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Autore: SagaFrirry    01/03/2015    1 recensioni
Seguito di un'altra storia pubblicata in precedenza (Risveglio). Sono passati degli anni e molte cose sono cambiate al santuario. Questa volta i cavalieri si ritroveranno faccia a faccia con l'origine di ogni cosa: il Caos. come si rapporteranno con la sua progenie? e quante volte può morire un cavaliere?
chiedo perdono per i risvolti deprimenti. io sono una persona fondamentalmente depressa ;)
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cancer DeathMask, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Thanatos, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Risveglio'
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II

 

ADDIO

 

 

Le campane suonano a morto.
E riecheggiano per il tempio. Ogni rintocco, un ricordo che riaffiora. Ogni rintocco, la consapevolezza di un nuovo istante che non si creerà mai.
Le campane suonano a morto.
A che serve coprire il viso con una maschera per celare le lacrime? Il tuo animo triste pulsa e si fa percepire da tutti. È colpa del tuo essere divino.
Le campane suonano a morto.
Si fanno difficili i passi quando le certezze si infrangono. Quando una vita che credevi eternamente legata alla tua si dissolve. Quando capisci di non poter rimediare.
Le campane suonano a morto.
Cerchi parole da pronunciare ma queste non escono. Cerchi un modo per trarre conforto ma il tuo cuore non si placa. Cerchi di fermare le tue lacrime ma queste sembrano non avere mai fine.
Le campane suonano a morto.
Con il capo chino ti accorgi che non hai nemmeno un corpo da seppellire, solo un ricordo su cui piangere, solo una vita da lasciar andare.
Le campane suonano a morto.
In ginocchio dinnanzi ad un semplice nome inciso, allunghi la mano sentendoti divinità inutile e colpevole. Sfiori la lapide e ti chiedi il perché.
Le campane suonano a morto.
"Fortunato" tu pensi, "fortunato che hai abbracciato la morte, lasciando a noi il duro compito di vivere. Fortunato, tu che sei svanito, e non devi lottare più".
Le campane suonano a morto.
Scende il silenzio, nel tuo cuore e nella tua anima, non più ora accompagnata da chi credevi immortale, protetto da divino potere.
Scende il silenzio. I vivi dormono, i morti sognano. O forse è il contrario. Scende il silenzio.
Le campane non suonano più.

 

Thanatos era bravo nel tramutare in parole il pensiero di chi era in lutto. Saga ascoltava i suoi versi e rimaneva in silenzio. Davanti a sé, una bara vuota. Non era rimasto nulla del corpo di Arles.

“Nemmeno un corpo su cui piangere mi hai lasciato” mormorava, rivolto al Caos che ovviamente non poteva sentirlo perché parecchio lontano da lì.

La grande sala, dove non molto tempo prima i cavalieri d’oro dormivano per permettere alle divinità di risiedere al tempio, ora era divenuto il luogo dove porgere un ultimo saluto.

“Finiamo in fretta questa cosa” commentò Kanon, desideroso come non mai che il fratello riprendesse in mano la sua vita.

Ninive non era presente. In sua vece, un piccolo gruppo di vestali erano giunte per porgere omaggio a tutti coloro che combattevano ed avevano combattuto per la pace e la difesa dei deboli.

“Condoglianze” sussurrarono a turno, prima alla figlia del morto e poi a Saga.

La giovane indossava la maschera. Mai prima d’ora lo aveva fatto. Probabilmente lo faceva per celare la sua tristezza, ma era facile percepire il dolore del suo cosmo. Deathmask, il suo compagno, le rimaneva accanto senza parlare.

“Addio amico mio. Mi mancherai” disse Aphrodite, deponendo una delle sue rose sulla bara scura.

D’un tratto, in mezzo al silenzio prevalente, si udì il rumore di passi. Come piccoli tacchetti sul marmo lucido. In molti si voltarono verso l’entrata della sala. Ahriman, Dio del cielo, aveva fatto il suo ingresso. Indossando un abito magnifico, degno di una divinità, camminò lentamente. Ed i rumori dei suoi passi cessarono, come camminasse sospeso. Le ali ripiegate, perdevano piume verdi ogni tanto.

“Sommo Urano” si sentì da più parti, mentre molti si inchinavano.

“Non siete qui per porgere omaggio a me!” quasi si stizzì “Ma a colui che mi donò metà corredo genetico. È dinnanzi a lui ed alla sua bara vuota che dovete inchinarvi. Ricordando nel vostro cuore in eterno il suo coraggio e la sua stupidità”.

Raggiunse la bara, mentre nella sala nessuno parlava. Vi poggiò una mano sopra e solo Saga, che rimaneva immobile accanto ad essa, notò la singola lacrima che versò il Dio.

“Ahriman, nipote mio, è bello vederti qui” ammise Saga.

“Preferirei che queste riunioni di famiglia si facessero in occasioni più liete” rispose il giovane.

La fiamma delle candele che illuminava la stanza riempiva di riflessi i suoi capelli color della notte. Li aveva raccolti in complicati intrecci per impedire che toccassero terra.

“Dov’è mia madre?” domandò, dopo qualche istante.

“Non ci ha raggiunti. Forse non se l’è sentita”.

“O forse non le interessa. In famiglia siamo fatti così”.

Hestia, in piedi qualche passo dietro a Saga, salutò con un cenno del capo Ahriman. Il Dio rispose al saluto, mentre si voltava per lasciare già la stanza. Fissò la Dea qualche istante.

“Congratulazioni” disse, poi, sorridendo appena, ed uscì.

“Congratulazioni per cosa?” sbottò Saga “Quel ragazzo è assurdo”.

“Beh…” parlò Hestia “L’esistenza è un cerchio. Dove una vita termina, una nuova vita inizia”.

A quella frase, molti sorrisero e si levarono esclamazioni di stupore.

“Che intendi dire?” continuò la divinità della guerra.

“Credo che solo tu in questa sala non lo abbia capito, Saga” chiuse gli occhi Hestia “Sono incinta. E spero che almeno questo possa ridonarti la voglia di sorridere”.

“Mia regina…” riuscì solamente a dire lui, abbracciandola.

   
 
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