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Autore: _DreamPearl_    01/03/2015    1 recensioni
Il tempo sembrava aver sgretolato i cuori dei due giovani.
Li aveva allontanati dai sogni, da se stessi.
Forse avevano dimenticato.
O forse no.
Vittime impotenti di una vendetta, burattini di un sogno.
Si ritroveranno, perché in realtà non sono mai stati distanti.
Non si sono mai persi veramente.
"E le lacrime scivolarono, calde, sul volto di Ash, e giunsero dove la bocca, tremante, sussurrava quel nome..."
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Lucinda, Team Rocket
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Manga
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Un silenzio assordante avvolgeva il calore di quello sguardo. Le lacrime scendevano lente, sui volti dei due ragazzi, gli occhi tremavano nel guardarsi ancora.

“...vi...darò il pokemon...” sussurrò Ash, senza staccare lo sgardo da lei

“Ash no...” pianse Lucinda, ma James strinse la presa del coltellino sul collo morbido. “Credo di non avere capito bene...ripeti.” disse rivolto al corvino.

“Vi darò il pokemon.” affermò, fissando Jessie, immobile. Tirò fuori una pokeball, lucidissima, e si avvicinò per porgergliela. “Ah no, prima vogliamo vedere se c'è davvero”. Diffidenti.

Dalla pokeball lanciata uscì Pikachu. Gaurdò il suo allenatore.

Non doveva dirgli niente, lui sapeva.

Il piccolo topo giallo gli fece un cenno, e l'allenatore lo fece rientrare nella pokeball. La guardò, prese qualcosa dalla borsa, poi si avvicinò al trio.

“Daccela, e lasceremo la mocciosa.” Jessie tese una mano, e poco dopo si vide la sfera splendente proprio davanti a sè. La strinse e se la mise in una borsa: “Sapevo che ci saremmo capiti.” concluse rigida, nascondendo un sorriso. James allentò la presa, e sbattè la ragazza duramente al suolo, poi si avvicinò alla donna, mentre Meowth già aveva preparato la navetta per fuggire. Li guardò allontanarsi piano, salire a bordo, poi rivolgere lo sguardo verso di lui. Verso il dolore che si lasciavano dietro. Ash li fissava immobile.

Per un piccolo istante rivide quel simpatico trio, che anni prima lo seguiva ovunque lui andasse inventando macchine stranissime, tuttavia innocue, per cercare di catturare il suo Pikachu, con i loro balletti e il loro orgoglio sempre positivo, anche quando venivano catapultati lontano da un fulmine del pokemon. E ora questo.

La navetta si alzò da terra, sollevando una densa nube di sabbia, e silenziosa come era arrivata, se ne andò. Il sole già annegava nell'oceano color miele, e il fragore delle onde si fece più attenuato.

Il corvino si avvicinò tremante alla ragazza distesa. “Lucinda...Lucinda mi dispiace...non doveva andare così..” piangeva

...é tutta colpa mia.” l'abbracciò, ma lei non si mosse. Le prese delicatamente il volto. Era sudato e freddo, rovinato da graffi e lacrime. Aveva gli occhi chiusi. “Lucinda...?” Silenzio. Fu lui a sudare. Preoccupato e con la mente confusa, cercò si slegarla, ma le corde erano troppo strette. Poi sentì dei passi avvicinarsi frettolosi.

 

 

Ash! Eccoti finalmente! Eravamo così proccupati...” Serena, Lem, e Clem arrivarono affannati. “Ti abbiamo cercato ovunque, magari ti eri perso o avevi trovato una scorciatoia per la città e...aspetta, hai pianto? Cosa...cosa è successo?” Serena lo guardò stranita, poi notò la ragazza legata che il corvino aveva in braccio. “Ora non c'è tempo. Dobbiamo portarla in un centro pokemon al più presto.” Furono le sue uniche parole. Gli amici compresero la serieà della situazione e aiutarono Ash a slegare la blu, con fatica e qualche aiuto dai loro pokemon. Poi iniziarono a correre, nonostante la stanchezza, sul sentiero per la città, mentre il corvino teneva stretto tra le braccia Lucinda...

 

 

Il Centro Pokemon era piuttosto affollato quella sera. Quando arrivarono, furono sorpresi da quella confusione, ma Ash si fece spazio tra gli allenatori, tra gomitate e spinte, arrivando affannato davanti all'infermiera Joy. La ragazza dai capelli rosa confetto notò subito che il corvino teneva fra le braccia qualcuno ferito, e allarmata avvisò i suoi pokemon di continuare da soli ad aiutare gli altri allenatori. “Presto,” esclamò frettolosa portando una barella “mettila qui!”. Ash appoggiò delicatamente il corpo immobile. “Non preoccupatevi, ora ci penso io!” e la vide scomparire di corsa dietro alle porte dell'infermeria. Fece per seguirla, ma una mano lo fermò per il braccio. “Non puoi andare, è accesso limitato” disse Lem, indicando un cartello lì appeso,“E' in buone mani, Ash”.

Rimasero nella sala del Centro Pokemon circa un'ora, mentre lo videro svuotarsi a poco a poco. Serena, Lem e Clem erano seduti sui divanetti turchesi, mentre il corvino ciondolava nervoso per tutto l'atrio, stringendo i pugni. Naturalmente, gli amici cercarono di farsi spiegare la situazione, ma Ash spiccicò solo poche parole riassuntive a riguardo. Serena chiese anche chi fosse la giovane, ma lui fece silenzio. Poi, ad un tratto, Clem esclamò: “Ma...ma davvero tu hai dato via... Pikachu?” aveva gli occhi pieni di lacrime, e il cuore colmo di dubbi, come tutti gli altri. Ash si fermò, continuando a guardare in basso, mentre loro fissavano la sua figura tremante.

“No...ovvio che no.” riuscì appena ad affermare, che le porte dell'infermeria si aprirono e comparve l'infermiera Joy, con aria stanca e debole. Ash si catapultò davanti a lei, e con fare serio, domandò: “Come sta?”

Gli altri comparirono dietro di lui. La rosa-confetto lo guardò, ne colse l'ansia negli occhi e la paura nella voce.

Forse è meglio se ci sediamo. Faceva paura.

Si sistemarono sui divanetti e aspettarono che lei parlasse.

“E' molto debole,” così iniziò, tenendo gli occhi su quelli di lui, sussurrando quasi, come se avesse paura di ciò che avrebbe dovuto dirgli, “riporta numerosi lividi e ferite, e respira faticosamente. Ha subito forti colpi rispetto al normale grado di sopportazione, troppi forti colpi...” si fermò un attimo. Il corvino non alzava lo sguardo. Nessuno osava parlare. Quella frase lasciava una tenda di tensione nell'aria, così stretta addosso, che la paura stessa soffocava le sue grida... “E' in coma.”

 

 

Di quello che accadde fuori dopo, Ash non sentì più nulla. Un dolore graffiante gli lacerò lo stomaco, la testa ed il cuore. Riuscì solo a dar forza alle sue gambe perchè lo portassero il più lontano possibile da quel posto. Uscì e sparì nell'oscurità della notte. Serena e Lem si alzarono per seguirlo, ma le parole dell'infermiera rallentarono e fermarono la loro corsa: “Forse ha bisogno di stare da solo...per pensare...per piangere.” Tornarono indietro. “Possiamo...vederla?” domandò poi Lem alla giovane infermiera.

“Ma certo, appena avrò finito di sistemare gli ultimi macchiari e l'avrò pulita per bene”. Sforzò un sorriso. Di risposta ebbe un cenno, poi gli amici, sfiniti, aspettarono un po' seduti, bevendo delle tazze di thè offerto loro dai pokemon dell'infermiera Joy, finchè ella non li chiamò.

Stava dietro il vetro di una piccola stanzatta grigia, dal suo pallido corpo partivano tubicini bianchi collegati a grandi macchine attorno al letto, il viso era stanco, incorniciato dal mare di capelli morbidi. I tre restarono a fissarla, cogliendone tutta la sua purezza. *E' graziosa...* si ritrovò a pensare Serena. La bruna stava iniziando a capire che quella ragazza non era una semplice amica per Ash, e ciò la spaventava più di tutto. Non avrebbe mai permesso che qualcuna le rubasse il suo Ash. *Devo reagire ora, non posso più aspettare, o lo vedrò sfuggirmi sotto agli occhi* pensò decisa, e mentì dicendo agli altri che era stanca e voleva andare a letto, mentre si infilò in una porta d'uscita secondaria e corse alla ricerca del suo amato.

 

 

“Fratellone, ma cosa vuol dire essere in coma?” Clem aveva gli occhi pieni di lacrime per il dolore che vedeva, ma non capiva, e stringeva la mano del fratello, che di riposta le sussurrò, commosso: “Vuol dire dormire per tanto tempo, senza mangiare e senza bere, mentre dei grossi robot si prendono cura di te” cercò di spiegare nel modo più semplice e infantile che conosceva.

“E non puoi vedere?”

“No”

“E ridere?”

“No”

“E neanche parlare? E sentire?”

“Si, puoi” pensò e sorrise Lem

“E come?” domandò la piccola, sorpresa

“Con il cuore.”

 

 

 

C'era vento quella notte. Lui stava in piedi tra l'erba oscillante, i pugni chiusi, lo sguardo basso. Gli veniva da piangere, ma non ci riusciva. Provava solo un'amara stanchezza, una nausea triste: quando ti senti giù, che più a terra non potresti.

“E' tutta colpa mia...perdonami...” gridava il suo cuore e piangeva la sua bocca.

“No, non è colpa tua” sopraggiunse una voce dolce

Il corvino si girò. Serena l'aveva raggiunto, e si avvicinava accennando un sorriso.

“Si invece...se solo li avessi fermati...”

“Ash, tu l'hai salvata.”

“...l'hai sentita, l'infermiera , no? Troppi colpi. la voce gli si mozzò.

“E' normale trovarsi in difficoltà davanti a una situazione difficile, quando si devono fare delle scel..”

“...me ne stavo fermo, invece, incapace di agire...mentre lei soffriva davanti ai miei occhi... ma perchè non li ho fermati subito?...avrei fatto come dicevano...ora lei starebbe bene...è tutta colpa mia, è stato tutto un errore...” continuava a sussurrare lui, odiando sè stesso.

Salvare la vita ad un' amica non mi sembra un errore.” constatò Serena, appoggiandogli una mano sulla spalla. Aveva paura di ciò che era uscito dalla sua bocca... “amica”. Con tutto il cuore sperò che Ash non la correggesse. E non lo fece.

Si limitò a guardare il cielo, poi domandò: “Quanto tempo ci vorrà prima che esca dal coma?”

“E' una ragazza forte o fragile?” domandò la bruna

“Forte, incredibilmente.” disse Ash, senza pensarci un attimo

“Allora non molto... ma non so quanto...potrebbero essere giorni, o settimane, forse qualche mese...” rispose lei

Ci fu un attimo di silenzio. Si erano intanto seduti su un tronco d'albero, Ash guardava la notte del cielo, Serena guardava lui.

“Mh...alla Lega non manca molto...non farò in tempo” disse il corvino. Serena rimase attonita da quell'affermazione.

“Aspetta, non credo di capire...stai dicendo...stai dicendo che vuoi abbandonare il tuo viaggio?” le parole tremavano, come il suo cuore.

“Serena, lei ha bisogno di me.”

Era serio mentre lo diceva, ma si poteva cogliere una nota di tristezza nella sua voce. Si alzò, fece qualche passo per tornare al Centro Pokemon ma...

“Bhe anche io ho bisogno di te!” fu un grido lanciato alla notte, che lo fece fermare e voltarsi, “...e anche Lem e la piccola Clem, e tutti i tuoi Pokemon...non puoi rinunciare al tuo sogno! Ti sembra giusto? E tutto il percorso insieme, tutte le fatiche...ti pare giusto rinunciare a te stesso, Ash Ketchum, per un errore?!”

Le brillavano gli occhi mentre gridava, l'azzurro fine era velato di lacrime a stento trattenute. Lui la guardava, colpito. *Forse hai ragione...* pensava serio.

Passarono attimi di silenzio.

No...non rinuncerò a quello che sono, né a quello che voglio diventare. Non dirò addio ai miei amici, né tantomeno ai miei Pokemon...è la cosa più giusta, hai ragione tu Serena” constatò deciso. Poi rise nel cuore *Anche perchè Lucinda non me lo permetterebbe mai...*

Non si accorse, mentre pensava ciò, che la bruna gli si stava avvicinando rossa in volto, con le gambe tremanti tanto quanto il cuore al pensiero di ciò che stava per fare, e un attimo dopo, se la trovò tra le braccia.

Teneva il volto rivolto verso il basso, e stringeva la vita di lui verso di sé. Aveva vergogna, tanta, ma stava così bene tra le braccia di Ash, il quale, dopo un attimo di confusione, appoggiò incerto le mani sulla schiena di Serena.

“Ash, promettimi una cosa...” parlò lei senza scostarsi

“Dimmi” il corvino non sapeva bene come comportarsi in quel momento, ma pensò che potesse essere una cosa seria, visto il gesto della ragazza.

“Tu ci sarai sempre, vero?”

“Ma certo, che domande sono?”

“Non mi lasciare, ti prego.”

Lo strinse più forte.

“Non lascio mai gli amici...” cercò di sorriderle

...non più.” sussurrò appena, triste, senza che lei potesse sentirlo

“E' una promessa?”

“Certo.”

“Posso fidarmi, Ash Ketchum?” disse sciogliendo quello strano abbraccio, e guardandolo negli occhi.

“Mantengo sempre le promesse.” sorrise il corvino di risposta.

 

 

“Ma ora è meglio se torniamo al Centro Pokemon, che ne dici? Sto morendo di stanchezza...” concluse lui, e dopo un cenno di approvazione di Serena, i due ripercorsero il sentiero che li avrebbe riportati lì.

Dove c'era Lucinda.

Anche a lei era stata fatta una promessa.

La teneva ancora tra le membra del suo cuore stanco, dopo tutti quegli anni.

Ma non l'avrebbe mai dimenticata.

   
 
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