.
“E allora se non la finisci di rispondere così ad un pubblico ufficiale, finirai nei guai”
“Togliti quell’espressione saccente dalla faccia perché non mi fai paura, spostati devo andare a dormire a casa mia.”
Il riccio mi prese la mano e mi fece alzare dal divanetto facendomi notare la sua altezza. Poggiai la mano sulla sua spalla mantenendomi in equilibrio. Cercai di non darlo a vedere ma ero veramente imbarazzata dalla situazione.
“E come? Ti divieto categoricamente di guidare la macchina e non sei nemmeno nelle condizioni di camminare”
“Ma io voglio andare a casa.”
Mi lamentai vergognosamente dondolandomi sui talloni. Sembravo una bambina ma in quello stato non capivo nemmeno con chi stessi parlando.
“Potrei accompagnarti io”
“No, io non ti conosco e non me la racconti giusta”
“Vorrà dire che dovrai dormire per strada”
“Ma sei un poliziotto vero?”
“Sì sono un poliziotto vero”
Arricciai il naso e chinai la testa da un lato. Forse dovevo fidarmi , non poteva farmi del male, insomma era un poliziotto. In quel momento non riuscivo a ragionare lucidamente, ma non sapevo che cosa fosse, ma quel riccio mi attraeva e così accettai il passaggio.
“Potresti dirmi il tuo nome almeno?”
“Sono Harry”
Cercai di sganciare la sua mano dal mio polso, ma non ottenendo risultati mi lasciai trasportare da Harry.
Passammo vicino  al gruppetto di ragazzi di prima e con un cenno della mano il moro li salutò.
“Ciao amici di Harry”
Feci una faccia a dir poco buffa  scuotendo il braccio come segno di saluto.
Una volta dentro la macchina Harry mi chiese dove abitassi, ma non ricordandomi la strada gli dissi qualche indicazione a caso, sperando si averne indovinata almeno una.
“Perché la macchina non è quella della polizia?”
“Non fare troppe domande”
Mi ammutolii all’istante cercando di non fare o dire più cose stupide. Gli stavo sembrando sicuramente una cretina, ma come biasimarlo. Harry si accostò in un luogo appartato facendomi scendere lentamente dall’auto con lui.
“Bene, ora concentrati. Sai dirmi quali di queste case è la tua?”
“Sì, nessuna.”
“Che vuol dire nessuna?”
“Vuol dire che io non mi ricordo dove abito”
Scoppiai a ridere in un malo modo e cominciai a toccare i miei capelli.
“La finisci? Vedi di trovare casa tua!”
“Ma se non so nemmeno in che quartiere stiamo”
“Senti ragazzina, ho già perso troppo tempo con te, cerca di ricordartelo”
“Ma non lo so. Non mi ricordo, non mi strillare contro”
Vidi Harry respirare lentamente, cercandosi di calmare. Non sapevo il perché, ma mi veniva da piangere avevo paura che si arrabbiasse e cominciasse ad usare le mani su di me. Ero terrorizzata.
“Bene, vorrà dire che per questa notte sarai mia ospite”
“Che cosa?”
Non ero in grado di capire cosa stesse succedendo, ma non volevo cacciarmi nei guai, volevo solo ritornare a casa mia, in un modo o nell’altro.
“Preferisci dormire in centrale?”
Iniziavo ad odiare quel tipo, ebbi una voglia irrefrenabile di mollargli un cazzotto sulla guancia, ma mi trattenni. Era pur sempre un poliziotto.
“Preferisco andare a casa mia, o di qualcuno che conosco, non a casa di uno poliziotto cretino”
“Scusa, cosa avresti detto?”
“Che sei un poliziotto cretino”
Vidi gli occhi di Harry infuocarsi , così feci qualche passo indietro, cercando di non inciampare sui miei piedi.
“Senti ragazzina, volevo essere gentile con te, ma non ci si comporta così con un poliziotto ‘cretino’”
Afferrò la mia spalla facendo combaciare la mia schiena con il suo petto. Mi sentii le guance calde, ma supposi che con il buio non si vedessero, o almeno ci speravo. Non volevo che mi toccasse doveva allontanarsi immediatamente. Volevo spostarmi, ma non ce la facevo, era come se non avessi il controllo delle mie gambe.
“Ti rendi conto che ti sei dato del cretino? E per favore smettila di toccarmi”
Mi girai poggiando le mie piccole mani sul suo petto largo, cercando di allontanarlo da me. Harry mi riprese il polso, cercando di riavvicinarmi a lui.
“Ho detto che non devi toccarmi! Allontanati!”
Cominciai a strillare spaventata e le lacrime cominciarono a scendere. Non ero cosciente di ciò che feci, il mio cervello non era in grado di dare ordini, ma cercai di scappare, cadendo a terra. Ero ridicola, sembravo una bambina malata, ma volevo ritornare a casa mia. Harry si affrettò ad avvicinarsi a me per aiutarmi ma io non glielo permisi, cominciando a strusciarmi il più lontano da lui.
“Ei, stai tranquilla, non voglio farti niente”
Harry si abbassò alla mia altezza incastonando i suoi due occhioni calmi e dolci nei miei spaventati e disorientati. Mi porse la mano incitandomi ad afferrarla.
“Mi prometti che mi riporterai a casa mia?”
Il mio tono di supplica e da bambina, fece ridere il poliziotto che aspettava ancora che gli prendessi la mano, ma cercai di rialzarmi da sola.
“Va bene. Ma non so ancora il tuo nome”
“Scarlett. Mi chiamo Scarlett”
“Bel nome”
Sorrisi e feci per dirigermi alla sua macchina. Entrai ma tempo un attimo e mi ero addormentata.
La mattina dopo, mi svegliai in un letto comodo e grande, ma non era il letto di casa mia. Non ricordavo nulla di ieri, al di fuori dell’incontro con Dominc. Cercai di ricostruire i fatti, ma non riuscivo proprio a capire come fossi finita in quel letto. Alzandomi sentii una fitta alla testa, che mi costrinse a chiudere gli occhi e a portarmi la mano alla fronte. Camminai lentamente, poggiando a tratti la mano sul muro. Dopo qualche tentativo fallito di trovare la cucina, entrai dentro ad una stanza che aveva tutta l’aria di esserne una.  Non capivo proprio che cosa avessi combinato, ma in quel momento la fame sovrastava tutta i miei pensieri. Mi avviai al frigo aprendolo. Mi abbassi per prendere qualcosa ma toccai con il mio sedere qualcosa dietro di me. Mi raddrizzai di scatto girandomi all’indietro. Quando vidi un ragazzo riccio avanti a me cacciai un urlo attaccandomi al frigorifero. Avevo messo il mio sedere sul cavallo dei pantaloni di uno sconosciuto.
O su quello che io credevo uno sconosciuto.
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Erica’s corner.
Bene, buongiorno a tutte le persone che hanno letto l’inizio di questa storia.
Ci tenevo a dire che ho cancellato e riscritto questo capitolo almeno 5 volte, ma ne è valsa la pena perché sono abbastanza fiera di quello che ne è uscito fuori.
Allora che ne dite? Solo nel primo capitolo sono successe un botto di cose, chissà che cosa succederà nei prossimi capitoli. Eheheh, chi lo sa. Ahahah. Ho scritto fino al quarto capitolo , quindi lo scoprirete presto. Di conseguenza aggiornerò spesso questa settimana.
Se volete lasciatemi una recensione, mi farebbe veramente piacere leggere i vostri commenti, e sapere se la mia storia vi sta piacendo o no.
Se volete anche pubblicizzare le vostre storie, e chiedere anche a me di pubblicizzarle, non c’è problema, anche perché sono in cerca di nuove storie.
Ringrazio tutti in anticipo e aspetto di leggere le recensioni, che spero siano tante ahahah, non vedo lora.
Alla prossima, bellissime.
Baci xx.
  
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