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Autore: Neon5    02/03/2015    1 recensioni
La vita ad Annabel non aveva fatto altro che mostrarle prove insormontabili, che avevano inciso profondamente e danneggiato la sua psiche e la sua salute; tuttavia il suo passato non era nient'altro che l'inizio di una serie di sfortunati eventi.
E tuttavia si ricordava ancora di due fratelli, che aveva conosciuto in un remoto passato e che in qualche modo avevano influenzato la donna che era diventata oggi.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corazòn, Donquijote Doflamingo, Donquijote Family, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Fiducia

 

 

È davvero incredibile come alcune circostanze possano far emergere dal nulla ricordi sepolti ormai da tempo. Parlo di determinate situazioni, emozioni e sensazioni che si provano sulla propria pelle e che in qualche modo vanno ad aprire i cosiddetti “cassetti della memoria,” dove vengono gelosamente conservati i ricordi più cari.

In quel momento mi trovavo tra le braccia del marine e il mio volto era vicino al suo, così talmente vicino che potevo sentire il suo caldo respiro far traballare le ciocche dei miei capelli. Restai lì per diversi minuti, non saprei dire quanti esattamente. Sì, restai lì a farmi cullare dal ritmo del suo petto che si alzava e si abbassava, dal suo calore e dal suo odore; era quest'ultimo che in particolare aveva stimolato la mia memoria, e l'aveva stimolata in un modo che definirei... positivoMi veniva infatti in mente che io quell'aroma così gradevole e rilassante l'avessi già sentito prima, e ricordavo anche quando.
E così, invece di alzarmi e scappare via, avvicinai il mio naso ancora di più al suo collo ed inspirai una profonda boccata: ormai non avevo più dubbi, quello era lo stesso odore che sentivo da bambina ogni volta che mi avvicinavo a mio padre per dargli il bacio della buonanotte. Ma cos'era?

Ero così assorta nei miei pensieri da non accorgermi che il marine adesso aveva riaperto gli occhi e mi stava... fissando. Già, mi fissava silenzioso, con aria attonita. Sgranai gli occhi e mi allontanai di scatto, spostai bruscamente le sue braccia da me con entrambe le mani e mi rialzai. Ma che diavolo mi era preso? Ero imbarazzata a morte.
« Che diavolo hai da guardare, eh? »
« Eh? I-io? Ehm ecco... niente... S-stai bene? » balbettò, abbassando la testa.
« No, mio nonno! »
« Come non detto, » sospirò, « visto il tuo sarcasmo ne deduco che tu stia bene ».
Il marine si rialzò, e in quel momento potei constatare ancora meglio quanto fosse alto, e sebbene io fossi un metro e settantasette dovevo alzare la testa per poterlo guardare in faccia. Restammo a fissarci in silenzio per qualche minuto; ero confusa, imbarazzata, non sapevo davvero cosa fare. Avevo mille pensieri per la testa, ma fra tutti quei pensieri ce n'era uno in particolare che mi premeva più di tutti, un impellente interrogativo che necessitava di una risposta immediata.
« Senti... cos'è... quel profumo sul tuo collo? » chiesi, abbassando lo sguardo a terra. Era una domanda così... stupida, fatta nel momento meno opportuno per giunta. Il marine sbarrò gli occhi e mi guardò perplesso per diversi lunghi istanti. Beh sì, forse la mia domanda era davvero insensata, ma in quel momento era l'unica cosa che volevo sapere.
« White... i-il profumo dici? Ehm ecco... è il mio dopobarba... »
« Dopobarba? Cosa significa? Parli di barba, ma tu la barba non ce l'hai... »
« Me la sono fatta stamattina, ecco perché non c'è... »
« Con “fatta” intendi dire che te la sei tagliata? »

Il marine prese a guardarmi in modo ancor più strano, era letteralmente basito. Ma perché, cosa c'era di così strano nella mia domanda? Sapevo bene che gli uomini avevano la barba, però non la vedevo a tutti, beh sì magari non tutti ce l'avevano e forse lui era proprio uno di quelli senza...
« Wh-White... ma tu... davvero non lo sai? » replicò con voce tremolante, « noi uomini ci tagliamo la barba, dopo usiamo il dopobarba, serve per disinfettare la pelle dopo la rasatura... »
« Ah ehm... certo che lo sapevo, mica sono stupida! »
« No, dalla tua domanda era evidente che tu non lo sapev... »
« Sta zitto! » urlai.
Okay devo ammetterlo, non avevo molta conoscenza delle abitudini maschili, sui miei libri di anatomia non avevo letto da nessuna parte che gli uomini si tagliassero la barba! Mi sentivo una stupida, ma non gliel'avrei data vinta.

« Ad ogni modo, cos'hai deciso di fare... con me? Vuoi ancora ammazzarmi o mi credi adesso? »
Il suo sguardo cambiò di colpo, mi guardava con aria seria e determinata adesso, aspettava una mia risposta. Quello che lui aveva appena fatto per me era stato qualcosa di a dir poco... folle. Cosa dovevo fare? In fin dei conti forse non avevo davvero altra scelta. E poi io... non volevo ammazzarlo, e forse per la prima volta in vita mia dovevo ammettere che magari stavolta mi trovavo di fronte a un bravo ragazzo. Era vero che le Kuja consideravano tutti gli uomini malvagi e meschini, però io avevo avuto la fortuna di conoscere mio padre, e dentro il mio cuore covavo ancora la speranza che gli uomini non fossero davvero tutti uguali. Ciò però non significava che potevo fidarmi ciecamente di quel tipo, non dovevo abbassare la guardia neanche per un attimo.

« Senti marine, » replicai, « facciamo una cosa... io ti “userò” per andarmene via da qui, nonostante tutto devo riconoscere che il tuo aiuto mi sarà utile se voglio scappare via senza farmi notare, però appena mi accorgo che mi hai mentito... giuro che ti ammazzo sul serio ».
« D'accordo, sono felice che tu abbia accettato». In quel momento le sue labbra si allargarono in un sorriso, che gli illuminò il volto. Era un fumatore, ma allora come diavolo faceva ad averci un sorriso così...così... splendido? Restai qualche secondo inebetita a fissarlo, ma subito dopo fui distratta da un ticchettio; abbassai lo sguardo e vidi le sue mani, che ancora grondavano di sangue.
« Dove hai trovato le bende per curarmi?»
« Al piano di sotto, c'è un'infermeria ».
« Bene, » dissi, « andiamoci. Devo arrestare la tua emorragia, perdi sangue e rischiamo di lasciare troppe tracce, non voglio attirare l'attenzione di quelle bestiacce ».

 

                                                                                           ✣ ✣ ✣

 

Dopo aver percorso numerosi corridoi che sembravano non finire mai arrivammo finalmente in infermeria, o per meglio dire quella che una volta chiamavano infermeria, perché adesso era solo una stanza buia e disordinata, dalle pareti ammuffite e con ragnatele disseminate ovunque. C'era un armadietto bianco in un angolo, lo aprii e al suo interno trovai delle candide bende bianche, conservate accuratamente dentro dei sacchetti di plastica sottovuoto. Quel posto faceva schifo, ma almeno le bende erano sterili e sicure, probabilmente erano l'unica cosa buona rimasta in quel luogo. Insieme alle bende trovai anche una bottiglia di disinfettante e del cotone, ancora sigillati.
« Okay marine, adesso siediti sopra quel lettino, ehm... sei davvero alto e non riesco a... »
« Va bene... »

Il marine si sedette, mi porse entrambe le mani e iniziai a disinfettargli le ferite con il cotone e l'alcool. Dovevano fargli un male cane, eppure mentre gli passavo l'alcool non mostrò neanche la minima smorfia di dolore sul suo viso; gliele strofinai con cura e dopo gli fasciai entrambe le mani con le bende.
« Però, sei stata brava, non ho sentito assolutamente niente... »
« Sono un dottore nel caso non lo sapessi, magari quando torni al Quartier Generale te lo leggi il mio fascicolo... Potresti scoprire cose interessanti, chissà... »
« White, » sospirò, « ancora con questa storia... Ascoltami, per me possono averci scritto la qualunque cosa, non m'interessa; io credo solo a ciò che vedo, e sono sicuro che quella che ho visto oggi non è una malata mentale priva di scrupoli... »
Una malata mentale priva di scrupoli. Ecco che descrizione gli avevano fornito sul mio conto. Ma di cosa mi meravigliavo? Insomma, sapevo già come mi definivano, ma allora perché quando udii le sue parole tutt'a un tratto mi sentii così... così... depressa?
« White, va tutto bene? Scusami, forse non avrei dovut... »
« Va bene così, » lo rassicurai, « sto bene ». Mi avvicinai ad uno specchio rotto e iniziai a specchiarmi; quello che vidi mi lasciò sconvolta, amareggiata. Avevo i capelli arruffati ed ero pallida, sciupata, ma la cosa che mi irritò maggiormente fu vedere i segni violacei che avevo sul collo, perché rimandavano la mia mente a quel demonio.
« White... »
« Ho detto che sto bene, cazzo! » urlai, tirando un pugno allo specchio e rompendolo del tutto. La mia mano sanguinava adesso, e alcune schegge di vetro erano penetrate nella mia pelle.
« No, tu non stai bene, per niente! »
« Che importanza può mai avere, » sibilai a denti stretti, estraendo lentamente dalle nocche della mia mano le schegge più grosse, « la gente sarà davvero felice solo quando io morirò. Sai, ricordo bene il giorno in cui giustiziarono Roger; le campane suonavano, la gente festeggiava. Erano convinti che si fossero liberati di un demonio, anzi, del “Re” dei demoni... tsk, poveri illusi. Illusi e ipocriti, temevano Roger, quando invece nessuno di loro osava ribellarsi contro i veri responsabili delle sofferenze umane! Voi della Marina non siete altro che delle marionette, manovrate abilmente dalle mani dei marionettisti bastardi che dirigono questo cazzo di mondo! Non ce l'ho con te marine, davvero, ce l'ho solo... con il mondo intero. Roger ha solo insegnato loro il modo di ribellarsi contro un sistema di cose che non andava, c'è chi ha seguito le sue orme e c'è chi invece continua ad avere paura, e questa storia va avanti già dagli albori dell'Era della Pirateria ».

Il marine restò in silenzio per qualche minuto a contemplare le fasciature sulle sue mani, dopo si alzò dal lettino e mi fissò dritto negli occhi.
« Sai, » disse con voce molto calma, « tu... il tuo modo di parlare... mi piace. So che può sembrarti strano, ma io la penso esattamente come te. Sono in Marina da molti anni ormai, da quand'ero bambino praticamente, e parecchie volte mi sono trovato a dover agire contro la mia volontà, solo perché... avevo le mani legate. Questa invece è la prima volta in cui io posso agire come voglio e fare finalmente la cosa giusta. White, ti prometto che catturerò quel bastardo, lo farò per te, per tutta la gente che ha ucciso e in nome del Comandante Gordon che lo arrestò ventidue anni fa! »

Mentre il marine parlava potevo di nuovo vedere quella luce nei suoi occhi, quella determinazione; dentro di me sapevo bene che quella era la stessa luce che risplendeva negli occhi di qualcuno che era davvero convinto di ciò che stava dicendo. Quel ragazzo stava dicendo davvero ciò che pensava, e aveva anche nominato... mio padre. I miei occhi iniziarono a bagnarsi, non sapevo come, ma in qualche modo le sue parole mi avevano commosso profondamente.
« Hey m-ma tu... White...Va tutto bene? »
« S-sì, » balbettai, strofinandomi gli occhi e girandomi velocemente dall'altro lato, « sappi però che per oggi non potrai più catturarlo, sarà andato via ormai... »
« Sì, molto probabilmente hai ragione... Quel tipo non è uno stupido, avrà sentito parlare dell'arrivo di Sengoku e se la sarà già data a gambe... »
« È solo colpa mia, » sussurrai, abbassando la testa e guardando a terra.
« No White, non è colpa tua, ti sei solo trovata nel posto sbagliato e al momento sbagliato, è già un miracolo che tu sia ancora viva ».
M-ma... avevo davvero sentito bene? Era palesemente colpa mia se lui non aveva acciuffato quel tipo, ma allora perché continuava a non volermi fare sentire in colpa?
« Se scoprono che mi stai aiutando per te sono guai... Nella migliore delle ipotesi ti manderanno davanti alla Corte Marziale e ti condanneranno per tradimento... »
« Brava, vedo che sai bene come funzionano le cose in Marina... Già, potrebbero anche condannarmi a morte ». Quando finì la sua frase tornò a sfoggiare per l'ennesima volta quel sorriso, così caldo e smagliante da far invidia anche al sole. Restai lì a fissarlo, non sapevo cosa dire; per la miseria, quel tipo era pazzo o cosa?
« Questa sarà la mia ultima missione “ordinaria,” » continuò, « dopodiché mi ritirerò e pianificherò finalmente come realizzare il mio sogno ».
« Il tuo “sogno,” » sghignazzai, « che c'è marine, non mi starai mica dicendo che vuoi andare in pensione già così giovane?! So che è il sogno di tutti voi marines essere retribuiti profumatamente senza fare un cazzo, però mi sa che tu dovrai aspettare ancora qualche annetto... »
« White... » sospirò, « io ho un obiettivo da raggiungere, una cosa importante da fare: devo fermare una persona a tutti i costi, una persona malvagia che con la sua follia vuole portare questo mondo in rovina. Io sono l'unico che può fermarla ».
I suoi occhi tornarono a risplendere vividamente, era di nuovo quella luce, quella luce che mi lasciava incantata ad osservarlo. Un momento, ma che diavolo mi stava succedendo? I-io stavo davvero ammirando quel ragazzo, e mentre parlava non riuscivo a staccare gli occhi da lui... M-ma perché ?!
No, non avevo il tempo per contemplarlo, io dovevo trovare un modo per andarmene via da lì, e alla svelta anche!

« Senti marine, grazie per avermi resa partecipe di questi tuoi... ehm, “presunti” piani futuri, però io adesso avrei una domanda: come diavolo facciamo ad andarcene via da qui? »
Il marine mi osservò a lungo, poi si girò dall'altro lato e uscì fuori dalla stanza.
« Seguimi e non fare domande ».
« Che testa di cazzo » mormorai digrignando i denti.
« Guarda che ti ho sentita ».
« Okay, arrestami allora! »
« Ho già detto che non ho intenzione di arrestarti, e sinceramente mi scoccia ripeterti sempre la stessa cosa... Ma se vuoi posso toglierti la parola! » disse, fermandosi e guardandomi dritto negli occhi. Stava sorridendo, di nuovo. Quel maledetto sorriso, che mi lasciava imbalsamata ad osservarlo. Abbassai gli occhi e senza fiatare continuai a seguirlo. Quel tipo iniziava davvero a starmi sulle scatole.

 

                                                                   ✣ ✣ ✣


Camminavamo ormai da diverso tempo, avevamo sceso parecchie rampe di scale e adesso mi aveva portata in quelle che sembravano essere le fondamenta dell'edificio, un vasto piazzale di cui non si riusciva a vedere la fine, sorretto da alcuni pilastri di cemento armato e interamente sovrastato dalla struttura. Era un posto molto buio, molto più tetro delle stanze del sanatorio, e iniziai ad avere paura. Forse avevo fatto male a fidarmi di quel tipo. Indietreggiai verso le scale, che erano ancora illuminate dal lieve barlume dell'alba.

« Va tutto bene? » disse, voltandosi verso di me.
« Dove siamo? » chiesi nervosamente.
« Siamo nei sotterranei del sanatorio ».
« Grazie tante, » sbottai, « ma a questo c'ero arrivata anch'io! »
« Sai, » sospirò, « sei davvero permalosa... So bene che tu ancora non ti fidi di me, guarda che non sono stupido... Se ti ho portata quaggiù è per cercare una botola, attraverso la quale andremmo via dall'isola senza farci vedere! Ci sono dei tunnel sotterranei che collegano tutte le isole, noi useremo questo passaggio segreto e così eviteremo d'incontrare sia quelle bestiacce e sia i miei uomini! Io ho una mappa dei tunnel che portano fino al porto di August, ed è da dove ho intenzione di farti fuggire! »
« Tsk... Sai marine, sarai anche imbranato, però.... sei furbo; un punto a tuo favore. Spero vivamente per te che tutto quello che mi stai dicendo sia la verità ».

Si voltò dall'altro lato e senza replicare continuò a camminare, poi tirò fuori dalla tasca l'accendino. Visto che quel posto era più buio della pece sapevo bene che cosa aveva in mente di fare... Oh no, dovevo fermarlo!
« Hey, aspetta! » urlai, precipitandomi verso di lui.
« Sì? »
« Lascia fare a me, » sospirai, « ho già assistito allo spettacolo della “torcia umana” di ieri sera e sinceramente... non ho voglia di rivederlo. Tengo io l'accendino, se sempre non ti dispiace, tu cerca la botola ».
« Sei davvero acida, è inutile che cerchi di camuffarlo usando un linguaggio cordiale... Comunque va bene, se proprio ci tieni prendilo tu ».

Quel marine mi stava davvero sulle palle, ma se volevo andarmene via da lì dovevo sopportarlo. Io gli facevo luce con l'accendino e lui si abbassò a terra a cercare la botola; dopo diversi minuti di ricerca finalmente trovò quella che sembrava essere una grossa asse di legno, leggermente in dislivello con il resto del pavimento e con un lucchetto sopra . Con un calcio fece saltare via il lucchetto e subito dopo sollevò la botola con entrambe le mani; si calò di sotto e dopo qualche minuto si aggrappò al pavimento e si riaffacciò.
« White, puoi venire! Però è molto profondo, ma ti prendo io! Dai, salta giù! »
« Ehm s-sì, » balbettai, mettendo in tasca l'accendino. Diedi una veloce occhiata all'oscura voragine che si apriva sotto di me, non era esattamente rassicurante, anzi faceva davvero accapponare la pelle, però dovevo farlo. Chiusi gli occhi e saltai giù, senza pensarci due volte. Il marine mi afferrò immediatamente, cingendomi entrambe le mani saldamente alla vita. Io mi aggrappai alle sue spalle e al suo collo con entrambe le braccia, e con una mano afferrai una ciocca dei suoi capelli dietro la testa. I suoi capelli erano così... soffici e morbidi al tatto, così piacevoli da toccare... Dopo un po' iniziai a muovere lentamente le dita in mezzo ai suoi capelli, li tastavo accuratamente, mentre inspiravo delle profonde boccate di profumo di quel suo “dopobarba”...

« White, va tutto bene? » sussurrò all'improvviso al mio orecchio sinistro. Il suono della sua voce in quel momento era così dolce e calmo che mi diede una strana sensazione: sebbene avessi sentito ciò che mi aveva appena detto non riuscivo a rispondergli, il solo sentire le sue labbra sussurrare vicino a mio orecchio mi mandò come... in estasi. L'unica cosa che sentivo adesso erano i bulbi piliferi delle mie braccia indurirsi e alzarsi bruscamente. Non risposi, ero come paralizzata.

 

                                                          

« Potresti ehm... lasciarmi i capelli? Così ti metto a terra... »
« Eh?! » esclamai, « ah, s-sì certo, scusami! » Mollai immediatamente i suoi capelli e con un balzo saltai giù dalle sue braccia. Mi sentivo terribilmente imbarazzata. Quando ce l'avevo vicino il cuore mi batteva a mille, mi sentivo ardere il viso e a stento riuscivo a capire cosa mi diceva; ma che diavolo mi stava succedendo? Mi stavo forse ammalando? O forse era ancora l'effetto di quel veleno di prima? No, non era possibile, quelli non erano i sintomi di un avvelenamento; era qualcosa di diverso, ma cosa? Forse era lui che mi faceva stare in quel modo... La sua presenza mi turbava? O mi piaceva? Non lo sapevo, mi sentivo così confusa.

Tirai fuori l'accendino dalla tasca, accesi la fiamma e iniziai a camminare.
« Seguimi e fa attenzione a non inciampare » mormorai con tono pungente.
« Dovresti essere tu a seguire me, mica sai dove andare... »
« Ti ricordo che sono io quella che fa luce, quindi limitati a starmi dietro e a dirmi da che parte andare ». Mi voltai e gli lanciai un ghigno sarcastico, che lui ricambiò prontamente con un'occhiataccia. Mi piaceva stuzzicarlo.
« Adesso va a destra, e vedi di muoverti ».
« D'accordo, » replicai ironica, « antipatico ». 

 


Salve lettori, perdonatemi per il ritardo atroce (o lapidatemi, a vostra scelta :))...
Dovevo pubblicarlo prima questo capitolo, solo che avere mille cose da fare e poco tempo per farle... è un problema XD

Ma cosa succede ad Annabel, dice di odiarlo ma, per qualche strano motivo, non gli stacca gli occhi di dosso... e... non solo gli occhi eh eh eh XD

Il disegno che ho fatto stavolta è disegnato (come al solito) nell'arco di 10-15 minuti (da notare la mano di Annabel tra i capelli del nostro eroe, ho riso un sacco mentre pensavo a come fargliela)...
Prima o poi lo farò qualche disegno più impegnativo (tipo quelli che ho fatto per i capitoli 6 e 13), e con
più impegnativo intendo dire che io per un disegno posso metterci anche... settimane a farlo, dipende dalla quantità/qualità di dettagli realistici che voglio mettere :)

  
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