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Autore: SonounaCattivaStella    01/03/2015    2 recensioni
[KyouTen]
Kyosuke si ritrova, all'età di otto anni, a non avere più ricordi del suo passato. Solo una cosa lo lega ancora ad esso: un piccolo carillon.
Ma, per quanto quel carillon lo tenga attaccato al suo passato, esso nasconde un grande ed orribile segreto. Il suono melodioso, infatti, sembra attirare la follia omicida di un serial killer che prende di mira tutte le persone che interagiscono con lui.
[Storia soggetta a cambiamento di rating]
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matsukaze Tenma, Tsurugi Kyousuke, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I



MEMORY’S CRANNIES


La sveglia che suonava insistentemente già da diversi minuti portò Kyosuke ad aprire svogliatamente le iridi ambrate per puntarle su quel maledetto aggeggio infernale che gli ricordava di essere in ritardo per andare a scuola. Quella mattina avrebbe iniziato gli studi nel prestigioso istituto della Raimon Jr. High ma la cosa non lo esaltava più di tanto, era solo un’altra scuola alla quale sarebbe andato solo per pochi mesi prima di cambiare nuovamente. Aveva cambiato tante e tante di quelle scuole che ormai continuava a chiedersi perché diamine dovesse continuare ad andarci, era palese che non avrebbe concluso niente di quel passo. Non si può prima imparare parte del programma di una scuola e poi parte di un altro che non c'entra proprio niente col primo. Purtroppo però quella vita non l'aveva scelta lui, dietro c'era qualcun altro che se ne fregava di tutti i sacrifici che gli stava facendo fare per poter vivere una vita normale. Ormai Kyosuke non sapeva più, da molti anni, cosa significasse avere una vita normale e continuare ad andare a scuola serviva solo a creare l’illusione di poterne vivere una. Fosse stato per lui si sarebbe tranquillamente stabilito in un'unica città andando in una sola scuola anziché viaggiare per poter scappare. Che poi, scappare da cosa? Non lo sapeva bene nemmeno lui. Niente all'interno della sua vita era certo, nemmeno la sua vita stessa.
Kyosuke non aveva ricordi del suo passato; lo avevano trovato, all'età di otto anni, rannicchiato sotto un albero del parco, in una notte burrascosa, con le lacrime agli occhi ed un piccolo carillon stretto al petto, sul quale vi era scritto un nome: Kyosuke. Chi l'aveva trovato aveva provato in tutti i modi a cercare di capire chi fosse e cos'era successo, ma era talmente sotto shock che ogni ricordo prima di quell'incontro era stato cancellato dalla sua memoria, era certo solo di chiamarsi col nome riportato sopra il piccolo portagioie, il resto ero tutto solo un grosso buco nero. Lo avevano affidato ad un orfanotrofio nell'attesa che qualche spiraglio si aprisse nella sua memoria, che qualcuno venisse a denunciare la sua scomparsa e riportarlo a casa, attesa che però risultò vana. Così finì per passare un anno rinchiuso in quell'istituto dalle pareti spoglie, dal cibo ispido ed insapore, dalle badanti severe che non esitavano ad usare la bacchetta qualora fosse necessario, allontanato dagli altri bambini che continuavano a girargli alla larga, additandolo e sussurrando di nascosto che lui aveva qualcosa di strano. Questo finché, un giorno, arrivò una coppia in cerca di un bambino da poter accudire come fosse figlio loro e gli occhi si posarono subito sulla testa blu di quel ragazzino isolato da tutti. Per cinque anni visse una vita felice, quasi spensierata, almeno finché un giorno accadde qualcosa che gli cambiò la vita irrimediabilmente: era a casa del suo migliore amico, avevano giocato tutto il giorno fino a che, stanchi, si erano buttati sul divano, aveva attivato il suo carillon per far si che le note cullassero quel momento di riposo, le palpebre che si facevano sempre più pesanti. Al suo risveglio aveva trovato il corpo del suo amico straziato da profondi tagli che gli deturpavano il volto – più di quanto già non lo facesse la smorfia di puro terrore dipinta sopra – e il petto. Il corpo dilaniato nel peggiore dei modi si impresse nella sua mente come un marchio fatto col fuoco. Urlò, come mai aveva fatto prima in vita sua, alla vista del sangue che sgorgava dalle ferite ancora fresche. Da quel giorno, ovunque andasse, portava dietro di se una scia di morte.
La polizia affermava con convinzione che chiunque si nascondesse dietro a quegli omicidi – di persone che erano vicine a lui, chi più chi meno – fosse legato a quella parte della sua vita che lui aveva cancellato involontariamente. Kyosuke si sforzava, si sforzava davvero a cercare di ricordare qualcosa della sua infanzia ma ciò che ne usciva fuori erano soltanto scene sfocate, volti confusi ed urla di terrore. L'assassino aveva preso ad uccidere sempre più persone, puntando principalmente ai suoi compagni di classe e mai direttamente a lui. Da una parte se ne chiedeva il perché, se il bersaglio era lui allora perché uccidere, nel peggiore dei modi, la gente che lo circondava? I ragazzi avevano ripreso ad isolarlo, spaventati dalla scia di morte e di sangue che si portava dietro grazie a quel pazzo di un serial killer. La polizia non poteva fare niente, non avevano prove e anche volendo aprire il caso si sarebbero trovati subito ad un vicolo cieco. Così la famiglia adottiva di Kyosuke fu costretta a cambiare città, senza rivelare a nessuno la loro posizione per poter depistare l'assassino. La pace durò giusto un altro anno poi gli omicidi ripresero con maggiore intensità. L'unica cosa che li accomunava gli uni agli altri era il suono del suo carillon – ogni volta che lo apriva per ascoltarne la melodia subito dopo arrivava la notizia di un’altra morte – e i tagli profondi creati sempre dalla stessa lama che deturpavano i corpi dei poveri malcapitati.
Continuarono a viaggiare e cambiare paese nella speranza di trovare un po' di pace, ma tutto crollò il giorno del suo sedicesimo compleanno, giorno in cui il serial killer decise di agire uccidendo le persone che Kyosuke più aveva a cuore: i suoi due genitori adottivi. Era ritornato a casa felicissimo di aver preso il voto più alto della classe nel compito di matematica, era sempre stato bravo con i numeri e i compagni lo invidiavano gelosi delle sue capacità, anche se mai nessuno aveva provato a chiedere il suo aiuto nello studiare, troppo spaventati dalle strane voci che si sentivano in giro sul suo conto. Rientrato a casa aveva fatto vedere il voto a quella che per lui era diventata, a tutti gli effetti, sua madre, la quale si congratulò con lui per poi spedirlo dritto in camera a cambiarsi prima di pranzare. A volte lo trattava ancora come un bambino piccolo ma lui non ci badava più di tanto, era felice di avere una famiglia che lo voleva bene e sulla quale avrebbe potuto fare affidamento, sempre. Entrò in camera lanciando malamente la borsa sul pavimento, incurante del contenuto – in fondo i libri non potevano provare dolore – e cominciò a cambiarsi quando il suo sguardo si posò sul suo carillon poggiato sulla scrivania. Sembrava quasi chiamarlo e decise che, per una volta tanto, lo avrebbe fatto suonare. Solo pochi minuti, si era detto, il tempo di cambiarsi e scendere nuovamente in cucina. Forse, però, perse troppo tempo chiuso in bagno, era stato dentro la stanza solo dieci minuti in più del dovuto, dieci minuti della sua vita che avrebbe rimpianto per sempre. Quando scese nuovamente in cucina, dai suoi genitori, li trovò entrambi immersi in una pozza di sangue scarlatto, i tagli tipici di quel pazzo che sfiguravano i loro volti ed aprivano il loro petto.
Da quel giorno era passato quasi un anno, anno in cui il ragazzo dai capelli blu prese a viaggiare e spostarsi da solo, cambiando scuola e paese ogni qualvolta l’assassino scopriva la sua posizione. Ora si trovava da tre giorni in un piccolo appartamento economico di Inazuma-Cho e quella mattina sarebbe andato a scuola per il primo giorno. Si sistemò i capelli, blu come la notte, alla bell’è meglio e indossò la divisa dell’istituto. Avrebbe preferito andarci vestito come voleva lui ma le regole lì erano ferree e la divisa andava indossata da tutti, nessuno escluso. Afferrò la cartella, vi mise dentro il sacco per la merenda e restò alcuni secondi ad osservare il piccolo carillon che se ne stava posato sul mobiletto all’ingresso. Da quando aveva capito che era il suono melodioso delle note di “Memory” ad attirare il serial killer aveva smesso di farlo suonare e lo portava con se ovunque. Avrebbe dovuto distruggerlo anziché conservarlo segretamente, conscio che così avrebbe risolto il problema, ma non ci riusciva. Quel carillon era l’unica cosa che gli restava del suo passato, l’unica cosa che lo legava a ciò che aveva avuto prima di perdere tutto. Afferrò la scatolina, la mise in borsa accanto alla merenda e uscì di casa parecchio svogliato, per niente pronto ad affrontare il suo primo – di tanti – giorno di scuola.











Angolo autrice:
Salve a tutti!
Eccomi di nuovo qui con il primo capitolo di questa long. Allorsss, credo che alcune delucidazioni siano obbligatorie da fare: la long è un AU come già annunciato negli avvertimenti quindi non segue la trama originale dell’anime, qui Kyosuke ha sedici anni, vive da solo e deve frequentare il secondo anno di liceo che, per non scervellarmi troppo a creare nomi nuovi, sarà sempre la Raimon Jr. High, la canzone del carillon è “Memory” del videogioco di Ib (per chi non la conoscesse è questa https://www.youtube.com/watch?v=Pebi2O4uL7E) e la long è nata proprio ascoltando queste note.
Bene, detto ciò spero che il capitolo vi sia piaciuto pur essendo piccino picciò ewe e che l’idea sia originale e di vostro gradimento. C:
Ci rivediamo tra cinque giorni con il nuovo aggiornamento. Intanto fatemi sapere cosa ne pensate di questa storia ^^
Fanny ♥
   
 
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