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Autore: SagaFrirry    01/03/2015    1 recensioni
Seguito di un'altra storia pubblicata in precedenza (Risveglio). Sono passati degli anni e molte cose sono cambiate al santuario. Questa volta i cavalieri si ritroveranno faccia a faccia con l'origine di ogni cosa: il Caos. come si rapporteranno con la sua progenie? e quante volte può morire un cavaliere?
chiedo perdono per i risvolti deprimenti. io sono una persona fondamentalmente depressa ;)
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cancer DeathMask, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Thanatos, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Risveglio'
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XVI

 

SPERANZA

 

“Posso restare qui per un po’?” domandò Ninive, sull’ingresso della dimora del padre.

“Certo, figlia mia” sorrise Apollo “Sei sempre la benvenuta”.

“Non voglio esserti di disturbo”.

“Ma quale disturbo! Sei la mia bambina!”.

“Già…bambina…”.

Ninive camminò lentamente, ad occhi socchiusi.

“Solo una cosa…” la fermò Apollo.

“Dimmi” rispose lei, dando le spalle al genitore.

“Chi è il padre?”.

Lei spalancò gli occhi. Non si voltò.

“Lo hai capito subito che sono…” mormorò.

“Il mio potere è anche legato alla medicina, figlia mia. Allora, chi è il padre del mio prossimo nipote? Spero qualcuno all’altezza”.

“Lo è, papà. Sta tranquillo”.

“Bene. Ora va pure a riposare”.

“Non sei in collera con me?”.

“E perché?”.

“Perché sono incinta. Pur essendo a capo delle vestali”.

“Non sono affari miei. Per quel che mi riguarda, la castità è una cosa che non concepisco. Perciò sono lieto che tu abbia lasciato quella strada per abbandonarti ai meri piaceri del mondo, piccola mia”.

“Grazie per la comprensione”.

“Però non sei felice”.

“Sono un po’ preoccupata. Gli anni passano e tanto tempo è trascorso da quando ho messo alla luce i miei gemelli. Ho paura”.

“Mia cara, sei una Dea. Il tuo corpo sarà giovane per sempre. Inoltre, conosco una schiera di divinità pronte ad assisterti in ogni momento. Perciò sta tranquilla e non ti preoccupare”.

“Ti ringrazio”.

“Ma lo vuoi?”.

“Cosa?”.

“Il bambino. Lo vuoi? Perché, se non lo vuoi, posso aiutarti a disfartene”.

“No, lo voglio. Sarà la mia meraviglia”.

Ninive si congedò, sentendosi piuttosto stanca. Forse doveva seguire il consiglio del padre ma qualcosa le diceva che quel bambino doveva vivere.

 

Kydoimos attendeva pazientemente alla tredicesima casa del grande tempio. Aiolos tardava a mostrarsi. Finalmente, dopo parecchio tempo, il cavaliere apparve scostando la tenda.

“Benvenuto” salutò Aiolos e Kydoimos fece solo un cenno con il capo.

Aiolos sedette sul trono del gran sacerdote, pronto ad ascoltare ciò che l’ospite aveva da dirgli. Poco dopo, Hestia apparve e salutò, con un sorriso più che equivoco, e lasciò la stanza.

“Vedova di fresco, e già con il letto occupato” commentò Kydoimos.

“Non credo siano affari che vi riguardano” sbottò Aiolos.

Kydoimos non aggiunse altro. Sperò solo che Saga, nel suo riposo eterno, non sapesse certe cose.

“Di cosa volevate parlarmi?” riprese il gran sacerdote.

“Ci tenevo a farvi sapere che gli intenti del palazzo nero non sono di guerra” rispose Kydoimos.

“Non lo sono?”.

“No. Ho liberato Gaia, lo ammetto. Ma non per muoverla contro di voi”.

“E allora per quale motivo?”.

“Perché Gaia è la madre Terra. La sua presenza è fondamentale”.

“Non ne sono convinto”.

“Di ciò che ti convince, a me poco importa. Io dico le cose come stanno. Poi interpretate come vi pare”.

“Io giudico quel che vedo. Gaia ci ha attaccati, portando alla morte tanti innocenti. Il suo ritorno è ovvio che desti preoccupazioni”.

“Lo comprendo. Ma, se me lo permettete, garantisco io”.

“E tu chi sei, per poter garantire?”.

“Non valgono più le parole fra gentiluomini?”.

Aiolos storse il naso. Non si fidava per niente. Però doveva lasciare aperte le porte alla diplomazia. Allungò la mano e strinse quella di Kydoimos. Saga desiderava la pace, e considerò quel gesto come una sorta di ultimo desiderio dell’amico.

 

Thanatos non trovava semplice essere mortale. Non era abituato a dover mangiare, dormire e camminare per forza. Però alla quarta casa stava bene. Sedeva in un angolo, da cui riusciva a sbirciare tutto l’oltretomba. Sorrise, vedendo suo fratello Hypnos, anche se non capiva cosa ci facesse in quell’anfratto di aldilà. Poi notò l’anima incompleta.

“Sei qui, dunque” sentì dire dal Dio dei sogni “Violatte ti ha trovato proprio un bel posto dove nasconderti”.

L’anima fu afferrata da Hypnos e gridò. Thanatos sobbalzò. Che il fratello fosse così crudele?

“Devo trovare il modo di rimetterti a posto. Le lagne di Saga non le sopporto più!” sbottò il Dio dei sogni.

Il gemello dai capelli argento guardò con apprensione l’anima. Stava regredendo. La sua memoria ed il suo aspetto andavano scemando. Stava divenendo un semplice involucro privo di personalità, cattiveria, paure o desideri. Era una cosa non molto positiva. Rischiava di rimanere errante per sempre. O di essere eliminata per pietà.

“Fratello, fai in fretta” mormorò Thanatos, sperando che anche Deathmask facesse la sua parte.

 

Nyx girava per i corridoio. Non capiva cosa aveva spinto Thanatos e divenire mortale. Si chiedeva dove avesse sbagliato. C’era qualcosa che poteva fare? Sospirò.

“Cosa ti rattrista?” domandò Kydoimos, appena rientrato dal grande tempio.

“Il silenzio” rispose lei.

“Silenzio?”.

“Sì. In questa casa non c’è musica, non c’è alcuna melodia”.

“Ti manca la musica di Thanatos?”.

“Anche”.

Kydoimos rifletté qualche istante. Poi sorrise. Le porse la mano.

“Vieni con me” le disse “So come far tornare la musica”.

La accompagnò di corsa fino alla grande stanza dove il Caos aveva trovato il modo di far crescere varie piante. Kydoimos tolse i sandali e affondò i piedi nella terra umida. Ghignò, vedendo diversi altri abitanti della casa.

“Venghino, signori, venghino!” commentò, sarcastico.

“Cosa hai in mente?” domandò il padrone del palazzo, senza capire.

“Madama, posso avere una ciocca dei suoi capelli?” domandò Kydoimos, prendendo la mano di Nyx.

Lei sorrise. Non capiva, ma porse una ciocca al suo fratellino adottivo. Lui ringraziò con un inchino e la tagliò facendo frizzare un po’ di energia fra le dita. Si guardò attorno. Aveva tutto ciò che gli serviva. Sciolse i capelli, che si aprirono in terra ben oltre le caviglie, e chiuse gli occhi. Ruotò le braccia, lasciando che la ciocca di Nyx rimanesse sospesa a mezz’aria. Con il suo gesto, la terra, l’acqua ed i profumi della stanza crearono una spirale attorno a Kydoimos, che guidò quel flusso con le mani. La capigliatura seguì quel corso e lui rise, solleticato dai suoi stessi capelli. Gli elementi iniziarono a fondersi, mentre chi li dominava si sollevava da terra. Si creò una forma, che emise un suono forte e melodico. Si espanse e prese vita. Era un enorme volatile del colore dei capelli di Nyx. Spalancò le ali e volò. Il suo canto incantò i presenti. Kydoimos tornò a terra e sorrise. Era fiero di quanto aveva creato. Gli atri fissarono l’animale con ammirazione.

“Sei il mio gioiello” esclamò il Caos, accarezzandogli la testa con orgoglio.

“Questo è un regalo per Nyx. Spero le piaccia” rispose Kydoimos.

La donna annuì, ascoltando il canto di quell’uccello.

“So che non può sostituire la musica di Thanatos, però spero che ti rechi gioia” riprese il fratello adottivo ed uscì dalla stanza.

 

“Aiaco!” chiamò Hypnos, trascinando l’anima incompleta.

Il giudice, che si stava facendo medicare da Violatte, si stupì di quella visita.

“Mio fratello ha espresso il desiderio di salvare quest’anima e io mi devo sorbire Saga che piange tutto il giorno” parlò il Dio “Perciò devo fare in modo che le cose si risolvano. E tu mi aiuterai”.

“In che modo?”.

“Non posso farla ricongiungere alla parte mancante finché questa non lascia il palazzo nero”.

“La parte che manca è al palazzo del Caos?”.

“Me lo ha svelato mio fratello. Ma finché non mette piede fuori da esso, non posso far nulla”.

“Capisco. E che posso fare?”.

“Quando io te lo chiederò, tu mi ubbidirai. Chiaro?”.

“Chiarissimo”.

“Bravo. Ora tieni qui con te quest’anima e non temere: Hades non ti infastidirà”.

 

Per Deathmask le cose non erano cambiate più di tanto. Girellava per il regno dei morti come sempre. Però ora poteva accedere ai campi elisi. Era un bel posto, lo doveva ammettere.

“Allora, come vanno le cose al grande tempio?” domandò Aphrodite.

“Bene, direi” sorrise Deathmask “Anche se sono tutti un po’ agitati perché temono nuovi attacchi”.

“Non si riesce mai ad avere la pace” sospirò Saga.

“No, mi sa di no”.

“Che schifo. Quante lacrime, sangue e cadaveri sul nostro cammino. Quanti orfani!”.

“Ti do ragione. Ma io non posso farci niente”.

“Nessuno cerca mai di fare niente”.

“Questo non è vero! È solo che ci sono troppi sospetti. Ahriman, per quanti buoni propositi possa avere, è comunque il figlio di Arles. E questo crea dei pensieri non bellissimi nella mente dei nostri”.

“Che cosa c’entra Arles, adesso?” sbottò Saga, cambiando di colpo espressione.

“Ahriman ha comunque il suo sangue. Nessuno di noi si stupirebbe se in realtà nascondesse chissà quale intento malvagio”.

“Cazzate. La cattiveria non è ereditaria! Allora dovrei credere che anche tuo figlio decapita la gente!”.

“Non lo fa, ma poco ci manca!”.

“Ahriman non è cresciuto con il padre. Non lo considera nemmeno tale”.

“Il sangue non mente”.

“Sono tutte stronzate”.

“Senti..non mi va di picchiare un morto!”.

“Tanto non provo dolore. Fai pure”.

“Fatti curare da uno bravo!”.

Deathmask si alzò, stufo di quei discorsi. Hypnos lo fissò, per qualche istante. Ancora non si abituava all’idea di vedere l’armatura del gemello su quell’uomo.

“Ti dovrei parlare un attimo, Dio della morte” mormorò il Dio dei sogni.

“A che proposito?”.

“Su una faccenda che riguarda entrambi”.

Deathmask guardò Saga.

“Riguarda l’anima incompleta?” domandò.

“Vieni con me” continuò il Dio dai capelli oro e, insieme, lasciarono i campi elisi.

 

“Come mai, quando sono tornato a prenderti, tu non c’eri?” domandò Nàgiri alla sorella.

“Non sono affari tuoi” ribatté lei.

“Io mi preoccupo”.

“Non è vero. Mi hai lasciato lì da sola!”.

“Certo! Volevi forse assistere alle mie scopate? Però mi dovevi aspettare”.

“Mi annoiavo. Ho trovato di meglio da fare e poi sono rientrata da sola”.

“So bene che tu sei più brava di me nel viaggio fra dimensioni. Ma non ha niente a che fare con il fatto che non ti sei fatta vedere. Mi è venuto un colpo”.

“E perché? Credevi che andassi a dire a papà cosa fai?”.

“A papà non deve importare quello che faccio”.

“E allora diglielo, così non ti servo come scusa. Anche perché, ti informo, ora ho da fare”.

“Hai da fare? E che cosa?”.

“La stessa cosa che hai da fare tu”.

“Cosa?! Io ti porto una sera al grande tempio e tu…”.

“E io sì, mi sono goduta la serata ed ho piena intenzione di ripetere l’esperienza”.

“E con chi?”.

“Non sono affari tuoi”.

“Fammi capire…la mia sorellina va in giro a fare la troia e non sono affari miei?”.

“Abbiamo solo pochi mesi di differenza, smettila di fare il superiore! E poi…tu fai lo stesso!”.

“Io amo la donna con cui faccio sesso!”.

“Anch’io amo l’uomo con cui passerò le serate d’ora in avanti”.

“Come fai ad amarlo? Lo hai visto una sola sera”.

“La cosa non ti riguarda!”.

“Puttana”.

“Stronzo bugiardo”.

“Ragazzi!” urlò Kydoimos, per farli smettere “Piantatela!”.

“Non ho iniziato io” dissero i due, in coro.

“Non mi interessa chi ha iniziato. Chiedetevi scusa!”.

I fratelli si guardarono piuttosto male ma, con l’insistenza del padre, si chiesero scusa. Nàgiri lasciò di corsa la stanza. Neikos tentò di fare lo stesso ma Kydoimos la fermò.

“Figlia mia” le disse, serio “Ti do un consiglio, se ti va di ascoltarlo”.

“Dimmi, papà”.

“Non concedere il tuo corpo ed il tuo cuore solo per ripicca o vendetta. Finirai per rimetterci solo tu”.

“Quest’uomo mi piace davvero”.

“Sul serio? O è solo un modo per tentare di dimenticare in fretta Nàgiri e le sue bugie?”.

“Sul serio”.

“In questo caso, spero tu sia felice. Così lo sarò anch’io”.

Neikos si congedò. Kydoimos la osservò con una punta di amarezza. Com’erano cresciuti in fretta i suoi piccoli! Il Caos gli si avvicinò lentamente, inclinando la testa. Il figlio sollevò la sua, per poterlo guardare in viso. Si fissarono per qualche istante.

“Io non so che parole usare..” esordì il Caos “Perché non conosco il legame che voi chiamate amore”.

“Siete fortunato” rispose Kydoimos.

“Fortunato?”.

“Sì. L’amore è un’inutile debolezza”.

“Una debolezza?”.

“Ci rende vulnerabili e sciocchi. Perché uomini e Dei sono incompleti?”.

“Forse perché la perfezione è noiosa”.

“Ma l’amore..”.

“Rende anche felici”.

“No. L’amore non mi ha mai reso felice”.

Kydoimos strinse i pugni e non aggiunse altro. Era frustrato. Per quanto si sforzasse, la sua vita comunque non era mai completa.

 

Quando Ahriman rivide la madre, diversi mesi più tardi, non trovò le parole. Non sapeva se ciò che provava era sdegno, disgusto, rabbia o smarrimento.

“Fra quanto nascerà?” domandò, indicando il ventre della madre.

“Non molto” rispose lei.

“Ma tu, non avevi giurato di fare la casta vestale?”.

“Avevo giurato, sì”.

“E allora cosa è successo? Non sarai mica stata violentata! Se è così, dimmi chi è stato, che lo eviro”.

“Calmati, Ahriman!”.

Ninive sedette sulla sedia a dondolo che il padre le aveva donato e si accarezzò la pancia gonfia. Il bambino scalciava e chiedeva un sacco di energia.

“Sei contenta?” le domandò il figlio “Ariadne sa di questa cosa?”.

“No, Ariadne non lo sa. Perché, come te, pensa alla madre solo un paio di volte l’anno”.

“Scusami tanto se mi hai abbandonato e non ho questa gran voglia di vederti”.

“Allora vattene. Di certo non puoi aiutarmi a partorire”.

“Non ci penso nemmeno!”.

Ninive non aggiunse altro. Sperava di poter rimediare agli errori del passato con quel piccolo. Anche se non ne era affatto certa. Ahriman pareva confuso. Era giunto fin lì per parlare alla madre della donna che frequentava da mesi, piuttosto orgoglioso. Ma si era scordato ogni cosa. Vedendola incinta, non aveva pensato ad altro. Chi aveva osato toccarla? Si scosse. Non erano affari suoi. E di certo quel moccioso nascituro non aveva nulla a che fare con lui!

   
 
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