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Autore: SagaFrirry    01/03/2015    1 recensioni
Seguito di un'altra storia pubblicata in precedenza (Risveglio). Sono passati degli anni e molte cose sono cambiate al santuario. Questa volta i cavalieri si ritroveranno faccia a faccia con l'origine di ogni cosa: il Caos. come si rapporteranno con la sua progenie? e quante volte può morire un cavaliere?
chiedo perdono per i risvolti deprimenti. io sono una persona fondamentalmente depressa ;)
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cancer DeathMask, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Thanatos, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Risveglio'
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XV

 

NUOVO

 

“Quello che ci dici è molto grave” annuì Aiolos.

Ahriman aveva convocato alcuni cavalieri d’oro ed alcune divinità, per riferire il grave sospetto che aveva. E per comunicare a tutti che il sigillo di Gaia era stato spezzato. Il Dio del cielo ancora portava un braccio fasciato. Se lo accarezzava nervosamente, e intanto camminava avanti ed indietro.

“Cosa avranno in mente?” si chiese Milo “Con tutta la fatica che abbiamo fatto per sigillare quella troia!”.

“Calmati, Milo. Non serve essere volgare” lo fermò Camus.

Stavano tutti seduti attorno ad un tavolo, tranne il Dio del cielo che non stava fermo.

“La situazione però, lo dovete ammettete, è grave” convenne Shaka.

“Preoccupante” annuì Kiki, accanto a Mur “Se decidessero di attaccarci di nuovo…”

“Li rispediamo a calci da dove sono venuti” ringhiò Kanon.

“Non credo sia così facile” rispose Ahriman “Visto come gira il mondo al giorno d’oggi, il Caos si è notevolmente potenziato. L’ho provato sulla mia pelle”.

“In quel momento, figlio mio” lo interruppe Ninive “Il Caos era mosso dall’ira e dalla preoccupazione perché avevi attaccato suo figlio”.

“E credi che, se ci muovesse guerra, non lo farebbe con ira?”.

“Certo che sì. Ma non così cieca”.

“Dobbiamo prepararci al peggio”.

“Cosa suggerisci di fare?” domandò Aiolos.

Heiwa, la figlia di Saga, rimaneva in silenzio. Osservava la madre, seduta accanto ad Aiolos, e teneva il capo chino. Suo padre era morto per la pace e questi discutevano di guerra. La cosa la rattristava. Si alzò, preferendo abbandonare la conversazione e raggiungere Nàgiri, che certamente l’aspettava alle porte del tempio. Nessuno ebbe qualcosa da ridire, vedendo come ancora la perdita del genitore scuotesse l’anima di quella fanciulla.

“Se solo una divinità di guerra fosse rimasta…” si rammaricò Ioria, desideroso di proteggere chi amava.

“Ma siete tutti impazziti?” si spaventò Hestia “Non vorrete mica un altro conflitto?”.

“Abbiamo forse un’alternativa?” sbottò Hades.

Al suo fianco, Deathmask con l’armatura da Dio delle morte donava un tocco d’inquietudine nell’animo di tutti. Altri Dei presenti scossero il capo.

“Ma, scusatemi!” sorrise Aldebaran “Abbiamo il Dio della morte dalla nostra parte! Siamo a cavallo”.

“Mi permetto di dissentire” parlò Deathmask, lentamente “La morte è neutrale”.

“Dai! Non puoi essere così stronzo!” protestò Shura.

“Ma finché non ci attaccano, perché ci preoccupiamo?” chiese Arles II.

“Perché se ci attaccano e noi non siamo preparati…” sibilò Ahriman, chinandosi su quel giovane “…siamo tutti quanti fottuti!”.

“Oh, adesso smettila, Ahriman!” lo rimproverò Ninive “Sei come tuo padre. Vedi complotti e nemici ovunque. Stai rinunciando alla tua felicità per inseguire sospetti”.

“Io non ho nulla da spartire con mio padre. Io non sono un pazzo assassino”.

“Non è di certo solo questo, figlio mio”.

“Non parlare al presente di chi è morto da tempo”.

“E tu non parlare così di chi ha contribuito a farti esistere!”.

“Calmati” parlò piano Apollo, seduto accanto alla figlia.

Le sfiorò la mano, e Ninive si calmò. Molti avevano i nervi a fior di pelle e nessuno sapeva come calmare gli animi. Una soluzione, pareva non esserci.

“Io non voglio una guerra” furono le parole di Tania.

“Nessuno di noi la vuole” la rassicurò Arles II, ma non era affatto convinto di questo.

“Intensifichiamo la guardia” suggerì Aiolos “Teniamo d’occhio la situazione e teniamoci pronti”.

“Sì, stiamo all’erta” annuì Hestia.

“Prepariamoci ad ogni evenienza. Potrebbe anche avvenire un attacco da un momento ad un altro” ammise Ahriman, accarezzandosi ancora il braccio ferito.

“E se il Caos decidesse di attaccarci proprio per questo?” domandò Ninive “Se, vedendoci agire, decidesse di attaccare, sentendosi minacciato?”.

“Ma tu da che parte stai?” storse il naso il figlio e la madre lo guardò con rimprovero.

“Dalla parte di nessuno”.

“Ah sì? Quell’essere ti ha ferita e tu lo difendi”.

“Non lo difendo. Dico solo che potrebbero aver recuperato Gaia solo perché mancava loro, non per muoverci guerra. Non trovi?”.

“Tu stai delirando, donna”.

“Non usare quel tono con me, ragazzino!”.

“Tu non usare quel tono!” rispose la profonda voce di Urano “Voi stupidi non capite il pericolo che deriva dalla libertà di Gaia”.

“No, non lo capiamo. E adesso calmati”.

“Non dirmi quel che devo fare!”.

I presenti si guardarono piuttosto preoccupati. Ahriman si calmò. Respirò profondamente.

“Bene” disse “Fate quel che preferite. Non invocatemi solo quando ormai siete al capolinea”.

E, detto questo, lasciò la stanza.

 

“Tieni, anima triste” mormorò Violatte, mostrando la scatola di un puzzle all’anima incompleta, che la ignorò, girando la testa.

“Thanatos aveva detto che ti piaceva” sospirò lei.

In ogni modo, lei ed Aiaco avevano cercato un modo per far sorridere quell’anima, senza risultato.

“Sta perdendo i suoi tratti somatici” notò Aiaco “E sta dimenticando quel che è stato. Una volta che il processo sarà terminato, non potrà più ricongiungersi al lato che manca. Non potrà mai riposare in pace”.

“Quanto tempo credi che manchi?” domandò Violatte.

“Non molto. Mi chiedo se non sia giusto farla smettere di soffrire”.

“Abbiamo fatto una promessa”.

“Lo so”.

Aiaco lasciò la stanza e guardò in alto. Percepiva qualcosa.

“Violatte” chiamò “Allontanatevi, tu e l’anima”.

“Che succede?”.

“Tranquilla, è tutto sotto controllo”.

La donna si fidava di Aiaco, ciecamente. Lo guardò qualche istante, spaventata all’idea di venire di nuovo separata da lui, e poi prese l’anima per l’unica mano e la trascinò con sé.

 

Ahriman camminò da solo lungo il sentiero che conduceva al tempio. Era piuttosto nervoso ma cercava di controllarsi. Davanti a sé, d’un tratto, vide una figura vestita di chiaro. Era strano, solitamente in quei luoghi non vi era mai nessuno. Avvicinandosi, vice che era una donna, che guardava le stelle sospirando.

“Buonasera” salutò lui, non volendo spaventarla avvicinandosi ulteriormente.

La giovane si girò. Si era spaventata comunque.

“Salve” rispose lei, educatamente.

Era Neikos, che attendeva pazientemente il ritorno del fratello dalle sue fughe amorose.

“Cosa fate qui da sola?” domandò il Dio del cielo “Non è orario per passeggiate di fanciulle in solitaria”.

“Lo so. Sto aspettando mio fratello”.

“Che razza di fratello lascia da sola la sorella nel buio e al freddo?”.

“Uno a cui non importa”.

“Io non farei mai una cosa del genere a mia sorella, anche se lei non mi vuole attorno”.

Ahriman scosse le ali, involontariamente. Neikos non poté fare a meno di guardarle.

“Ti piacciono?” sorrise lui, ringalluzzito.

“Mi sono sempre piaciute. Anche quando ero piccola, le ammiravo”.

“Ci conosciamo?”.

“Sono Neikos”.

“Progenie del Caos?”.

“Esattamente”.

“Capisco”.

Neikos chiuse gli occhi. Sapeva cosa provava Ahriman nei confronti di quelli come lei e si aspettava si allontanasse, lasciandola da sola. Inaspettatamente, qualcosa di caldo l’avvolse. Il Dio si era tolto il mantello per proteggerla dal freddo e glielo aveva messo sulle spalle. Lei lo guardò, stupita.

“Scusa, me ne vado subito” si affrettò a dire Ahriman “So che quelli come te mi odiano”.

“Io…”.

“So che pensi anche tu che io abbia ucciso i tuoi fratelli”.

“Io non so nulla al riguardo. È mio fratello che dice queste cose. Per me non ha senso che lo abbiate fatto. Però, allo stesso tempo, non posso dire che siate innocente. Non lo so”.

Ahriman si stupì a quelle parole. La guardò in viso. Doveva odiarla, perché era la figlia di colui che aveva attaccato lui e sua madre. E la nipote del Caos. Ma non ci riusciva. Le sorrise. Lei si stupì. Lo fissò a sua volta. E si accorse di star sorridendo a sua volta. Quelle ali erano davvero troppo belle!

“Che succede?” si incuriosì Kiki, vedendo Milo.

Il cavaliere dello scorpione gli fece l’occhiolino, mentre con una mano indicava di fare silenzio.

“Ho beccato Ahriman”.

“Ah, hai visto dove è scappato”.

“Già. A quanto pare, anche la carne degli Dei è debole”.

 

“Sono venuto qui per ordine di Hades in persona” gracchiò Zelos.

“Che cosa c’è?” domandò Aiaco.

“Siamo in cerca di un’anima incompleta”.

“E io che c’entro?”.

“Chiedo perdono, ma mi è stato detto di controllare anche qui”.

“Fai pure, non ho nulla da nascondere”.

Il giudice era consapevole che Zelos non aveva le capacità necessarie per percepire la presenza recente di un’anima in quel luogo. Lo vide strisciare ed annusare per la casa, in cerca di indizi. A braccia incrociate, Aiaco lo osservò senza parlare.

“Ti diverte la cosa?” si sentì dire dall’inconfondibile voce di Radamante.

Si morse il labbro. “Merda” mormorò, consapevole che quell’uomo era in grado di capire la realtà.

Si voltò e vide che non era solo. Minos sorrise.

“Salve, colleghi” salutò Aiaco, tentando di tenere quei due lontani da casa sua.

“Ti unisci alla ricerca?” domandò Radamante “O sei troppo impegnato con la tua signora?” ridacchiò.

“La tua è solo invidia, vero? Pandora non pare disponibile…”.

“Chiudi la bocca!” sbottò la Viverna.

“Dai, mi unisco a voi” sorrise Aiaco “Andiamo”.

“Un momento” lo fermò Minos “Cos’è tutta questa fretta? Prima dobbiamo controllare anche casa tua. Abbiamo ordini precisi”.

“Oh, andiamo! Non è necessario! Cosa credete che nasconda?”.

“Noi obbediamo solo agli ordini. E poi sono curioso di sapere come la tua donna ha arredato la tua dimora”.

“Ma no. Non mi piace che ficchiate il naso nelle mie cose!” sbottò Aiaco.

“Hai Violatte nuda, incatenata al letto?” rise Radamante “Non ci sconvolgiamo, tranquillo”.

Aiaco cercò di trattenere i due giudici ma ormai era tardi. Era sceso uno strano silenzio.

“Porca puttana” commentò Aiaco, capendo di essere nei guai.

 

“Forse non dovrei parlarti” convenne Neikos.

“Già, forse nemmeno io” annuì Ahriman.

Si fissarono ancora qualche istante.

“E se non ti parlo, però ti accompagno in un posto, ti dispiace?” sorrise il Dio.

“Dove volete portarmi?”.

“Intanto dammi del tu. Poi, ho visto che ti piacciono le stelle. Posso portarti nel luogo dove si vedono meglio in assoluto”.

“No, devo aspettare mio fratello”.

“Ma lui ti ha lasciata sola qui”.

“Lo so. Mi ha mentito, mi ha tradita, mi ha presa in giro e pure mi tocca aspettarlo”.

“E perché?”.

“Perché mio padre non vuole che giriamo da soli. Va nel panico quando siamo lontani”.

“Ancora scottato dalla perdita che ha avuto in famiglia?”.

“Sì, suppongo di sì”.

“Ad ogni modo, capisco i tuoi sentimenti. Anche io ho una sorella con cui ho avuto dei problemi. Soprattutto con suo marito”.

“Lui mi aveva promesso di stare sempre accanto a me. Invece ora ha trovato un’altra”.

“Mi dispiace. Immagino faccia male. Ma hai un motivo in più per lasciarlo qui. E poi, ti porto solo a fare un giro. E ti riporto qui. Non ti rapisco per sempre” ammiccò Ahriman.

Neikos guardò il Dio con un certo imbarazzo. Non sapeva che cosa dire. Entrambi, dentro di sé, si stavano chiedendo se era la cosa giusta quel che facevano.

“E va bene” annuì lei “Però quando dico che è ora di rientrate…”.

“Ti riporto qui, tranquilla”.

La prese per mano e sbatté le ali. Neikos si sentì sollevare. In un primo momento ne fu spaventata ma poi lanciò un gridolino d’entusiasmo. Aveva sempre desiderato volare. Era una sensazione meravigliosa.

 

Minos e Radamante fissavano Aiaco in silenzio. Aiaco sorrise, imbarazzato.

“Cosa c’è? Vi va una birra?” tentò di sdrammatizzare.

“Aiaco” mormorò Radamante, sedendo senza invito sul divano di casa del collega “Aiaco, Aiaco, Aiaco…mi stupisco di te. Non credevo potessi giungere a tanto”.

La Viverna aveva congiunto le mani davanti al viso e fissava chi aveva di fronte come solo un giudice infernale sapeva fare.

“A quanto pare, sei stato cattivo” si aggiunse Minos.

“Ragazzi, andiamo. Non è come pensate” tentò di giustificarsi Aiaco.

“L’anima incompleta è stata qui, non puoi negarlo” si spazientì Radamante “L’anima che il sommo Hades ha dato l’ordine di eliminare! Come giustifichi questo?”.

“Non lo giustifico. È stata qui. Ma ora non c’è”.

“Che ci sia o non ci sia, non ha importanza. È stata qui e tu non l’hai eliminata, come Hades desidera”.

“Non facciamone un dramma”.

“Non dire cazzate!” si alzò di colpo Radamante, ribaltando il tavolino che aveva davanti a sé “Qui stiamo parlando di tradimento. E il tradimento sai come viene punito qui!”.

“L’anima non è qua, perciò non potete incolparmi”.

“Ma noi vediamo dentro di te” ghignò Minos “E sappiamo che sei colpevole”.

Minos prese fra le dita il viso di Aiaco, che di tutta risposta gli sputò in faccia.

“Che venga Hades a prendermi, se ci tiene tanto” commentò, mentre il grifone indietreggiava, ringhiando di fastidio e pulendosi.

“Questa è pura insubordinazione!” parlò Radamante, facendo scricchiolare le nocche “Bello. Avevo giusto bisogno di divertirmi un po’. Anche tu, Minos?”.

“Ovviamente” rispose il grifone, passandosi la lingua sulle labbra.

Il primo ad attaccare fu proprio Minos. Aiaco, conoscendo la sua tecnica, riuscì a schivare i fili del suo colpo. Saltò.

“Oh, andiamo!” commentò “Siete seri?”.

“Ti staccherò tutti gli arti!” riprese il grifone, attaccando ancora.

Questa volta, l’attacco di Minos fu accompagnato da quello della viverna e Aiaco non trovò per nulla semplice schivare entrambi. L’esplosione che creò, sfondò una delle pareti della casa e i tre finirono proiettati all’esterno. Diversi uomini a servizio di Aiaco si stupirono a quella scena. Cosa stava succedendo? Dovevano difendere il loro signore oppure farsi da parte? Garuda non diede ordini a riguardo. Si preparò a contrattaccare, e grandi occhi apparvero fra la nera atmosfera dell’oltretomba.

“Sei un pazzo se credi di battere entrambi” parlò Radamante.

“Forse lo sono. Non ho paura, né di voi né di Hades” ribatté Aiaco, spalancando il suo sguardo con fare minaccioso.

“Sarà allora un piacere portare al nostro signore la tua testa!” gridò Minos.

 

Il palazzo di Ahriman era il luogo da dove le stelle si vedevano meglio. Neikos osservò gli astri ad occhi spalancati, fra le colonne di quel luogo.

“Questo posto è splendido” dovette ammettere.

“Ti ringrazio” sorrise Ahriman.

“Ma…vivi qui da solo? Pare deserto questo palazzo”.

“È così. Io qui sono solo. Immagino sia strano per te, che vivi in un luogo ben più affollato”.

“Lo è, in effetti”.

“Non ho mai portato nessuno qui, prima d’ora”.

“Oh. E perché hai portato proprio me?”.

Ahriman non rispose. Non lo sapeva. Perché mai aveva condotto un’abitante del palazzo nero proprio a casa sua? Perché mostrare al nemico un particolare così?

“Lo sai…” riprese lei “…hai degli occhi smeraldo meravigliosi”.

Il Dio si imbarazzò. Era una frase che solitamente gli diceva sua madre.

“Scusa!” aggiunse in fretta Neikos “Non dovrei sempre parlare a vanvera”.

“Tu, invece…” iniziò Ahriman, non trovando bene le parole “…sei interamente meravigliosa”.

“Come, prego?”.

“C’è qualcosa, in te, che…non so come spiegarti. È come se ti conoscessi, come se ti avessi sempre cercata e ora finalmente sei qui. È una sensazione molto strana”.

“Lo dici a tutte le donne, vero? Sei un bravo corteggiatore”.

“Non sono mere bugie per rimorchiare. Quel che ti ho detto, è quel che provo”.

“Davvero?”.

Neikos non sapeva se credergli o meno. Lo osservò attentamente. Poteva anche essere un gran bugiardo ma non le importava molto. La brezza ne muoveva i capelli neri come la notte e quel suo sguardo aveva un’aria familiare, lo ammetteva pure lei. Bugiardo? Può darsi. Ma in quel momento non ci pensava. Era come incantata, probabilmente sottomessa dal potere divino che Ahriman emanava. Entrambi si avvicinarono l’uno all’altro. Ormai vicinissimi, riuscivano a percepire il battito accelerato di chi avevano di fronte. E si baciarono, con puro desiderio, senza pensare più a niente e nessuno se non a loro stessi.

 

Aiaco sputò sangue. Combattere contro due giudici non era facile. Ma non voleva cedere. Si rialzò e si preparò ad attaccare ancora. Attorno a lui, i corpi di molti suoi uomini, colpiti accidentalmente da quello scontro. A garuda non importava. Erano solo degli esseri inferiori. Minos attaccò, riuscendo ad immobilizzargli un braccio. Aiaco si dimenò, senza troppo successo. Radamante era pronto a colpirlo ma qualcuno si intromise, deviando la Greatest Caution. Violatte era tornata per difendere l’uomo che serviva e amava. Ed era furiosa.

“Fatti da parte, femmina!” sbottò la viverna “Se non vuoi morire pure tu. Visto che ci sono poco donne interessanti da queste parti, mi dispiacerebbe”.

“Vaffanculo!” rispose lei.

Radamante e Minos si prepararono a colpire ancora quando una voce li interruppe. Era calma, pacata. Divina. Capirono subito di chi si trattava.

“Hypnos” parlò la viverna.

“So come mi chiamo, Radamante” rispose il Dio dei sogni “E voi mi state infastidendo. Fate troppo casino”.

“Stiamo obbedendo. Hades vuole l’anima incompleta che è stata in questa casa” si giustificò Minos.

“In questo caso…” mormorò il Dio, avvicinandosi a Violatte.

La donna si guardò attorno, confusa. Hypnos ne prese il viso fra le mani e la fissò. Lei gridò, sentendo il potere della divinità entrargli nella mente. Evidentemente, il Dio stava cercando i ricordi della donna, per scoprire dove l’anima fosse celata. Dopo qualche istante, la lasciò andare.

“Ci penso io, ora” ordinò “Voi sparite. Le armate di Hades hanno bisogno di uomini validi come Aiaco, anche se a volte fanno qualcosa di sbagliato”.

“Eliminerete Voi l’anima?” domandò Radamante.

“Sì, giudice dal sopracciglio inquietante. Andate pure”.

Il tono di Hypnos era di quelli che non ammettono repliche, così i giudici si congedarono. Il Dio dei sogni attese che se ne fossero andati, e poi si allontanò a sua volta. Non aveva alcuna intenzione di uccidere quell’anima. Era stanco di sentir piagnucolare Saga nei campi elisi e, se l’unico modo per farlo smettere era riportargli Arles, avrebbe fatto di tutto per aiutarlo.

 

Neikos gemette di piacere. Che cosa stava facendo? Se lo chiedeva ma non voleva fermarsi. Stesi sull’enorme letto di Ahriman, il loro bacio era diventato ben altro e ora se ne stavano avvinghiati, in un solo corpo. Mai lei aveva provato sensazioni così forti durante il sesso. Era vero quello che dicevano sulle divinità! Forse si era fatto tardi, forse erano trascorse delle ore. Ma non le importava. Strinse più forte a sé il Dio, urlando per l’eccitazione. Non riusciva a dire altro. Ahriman ansimò soddisfatto, anche se si ripeteva che non era da lui agire in quel modo.

“Resta qui” le mormorò, senza fermarsi “Resta qui per sempre con me. Diventa regina del cielo”.

Lei spalancò gli occhi. Certe frasi non se le aspettava. Voleva rispondere ma riusciva solo a gemere vocali. Poi anche lui gridò e lei sentì un potere enorme percorrerle tutto il corpo. Sì, voleva rimanere lì. Se un orgasmo divino provocava questo, voleva provarlo per sempre.

 

Arles II fissava con sospetto Thanatos. Quel tipo girava troppo attorno alla sua ragazza Tania e la cosa lo infastidiva. Che voleva? Thanatos, da poco mortale, aveva il permesso di vivere alla quarta casa, a patto di non provarci con la rappresentante dei pesci.

“Tu…” iniziò Arles II “Per caso sai giocare ai videogames?”.

“Come?” alzò un sopracciglio l’antico Dio, non aspettandosi questa domanda.

“Sai giocare? Ne ho un sacco e, se vuoi, puoi partecipare”.

“Non ho mai giocato. Preferisco gli scacchi” ammise Thanatos.

“Ok. Però ti posso insegnare, se ti interessa”.

Thanatos sorrise. Guardò il su. Il cielo era splendido quella notte. Ahriman doveva essere di buon umore.

 

   
 
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