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Autore: Iaiasdream    02/03/2015    2 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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BAKA TIME: Allora… almeno per chi ha avuto la sfortuna di leggerlo, vi ricordate quel capitolo intitolato “LA FOTOGRAFIA?” bene, deframmentatelo totalmente dai ricordi, perché pubblicai qualcosa che ha fatto pena persino alle formiche. Fate finta di non aver letto niente di quella idiozia, ed ecco qui il nuovo e, spero, intrigante capitolo.
Buona lettura!! J
 
 



33° capitolo: DéJà-VU
 




Le fiamme che danzano indisturbate nel caminetto, le sto osservando con intensità, i miei occhi sembrano volerle domare. Sto cercando di non pensare a niente, mentre smarrita ascolto le parole di Castiel, rivolto verso Lysandro e gli altri.
Se la mia anima non fosse nel mio corpo, penserei che non esistessi.
Non riesco ancora a credere a ciò che ho ascoltato: Castiel ha lasciato Ginevra, e per sempre. Rabbrividisco al sol pensiero, mentre l'intensa luce del fuoco mi brucia le pupille facendomi chiudere le palpebre per inumidirle.
<< Allora era questa la sorpresa di cui parlavi, prima di fare ritorno qui? >>, sento Lysandro prendere la parola.
<< Sì, era questa >> risponde Castiel tranquillamente.
Catturata dalla sua voce, riapro gli occhi volgendoli verso di lui. Lo vedo sorseggiare il liquido giallino dal lungo flûte che Rosalya ci ha offerto dopo la sostanziosa cena, che ho consumato a malapena. La bambolina se n'è accorta, e infatti, mi ha linciato con gli occhi per tutto il tempo, ma è stato più forte di me, non sono riuscita a ingoiare neanche un boccone, ché da quando Castiel ha rivelato la sua sorpresa, l'incredulità e un'inspiegabile senso di ansia mi hanno cerchiato la mente. 
<< In poco più di tre anni >> riprende il rosso appoggiando il bicchiere sul tavolino adiacente al divano su cui è seduto << le azioni della grande industria di mio padre, sono calate vertiginosamente, lasciandoci quasi sul lastrico. Fortunatamente, non ho voluto far parte di tutti gli affari del vecchio, così diciamo che almeno io mi sono salvato >>
<< Ma com'è potuta accadere una cosa simile? >> chiede Lysandro accavallando le gambe.
Castiel inizia a spiegare, e le sue parole professionali e tecniche sono molto incomprensibili per me; al contrario, Lysandro sembra capirci qualcosa, mentre, rivolto lo sguardo verso Kim, seduta accanto a me, mi accorgo che ha reso i suoi occhi due fessure, sembra stia facendo una radiografia per scoprire il significato di quelle parole, ma quando noto le sue labbra curvarsi verso il basso, mi accorgo che non ci sta capendo niente neanche lei.
<< Allora Ginevra ti ha lasciato per questo? >> chiede Rosalya sedendosi accanto a suo marito.
<< Sono stato io a lasciarla >> risponde Castiel tutto d'un fiato.
Lo guardo, mi guarda, e nel farlo mi regala un sorriso quasi malinconico. Non capendone il motivo, abbasso lo sguardo richiudendo gli occhi.
<< Non aveva più senso averla ancora come moglie. Mio padre non è più potente come prima, e anche se esce allo scoperto l'esistenza di un figlio illegittimo, questo non scandalizzerà più nessuno, tantomeno non rovinerà più di tanto il vecchio >>
<< E Ginevra? >>, è la voce di Kim a risuonare estranea a quel ragionamento. La bruna rimane con le braccia incrociate al petto e gli occhi socchiusi a osservare attentamente il rosso. Quest'ultimo condivide lo sguardo sorridendo beffardo. << Perché ha accettato, e così facilmente? >> aggiunge Kim circospetta.
<< Non aveva altra scelta >> risponde secco Castiel senza aggiungere altro.
<< Che significa? >> chiede la bruna, seguendo al mio posto, quello che deve essere il mio copione.
<< Lei... >> sospira Castiel guardandomi << ...non è riuscita a darmi un figlio >>
Il mio cuore manca un battito, mentre il respiro mi si spezza facendomi deglutire a fatica.
Che significa che non è riuscita a dargli un figlio? Questo vuol dire che lui e quella maledetta hanno...
Non riesco a terminare quel pensiero, ché un lancinante dolore mi pervade il petto facendomi curvare leggermente in avanti.
Cosa dovevo aspettarmi? Sono stati insieme per quattro anni, era sua moglie, e in fin dei conti non devo avercela con lui perché anch'io ho condiviso il mio letto con Armin.
<< Ma se hai riconosciuto Erich come tuo figlio, come hanno fatto ad accettare l'annullamento? >>, non mi accorgo di chi ha formulato questa domanda, fatto sta che mi ritrovo a guardare Castiel, ansiosa della sua risposta.
<< Io non ho riconosciuto Erich >> risponde quest'ultimo sorridendo << Lo sbaglio di mio padre, è stato quello di sottovalutarmi. Ha ignorato completamente, che come lui, anch'io possiedo le mie amicizie  >>
<< E allora perché non hai usato le tue amicizie anche per impedire il matrimonio?! >> scatta Kim furibonda.
Affianco a lei, trasalisco dallo spavento, non aspettandomi per nulla quella sua reazione.
Castiel guarda la bruna con estrema serietà. I suoi occhi sembrano due carboni incandescenti che la luce del fuoco penetra, donandogli quei riflessi.
<< Cosa vuoi Kim? >> mormora il rosso incrociando le mani e appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
<< Per colpa di questa situazione, c'è chi ha sofferto! >> risponde la bruna alzandosi dalla poltrona.
<< Non ha sofferto soltanto lei! >> si difende Castiel con estrema calma.
<< Tu... >> continua lei avvicinandosi minacciosa << ...non hai la minima idea di cosa diavolo è successo in quattro anni... >>
Presa da un'indescrivibile senso di paura, scatto in piedi afferrando il gomito della mia amica cercando di farla tacere.
<< K-Kim... >> balbetto preoccupata per ciò che vuole dire. Questa, però, sembra sottomessa all'ira, e forse senza accorgersene, si divincola bruscamente dalla mia presa continuando a gridare contro Castiel, il quale rimane zitto e impassibile.
<< Tu, sei un maledetto egoista, Castiel! Sei solo bravo a parlare, ma non ti sei mai chiesto come diavolo è stata Rea, in tutto questo tempo?! >>
<< Smettila ti prego >> continuo con voce tremante.
<< Per quale cazzo di motivo non hai detto la verità da quando hai rimesso piede in questo cazzo di posto?! >> urla ancora, gesticolando nervosamente. << A causa delle tue sorprese del cazzo Rea è stata... >>
<< Kim basta! >>, non so quale forza maggiore mi abbia permesso di alzare il tono di voce per fermare le sue parole, fatto sta che sento ancora aleggiare nell'aria il mio grido. Sto tremando e trattengo a stento le lacrime, ma finalmente, sono riuscita a placare quel ragionamento.
<< Non dire più niente, per favore >> aggiungo con voce flebile << Castiel non ha nessuna colpa. Sono stata io a lasciarlo quattro anni fa >>
<< Ma lui poteva impedirlo e non l'ha fatto! >> incalza ancora una volta la bruna.
<< Non l'ha fatto per salvare suo fratello! >> la interrompo alzando la voce.
Nella stanza ritorna il silenzio. Lysandro e Rosalya tengono il capo chino con gli occhi puntati verso il pavimento; Castiel ha donato il suo sguardo alle danzanti fiamme, e Kim mi guarda con rabbia. So benissimo cosa vuole dire, ma non posso permettere che continui ciò che io ho nascosto per tutto questo tempo.
Mi gira la testa, e un'angosciante sensazione mi pervade la mente, così senza aggiungere altro esco dalla sala da pranzo recandomi da qualunque altra parte, smarrita e con una voglia matta di sfogarmi, piangendo.
Senza che me ne accorgessi, mi ritrovo in cucina, con le mani appoggiate sul piano in granito e il corpo ansimante. Piango, anche se lo faccio in silenzio. Mi passo una mano fra i capelli portandoli all'indietro, poi stringo gli occhi asciugandoli con il dorso della stessa mano. Sospiro rumorosamente, riprendendo a fatica l'aria.
<< Hai intenzione di giocare anche tu a chi sa nascondere meglio i segreti? >>, è la voce di Kim che ritorna ad aleggiare nelle mie orecchie. Non le rispondo, e rimango di spalle mordendomi il labbro inferiore.
<< Perché non parli? >>
<< Ho paura >> rivelo con voce roca.
<< Di cosa? >>
<< Di dirgli tutto >>
<< Ma adesso non avete più ostacoli >>
<< Lo so, ed è per questo che ho paura >> rispondo voltandomi verso di lei ma senza guardarla. I miei occhi vagano per la stanza senza meta. Mi sento nervosa e non ne riesco a capire il motivo.
<< Sai benissimo che non potrai nasconderglielo per sempre? >>
Finalmente riesco a posare il mio sguardo su di lei. Mi accorgo che ha le lacrime agli occhi, e nonostante tutto riesce a trattenerle; ed è la seconda volta che mi fa star male, perché so che piange per me, ed io non posso accettarlo.
A quella domanda non rispondo, e permetto al silenzio di dominare l'aria, ma non dura a lungo, mentre Kim ed io continuiamo a guardarci negli occhi, entra Castiel, il quale guarda prima me, poi la bruna, e rivoltosi a questa, le chiede di lasciarci soli.
Kim non ribatte, solo, si gira e se ne va. Castiel ed io rimaniamo finalmente soli, ci guardiamo, e forse stiamo aspettando insieme, uno, la reazione dell’altra.
<< Che significa? >> chiede a un tratto il rosso rivelando una voce sommessa.
<< Cosa? >> ribatto ansiosa.
<< La reazione di Kim, e le sue parole? Cosa ti è successo in quattro anni? >>
<< L’ha già detto lei, no? >> abbasso lo sguardo avvolgendomi il busto con le mie stesse braccia come per proteggermi.
Castiel non parla, e lentamente si avvicina mettendosi davanti a me. << Stai bene? >> chiede con un sibilo. Annuisco trattenendo un singhiozzo. Lui mi accarezza dolcemente il viso, le sue dita percorrono indisturbate la mia umida guancia, per poi porsi sotto il mento e sollevarmelo, alzo lo sguardo incrociando i suoi brillanti occhi che mi guardando con intensità e che pian piano si spostano sulle mie labbra. Sento il suo pollice sfiorarmi la parte inferiore della bocca invitandomi a dischiuderla, e prima che potesse appoggiarvi la sua, gli afferro il polso facendolo fermare. I suoi occhi ritornano a guardarmi con interrogazione.
<< Dimmi che non è un sogno? >> chiedo in un sibilo. Lui scuote la testa sorridendo. << Perché se così fosse, non vorrei svegliarmi più >> aggiungo permettendo a una lacrima di scivolare lungo la guancia.
<< Non è un sogno amore mio >> risponde Castiel per poi baciarmi con passione.
Mille scosse mi sovrastano tutta, abbraccio il mio ritrovato amore stringendolo forte a me, per non lasciarlo andar via. Castiel mi cinge la schiena portandomi più al suo petto. Riesco a sentire il suo frenetico battito del cuore che mischiato al mio, formano un unico inconfondibile suono.
Quando ci distacchiamo, ansimiamo all’unisono. Ci guardiamo negli occhi e ci basta questo per rivelare il nostro immenso amore.
<< Promettimi che non mi nasconderai più nulla >> mormoro poggiando la fronte sul suo petto.
<< Te lo prometto >> risponde prontamente lui, passando una mano fra i miei capelli.
Lo so che è sincero, ed è per questo che non posso e non voglio più mentirgli; così, prendendo il coraggio a due mani, mi distacco dal suo petto, tornando a guardarlo, e con voce tremante dico: << Castiel, i-io devo dirti una cosa… >>
Lo vedo rivolgermi uno sguardo circospetto, lascia cadere la sua mano lungo il suo fianco aspettando che continui.
<< V-vedi, ciò che voleva dire prima Kim, è che in quattro anni… >>
<< Mamma? >> è la voce assonnata di Etienne a fermarmi. Mi volto verso di lui presa alla sprovvista. Il piccolo si stropiccia gli occhi.
<< Etienne >> gli vado incontro prendendolo in braccio.
<< Mamma, non torniamo a casa? >> chiede con uno sbadiglio << ho sonno >>
<< Certo, ci andiamo subito >> rispondo coccolandolo, poi volgendomi verso Castiel, aggiungo: << Scusami Cass >>
<< Niente >> risponde lui scuotendo il capo con un sorriso << ti accompagno >>
<< Grazie >>
Dopo aver salutato tutti e augurato un buon Natale, Etienne ed io ritorniamo a casa accompagnati da Castiel. Kim è andata via prima di noi, dicendo che passava la notte da un suo amico, non ho voluto obbiettare, anche perché so benissimo che è tutto inutile.
Arrivati a casa, Castiel si offre per aiutarmi con Etienne, che dorme beatamente fra le mie braccia. Acconsento senza esitare, gli porgo il bambino osservando con dolcezza tutte le sue mosse, e prese dalla borsa le chiavi del cancello, apro quest'ultimo permettendo al rosso di entrare per primo.
<< Lo porto di sopra? >> chiede non appena entrati in casa.
<< Ti precedo >> sussurro salendo per prima le scale. Varco la soglia della cameretta e disfo il lettino per far appoggiare il bambino. Vedo Castiel lasciarlo con dolcezza e prima di drizzarsi, gli stampa un bacio sulla fronte scompigliandogli poi i capelli con una carezza affettuosa.
<< È davvero bello, tuo figlio >> sibila dopo essersi avvicinato a me.
<< G-già >> balbetto fissando il viso angelico di Etienne.
<< Peccato... >> sento che mormora dopo un po'. Lo guardo incuriosita. Non continua la sua frase, cosa avrà voluto dire? Mi chiedo accorgendomi che i suoi occhi si sono tutti a un tratto intristiti. E come una folata di vento, così ritornano ad aleggiare nell'aria le sue parole dette poche ore fa: "Ginevra non è riuscita a darmi un figlio". D'istinto chiudo le palpebre scuotendo leggermente il capo, intenzionata a cancellare dalla mente quelle dolorose parole, quando a un tratto sento chiamarmi.
<< Co-cosa? >> chiedo con smarrimento ritornando a guardarlo.
<< Ho detto che vado via >>
<< Perché? >>
<< Erich è da solo a casa >> risponde lui raggiungendo il corridoio; lo seguo socchiudendo la porta della cameretta.
<< Potevi farlo stare con noi, perché lo hai accompagnato prima? >> obbietto rammaricata.
<< Mi ha chiesto lui di lasciarlo per primo >> replica serio.
<< E perché? >>
<< Mi ha detto che ha sentito la discussione avuta fra Kim e me, e si è sentito in colpa >>
All'ultimo gradino, mi fermo, reggendomi al passamano di legno. Guardo il vuoto rimembrando ciò che ho detto a Kim, e cioè che Castiel ed io rinunciammo al nostro amore per salvare lui.
<< E... e tu che gli hai detto? >> chiedo con voce fioca.
<< Quello che ormai gli ripeto da quattro anni. Che non è stato a causa sua ma della mia mancanza di coraggio >>
<< Sai che non è così >> affermo tremante << Sai che la codarda sono stata io >>
<< Basta, Rea >> mormora lui con voce sommessa << non facciamoci più male di così >>
<< Kim non doveva dirti quelle parole, perché non sei stato l'unico a nascondermi le cose >> tremo nel formulare quella frase. Vedo Castiel inarcare le sopracciglia concentrato su ciò che sto per dire.
<< Cosa stai dicendo? >> chiede.
<< La verità è che... >>. A interrompermi ancora una volta, è il copioso trillare del suo cellulare. Mi lancia un'ultima occhiata circospetta, prima di decidersi a rispondere.
<< È Erich >> annuncia scocciato << Devo andare, ma... >>
<< Va Castiel >> lo interrompo con un sorriso rassicurante << non far preoccupare tuo fratello >>
<< Ne riparleremo? >> chiede con convinzione.
Annuisco regalandogli un sorriso. << A domani >> aggiungo avvicinandomi a lui pronta per baciarlo.
<< Domani non so se ci potremo vedere >>
<< Perché? >>
<< Ho promesso ad Alain che sarei andato a trovarlo >>
<< Vuoi che venga con te? >>
<< No, non preoccuparti ci vedremo domani sera >>
<< Ok >>. È l'ultimo suono che esce dalla mia bocca prima di poggiarla ancora una volta sulla sua.
Quel bacio è breve e dal tocco freddo, ma non ci facciamo caso. Ci salutiamo così, senza aggiungere altro; e quando la porta d'ingresso mi si chiude davanti, le mie gambe cedono facendomi scivolare sul tappeto. Che strana reazione ho avuto, mi dico sorridendo e allo stesso tempo piangendo. Le lacrime che ne seguono sono di gioia, perché il mio cuore sa che finalmente è finito tutto. Niente più ostacoli. Niente più Ginevra.
 
***
 
<< Ok Rosa, ti ringrazio >> sbuffo chiudendo la chiamata e appoggiando il cellulare sulla scrivania. Indietreggio la testa affondandola sulla spalliera della poltrona posta dietro la scrivania del mio ufficio.
Le feste sono terminate e al loro posto è subentrato il ritorno a scuola. Oggi è il primo giorno e per me è come se fosse il cinquantesimo. No. Non è iniziato come spero ormai da anni. Quei quattro bulletti da strapazzo hanno ricominciato a rompere i soliti attributi che mi mancano, cazzeggiando e dando fastidio ai professori. Fortunatamente manca ancora il loro capo, la convalescenza durerà un mese, quindi per il momento potrò stare tranquilla senza assorbirmi le sue perversioni.
Ma non è questo il motivo per cui mi sento depressa: dal giorno di Natale, Kim non si è fatta più sentire né vedere; l'ho chiamata un miliardo di volte ma senza avere uno spiraglio di speranza nel sentire la sua voce. Dannazione! Rifiuta la mia chiamata così semplicemente che il solo movimento delle braccia nell'avvicinare e allontanare il cellulare dal mio orecchio, ha fatto invidia ai migliori culturisti del mondo tant'è che i muscoli si sono dilatati.
Ho chiamato Rosalya convinta che almeno lei abbia notizie della bruna, ma purtroppo mi ha detto che quest'ultima rifiuta anche la sua chiamata.
<< Che ti prende, Kim? >> sibilo girando la poltrona verso la finestra. Mi ritrovo a fissare il cielo azzurro. Qualche nuvola impicciona lo macchia permettendo al vento di cambiarla in immagini da scoprire. Sorrido malinconica, e lentamente chiudo gli occhi cercando di cancellare dalla mente i mille pensieri che mi assillano senza alcun pudore.
Sentendo dopo un po' bussare alla porta, riapro gli occhi di soprassalto voltandomi velocemente, e prima di rispondere, tossisco sentendomi la saliva pietrificarsi in gola. Nathaniel entra con fare indeciso accompagnato da due alunne.
<< Cosa c’è Nath? >> chiedo incuriosita volgendo lo sguardo verso le ragazze.
<< Ecco, Rea, loro vogliono sapere la risposta per la festa dei club >>
<< Quale festa? >> ribatto volgendo lo sguardo da un’altra parte. Vedo le due guardarsi negli occhi e poi rivolgersi verso Nathaniel speranzose di qualche risposta plausibile.
<< Non te ne ho parlato? >> chiede scettico.
<< E quando avresti dovuto? Oggi è il primo giorno di scuola dopo le feste natalizie >> rispondo spazientita.
<< Sì scusami, ultimamente sono tra le nuvole >>, si passa una mano sulla fronte, massaggiandosi le tempie << Le ragazze si chiedevano se potevano organizzare una festa per i club, per far vedere alle altre scuole i loro lavori >>
Annuisco con il capo sentendo quella proposta. << E’ un’ottima idea, ragazze >> sorrido contenta << Naturalmente, Nathaniel, ti occuperai tu di tutto, vero? >> espongo quella domanda in maniera che la risposta sia ovvia.
Il delegato mi guarda smarrito, sembra trattenere il respiro, forse vuole dire qualcosa, ma non gli do il tempo di farlo. Inventando una scusa, li congedo per rimanere sola.
Le ragazze escono esultanti, mentre Nath le segue mogio.
Quando il silenzio invade un’altra volta la stanza, d’istinto afferro il cellulare ricomponendo il numero di Kim. Niente da fare, mi rifiuta la chiamata, e a quel punto, persa la pazienza, scaravento l’oggetto sulla scrivania, alzandomi dalla poltrona e camminando avanti e indietro nervosa.
Come una folata di vento, un pensiero glaciale mi passa per la mente: “E se ha deciso di troncare la nostra amicizia?”. Mi fermo rabbrividendo a quel pensiero. Scuoto la testa riprendendo a camminare. “No, non può essere, non può assolutamente fare così”. Sbuffo per scacciare l’ansia, e messe le mani sui fianchi, vago con gli occhi alla ricerca di qualcosa che possa distrarmi da quegli assurdi pensieri.
Decido di uscire a prendere una boccata d’aria fresca. Il corridoio e stranamente silenzioso; l’orologio a muro affisso sulla prima colonna, segna le dieci e cinque, mancano ancora venticinque minuti prima della ricreazione. Sorrido ricordandomi alcuni momenti della mia adolescenza. Fu all’incirca a quell’ora che ebbi la prima strana conversazione con Castiel. Lui si trovava nei pressi del club di giardinaggio e riposava disteso sull’erba, quando inciampai su di lui; mesi dopo, scoprii che si trovava lì per fare da palo alla tresca tra Lysandro e Rosalya. Dio, ricordo anche quel giorno in cui li scoprii mentre stavano facendo sesso nell’aula di chimica.
Sorrido sentendomi alquanto imbarazzata. Anche se detesto questo lavoro, e lancio maledizioni giornaliere verso la gangster, mi rendo conto che in questo liceo ho vissuto momenti molto importanti che hanno segnato la mia vita. In questo liceo è nata la vera Rea.
Pensando a tutto questo, non mi accorgo di essere giunta nei pressi del club di giardinaggio. Fisso intensamente e in maniera malinconica il prato, immaginandomi il corpo di Castiel disteso a riposarsi. Alzo lo sguardo verso la finestra che dà nell’aula di chimica e mi avvicino lentamente. Le tende a rullo sono state abbassate per metà e dall’interno si vede ben poco. Mi affaccio verso il vetro per vedere meglio, a quest’ora non c’è lezione e la classe è vuota. Mi drizzo di nuovo, e quando riguardo alla tenda, come un fulmine a ciel sereno, un pensiero mi balena per la mante.
“Un momento!” mi dico titubante “non c’è lezione di chimica, ma allora perché le tende non sono state tirate verso il basso?”.
<< Che pensiero del cavolo >> sussurro scuotendo la testa. Si saranno di certo dimenticati di chiuderla. Ritorno a guardare il giardino, e nel farlo, ricordo che in quell’aula, il professor Faraize lascia allo scoperto dei liquidi chimici che non possono rimanere esposti alla luce del sole.
<< Che palle >> sbuffo scocciata.
Ora, non che non mi va di fare tutto il giro del liceo per entrare nell’aula di chimica, ma è proprio di fare tutto quel percorso che non ne ho voglia; così, guardandomi a destra e a manca per controllare che nessuno mi stia guardando, mi avvicino alla finestra, benedicendo chi l’ha lasciata aperta, e imitando il meglio possibile Catwoman, mi ci arrampico per entrare.
“Spero solo che non mi veda nessuno” penso sorridendo come un’idiota. Scavalcato il muretto, sollevo la tenda a rullo cercando di poggiare il piede sul pavimento di marmo, ma non appena mi accingo a farlo, delle voci bloccano i miei movimenti. Spaventata, cerco di ritornare nel giardino, sfortunatamente la maglia si impiglia nell’infisso e se faccio un’altra mossa, rischio di strapparmela, ma non posso farmi scoprire, sai che figura del cavolo?
Afferro il lembo cercando disperatamente di staccarlo, mentre le voci si fanno più vicine. Sono presa troppo dall’ansia per accorgermi che, chi sta parlando, si trova proprio nell’aula. Alzo lo sguardo e lo riabbasso di nuovo sulla maglia, ma qualcosa, un’immagine che ho percepito confusa, cattura ancora una volta i miei occhi, che riposiziono sullo specchio affisso alla colonna dal quale vengono riflesse due figure.
Fermo le mie gesta incredula e allo stesso tempo incuriosita. A quel punto anche il mio udito si concentra su quelle voci sussurrate.
C’è qualcuno nascosto nell’anticamera della classe, e da ciò che vedo riflesso in quello specchio si riflette contemporaneamente nella mia mente scaturendo in essa una sensazione di déjà-vu.
   
 
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