Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: SagaFrirry    01/03/2015    1 recensioni
Seguito di un'altra storia pubblicata in precedenza (Risveglio). Sono passati degli anni e molte cose sono cambiate al santuario. Questa volta i cavalieri si ritroveranno faccia a faccia con l'origine di ogni cosa: il Caos. come si rapporteranno con la sua progenie? e quante volte può morire un cavaliere?
chiedo perdono per i risvolti deprimenti. io sono una persona fondamentalmente depressa ;)
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cancer DeathMask, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Thanatos, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Risveglio'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

XIII

 

MORTALE

 

Appeso a testa in giù, come era solito dormire, Erebo notò il fratello adottivo passare lungo il corridoio deserto. Lo seguì con lo sguardo e vide che stava lasciando il palazzo. Lo trovò strano, ma poi si disse che Kydoimos aveva un’età tale da fare quel che preferiva. Anche Nàgiri lasciava spesso quella casa la sera e rientrava molto tardi. Ma, convenne, non sono affari miei.

Kydoimos, col viso in buona parte coperto da stoffa nera, camminava nel buio. Sapeva che il suo tempo era ristretto, perché la maledizione non gli consentiva di stare lontano da palazzo molto a lungo, quindi affrettò il passo lungo quelle strade dimenticate. Tutt’attorno, macerie e rovine. Che tristezza. Una statua armata di tutto punto fissava, con occhi vuoti, l’orizzonte. La vegetazione l’aveva in parte avvolta. L’uomo si aspettava di incontrare qualcuno ma non percepiva alcuna presenza. Entrò al tempio scuro, con tutte quelle venature color del sangue, con sicurezza. Ed ecco, la vide. La spada di Ares. Bella, imponente, con riflessi vivi rosso cupo sulla superficie nera. Il suo scintillio illuminava a tratti la stanza dove era custodita. Saldamente incastonata nella pietra, fra le colonne, pareva incustodita. Kydoimos proseguì ma, come aveva previsto, qualcuno lo fermò. Due minacciosi occhi scarlatti si mostrarono nel nero.

“Hai fatto un grosso errore a venire qui, mortale” ringhiò una voce, profonda e minacciosa.

 

“Ragazzi, siete presentabili?” domandò Deathmask, cercando il figlio.

Arles II e Tania risero e lo rassicurarono. Erano stesi sul pavimento, fra le teste della quarta casa, concentrati su un gioco da tavolo.

“Cosa c’è, papà?” domandò il ragazzo.

“Niente. Volevo solo avvisare che vado a farmi un giro”.

“Vai pure. Se c’è qualcosa, ti mando un messaggino sul cellulare”.

“Quel trabiccolo infernale non me lo porto di certo dietro!”.

“Come vuoi. A dopo”.

Deathmask sospirò. Uscì dalla quarta casa con aria malinconica. Il tempo è impietoso, pensò. Sua moglie Ariadne se ne stava alla casa dei gemelli, ridendo in compagnia di suo nonno Apollo e la prozia Artemide.

“Cos’è quella faccia imbronciata?” parlò una voce e Deathmask sobbalzò, non aspettandosela.

Alzò gli occhi e vide Thanatos. Si accigliò.

“Ma tu…” sbottò “…non hai niente di meglio da fare? Te ne stai sempre a ronzare da queste parti!”.

“Ti do fastidio?”.

“No, mi inquieti”.

Il Dio sorrise. Fluttuava a mezz’aria, avvolto da una lieve luce argentea.

“Che cosa vuoi?” riprese Deathmask “Sei sempre qui. Che cosa cerchi?”.

“Niente di particolare”.

“Cazzate. Spii Tania!”.

“Ho le mie ragioni”.

“Certo, è figa. Ma tu sei vecchio”.

“E tu peggio di me”.

“Solo d’aspetto”.

Il passato cavaliere del cancro storse il naso. Era già complessato, senza che quel Dio mettesse costantemente il dito nella piaga.

“Cosa c’è che non va, Deathmask?”.

“Gli anni passano, ecco cosa c’è che non va. Sto invecchiando. Guardami! I miei capelli stanno diventando bianchi, sul viso ho le rughe, mi sta crescendo la pancia…”.

“Sei un mortale, è il cerchio della vita”.

“Bella merda! Io invecchio, mia moglie e mio figlio no. È frustrante”.

“Loro hanno sangue divino”.

“Lo so bene”.

“Era una cosa che dovevi prevedere”.

“L’ho previsto ma che dovevo fare? Io amo Ariadne, farei qualsiasi cosa per starle accanto e non rinsecchire come una foglia d’autunno”.

“Non comprendo voi mortali che non accettate la morte. Nascete con la fine già scritta, è inutile remarvi contro. Eppure lo fate sempre. Come se la vita eterna fosse bella”.

“Io voglio stare accanto alla donna che amo, invece so che dovrò morire, vecchio e sfigurato, mentre lei sarà bella e giovane per sempre. E di certo avrà un altro uomo dopo di me”.

“Pensa l’ironia: io sono così stanco di ammazzare gente e di farmi odiare, che farei volentieri a cambio con te, essere dalla vita effimera”.

“Dici sul serio?”.

I due si fissarono in silenzio. Kayros, che Dio dalla mente complicata!

 

“Phobos!” esclamò Kydoimos, riconoscendone la voce.

“Bravo, sai il mio nome. Ora vattene dal palazzo del mio signore, prima che ti uccida brutalmente”.

“Non ho intenzione di combattere”.

“Che peccato, perché io ne ho davvero tanta voglia!”.

Gli occhi rossi di Phobos scintillarono, scatenando il loro potere. Kydoimos però non provava terrore nel guardarli,anche se fu colto di sorpresa dall’improvviso attacco del gran sacerdote di Ares. Saltò, per schivarne i colpi.

“Fermo!” provò a dire.

Il generale non ascoltò, pronto a difendere l’armatura contenuta nella spada del suo signore a tutti i costi.

“Fermo!” tuonò una voce ben più profonda di quella di Kydoimos.

Phobos obbedì, sobbalzando per la sorpresa. Alle spalle della grande spada di Ares, era apparsa l’essenza del Dio, color del fuoco.

“Mio signore” si inginocchiò il suo sottoposto “Stavo difendendo la Vostra spada da questo intruso”.

“Non è un intruso” sorrise Ares.

Kydoimos si fece avanti, fissando Ares con un mezzo sorriso.

“Ciao, θανασιμος” (thanassimos: mortale) salutò Ares.

“Ciao, Dio”.

“Come stai, mio vecchio involucro?”.

“Non mi posso lamentare. Sono passato a salutare. Credevo di trovarti già rinato”.

“Eh, no. A quanto pare il tuo corpo era troppo perfetto. Non ne trovo un altro uguale”.

“Mi sento lusingato”.

“E fai bene. Ma cosa ti porta qui realmente?”.

Phobos, ascoltando la conversazione, comprese quel che stava accadendo e si alzò in piedi, forse in attesa di ordini. Anche altri guerrieri di Ares fecero lo stesso, pur non capendo bene quel che stava accadendo.

“Sono qui per chiederti un favore” ammise Kydoimos “Mi servirebbe la tua spada”.

“La nostra spada? E per farne cosa?”.

“Ha così tanta importanza?”.

“La spada appartiene a me. Se fai qualcosa che non mi aggrada, lei si ribella”.

“Lo so bene”.

“Inoltre ricordati che la spada contiene la mia armatura”.

“So bene anche quello, ho contenuto il tuo animo per anni. Non farò nulla di non gradito”.

“Che farai?”.

“Libererò Gaia”.

“E perché?”.

Ares era perplesso. Non avevano forse combattuto a lungo per sigillarla?

“Fidati di me. Ho in mente qualcosa ma…”.

“Mortale, io ti conosco molto bene. Questo mi permette di dire che sei del tutto folle. Ma non sei uno stupido, tutt’altro, perciò mi fido”.

“Ti ringrazio”.

“Però ricordati che quell’arma è libera di tornare qui in qualsiasi momento, nel caso impazzissi e ti mettessi a fare cazzate”.

“Lo ricorderò. Ora, scusami, ma devo andare. Ho tempi stretti con questa maledizione”.

“Ah, già. Sei figlio del Caos ora. Avremo altre occasioni per parlare, e magari anche per combattere un po’. Che ne dici?”.

“Mi piacerebbe. Userò questa spada come è degna di essere usata”.

“E ci mancherebbe altro! Ora và, avremo modo di perdere tempo in un altro momento”.

 

“Ma la fregatura dove sta?” chiese Deathmask.

“Fregatura?” alzò un sopracciglio Thanatos.

“Certo. Se mi dai ciò che desidero, la fregatura dove sta? Dev’esserci la fregatura”.

“La morte non è mai una bella faccenda. Ma se riesci ad accettare questo, non vedo niente di particolarmente problematico. Ho solo una questione in sospeso”.

“Una questione in sospeso?”.

“Sì. Se mi assicuri di risolverla, allora il nostro patto è valido”.

“Di che si tratta?”.

“Dell’anima di colui che voi chiamate Arles”.

“Arles?!”.

“Sì, lo ricordi?”.

“Certo che sì. Cos’ha la sua anima?”.

“È giunta incompleta nell’oltretomba. E non ho potuto farla riposare in pace. Ormai non è che un’ombra, credo stia perdendo i ricordi di ciò che è stata la sua vita. Però io so dove si trova la parte mancante”.

“Come Dio della morte, non puoi farla tornare intera?”.

“Come Dio della morte, sì. Però ora Hades ha dato ordine di eliminare quell’anima e mi tiene d’occhio. Se mi aggirassi da quelle parti, attirerei di certo l’attenzione”.

“Ma un Dio della morte può riparare questo danno?”.

“Certo”.

“Tieni così tanto a quell’anima, da rinunciare al tuo potere per permettere a me di salvarla?”.

“Non solo per questo, ovviamente”.

“Per che cosa?”.

“Io giro per questo mondo da millenni, mortale. Ho visto l’alba del genere umano, ho tenuto per mano divinità bambine che ora sono fra le più potenti e antiche, ho ucciso creature illustri e risparmiato carogne disgustose che meritavano la putrefazione istantanea. Mi sono divertito, non nego di averlo fatto. Mi è piaciuto ciò che sono stato ed ho passato tanti momenti di puro godimento nel togliere la vita. Ma ora sono stanco. È giunto per me il momento di cambiare”.

“E credi davvero che io…”.

“Tu sei un uomo cresciuto in mezzo ai morti. Non hai timore alcuno dell’oltretomba e, per quanto tu lo neghi, ti diletta uccidere”.

“Mai negato”.

“Quindi direi che non potrei trovare uomo più perfetto per questo ruolo”.

“E tu che fine farai?”.

“Invecchierò e morirò come ogni uomo sulla terra. E sarai tu a venirmi a prendere”.

“Sarà strano”.

“Forse all’inizio. Ma pensa alle opportunità, Deathmask. La vita accanto a tua moglie, giovane e con il potere che hai sempre sognato”.

Deathmask rimase in silenzio qualche istante. Era vero quel che Thanatos diceva. Il potere lo aveva sempre desiderato ed ammirato, ed il potere di uccidere era di certo notevole. Divenire un Dio e rimanere accanto alla sua donna per sempre, fino alla fine dei giorni, era un sogno. Suo figlio, avendo ereditato il sangue della madre, lo avrebbe accompagnato senza vederlo mai invecchiare. Thanatos lo guardava in silenzio, con aria malinconica, quasi di supplica. Essere un Dio depresso doveva essere una gran scocciatura.

 

Com’era faticoso volare al di fuori del palazzo nero! La parte un tempo appartenuta ad Arles non era facile da coordinare. Kydoimos fluttuò lungo la verde cupola del palazzo di Gaia. Con la pesante spada di Ares stretta nella mano destra, salì fino a raggiungere una piccola apertura da cui entrò. La grande sala circolare era buia e polverosa. Si aspettava un qualche tipo di sorveglianza ma non ne trovò. Si guardò attorno. In quale oggetto era sigillata la Dea? Pensò in una delle statue di Gaia che lo circondavano ed iniziò a decapitarle con la spada, senza trovare nulla. Spazientito, non si accorse che l’immenso quadro alle sue spalle lo seguiva con gli occhi.

“Cerchi forse qualcosa?” sibilò una voce, familiare.

Kydoimos si voltò e vide lei, sull’uscio verde e oro della sala. Bellissima, armata di tutto punto, con la cascata di capelli ricci e ramati che le copriva parte del viso. Rimase qualche istante a fissarla.

“Ciao, Ninive” la salutò, poi.

“Ci conosciamo?” disse lei.

“Da molto tempo”.

Ninive non capì. Del resto, dei tratti somatici di Arles era rimasto ben poco. La donna, vedendo in quell’essere nero solo un nemico, puntò la sua lancia.

“Sono a difesa dell’anima di Gaia” spiegò “Per impedire a quelli come te di liberarla”.

“Pensavo fossi una vestale, figlia di Apollo”.

“Lo sono ancora. E il mio ruolo è questo”.

Scattò, tentando di attaccare Kydoimos. L’uomo schivò, non avendo alcuna intenzione di combatterla. Il tempo scorreva rapido, non poteva temporeggiare ancora. Forse poteva tramortirla, con un colpo soltanto. Le immobilizzò i polsi, pronto a farle perdere i sensi usando il ginocchio. La guardò negli occhi e lei spalancò i sui. Non poteva crederci.

“Arles” mormorò.

Lui non la colpì, ma la tenne ferma strettamente.

“Riconoscerei il tuo cosmo fra miliardi” continuò lei “Ma com’è possibile? Tu…tu sei morto!”.

“La storia è piuttosto lunga e complicata”.

“Tu sei sempre stato complicato. Puoi lasciarmi i polsi?”.

“Solo se la smetti di combattere. Lo sai che non puoi vincermi”.

Ninive rimase in silenzio. Era vero. Sapeva di non poter battere Arles. Però il suo compito era sorvegliare l’anima di Gaia e non poteva arrendersi. Tentò di ribellarsi, con non molta convinzione. Lui non la lasciò andare e lei riprese a fissarlo.

“Lasciami” disse lei, lentamente.

“Non combattere. Non voglio farti del male”.

“Io ho un compito. Perché vuoi liberare l’anima di Gaia? Tante persone sono morte a causa sua”.

“La mia visione è diversa dalla tua, mi dispiace”.

“E allora spiegamela”.

“Non lo posso fare”.

“E allora io non posso concederti di liberare Gaia”.

“E come credi di fermarmi?”.

“Non lo so, ma troverò un modo”.

Ninive concentrò la sua energia sulle mani, nel tentativo di liberarsi i polsi. Kydoimos resistette.

“Dimmi come puoi essere in vita” riprese lei.

Lui non rispose. Lei non sapeva che cosa fare. Non poteva arrendersi. Guardò con odio in viso quell’uomo e poi mutò espressione. Una lacrima d’un tratto apparve e rigò la guancia destra della figlia di Apollo. Quante volte si era sentita dire che Arles era molto per colpa sua, perché gli aveva sottratto tutta la voglia di vivere!  Lei non aveva mai potuto crederlo ed ora lui era lì. Allungò il collo e gli diede un piccolo bacio, solo sfiorando le labbra nere come le tenebre. Kydoimos, non aspettandosi questo, non reagì. Lasciò andare le braccia di Ninive, che lo abbracciò.

“Mi sei mancato” parlò lei.

“Non è vero” rispose Kydoimos.

Che strana sensazione dava quell’abbraccio. Sapeva che quella donna non provava amore alcuno dei suoi confronti e lui credeva ormai di poter superare quel legame passato. Si sbagliava, perché la strinse a sé e non riuscì a pensare ad altro. Fu lui a baciarla stavolta, ma con ben più passione rispetto al contatto pressoché sfiorato di lei. Lei ricambiò quel bacio e si lasciò avvolgere.

“Perché?” chiese a se stessa “Perché, per quanto mi sforzi di allontanarmi da quest’uomo, finisco con il ritrovarmi fra le sue braccia? Perché ne sono così irrimediabilmente attratta?”.

E lui si chiedeva come mai si lasciasse sempre irretire da quella femmina, che giocava con il suo cuore come se fosse la pallina di un flipper. Ma bastò poco prima il suo cervello smettesse di pensare, sentendo il corpo caldo di lei premere contro il proprio. Lasciò perdere tutto. Missioni, ragionamenti, problemi…

La spogliò dell’armatura e delle armi, lasciandole solo quella veste leggera che pareva poter essere tolta da un soffio di vento. Quella non la levò. Il suo occhio sinistro brillò quando la spinse contro una delle colonne smeraldo. Ghignò soddisfatto, sollevandole l’abito. Lei rispose a quel ghigno e gridò, quando sentì lui penetrarla con forza.

“Mi sei mancato” disse ancora, stringendolo forte a sé.

Lui continuò, senza risponderle. Finirono in terra e lei piantò le unghie nella schiena di lui. Kydoimos fece altrettanto, mordendola poi con i denti a punta. Ninive gridò di nuovo.

“Mi sei mancato” gemette “Ancora, continua ancora, più forte! Questo ho sempre amato di te. Non avere indugio alcuno. Solo tu sei in grado di farmi questo. Più forte!”.

“Zitta” quasi ordinò Kydoimos, graffiandola con più violenza.

Il pavimento si tinse di rosso. Lei ribaltò gli occhi e gridò con tutto il fiato che aveva.

“Arles! Arles!” ripeteva ad oltranza, mentre i capelli ora sciolti di lui si muovevano e l’avvolgevano come in un abbraccio.

“Ninive” rispose questa volta lui, ancora e ancora.

Poi si fermò e gridò a sua volta. Ansimando, i due rimasero stretti ancora, dopo l’amplesso.

“Perché?” ansimò, stanca, lei “Perché io e te finiamo sempre per…”.

“Scopare come animali rabbiosi? Non te lo so dire”.

“Perché non dici a tutti che sei ancora in vita?”.

“Ho altri progetti in mente”.

“Manterrò il tuo segreto”.

Non parlarono più, ascoltando solo il battito dei loro cuori, cullati dai loro respiri. Poi Kydoimos si alzò di scatto. La sua veste nera lo ricoprì, nonostante il notevole spacco che si apriva non avendo più la cinta. Scosse la testa. Era rimasto troppo a lungo lontano dal palazzo nero. La maledizione lo stordiva. Doveva rientrare in fretta. Afferrò la spada di Ares, mentre un’altra presenza entrava in quel luogo.

“Cosa sta succedendo qui?” tuonò Ahriman, sbattendo la porta.

Vide sua madre in terra, nel sangue, e subito pensò al peggio. Ringhiò, vedendo il figlio del Caos.

“Tu!” lo apostrofò “Lurida merda! Come osi toccare mia madre? Te ne pentirai per averle fatto del male!”.

Kydoimos scosse ancora la testa, tentando di rimanere lucido. Maledisse se stesso per essersi concesso distrazioni non necessarie. Notò lo sguardo del quadro e capì che l’anima di Gaia doveva trovarsi lì. Scattò in fretta, affondando la spada nel petto della donna ritratta. Il dipinto brillò di luce verde e la spada ne assorbì l’essenza.

“No!” gridò Ahriman, creando una sfera di luce azzurra con la mano e scagliandola contro Kydoimos.

Il figlio del Caos fu scaraventato contro il muro e finì a terra, ma tenne stretta la spada. Ninive tentò di fermare il figlio, ma non era semplice placare la collera del Dio del cielo.

“Ti ridurrò in cenere!” continuò Ahriman, avvicinandosi al suo avversario ferito.

Saltò, aprendo le ali, ma qualcosa di nero lo ricacciò indietro. Si udì un brontolio sordo, profondo, e la terra tremò. Il Caos apparve, grosso fino al soffitto, con gli occhi rossi scintillanti di rabbia.

“Stai lontano dal mio gioiello, traditore” tuonò il Dio nero.

“Non darmi ordini!” rispose Ahriman, con la voce di Urano.

Il Caos allungò il suo lungo braccio e spinse Ahriman contro il muro. Pareva così piccolo il Dio del cielo, confrontato con quella grossa nuvola oscura! Il Caos continuò a schiacciare, intenzionato a ridurre in briciole quell’essere. Ahriman tentò di reagire. Usò il suo potere e qualche goccia di sangue scese dalla mano del suo aggressore, che però non volle lasciarlo. Si udì uno scricchiolio, qualche osso che si rompeva. Ahriman gridò di dolore.

“Fermati!” parlò Kydoimos, tornando per qualche istante lucido.

Ora stava davvero male, per colpa della maledizione.

“Fermatevi! Non uccidetelo!”.

Il Caos non comprendeva la richiesta del figlio. Aveva l’occasione di schiacciare l’odiato Urano, mosso dalla collera, eppure quel suo gioiello lo supplicava di non farlo.

“Non è colpa sua se io sto male” continuò Kydoimos “Non è causa di Ahriman. È la maledizione. Lasciatelo andare e portatemi a casa, vi prego”.

“Mi chiedi molto, Kydoimos”.

“Lo so, ma mi sento morire. Devo tornare a casa. Risparmiatelo. Lui è solo qui per proteggere l’anima della donna che ha amato”.

“Lui è la causa del nostro malessere”.

“Lui e molti altri Dèi. Uccidendoli, non la annullerai”.

Kydoimos tossì sangue.

“Padre” gemette “Vi prego, torniamo a casa. E risparmiate questo giovane, la cui unica colpa è essere l’involucro di un Dio che detestate”.

Il Caos, capendo quanto il figlio stesse male, lasciò andare Ahriman. Prese Kydoimos con un braccio, sorreggendolo come si fa con un neonato. La differenza di dimensione fra i due era pressoché la stessa. Lanciò un’ultima occhiata al Dio del cielo e poi scomparve, senza lasciare traccia.

 

Thanatos e Deathmask si fissarono ancora qualche istante. Poi colui che un tempo era cavaliere del cancro annuì. Il Dio della morte sorrise.

“Va bene, ci sto” parlò Deathmask “Affare fatto”.

“Ne sei sicuro?” rispose Thanatos “Non si può tornare indietro”.

“Sono sicuro. E tu? Sei certo di quello che fai?”.

“Sì, lo sono”.

Il Dio allungò la mano e strinse quella di Deathmask. Il mortale avvertì come una scossa lungo tutto il braccio e poi su tutto il corpo. In principio era piacevole ma poi la sensazione si fece fastidiosa. Tentò di ribellarsi. Thanatos lo tenne più forte ed entrambi caddero in terra, in ginocchio. Si osservarono, qualche minuto, in silenzio.

“Amico, ora hai le pupille” sorrise Deathmask.

“E tu non le hai più. Significa che lo scambio è avvenuto” rispose Thanatos “Ora tu sei il Dio della morte”.

“E tu un semplice mortale”.

“Impareremo entrambi ad accettare la cosa”.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: SagaFrirry