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Autore: DarkRose86    10/12/2008    1 recensioni
Un tempo, nella periferia di una piccola cittadina poco conosciuta, esisteva una strada dall'enigmatico nome;
in molti si erano chiesti perché si chiamasse in quel modo, ma nessuno era mai riuscito a carpire il segreto di quel luogo tetro ed inquietante.
Solo un ragazzo, guidato da uno sconfinato amore, ebbe successo in quell'ardua impresa.
Il suo nome, era Itachi Uchiha.
SECONDA classificata ( a parimerito con la storia di Shizue Asahi ) al Burnin' Contest, indetto da uchiha_girl
.Uchihacest.
Genere: Sovrannaturale, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Itachi, Altri, Deidara, Ino Yamanaka, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Personaggi : Sasuke Uchiha, Itachi Uchiha, Deidara, Ino Yamanaka, Fugaku Uchiha, Mikoto Uchiha, Naruto Uzumaki
Pairing
: Itachi/Sasuke, Itachi/Ino, accenni Sasuke/Naruto
Genere : sentimentale, drammatico, sovrannaturale, horror, triste
Rating : arancione
Avvertimenti :
AU ( Alternative Universe ), yaoi, uchihacest ( non contiene scene esplicite ), death character, linguaggio colorito, long fiction ( 2 capitoli )

Questa storia, con mio ENORME stupore, si è classificata SECONDA ( *___* ), a pari merito con la storia di Shizue Asahi, al Burnin' Contest , indetto da uchiha_girl sul Forum di EFP.
Annuncio che, ebbene sì, è la mia prima Uchihacest, e ammetto che ne sono abbastanza soddisfatta; da dove è uscita fuori non chiedetemelo, perché sinceramente non ne ho idea. XD
Prima di iniziarla avevo deciso già l'ambientazione, ma non sapevo che nome dare al quartiere in cui i personaggi abitano; poi, sfogliando il dizionario alla ricerca di una parole inglese che suonasse bene e che si addicesse al tema, mi sono imbattuta in Backbiting. Mi piaceva il suono della parola, e non appena ho letto il suo significato in italiano, sono stata letteralmente folgorata dalla mia solita ispirazione fulminante. XD
Poi, sarebbe dovuta essere una one-shot, ma poi si è rivelata un po' troppo lunga, allora ho deciso di dividerla in due capitoli altrimenti, probabilmente, sarebbe risultata pesante al momento della lettura. Detto questo vi lascio alla storia; le note, per ovvi motivi, le ho messe a fine fanfiction. 
Voglio ringraziare di cuore la giudice uchiha_girl, per la sua rapidità nel dare i giudizi e per l'assoluta imparzialità, e tutte le altre concorrenti, con un mare di complimenti, soprattutto alle altre podiste e in particolar modo a Kei_Saiyu, prima classificata. *w*

Me lo lasciate un commentino? *-*



Il Mistero di Backbiting Street


Capitolo 1


Un tempo, nella periferia di una piccola cittadina poco conosciuta, esisteva una strada dall'enigmatico nome; in molti si erano chiesti perché si chiamasse in quel modo, ma nessuno era mai riuscito a carpire il segreto di quel luogo tetro ed inquietante.
Solo un ragazzo, guidato da uno sconfinato amore, ebbe successo in quell'ardua impresa.
Il suo nome, era Itachi Uchiha.
Il giovane era nato in Giappone ma, pochi anni dopo la venuta alla luce del fratello minore, i genitori decisero per il trasferimento in America dove, pensavano, avrebbero avuto più possibilità di lavorare e mandare avanti la famiglia. Ma la povertà regnava sovrana, in un mondo devastato da guerre e pregiudizi; così, Itachi e suo fratello Sasuke furono costretti a vivere un'infanzia non propriamente felice, passata per la maggior parte del tempo a giocare in Backbiting Street [*], il lungo viale nel quale sorgeva la loro modesta abitazione.
Quella strada, specie di notte, metteva i brividi; spesso e volentieri era caratterizzata da una fitta nebbia e, nelle fredde sere d'autunno, le foglie cadute dagli alberi si libravano nell'aria grazie ai forti venti, che molte volte impedivano perfino di uscire di casa. E la cosa ancor peggiore, era che la dimora degli Uchiha si trovava proprio di fronte al cimitero.
< Nii-san [*]... è vero che, quando moriamo, quel posto diventa la nostra nuova casa? > chiese un giorno il più piccolo a quella figura fondamentale ed eroica ai suoi occhi, Itachi; per lui, il fratello maggiore era l'insieme delle caratteristiche che sognava ogni notte di possedere: coraggioso, affascinante, gentile. In una parola, perfetto. Ma in realtà, egli nascondeva un terribile segreto, taciuto anche alle persone che più gli erano vicine.
< No, Sasuke; il nostro corpo rimane lì, ma l'anima se ne va in un posto migliore. > rispose il più grande, con un dolce sorriso sul volto; diede una pacca sulla spalla al fratellino e si alzò dalla sedia di vimini, avviandosi verso l'uscita della stanza nella quale dormivano.
< Aspetta! Cos'è l'anima...? > domandò l'altro, afferrandolo per un braccio.
< Una cosa che a volte ti viene prepotentemente strappata via. E quando ne vieni privato, ti senti come se fossi scomparso nel nulla, eppure continui a camminare. >
Il più giovane non capì il senso di quella risposta; era ancora troppo piccolo per conoscere sentimenti come l'invidia, l'odio, la sofferenza. E Itachi aveva deciso di proteggerlo dai mali del mondo, non voleva che anche lui venisse contaminato. Se era vero che Backbiting Street condannava chiunque varcasse il cancello di quel cimitero, Sasuke non sarebbe mai dovuto entrarci; doveva a tutti i costi evitare che il suo otouto [*], una volta abbandonato al proprio destino, andasse a cercare l'anima dei suoi cari all'interno di quel posto maledetto.

~

In quel quartiere era estremamente difficile mantenere un segreto; se succedeva qualcosa, il giorno dopo tutti lo sapevano e tutti ne sparlavano. Per questo aveva chiesto ad Ino Yamanaka, la sua prima ragazza, di tenere nascosta la loro relazione; ma la bionda amava vantarsi, per cui non riuscì a tenere la bocca chiusa sull'accaduto. Si sentiva estremamente fortunata a stare con un ragazzo come lui che, nonostante all'apparenza fosse freddo e scostante, nell'intimità si rivelava una persona dolce e ricca di attenzioni verso gli altri. Suo fratello, invece, non era affatto d'accordo; odiava Itachi dal profondo, e sosteneva di avere diversi motivi per farlo. Non lo aveva mai sopportato, fin dal giorno in cui lo aveva incontrato per la prima volta, e quando gli era capitato di sentire delle voci secondo le quali sua sorella usciva proprio con lui, giurò che prima o poi, con qualsiasi mezzo, li avrebbe separati. Deidara era un tipo estremamente testardo ed arrogante, tanto che pian piano, giorno dopo giorno, tutti coloro che cercavano di farci amicizia provando ad accettare anche i suoi difetti, si allontanavano gradualmente da lui. E a causa di tutto ciò il ragazzo soffriva, anche se cercava di non darlo a vedere; e non capiva per quale motivo chi lo abbandonava si avvicinava ad Itachi. Per questo aveva più volte cercato di convincere i propri genitori a tornare nel loro paese d'origine, ma loro non avevano voluto sentire ragioni, dato che erano riusciti far fruttare un negozio di fiori che assicurava loro un buon tenore di vita; certo non si poteva dire che fossero ricchi, ma vivevano bene. Peccato che neanche loro erano scampati alla maledizione; perché si sa, quando si è giovani, la curiosità ci spinge a voler conoscere il più possibile, del mondo in cui siamo nati e cresciuti. Così, Ino e suo fratello, in occasione della festa di Halloween di due anni prima, avevano deciso di provare il brivido d'entrare nel cimitero di Backbiting Street, a notte fonda; quel luogo non perdonò neanche due ignari giovani che si divertivano a girovagare tra lapidi e croci. Infatti, una volta usciti da lì, qualcosa in loro era cambiato, ma nessuno se n'era accorto; questo perché tutti coloro che vi erano entrati, avevano condiviso il medesimo destino: andare a visitare le tombe dei propri cari, significava auto condannarsi inconsapevolmente.
Neanche l'Uchiha maggiore era riuscito a scamparla, e senza volerlo aveva saziato la fame di quel terreno al di là della recinzione che sorgeva di fronte alla porta di casa sua; un giorno, infatti, aveva sentito il bisogno di visitare i defunti, di dedicare loro dieci minuti del suo tempo, che talvolta pareva non scorrere mai, in quel posto. E soprattutto, era come se il cimitero chiamasse a sé le persone, completamente ignare del pericolo al quale andavano incontro entrandovi.
Quando se n'era andato, si era sentito strano: aveva pensato di fare una passeggiata prima di tornare a casa e, durante il tragitto, si era imbattuto in un gruppo di ragazzi scompostamente seduti su un muretto al lato della strada.
< Ehi, ce l'hai un po' di roba? > gli aveva chiesto uno di loro, con un sorriso strafottente sul volto; era pallido e, a giudicare dalle evidenti difficoltà a stare in piedi, probabilmente drogato od ubriaco.
E in quell'occasione, per la prima volta in vita sua, aveva provato l'impulso di uccidere; s'impaurì a causa di quel pensiero, così fuggì via, mentre il gruppetto gli sputava contro insulti di ogni genere. Corse a casa e si chiuse in camera, buttandosi poi sul letto; la testa gli faceva male, come se fosse stata sul punto di scoppiare, e il suo corpo tremava, scosso da brividi d'evidente spavento. Che diavolo gli stava succedendo? Non gli era mai capitato di fare certi pensieri; aveva sempre pensato che tutti gli esseri umani, in fondo, possedessero un lato buono, per questo usava perdonare anche coloro che sbagliavano, o almeno provava a capirli. In quel momento, invece, nella sua mente si ripeteva un unico, agghiacciante pensiero: uccidere. Uccidere per ripulire il mondo, farlo per dimostrare la propria forza ed essere rispettato.
Per chi entrava in quell'apparenza normalissimo luogo d'eterno riposo, non ci sarebbe mai più stata pace interiore; ognuno, pero', reagiva in modo diverso alla maledizione: non tutti, infatti, provavano il desiderio di ammazzare chi non gli andava a genio. C'era chi si dava ai peggiori vizi, chi usava violenza sugli altri, chi tradiva, e via discorrendo. E la cosa peggiore era che, chi veniva colpito, ne era perfettamente consapevole e spaventato.
Ad esempio, Deidara temeva non poco il suo esser diventato ancor più intrattabile del normale, mentre sua sorella si era stupita d'aver iniziato a concedersi molto facilmente, anche a chi conosceva appena; la ragazza pero', a differenza del fratello, era riuscita quantomeno ad “adeguarsi” alla nuova condizione, cercando di trarne vantaggio in qualche modo, ottenendo regali di ogni genere. Certo non ne andava fiera ma, per qualche strano motivo, non riusciva proprio a farne a meno.
La cosa che comunque accumunava le vittime, era una strana sensazione di vuoto, come se qualcosa d'indispensabile gli fosse stato strappato via; come se il loro fuoco si fosse inesorabilmente spento. Perché se si paragona la vita umana ad una candela, la fiamma rappresenta ciò che la rende viva ma che inevitabilmente la consuma, lentamente, fino a morire; fino all'estinguersi delle passioni. Solitamente, la fiamma che arde nell'essere umano si spegne in tarda età ma, per gli abitanti di Backbiting Street entrati nel cimitero, non era così; non importava quanti anni avessero, quella strana “entità” non guardava in faccia a nessuno. Bambini, adolescenti, adulti, anziani... chiunque era a rischio; chiunque poteva, d'improvviso, spegnersi. Morivano dentro di sé, ma continuavano imperterriti a camminare, a parlare e magari a sorridere, sperando di svegliarsi il prima possibile da quell'assurdo incubo. Qualunque cose ci fosse in quel luogo, di certo si divertiva a cancellare, per quanto poteva, i buoni sentimenti dai cuori delle persone; costringendoli, poi, a fare ciò di cui più avevano paura.
C'era chi veniva completamente sopraffatto e si suicidava, infatti le autorità non riuscivano a spiegarsi il perché di tutti quegli strani casi che si verificavano anche nell'arco di pochissimo tempo. Ma c'era anche chi, con sforzi sovrumani, riusciva a conservare un po' d'umanità: fra questi c'erano Itachi, la sua ragazza, e Deidara. Essi lottavano, per quanto possibile, contro quell'insopportabile condizione; per questo motivo l'Uchiha, che temeva per il fratello, tendeva il più delle volte a segregarlo dentro casa, anche se egli protestava, cercando spiegazioni.
Ma, un giorno, avvenne la tragedia: colui che con fatica immane si era trattenuto, infine cedette alla tentazione; la voglia di uccidere, di macchiarsi di rosso sangue, lo portò a compiere il suo primo omicidio. Piangendo amare lacrime, mentre spingeva con forza la testa del suo migliore amico nell'acqua stagnante del laghetto del parco, tolse la vita ad un ragazzo la cui unica colpa era stata quella di volergli talmente tanto bene, da indagare per lui nel privato di Ino, scoprendo i suoi tradimenti. Il moro non voleva credere alle sue parole, tanto era convinto che l'amico volesse solamente rubargli la fidanzata. Così, il giovane Shisui venne ucciso, alla tenera età di 17 anni. E il cuore del suo assassino si spezzò più volte, mentre ascoltava le sue suppliche e i suoi gemiti di dolore; gli voleva bene, ma sentiva di dover cancellare la sua esistenza. Chissà, forse lo aveva addirittura salvato.
Nessuno scoprì l'identità del killer, e il caso venne archiviato dopo poco tempo; la verità, era che neanche le forze di polizia se la sentivano di indagare su quel luogo.
Successivamente, si verificarono altri omicidi, difficilmente imputabili ad un assassino seriale, visto che i metodi utilizzati erano sempre diversi: alcuni poveracci venivano strangolati, altri accoltellati, o addirittura legati accuratamente sui binari della stazione.
Per due anni le cose andarono avanti così, e ci fu quasi un assassinio al mese; la gente era dunque impaurita, e la maggior parte delle persone si rintanava in casa, uscendo solo in caso di bisogno, ad esempio per andare a comprarsi il cibo.
< Itachi... tu credi che ci sia un nesso fra quel che sta accadendo, e il nome di questa strada? > domandò Ino un pomeriggio, mentre si crogiolava nel suo caldo abbraccio.
< Backbiting, intendi? >
< Sì... non trovi strano chiamare un viale “la strada della maldicenza” ? >
Già, strano lo era, eccome; ed era ancor più curioso il fatto che nessuno sembrasse conoscere l'origine di quel nome così assurdo, per una strada.
< Non lo so. > sentenziò il moro, freddamente; in realtà, aveva paura di scoprire il motivo.
La maldicenza è uno dei più comuni mali che affliggono il mondo, dunque non era da escludere che quell'appellativo c'entrasse qualcosa con la maledizione.
< Ino! Ino! L'ho visto! Ieri sera! > esclamò Deidara, correndo affannosamente verso la sorella, lanciando al fidanzato un'occhiataccia.
< Eh? Di che parli? > chiese la ragazza, preoccupata.
< Del mistero del cimitero! >
Il moro sussultò; temette che il biondo lo avesse sorpreso in compagnia di una delle sue vittime.
< Cioè? >
< Il fuoco! >
< Fuoco? >
I due non riuscivano a capire cosa volesse dire, quindi lo invitarono a calmarsi e a spiegargli meglio.
< Ho visto... una fiamma... stavo camminando alla ricerca di qualcosa di strano, ed ho notato una piccola luce... ma era strana... era blu. > raccontò.
< Blu? >
Ino ed Itachi si guardarono, straniti.
< Non è che ti sei fumato qualcosa, Deidara? > lo schernì il moro, senza pero' cambiare espressione; si sentiva stranamente preoccupato.
< Vaffanculo, Uchiha! Io l'ho vista davvero! Non sono un fottuto drogato come te! > protestò, afferrandolo per il bavero della camicia.
< Calmati! Lascialo stare! > lo fermò la sorella, < Sei sicuro di aver visto bene? >
< E soprattutto... per quale motivo questa “fiamma” dovrebbe essere il famoso mistero? > chiese l'altro, alquanto scettico.
< Non lo so... pero' l'ho trovata strana... non saprei come spiegare questo fenomeno in altro modo! > insistette, tremante di rabbia e paura.
< Ok, ok... facciamo una cosa; questa sera, quando tutti dormiranno, ci recheremo al cimitero. Sperando che una certa persona abbia detto il vero. > propose, lanciando una frecciatina al biondo, che non mancò di “omaggiarlo” con un dito medio bene in mostra.
I due, comunque, annuirono. Si diedero appuntamento per quella sera stessa, a mezzanotte, davanti al grande cancello.

~

Itachi era preoccupato. Sebbene non fosse del tutto convinto della buona fede del fratello della sua ragazza, gli sembrava comunque strano che egli fosse arrivato ad inventarsi una cosa oltremodo assurda come quella; ma se davvero aveva detto la verità, che cosa mai poteva essere la fiamma che aveva visto? Che cosa poteva rappresentare? Ci pensò a lungo, frugando nella libreria dei suoi genitori, che conteneva anche qualche volume dedicato al paranormale in generale, alla ricerca di risposte.
< Che fai? > indagò Sasuke, osservando il fratello, particolarmente concentrato.
< Nulla, ero alla ricerca di una lettura interessante. >
< Tu? Ma se non leggi mai! > esclamò, sorpreso.
< Ho deciso di iniziare da oggi. >
< Devo dedurne che la tua fidanzata ama i tipi colti? > lo punzecchiò il più piccolo, e l'altro gli lanciò un'occhiataccia, o almeno ci provò, ma con Sasuke era difficile; non aveva mai capito perché, ma benché ci avesse provato più e più volte, non era mai riuscito a trattar male il fratellino.
< Ino non c'entra. > sentenziò, pacato come sempre.
< Facciamo una passeggiata? >
< Adesso no. La prossima volta, otouto. > disse, scuotendo la testa e scompigliandogli amorevolmente i capelli corvini.
< Uffa! Dici sempre “la prossima volta”, ma alla fine non mantieni mai le tue promesse! > protestò l'Uchiha minore, sbuffando; era un tipo cocciuto, e a ben guardare lui e suo fratello si somigliavano non poco. L'unica differenza, stava nell'impulsività di Sasuke, caratteristica che non contraddistingueva Itachi, anzi; quest'ultimo, era un tipo tranquillo e riflessivo, che pensava prima di agire. Ma erano entrambi determinati e testardi. Talmente decisi a raggiungere i propri obiettivi, da calpestare tutto il resto.

Itachi voleva il bene di Sasuke.
Sasuke voleva Itachi,
anche a costo di farlo soffrire.

< Davvero, stavolta parlo sul serio. > lo tranquillizzò il più grande, immergendosi poi, di nuovo, nella lettura di un tomo che sembrava interessante; narrava di fenomeni paranormali ed inspiegabili, di leggende metropolitane e cose del genere.
< Speriamo. >

Lesse per un bel po', prima dell'ora di cena, ma non trovò nulla che si potesse ricongiungere a quel che aveva detto Deidara; notò, pero', che una pagina del libro era stata strappata. La cercò anche all'interno di altri volumi, ma niente; così, domandò anche ai genitori. Nessuno, alla fine, gli seppe dire dove potesse essere finita quella dannata pagina. Ovviamente, non era sicuro che essa narrasse di ciò che egli voleva sapere, anche perché non aveva la più pallida idea di che cosa aveva deciso di affrontare, quando spavaldo aveva proposto di recarsi al cimitero, quella sera.
Attese che i suoi genitori si coricassero, per agire. Com'era ovvio, Sasuke se ne accorse, e curioso gli domandò cosa doveva fare fuori, a quell'ora così tarda; Itachi riuscì, apparentemente, a convincerlo che si trattava di un appuntamento segreto con Ino, per evitare che suo fratello non si mettesse fra i piedi come al solito. Lo lasciò uscire controllandolo dalla finestra, deciso ad indagare; lo trovava cambiato nell'ultimo periodo, e voleva a tutti i costi scoprire che segreti nascondesse dietro la sua maschera d'indifferenza. Era cresciuto, Sasuke; e, oramai quindicenne e particolarmente maturo per la sua età, aveva capito subito che qualcosa non quadrava. Osservava il suo nii-san con attenzione, analizzando le sue espressioni e i suoi movimenti, quasi a volergli leggere dentro. Questo perché avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di averlo tutto per sé; perciò non poteva permettere che una ragazzina qualunque glielo portasse via. Quello che pero', purtroppo non sapeva, era che il vero pericolo non era affatto rappresentato da lei, ma da qualcosa di molto più grande; qualcosa che andava al di là dell'immaginazione di meri esseri umani.

Fine Capitolo Uno

Note:

1 [*] Backbiting: termine inglese, il cui significato letterale è “maldicenza”
2 [*] Nii-san: fratello maggiore ( giapponese )
3 [*] Otouto: fratello minore ( giapponese )

  
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