Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Ortensia_    03/03/2015    1 recensioni
"Kuroko Tetsuya, giovane promessa del basket conosciuto come: "Il sesto uomo fantasma della Generazione dei Miracoli", trovato impiccato nel suo piccolo appartamento di periferia.”: questo è ciò che i giornali riportano in una fredda mattina di febbraio.
Tuttavia basta una più attenta osservazione per capire che non si tratta di suicidio e, fin da subito, il cerchio dei presunti colpevoli si restringe attorno ai grandi talenti del basket, a coloro che più sono stati vicini a Kuroko. Adesso che il nodo di congiunzione si è sciolto, gli ingranaggi si romperanno di nuovo.
«Il nodo di congiunzione che li aveva tenuti uniti si era sciolto, distrutto in una piovosa giornata di febbraio: le anime che si erano ritrovate grazie a Kuroko sarebbero ricadute molto presto nella malattia, si sarebbero allontanate e non avrebbero più avuto occasione di riavvicinarsi.
Da quel giorno in avanti, la spaccatura che Kuroko era riuscito a riparare si sarebbe tramutata in una voragine nera che li avrebbe risucchiati tutti, li avrebbe consumati e distrutti, dal primo all'ultimo.»

Accenni: KagaKuro; KuroMomo (altri, leggeri leggeri)
Coppie: AoKise
Genere: Dark, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kiseki No Sedai, Satsuki Momoi, Taiga Kagami
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo VII


Quando Aomine fece marcia indietro e raggiunse nuovamente l'entrata dello studio medico, si sentì privare del respiro e fu inizialmente incapace di rielaborare l'immagine che gli si era presentata davanti: Akashi aveva spostato il grande zerbino rosso ed era inginocchiato di fronte a quella che pareva essere a tutti gli effetti una botola.
«Merda...» Aomine strinse i denti e scattò in avanti, chinandosi di fronte ad Akashi e affrettandosi ad estrarre i guanti dalla tasca della giacca, indossandoli con un movimento rapido e concitato.
«Una botola sotto lo zerbino di uno studio medico non è certo qualcosa che si vede tutti i giorni, dico bene, Daiki?» Seijuurou sollevò il proprio sguardo in cerca di quello dell'altro e lo trovò solo per un istante, prima che Aomine afferrasse l'imposta e sollevasse il grande e spesso blocco di legno, rivolgendo la propria attenzione alla voragine buia e cercando di capire quanto fosse profonda.
Daiki rivolse una rapida occhiata a Seijuurou e infilò nuovamente la mano nella tasca della giacca, sospirando spazientito.
«Immagino che non resterai qui a fare la guardia, vero?»
Akashi lo fulminò con lo sguardo e quella risposta fu più che sufficiente.
«Allora metti questi, non si sa mai.» borbottò ed estrasse un altro paio di guanti dalla tasca della giacca, porgendoglieli e ritirando la mano una volta che Akashi li ebbe afferrati.
«Scendo.» Aomine imboccò, seppur un po' titubante a causa del buio, le scale; tastò il primo gradino con il piede cercando di capirne la larghezza e in modo da assicurarsi che non vi fossero alcune irregolarità e cominciò a scendere.
Akashi, dal canto suo, si affrettò ad indossare i guanti e imboccò le scale con la stessa cautela - forse anche più attenta e professionale - di Aomine.
«Ce ne sono parecchie, di scale.» una volta arrivato in fondo, Daiki estrasse il cellulare dalla tasca della giacca e proiettò la brillante luce emanata dallo screensaver sulle pareti, in cerca di un interruttore.
Appena Aomine ebbe trovato l'interruttore e la luce artificiale irradiò lo spazio circostante, Akashi accelerò il passo e scese in tutta fretta l'ultima decina di scale, rivolgendo immediatamente la propria attenzione allo spazio che si delineava oltre la figura dell'ex asso della Generazione dei Miracoli.
«Daiki...» Akashi si soffermò, in particolare, sulla grande bacheca appesa alla parete opposta e transitò accanto all'altro senza degnarlo neppure di uno sguardo.
Aomine non disse nulla: in verità avrebbe fatto volentieri a meno di trovarsi lì, avrebbe voluto che qualcosa gli impedisse di voltarsi e lo costringesse a risalire le scale e tornare allo studio medico, che una forza misteriosa gli facesse dimenticare di quella botola sotto lo zerbino. Chiuse gli occhi e inspirò appena, cercando di ritrovare un po' di lucidità, poi si voltò e la grande bacheca in fondo alla stanza attirò immediatamente la sua attenzione, soprattutto perché Akashi si trovava già immobile di fronte ad essa.
Daiki prese una grande boccata d'aria e si avvicinò lentamente alla grande bacheca; Akashi, dal canto suo, restò con lo sguardo fisso su di essa e in completo silenzio almeno finché l'altro non gli fu accanto.
«Sono articoli di giornale, risalgono a poco più di un anno fa.»
Aomine pensò che Akashi avrebbe potuto anche fare a meno di fornirgli quelle informazioni: lo vedeva da solo e, soprattutto, era facile immaginare che cosa ci fosse scritto su quei pezzi di carta, di conseguenza era quasi impossibile non indovinare il periodo a cui risalivano.
«Come ho fatto...» Daiki sospirò sommessamente e sfiorò con i polpastrelli inguantati della mano destra il nome che appariva su uno degli articoli «a non pensarci prima?»
«Forse perché la persona che credevamo di conoscere così bene è, in realtà, un individuo sconosciuto.» Akashi parlò piano, seguendo il movimento lento delle dita dell'altro sulla carta di giornale, grigia e sottile.
Alla bacheca erano affissi sei articoli di giornale di varia grandezza, due erano stati tagliati con estrema precisione, gli altri avevano i bordi irregolari ed erano sgualciti, sembravano essere stati strappati con rabbia.
Quegli articoli parlavano di un incidente avvenuto nel dicembre di due anni prima e, più precisamente, di due ragazzi che viaggiavano in auto in piena notte.
Faceva davvero molto freddo, era stato un inverno piuttosto rigido e Daiki lo ricordava perfettamente.
Dopo aver passato una tranquilla serata con gli amici, il guidatore aveva offerto un passaggio all'altro e aveva deciso di percorrere una strada poco praticata in modo da giungere a destinazione il prima possibile, ma il motivo della disgrazia era stato proprio quello: essendo un tratto difficilmente battuto, il freddo aveva cominciato a proliferare e sull'asfalto si erano formati lastroni di ghiaccio più o meno sottili. L'auto aveva improvvisamente slittato su uno di quei lastroni e il guidatore aveva perso il controllo del veicolo, che si era ribaltato una, due, tre volte.
Il guidatore ne uscì illeso, mentre il passeggero riportò gravi ferite e passò circa quattro settimane in coma, che infine si tramutò in stato vegetativo. Il due febbraio dell'anno dopo, i medici - con il consenso dei famigliari - staccarono la spina e ne decretarono l'effettivo decesso.
Il guidatore era Kuroko Tetsuya, mentre il passeggero era Takao Kazunari.
«Il due febbraio...» Aomine mormorò, continuando a sfiorare la carta di giornale.
«Lo stesso giorno in cui è morto Tetsuya.» Akashi parlò a voce bassa, estremamente amareggiato da quella situazione; Aomine, dal canto suo, non voleva crederci e aveva la sensazione di essere sul punto di vomitare: se era rimasto shockato all'idea che il colpevole potesse essere Murasakibara, figurarsi ora che si ritrovava di fronte a prove inconfutabili che inchiodavano un altro dei suoi ex compagni di scuola.
Seijuurou sospirò sommessamente e si scostò, si voltò e restò ad osservare il telone bianco che lasciava intravedere appena le sbarre di alcune gabbie e le siringhe presenti su un lungo piano di marmo.
«Daiki?» comprendeva perfettamente lo stato di shock in cui si trovava l'altro e gli sfiorò la spalla con un tocco delicato della mano, cercando di richiamare la sua attenzione.
Aomine gli rivolse un'occhiata confusa, quasi spaesata, ma restò in silenzio.
«Ci servono prove, giusto?»
«Sì.»
«Allora trovale. Sei un poliziotto.»
Daiki annuì appena, poi si voltò e restò ad osservare le siringhe poste sul piano di marmo, due vuote e una riempita a metà da un liquido trasparente, si avvicinò lentamente allo spesso telone bianco e lo sollevò, e all'improvviso uno squittio sommesso riecheggiò nell'ambiente circostante.
«Topi? Che diavolo ci fa con dei topi?»
Akashi non badò al tono nervoso di Aomine, piuttosto si soffermò su due gabbie in particolare, entrambe vuote, e decise di avvicinarsi a quella che aveva di fronte e aprire lo sportellino.
«Esperimenti.» rispose senza tradire alcuna emozione nella voce e afferrò uno dei topolini bianchi, stringendolo con delicatezza fra le dita della mano «Daiki, potresti passarmi la siringa?»
Aomine aggrottò la fronte e gli rivolse un'occhiata interrogativa, ma preferì non chiedergli quali fossero le sue intenzioni e afferrò la siringa ancora piena, porgendogliela immediatamente.
Akashi la afferrò in silenzio e allentò la stretta sul topolino, impegnato ad annusargli il dito con una certa insistenza.
Dopo un istante di esitazione, Akashi rafforzò la stretta sulla siringa e penetrò la pelle sottile del topolino con l'ago, premendo delicatamente lo stantuffo fino a che tutto il liquido non fu iniettato nel corpicino dell'animale.
«A-Akashi, sei impazzito?»
Akashi gli restituì la siringa e continuò a tenere il topolino stretto fra le mani, come se volesse trasmettergli un po' di calore per tranquillizzarlo e per rendere la sua agonia meno dolorosa.
Lo sentì muoversi con una certa concitazione, i baffetti sottili gli solleticarono i palmi delle mani, poi seguì uno squittio sommesso e l'immobilità. La rigidità della morte.
Quando Akashi schiuse le dita, Aomine restò a fissare il corpo immobile del topolino e poi rivolse la propria attenzione alla siringa, dove erano rimaste alcune gocce di liquido.
«Possibile che la solanina che avete trovato nel corpo di Tetsuya fosse contenuta in questo liquido?»
«Forse, ma non era in dosi letali.» Daiki estrasse una busta trasparente dalla tasca della giacca e vi inserì la siringa «forse la solanina non c'entra nulla, forse ha combinato qualcosa...»
Aomine ripose la busta sul piano di marmo, si chinò a terra e cominciò ad aprire ogni sportello, fermandosi solamente quando trovò due bottiglie di vodka.
«L'alcol. Potrebbe aver mischiato l'alcol con l'idrato di cloralio. Se i due elementi vengono miscelati, provocano incoscienza e intossicazione, e se l'idrato di cloralio viene sovradosato provoca‒»
«Shintarou ha detto di aver vaccinato Tetsuya.» si parlava di morte e Akashi lo sapeva, quindi lo interruppe prima ancora che l'altro potesse giungere alla conclusione.
Aomine restò a guardarlo in silenzio e si sollevò nuovamente in piedi.
«Ha cercato di depistarmi.»
«Cosa?»
«Shintarou ha ipotizzato che potesse trattarsi di una persona esterna, addirittura che potesse essere stato un corriere, ma ha anche puntato il dito contro Atsushi, che poco dopo è stato accusato.»
«Pensi che sia stato Midorima a...?»
«Sì, Shintarou deve aver messo la lettera nella giacca di Atsushi.»
Aomine gli fece segno di tacere per un istante e chiuse gli occhi, cercando di riordinare le idee: quella conversazione stava divenendo decisamente troppo concitata per i suoi gusti.
«Aspetta, come me lo spieghi che Himuro si è presentato da Kagami con una pistola e che era in possesso delle chiavi dell'appartamento di Tetsu?»
«È semplice: Shintarou è un dottore affermato e per questo dispone di molti soldi, credo lo abbia corrotto.»
«Corrotto?»
«È come ho detto ieri, Daiki: Himuro è innocente, ma evidentemente l'assassino gli ha promesso qualcosa in cambio, probabilmente del denaro, per cui ha accettato di scontare la pena al posto suo, ma ha indicato Murasakibara come reale assassino e si è autoproclamato mente per avere un'attenuazione, così, una volta uscito dal carcere, avrebbe ricevuto la somma contrattata e avrebbe potuto continuare ad assecondare la sua tossicodipendenza. Ovviamente deve essersi incontrato con Shintarou, che gli ha dato le chiavi.»
Daiki era spaventato e allo stesso tempo meravigliato dalla velocità con cui Akashi riusciva ad elaborare le prove e a ipotizzare i fatti.
«In sintesi, con la scusa del vaccino, Tetsuya è stato intossicato e, forse, una volta che Shintarou si è introdotto in casa sua, avvelenato con questo liquido. Poi il cadavere è stato impiccato per inscenare un suicidio.» Akashi si schiarì appena la voce «è probabile che Shintarou abbia utilizzato il segno lasciato dalla puntura della vacinazione per inserirvi la siringa contenente il liquido letale.»
Aomine annuì appena e si sfregò il mento, vagamente pensieroso.
«Quindi la sparizione del telefono fisso, del cellulare e del computer di Tetsu è stato solo un tentativo di depistaggio.»
«Sì, resta solo l'interrogativo delle chiavi.» Akashi si morse il labbro inferiore e si voltò, guardandosi intorno «è probabile che fosse in possesso di un doppione già da tempo, è ovvio che sia tutto premeditato.»
«Certo, ma non credo che Tetsu gli abbia affidato un doppione delle chiavi.»
«Infatti.» Seijuurou si mosse nuovamente verso la bacheca, per poi soffermarsi su altre mensole e sportelli «Daiki, al secondo piano dell'edificio c'è uno studio odontotecnico, vero?»
«Sì.» Aomine aggrottò la fronte e gli rivolse un'occhiata confusa «perché me lo chiedi?»
«Gli odontotecnici cosa fanno, Daiki?»
«Gli odontotecnici...?» emise un rantolio sommesso «gli odontoiatri...»
«Gli odontoiatri sono i dentisti, Daiki. Gli odontotecnici, invece, costruiscono protesi dentali utilizzando argilla, cera e gesso.»
Aomine restò in silenzio: non riusciva a seguire il ragionamento e non poteva negare di sentirsi frustrato riguardo al fatto che un giocatore di scacchi avesse già capito tutto e lui, che era un poliziotto, non avesse ancora capito nulla.
«Shintarou ha preso dell'argilla e vi ha immerso la chiave, probabilmente legandola con uno spago per estrarla, poi ha fatto sciogliere della cera e l'ha versata nel vuoto lasciato dalla chiave.»
«Ma che stai dicendo?»
«Ascoltami.» sembrava quasi che Akashi temesse che un'interruzione potesse fargli dimenticare un passaggio importante, aveva lo sguardo perso nel vuoto, come se stesse cercando di ricordare qualcosa che aveva visto - forse aveva seguito un programma alla televisione? Ma un programma di che genere? Medico? Da quando gli interessava l'odontotecnica? -
«Bisogna attaccare una specie di tubicino alla cera, in modo che, una volta seccata, possa essere estratta senza che la forma si rovini. A questo punto Shintarou deve aver ottenuto la chiave di cera, ma aveva bisogno di un materiale più solido, quindi ha utilizzato il gesso.» Akashi fece una pausa e tornò a guardarsi intorno «bisogna conficcare il tubicino in una sfera di cera sulla quale viene sistemato un cilindro, e in questo cilindro viene versato del gesso.»
«Ma la chiave?»
«La chiave di cera che ha ottenuto prima era ancora legata al tubicino, che è stato conficcato nella sfera di cera. Ha aspettato che il gesso si solidificasse e poi lo ha messo in forno per far scogliere la cera, quindi ha ottenuto la sagoma della chiave su un materiale più duro e resistente. A questo punto credo che l'abbia portata a qualche esperto nella fusione dei metalli, dopotutto per riprodurre una vera chiave servono temperature molto alte e lui non avrebbe potuto farlo.»
«E l'idiota a cui è stato portato il calco di gesso non si è fatto nessuna domanda in proposito?»
«Shintarou avrà corrotto anche lui.»
«Akashi, è assurdo.»
Seijuurou lo incenerì con lo sguardo.
«Ho mai sbagliato, Daiki? Contatta lo studio odontotecnico e chiedi se recentemente hanno prestato del materiale ad un membro dello studio medico del terzo piano.»
Aomine sospirò spazientito e si avvicinò a passi rapidi alle scale «vado a vedere se c'è il numero sull'agenda di Midorima.»
Akashi non disse nulla, piuttosto lo vide incespicare sulle scale e distolse il proprio sguardo solamente quando scomparve dalla sua vista e il rumore di passi divenne uno scalpiccio confuso e sommesso.
Seijuurou inspirò appena e chiuse gli occhi, focalizzò la propria attenzione sullo squittio sommesso proveniente dalle gabbie e sull'odore di chiuso, sull'aria densa e umida che cominciava ad usurpare i suoi polmoni: era così sicuro che si trattasse di Ryouta, che aveva finito per ignorare l'evidenza e non si era reso conto di aver scambiato diverse ipotesi sul caso proprio con l'omicida di Tetsuya.
Akashi tornò alla bacheca, e fu in quel momento che notò una busta chiusa sull'orlo del piano di marmo.
La afferrò immediatamente e lesse a voce bassa la piccola scritta in kanji che campeggiava in alto a sinistra.
«Per Aomine.»



«Daiki!» quando Akashi fece capolino dalla botola, Aomine si voltò con il respiro smorzato dalla tensione e parlò a voce bassa, con il cellulare ancora fra le mani.
«È come hai detto tu.»
Certo che era come aveva detto lui, ma Seijuurou non badò alle sue parole e gli porse la busta chiusa, scuotendola leggermente per incitarlo ad afferrarla il prima possibile.
«Cos'è?» appena notò quella piccola iscrizione in kanji, in alto a sinistra, si sentì mancare il respiro e serrò le labbra in una smorfia.
Senza esitare oltre, Daiki afferrò la busta e strappò il bordo con un gesto concitato, estraendo velocemente il contenuto - cioè un pezzo di carta consunto e dai bordi irregolari sul quale campeggiava una scritta in kanji -.
«Corri a casa.» Aomine lesse il messaggio a voce bassa, rivolgendo una rapida e confusa occhiata ad Akashi.
Che senso aveva, quel messaggio? Midorima sapeva che lo avrebbero scoperto? E poi perché doveva correre a casa, visto che non c'era nessun altro?
Fu proprio quell'ultima domanda che fece scattare qualcosa in Aomine, e gli bastò osservare più attentamente Akashi per capire che avevano avuto lo stesso identico pensiero.
Sgranò gli occhi e schiuse le labbra in un singulto tremante, che dopo un breve e sommesso rantolio assunse l'aspetto di un nome a loro ben conosciuto.
«Kise!»



«Resta in macchina, va bene? E chiama la centrale.» Aomine accostò la volante e scese immediatamente.
«Ho capito.» Akashi, dal canto suo, si limitò a rispondere a voce bassa e pur restando seduto si guardò intorno con circospezione.
Giunto di fronte al portone, Daiki citofonò ad alcuni condomini di Kise e non appena la serratura scattò, varcò la soglia e imboccò le scale, salendole di corsa e con il fiato sospeso - era una fortuna che l'altro vivesse al primo piano, altrimenti sarebbe stato costretto a prendere l'ascensore che, però, lo avrebbe certamente rallentato -.
Giunto di fronte alla porta del fidanzato, frugò nelle tasche dei pantaloni e non appena trovò le chiavi si affrettò ad aprire la porta, la spalancò ed estrasse la pistola dalla fondina.
Aomine trattenne il fiato e strinse la presa sulla pistola: c'era troppo silenzio, ed era terribilmente insolito, perché Kise, avendo l'orecchio fine, lo sentiva sempre arrivare e correva a dargli il benvenuto strepitando stupidi nomignoli o stritolandolo con abbracci soffocanti.
Aomine aveva paura ed ebbe la tentazione di chiamarlo, ma così facendo tenere la sirena della volante spenta e citofonare ad altre persone per rendere il suo arrivo il meno evidente possibile sarebbero risultate vane accortezze.
Daiki si immobilizzò e sgranò gli occhi, il suo cuore saltò un battito e il suo corpo venne scosso da un fremito di terrore: c'era una striscia di sangue ancora fresco e lucente sul parquet, e macchie tonde e grandi più o meno quanto una tazzina di caffè che conducevano al salotto.
Strinse i denti così forte che per un istante la sua bocca perse la sensibilità e pensò di non avere più le gengive, le sue dita divennero pesanti come piombo e fredde come ghiaccio.
Giunto in salotto vide Kise steso a terra e Midorima chinato al suo fianco, intento a frugare in una valigetta sottile.
«Mi hai sottovalutato, Midorima! Credevi davvero che fossi così lento?!» Aomine gli puntò la pistola addosso, ma non riuscì a realizzare che cosa l'altro avesse appena estratto dalla valigetta.
Midorima si voltò e il suono vuoto e assordante di uno sparo risuonò nell'etere circostante.
Aomine gemette e si portò una mano alla spalla, accasciandosi contro lo stipite della porta, tuttavia, nel momento in cui Midorima gli transitò di fianco, riuscì a reagire e nel breve momento di colluttazione che seguì fu in grado di disarmarlo.
Aomine sentì i passi pesanti di Midorima farsi sempre più confusi e attutiti, sempre più irregolari e lontani; si ritrovò a terra, con la mano ancora premuta sulla spalla e la divisa intrisa di sangue, infine rivolse la propria attenzione a Kise, ancora riverso sul pavimento, e chiamò il suo nome con voce tremante.



«Dove stai andando, Shintarou?» la voce e lo sguardo tagliente di Akashi furono sufficienti per immobilizzarlo di fronte al portone dell'appartamento di Kise.
«Tu hai ucciso Tetsuya.» Akashi sfiatò e sollevò la mano, affondando la canna della pistola al centro del suo petto senza mai smettere di guardarlo «non hai mai accettato l'idea di aver perso una persona a te cara e hai deciso di dare questo tipo di dispiacere anche a me, Atsushi, Daiki, Ryouta e Momoi-san.»
Midorima sostenne il suo sguardo e non mosse un muscolo neppure quando il silenzio venne squarciato dall'urlo acuto di una sirena in lontananza.
«Volevo che mi vedessi, Akashi.»
«Io?» Seijuurou chiuse gli occhi solo per un istante «attirare la mia attenzione uccidendo le persone non è un metodo consigliabile, Shintarou. Vuoi che ti dica che sei stato in gamba?»
Akashi capì dal suo sguardo rassegnato e allo stesso tempo ancora ardente di entusiasmo che era così, che Midorima desiderava ricevere la conferma che, dopotutto, aveva compiuto un omicidio quasi perfetto.
«Non posso dirti nulla, Shintarou.»
Midorima schiuse appena le labbra e sgranò gli occhi, ma non riuscì a parlare.
«Io non ti vedo più.» due volanti si accostarono a qualche metro dalle spalle di Akashi, e quando i poliziotti intimarono a Midorima di tenere le mani in alto e avvicinarsi lentamente a loro, l'ex capitano del Teikou abbassò la pistola e lo guardò negli occhi un'ultima volta, calpestandolo e distruggendolo con poche parole pronunciate con voce bassa e serpentina.


«Mi fai schifo, Shintarou.»




Angolo invisibile dell'autrice:

IO VE LO AVEVO DETTO CHE AVRESTE DOVUTO ASPETTARE UN PO'.
Scherzi a parte, vi chiedo davvero scusa-- avevo intenzione di scrivere questo capitolo il prima possibile, ma l'università mi ha tenuto molto impegnata e ho preferito dedicare il tempo a mia disposizione ad altre fanfiction! ;3;
Comunque non avevo certo intenzione di lasciare incompiuta questa fanfiction, quindi eccoci arrivati al penultimo capitolo.
Ebbene sì, il colpevole è Midorima. E io sono davvero soddisfatta di me stessa, perché sono davvero pochissimi quelli che hanno indovinato (in verità ce n'era solo una di persona sicura della sua colpevolezza, ovvero Black_phoenix95, che un bel pomeriggio mi ha mandato un MP qui su EFP e mi ha fatto perdere cento anni di vita facendomi sentire scoperta/??/ ... beh, che dire? Brava 8'' )
Ora, so che il procedimento per duplicare le chiavi potrebbe anche non sembrare credibile, ma avevo visto una cosa simile in un telefilm e in seguito ho deciso di farmi spiegare un po' di cose da mia madre sulle protesi dentali perché lei ha studiato per diventare odontotecnico e quindi sa come utilizzare argilla, cera e gesso (probabilmente mi ha odiato perché comunque non fa l'odontotecnico e l'ho costretta a sforzare le meningi per ricordare ogni singolo passaggio del procedimento).
Spero davvero che questo capitolo sia risultato "piacevole" come gli altri, che sia riuscito a sorprendervi e ad emozionarvi e che, soprattutto, Midorima come colpevole sia una scelta credibile. Dopo avervi fatto attendere così tanto, deludervi è l'ultima cosa che voglio.
Ancor prima di cominciare a scrivere la fanfiction avevo pensato che l'assassino potesse essere Kagami, ma sinceramente non me la sono sentita di infangare così tanto la KagaKuro e quindi gli ho dato il ruolo del triste amante (?); poi avevo pensato che l'assassino potesse essere Kise, ma mi son detta: "No, Kise adora Kuroko!" e allora ho scelto di utilizzare Kise come "pupazzetto" e attraverso Akashi ho fatto in modo che la maggior parte dei lettori sospettasse di lui, quindi ho cercato un personaggio "insospettabile" e dal momento in cui ho deciso per Midorima ho cominciato a scrivere. Ammetto, però, che scrivendo mi sono resa conto che Kise da assassino sarebbe stato perfetto, perché ci sarebbe stata una grave collisione con Aomine e a me piacciono da morire questi drammi, ma era già tutto calcolato e non potevo cambiare le cose! ;3;
Ovviamente qui Midorima ha qualche problema mentale (ma dai?) perché si porta dentro la sofferenza per la perdita di Takao e di conseguenza un grande rancore nei confronti di Kuroko e anche una sorta di gelosia, perché vuole che Akashi abbia di lui la stessa considerazione che aveva per Tetsuya.
Vi informo che molto tempo fa ho steso altre trame di questo genere e progetto di scrivere fanfiction sullo stesso stampo di Rigor Mortis (quindi corte e con pochi personaggi) per poi riunirle in una raccolta unica... solo che devo trovare il tempo e le idee, ugh. E soprattutto devo vedere che effetto fa Rigor Mortis adesso che si è scoperta l'identità dell'assassino!
L'epilogo verrà pubblicato... il più presto possibile, ecco!
Alla prossima!

   
 
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