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Autore: SagaFrirry    01/03/2015    1 recensioni
Seguito di un'altra storia pubblicata in precedenza (Risveglio). Sono passati degli anni e molte cose sono cambiate al santuario. Questa volta i cavalieri si ritroveranno faccia a faccia con l'origine di ogni cosa: il Caos. come si rapporteranno con la sua progenie? e quante volte può morire un cavaliere?
chiedo perdono per i risvolti deprimenti. io sono una persona fondamentalmente depressa ;)
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cancer DeathMask, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Thanatos, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Risveglio'
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VI

 

IL PALAZZO NERO

 

L’estate stava finendo quando l’invito di Kydoimos venne accettato. Ahriman, Saga, Deathmask, Ariadne ed il piccolo Arles partirono alla volta del palazzo nero. Il Dio del cielo aprì un varco, portandoli sulla soglia della dimora del Caos. Deathmask la ammirò, estasiato. Era splendida per i suoi gusti. Nera, lucida, a stile gotico e cupo.

“Benvenuti” li accolse uno dei servi del padrone di casa, con un piccolo inchino.

Il soffitto altissimo li sovrastava mentre camminavano lungo il corridoio.

“Le divinità possono seguirmi alla sala del mio padrone” riprese il servo “Voialtri, invece, potete accomodarvi nella sala delle Principesse Madri”.

Ariadne ed il marito si fissarono, senza capire molto bene, ma obbedirono. Saga ed Ahriman proseguirono fino alla stanza finale del corridoio, mentre invece la famiglia di cavalieri entrò in una sala laterale.

“Venite, venite qui!” li chiamò Nàgiri.

“Ben arrivati!” sorrise Neikos.

“Ciao” salutò Arles II, correndo verso l’amico e trascinando con sé i genitori.

“Benvenuti” si sentirono dire.

Erano entrati nella grande sala da pranzo. Attorno al lungo tavolo centrale, donne e servi camminavano e apparecchiavano. Un profumo delizioso si diffondeva per l’aria.

“Io sono la madre di Nàgiri, Desa” si presentò una delle donne, dai lunghi e ricci capelli verdi.

“Oh, piacere!” sorrise Ariadne “Finalmente ci conosciamo”.

Desa sorrise a sua volta.

“Vedo che…” commentò Deathmask “Nàgiri avrà presto un altro fratellino o sorellina”.

“Sì, sono al settimo mese” annuì Desa, sfiorandosi il pancione.

Il chiasso che riuscivano a creare i molti bambini della casa era quasi assordante. Pieni d’entusiasmo per i primi ospiti mai avuti al palazzo, facevano a gara per farsi notare.

“Bambini! Andate a giocare altrove, per favore! Rischiate di farvi male o ribaltare la tavola!” ordinò Desa, dopo aver battuto per due volte le mani.

“Sì, mamma” rispose Nàgiri.

“Chiedo scusa” parlò ancora la donna “Non vi faccio accomodare ancora al tavolo perché abbiamo come regola che si possa mangiare solo una volta entrato il padrone”.

“Va bene, aspetteremo” capì Deathmask.

“Intanto, posso accompagnarvi per la casa, se vi va”.

“No, preferisco aspettare qui. Non vorrei incrociare lo sguardo seccato di Ahriman” rispose il cancro.

“Mamma, papà! Venite a vedere!” chiamò Arles II “Guardate che so fare!”.

“No, grazie. Papà resta qui a bere un po’ di vino” alzò un bicchiere il padre, mentre Ariadne raggiungeva il figlio fuori da quella stanza.

“Avete una moglie molto bella” gli disse Desa, mettendo i tovaglioli sul tavolo “E vi amate molto, nonostante il destino non sia molto clemente con voi”.

“Che intendete?” alzò un sopracciglio Deathmask.

“Lei è una semidea, discendente di Ares e nipote di Apollo. Vivrà molto a più lungo di Voi, cavaliere mortale. Per quanto riguarda il bambino, non saprei che dire. Dipende da chi ha ereditato il sangue”.

“Io…non ci avevo mai pensato”.

“Ah. In questo caso mi scuso. Forse ho rovinato la serata”.

“Oh no, sono lieto che qualcuno me lo abbia fatto notare. In effetti, lei è ancora così giovane e bellissima mentre io inizio a portare i segni del tempo. Mi chiedo fra quanto tempo andrà a cercarsi un uomo più giovane”.

“Non dovete pensare a cose del genere! Lei è innamorata, si vede!”.

“L’amore è un sentimento effimero”.

“Come effimera è la vita. Ma è giusto combattere per essa”.

“Ma Voi perché siete in questo posto? Non siete una discendete del Caos”.

“No, non lo sono. Ero gravemente malata. Il Sommo Caos mi ha salvata e condotta qui, dandomi la possibilità di vivere una vita nuova. Ha mutato il mio sguardo, per permettermi di vedere nel buio totale, e mi ha guarita. La mia Sorella, come amo definirla, Shuna, era una ballerina. Poi, a causa di un incidente, era rimasta menomata. Il Caos l’ha salvata ed ora lei si esibisce”.

“Sì, lo so. L’ho vista. È brava”.

“Tutti qui sono stati salvati o aiutati. Mentre gli altri Dèi non ci hanno mai ascoltati, lui ci ha accolti”.

“Capisco…”.

“Ma immagino che Ahriman sia a sua volta una divinità che vi aiuta”.

“Ahriman?! Saga ci aiuta ma Ahriman mi pare sappia fare solo prediche e provarci con mia moglie”.

“Ahriman con Vostra moglie?”.

“Sì, con la mia Ariadne. Che è sua sorella”.

“Questo è normale, fra divinità”.

“Ah, ottimo. Così sì che mi sento meglio”.

 

Saga ed Ahriman entrarono nella sala grande. Erano entrambi vestiti in modo elegante, con la veste che finiva con un lungo strascico, di colore blu scuro. Il Caos ed i suoi figli li attendevano, anche loro abbigliati in modo sfarzoso e molto particolare. Molti avevano gioielli o perle fra i capelli, altri abiti dai decori complessi ed altri ancora con disegni sul viso, creati dal colore o da materiali preziosi.

“Tu!” esclamò Ahriman, vedendo Kydoimos “Mi hai detto di non essere imparentato con il Caos! Bugiardo!”.

“Rilassati, Urano” lo zittì Caos, facendo segno a Kydoimos di avvicinarsi “Io l’ho adottato come figlio, ma non abbiamo legami di sangue”.

“Che razza di uomo si fa adottare da adulto?!”.

“Non credo di doverti spiegazioni”.

Kydoimos, in piedi accanto al suo signore che sedeva sul trono nero, sorrise. Era evidente che i problemi alla gamba ed agli occhi, che aveva mostrato al grande tempio, non erano presenti nella diversa atmosfera della casa nera, anche se l’occhio destro rimaneva cieco. I lunghissimi capelli neri li teneva raccolti, per evitare che toccassero terra. Ma anche così gli arrivavano alle caviglie. Fra essi, punte di luce oro venivano creati da fili sottili e gioielli che li adornavano.  La sua veste aveva strascico e maniche lunghissime, era nera decorata a ricci e motivi oro. Il viso, truccato e decorato con gioielli, non incuteva tanto timore come al grande tempio. Caos sfiorò la mano del suo nuovo figlio adottivo e Kydoimos si inginocchiò, poggiandosi con il viso ed il braccio sulla gamba del suo padrone. Caos iniziò ad accarezzargli i capelli.

“Siamo lieti che siate venuti a trovarci” riprese a parlare il dio oscuro.

“Avete una casa decisamente pittoresca” sorrise Saga.

“Come avete potuto notare, ho fatto aggiungere delle candele, in modo che vi sentiate un po’ più a vostro agio. E per permettere ai vostri cavalieri di non inciampare ad ogni passo nel buio totale”.

“Vi ringrazio”.

“Sono davvero soddisfatto di questa nuova amicizia. I bambini tornano a casa dopo essere stati al grande tempio ogni volta pieni di entusiasmo e gioia. Parlano di voi, abitanti di quel luogo, ed imparano cose nuove. La reputo un’ottima cosa. E voi?”.

“Io pure sono soddisfatto” rispose Saga “Questa alleanza, nonché amicizia, pone le basi per un futuro senza guerra”.

“Bene. Direi che è un bene” sorrise Caos, sempre accarezzando i capelli di Kydoimos “E Voi, signor Ahriman? Mio caro nipote Urano? Che ne pensi di tutto questo?”.

“Non capisco ancora a che gioco stai giocando” ammise il Dio del cielo.

“Perché devi sempre pensare che quel che faccio sia legato a qualcosa di oscuro?”.

“Perché sei il Caos”.

“E tu sei quello che bistrattava la mia bambina Gaia, fino a quando Crono non ti ha allegramente reso asessuato. Ricordi? È stato ai tempi del mito, ma è successo”.

“Sono un diverso tipo di Urano. Nuovo corpo e nuova anima”.

“Sei comunque Urano”.

“Ma senza la sua Gaia”.

Scese per qualche istante il silenzio. Poi il Caos riprese a sorridere. Non era il caso di pensare a cose deprimenti. La cena attendeva tutti loro e se ne sentiva già il profumo.

 

“A tavola” chiamò una voce. i bambini corsero verso la grande sala da pranzo.

“Mamma!” domandò una bimba, in braccio “Perché loro hanno la pelle rosa e noi grigia?”

“E per via del nostro sangue” spiegò la madre “Noi lo abbiamo nero e rende la nostra pelle grigia. Loro lo hanno rosso e quindi sono rosa”.

“E perché?”.

“Perché noi solo così possiamo vivere in questo mondo buio. Gli Dei poi, se lo noti, hanno riflessi blu per via dell’ikor che scorre nelle loro vene”.

“Ikor?”.

“Il sangue divino. Ha un immenso potere. Chi ne viene a contatto o ne beve, guarisce e si rinforza”.

“E anche Caos ha quell’ikor?”.

“Sì. Ed il suo è il più forte di tutti”.

 

Kydoimos entrò nella sala e i bambini lo salutarono con abbracci e gridolini.

“State buoni!” li rimproverò velatamente.

“Sì, papà” risposero in coro.

Deathmask deglutì. Erano tutti figli suoi? Lo fissò con sguardo misto di ammirazione e paura. Lo spaventava solo l’idea di avere tutti quei marmocchi al seguito!

Pian piano, tutti gli abitanti della casa stavano raggiungendo la sala e prendendo posto. Il cavaliere del cancro si guardò attorno. Dov’era sua moglie?

 

“Sorella” chiamò Ahriman, vedendola.

Ariadne stava seguendo i bambini alla grande sala da pranzo ma, vedendo il fratello, fece loro segno di andare da soli. Li avrebbe raggiunti in seguito. Sorrise, mentre Ahriman le si avvicinava. Con il solito alone azzurro che lo circondava, scosse lievemente le ali, perdendo qualche piuma.

“Fratello” rispose lei.

“Sei sempre bellissima” commentò lui, ammirandola nel nuovo vestito indossato per l’occasione.

“Grazie”.

“Come stai?”.

“Bene, direi”.

“Sicura? Non ti annoi in quel mondo di mortali?”.

“Sicurissima. Ho la mia famiglia”.

“Io sono la tua famiglia”.

“Anche mio marito e mio figlio lo sono”.

“Il piccolo Arles, che porta il nome di nostro padre, cresce forte. Avverto in lui un potere molto marcato”.

“Scorre in lui sangue divino, dopotutto”.

“E anche in te”.

Ahriman passò un dito sulla collana che la sorella indossava. L’avevano identica, dono della madre quando li aveva separati. Il pendente brillò e lui scese con la mano, sfiorando i seni di Ariadne, che aprì la bocca per lamentarsi . Ma poi non parlò, e lui si avvicinò di più. Le accarezzò il viso, mentre l’altra mano abbandonava il seno e scendeva, lentamente. Con la bocca le si accostò, quasi baciandola.

“Ahriman” gemette, sussurrando lei “Ti prego, basta”.

“Non lottare contro la tua volontà” rispose lui, stingendola a sé.

“Tutto questo è il tuo potere divino. Io, di livello inferiore al tuo, non posso che soccombere al tuo desiderio. Ma non è ciò che voglio. Io amo mio marito”.

“Come puoi saperlo?”.

“Lo so e basta. Lasciami andare”.

“Dimmi che cosa provi ora? Cosa provi ora che mi hai accanto?”.

“Un ardente e irrazionale desiderio di essere tua. Ma non è la realtà. È la tua magia. Lasciami…”.

Ariadne sentiva la sua volontà venire meno ma il fratello la lasciò andare.

“Io ti desidero, sorella” mormorò Ahriman “Per davvero. Ma tu ami quel mortale ed io non proverei alcun piacere a giacere con te usando il mio potere”.

Senza aggiungere altro, voltò le spalle ad Ariadne e se ne andò. Lei lo vide dirigersi verso la sala da pranzo. Rimase ferma qualche istante, ancora frastornata ed ansimante.

 

“Sorellina!” chiamò Nàgiri, lungo il corridoio.

La vide accanto al Dio del Cielo. Era piccola, non aveva più di tre anni. Sorrise ad Ahriman e lo salutò con la manina. Il Dio sorrise a sua volta e le accarezzò la testa. Nàgiri strizzò gli occhi. Aveva visto qualcosa di strano. Come un’ombra che, dalla mano di Ahriman, era divenuta parte della sorellina. Ma forse si era sbagliato. Era tempo per tutti di mangiare. L’ora era tarda.

   
 
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