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Autore: AlexEinfall    03/03/2015    3 recensioni
[Casey/Severide] Prima mia long-fic su questa coppia, che credo abbia un grosso potenziale.
Severide affronta Casey circa il suo comportamento sconsiderato, ma le cose non vanno mai come ci si aspetta. Questo è l'inizio di qualcosa oppure le resistenze e l'antico astio ostacoleranno la loro strada?
Un giorno qualunque alla Caserma 51 è destinato a cambiare ogni cosa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un posto da chiamare inizio




   Steven Callighan aveva un repertorio sconfinato di espressioni. Tra tristezza, costerno e soddisfazione sapeva far mutare i suoi tratti fino a toccare così tante sfumature che Matt faticava a tenerne il conto. Non che questo ora importasse. Si concentrò per leggerne il volto, mentre gli occhi dietro le sottili lenti passavano in rassegna la cartella clinica.
  Incerto su come interpretare il cipiglio di concentrazione del medico, spostò il peso sul tavolo freddo della piccola stanza, le mani salde sul bordo.
  «Bene, Matthew» annunciò alla fine Callighan, chiudendo la cartella e poggiandola su un tavolo vicino. «Gli esami sono nella norma, anzi direi che scoppi di salute.»
   Il biondo sorrise, dopo aver rilasciato un respiro trattenuto troppo a lungo.  
  «Prima di rilasciarti, voglio dare un'occhiata» continuò Callighan, indicandogli di spogliarsi. Matt scese dal tavolo e slegò il camice, tornando poi a sedersi. Callighan oscultò il cuore e i polmoni, annuendo di tanto in tanto. «Okay. La capacità polmonare è molto buona e il battito è nella norma, nessun intoppo.»
   «Immagino che essere un vigile del fuoco abbia aiutato.»
  Callighan sorrise e si tolse lo stetoscopio, prima di chinarsi a controllare le cicatrici. Roteò il braccio e la gamba, tastando vari punti e chiedendo se avesse difficoltà nei movimenti o sentisse dolore. Alle rispose negative, sembrò sinceramente soddisfatto. Matt pensò con un sorriso amaro che quell'uomo gli ricordava Hellie.
  Quando le mani del medico toccarono la grossa macchia che da vicino all'ombellico saliva fino alle costole, Matt sussultò. «Dolore?»
  «Un po'. Più fastidio.»
  «E' normale, non preoccuparti. Con il tempo migliorerà e grazie al trapianto la cicatrice non ti impedirà i movimenti. Presto riacquisterai la sensibilità.»
  «Suona bene.»
  Callighan annuì, aggiornando la cartella mentre Matt indossava t-shirt e pantaloni.
  «Allora, dottore, sono libero di uscire?» chiese con un ghigno. Quando il dottore annuì, Matt fu sul punto di correre via dalla stanza. «Quando posso tornare a lavoro?»
  «Direi tra le cinque e le sei settimane, ma ovviamente dovrai anche parlarne con il Comandante.» Notando il cipiglio confuso e amareggiato dell'uomo, Callighan sospirò. «Ascoltami, Matthew. Queste tre settimane sono state dure, lo so, e hai perso molta massa muscolare. Malgrado la tua assidua frequentazione della fisioterapia, hai ancora molto da recuperare. Ti consiglio di cominciare il prima possibile, se vuoi tornare in fretta a lavoro.»
  «Lo farò, dottore» disse convinto Casey. Voleva solo uscire di lì, andare da Kelly e ricominciare con la sua vita. Avrebbe passato il suo tempo in palestra, o correndo per tutta Chicago, se solo avesse messo piede fuori da quel dannato ospedale.
  «Bene. La pelle di braccia, torace e gamba avrà un aspetto migliore tra qualche settimana e presto tornerà come prima. Potrebbe essere di un colore differente, all'inizio, nulla fuori dalla norma. Comunque, evita esposizioni dirette al sole per almeno un paio di anni.»
  «A Chicago? Non sarà difficile.»
  Callighan rise e per poco Matt non sussultò: non l'aveva mai sentito ridere.  
  «Abbi cura di te, Matthew» disse l'uomo con un sorriso genuino, tendendogli la mano.
  Matt la strinse con decisione e profonda gratitudine. «Grazie, dottore.»
  Uscì dalla stanza in preda alla frenesia e quasi correndo, ma si bloccò quando si imbattè in Kelly. Il moro saltò dalla sedia e lo raggiunse, la postura d'attesa e gli occhi vigili quasi comici.
  «Allora, che ha detto? Tutto okay? Problemi?»
  «Woa, rallenta, Severide» lo canzonò Casey. «Sono più sano di prima.»
  Kelly lo scrutò attentamente. «Sicuro?»
  «Sicurissimo.»
  Prima che potesse registrarlo, Kelly lo afferrò per il bordo della t-shirt e lo baciò con forza. Matt si ritrovò a stringere le dita intorno al bavero della giacca di pelle, sorridendo tra le sue labbra.
  «Andiamo a casa» mormorò quando si furono staccati. «Non vedo l'ora di uscire di qui.»



  Gli bastò un passo perché la realtà divenisse tangibile. Chiuso in quella stanza d'ospedale per lunghi giorni, stordito dai farmaci e dalle visite insistenti, Matt si era ritrovato a vivere in una nuvola sospesa. A riempire le giornate c'era stata la nostaglia di casa e della caserma, la voglia frenetica di uscire per un drink con i ragazzi e pretendere che tutto fosse normale, e a volte quel misto di incredulità e benessere che si rifletteva negli occhi di Kelly.
  Tutto questo lo travolse non appena fece quel passo oltre la soglia dell'appartamento.
  Rimase immobile a fissare lo sguardo sul divano, quello stesso sul quale tutto era cominciato, senza realmente vederlo. Lo spostò verso Kelly, che aveva poggiato la sua borsa su un tavolino nella strada per il frigo, immergendosi in un veloce sproloquio mentre armeggiava con le birre.
  «Lì ci sono vestiti nuovi, boxer e calzini e tutto il resto. Tutto puro cotone. In quanto alla scelta io non c'entro, ha fatto tutto Shay, quindi se ti ritrovi qualcosa di imbarazzante o oltraggioso parla con lei. Per tutto il resto, rasoi, shampoo, asciugamani...prendi tutto quello che vuoi, ma ti sconsiglio di toccare la sua roba perché tende a diventare possessiva. Ah, a proposito, lo yogurt-»
  Il suo corpo era entrato in modalità automatica e si ritrovò, senza accorgersene, di fronte a Kelly. Il moro rimase con le labbra schiuse, le parole che non uscivano più e le dita serrate intorno al collo di due bottiglie di birra. Gli occhi erano spalancati e lucidi e, Matt l'avrebbe giurato sulla Caserma, pieni di lussuria.
  Gli strappò le birre di mano e le poggiò sul piano. Prima di potersi voltare, si ritrovò con la schiena premuta contro il marmo, le mani di Kelly salde sui suoi fianchi. Lo vide esitare e chinarsi a baciarlo, aprendo appena le labbra sulle sue. Sentì lo sforzo di contenersi nei muscoli tesi del suo braccio e fu sul punto di ridere. Quando si scostò, il suo sguardo era completamente perso.
  Matt ghignò e gli afferrò il collo della maglietta, attirandolo in un altro bacio, così aperto e vorace da far stridere i denti. Il familiare calore, quello provato la prima volta, tornò a infondersi nel corpo, il cuore che accellerava e un brivido che attraversava la schiena. Era la sensazione che aspettava da così tanto tempo da divenire un sogno lontano. Ora era reale.
  Ruppe il bacio, il respiro corto e le fronti incollate.
  «Non ce la facevo più» sussurrò Kelly, premendogli una mano sulla schiena. «Stavo impazzendo»
  Matt sentì il respiro caldo passargli sul collo, seguito da labbra gentili. Il tocco, prima esitante, si sciolse nel bisogno quando il biondo esalò un lungo respiro, incoscio di averlo trattenuto. Inarcò la schiena, reggendosi al duro marmo dietro di lui e lasciando alle mani di Kelly percorrere la sua schiena, il suo fianco sano e parte dell'addome, con un'incredibile perizia nell'evitare le zone lese.
  Reclinò la testa, esponendogli il collo e lasciandolo alla mercé della lingua di Kelly, che percorse cerchi studiati capaci di sciogliergli lo stomaco. Matt era quasi certo di star perdendo contatto con la realtà. Chiuse gli occhi e si lasciò andare alle sensazioni, immaginando di toccare ogni parte del corpo di Kelly, lo stesso che tante volte gli era stato mostrato innocentemente. Non riuscì a muoversi, ritrovandosi a serrare sempre più le dita, finché il bordo del piano si stampò nei suoi palmi. Qualunque cosa gli stesse facendo, suonava dannatamente bene.
  Si morse un labbro quando i loro bacini vennero a contatto, le cicatrici che strofinavano contro il cotone e sotto la pressione del corpo tonico di Kelly, ma non lo scansò. Invece, gli afferrò la nuca con una mano, alzandogli il volto e baciandolo avidamente. Poteva sentire il suo sorriso e il suo desiderio sulle labbra. Inebriante.
  Da qualche parte in quel bacio, Kelly aveva aperto alle sue dita la strada verso il cavallo dei sottili pantaloni di Matt, dandogli una stretta che gli mozzò il fiato.
  Persi nel loro incontro, nessuno dei due si accorse della porta che si apriva alle loro spalle, o dei passi frenetici che si avvicinavano, finché un'esclamazione di sorpresa li congelò.
  «No no e...»
  Kelly ruppe il bacio, tenendo stretto Matt e lanciando un sorriso alla bionda oltre la sua spalla. «...no! In cucina, no!» concluse Shay, scrollandosi di spalla la tracolla che ricadde sul pavimento.
  Matt si schiarì la voce, scollandosi di dosso il moro, che sbuffò e recuperò la sua birra. Con ben poco dispiacere notò che era divenuta calda e sgasata. Shay li fulminò entrambi, nel tragitto fino al frigorifero, dal quale recuperò un'altra birra e un cartone di pizza della sera prima. Quando tornò a guardare Kelly, dovette trattenenere un sorriso, perché quello del coinquilino era oltragiosamente contagioso. Passò lo sguardo tra i due e li indicò con la birra, prima di stapparla.
  «Non potrei essere più felice di dichiarare questa casa tana dell'onore gay» disse, strappando a Kelly un ghigno e a Matt uno sguardo sorpreso. «Ma non è un bordello. Mai e dico mai, in nessuna circostanza, neanche se state bollendo fin dentro al vostro primo cervello, mai nella mia cucina.»
  «E' anche mia» obiettò Kelly, cercando di intenerirla con lo sguardo.
  Shay non la bevve, fulimandolo con un'occhiata che fece rabbrividire Matt. «Allora la dividiamo, e io mi prendo la metà con il frigo.»
  «Poco male, della metà con i fornelli non sai che fartene!»
  Shay gli diede un pugno sul braccio e, da come Kelly se ne lamentò, Matt poté intuire che le storie sulla forza della bionda non fossero tutte esagerazioni. Non poté non ridere, sentendosi finalmente sgravato dal peso di tutto ciò che lo aveva tormentato in quei giorni.
  Erano a metà delle loro birre, quando Shay legò lo sguardò con Casey. Lui inarcò le sopracciglia, non sicuro di cosa stesse accadendo. Prima che potesse fare ipotesi, la bionda si chinò verso Kelly e lo annusò, facendo una smorfia.
  «Cosa?»
  «Puzzi, Kelly.»
  Il moro afferrò un lembo della maglietta e si diede un'annusata. «Diamine, è vero. Ho saltato le docce dopo il turno.»
  «Vai a lavarti, perché non so se è peggio quella pizza o tu» disse, indicando il cartone aperto. «Tu, invece» continuò, puntando un dito a Casey, «potresti aiutarmi a mettere insieme qualcosa di commestibile. Così almeno non devo sentirmi lui.»
  Kelly, già a metà strada per le scale, sventolò la mano e si avviò al piano superiore. Matt lanciò uno sguardo interrogativo a Shay, perché qualcosa gli diceva che la ragazza volesse separarli.
  Di qualunque cosa volesse parlare da soli, dovette attendere. Appena Kelly fu fuori vista, Shay sospirò e aprì il figrorifero, chinandosi a indagare. Matt la raggiunse, scrutando sopra le sue spalle. Cucinare gli mancava terribilmente, come ogni cosa che avesse una parvenza di normalità, e ogni pensiero svanì nel tentativo di immaginare cosa preparare. Il frigo era un'accozzaglia di ingredienti mal assortiti, compresi alcuni vegetali che, divisi per specie, non avrebbero fruttato niente.
  «Avete della carne?»
  «Mmm...eccola, ma non chiedermi che animale sia» disse Shay, afferrando un contenitore.
 «Prendi tutto ciò che avete di vegetale e lascia il resto a me.»
  Shay eseguì e dispose sul bancone patate, peperoni e zucchine, mentre Matt poggiava la carne su un tagliere e la esaminava, un grosso coltello in una mano. Le diede istruzione di tagliare le verdure a cubetti, tutti dello stesso spessore, mentre si dedicava a ricavare strisce di carne che tagliava poi in bocconcini. Quando finì, tagliò la cipolla e la versò in una pentola con acqua e olio, fino a farla dorare per poi versare la carne e un goccio di vino. Abbassò la fiamma e tornò al bancone, dove le verdure erano ancora per metà intere. Ne prese qualcuna e cominciò a tagliarle.
  «Se hai qualcosa da chiedermi, puoi farlo tranquillamente» disse a Shay. La ragazza alzò lo sguardo solo un attimo, prima di tornare alle verdure con un lieve cipiglio.
   «Kelly è una testa calda» cominciò, lanciando uno sguardo alle scale per essere certa di non essere interrotta dal suo arrivo. Scosse la testa, tagliando di netto una fetta di peperone. «So che tutti pensano che sia una specie di Dongiovanni che non riscalda mai lo stesso letto due volte, e per lo più hanno ragione. Tu invece sei più...affidabile» disse a voce più bassa, quasi temesse fosse un insulto.
  Casey inarcò le sopracciglia e lei fece un gesto stizzito della mano, disegnando pericolosi cerchi con il coltello. «Sai cosa voglio dire.»
  «Sì, tranquilla» concesse lui, sorridendo. Prese l'ultimo peperone dal tagliere di Shay e cominciò a tagliuzzarlo, indicandole con un cenno di controllare la carne. «Se stai per dirmi che mi spezzerà il cuore, vorrei obiettare che non sono una ragazzina.»
  «No no» lo corresse lei, guardando la carne sfrigolare e optando per la birra abbandonata lì accanto. Matt prese le verdure e le unì alla carne, dando una veloce girata prima di ripulirsi le mani con un panno. «Quello che voglio dire è che tu non devi spezzargli il cuore.»
   Matt trattenne una risata, tagliata sul nascere dallo sguardo serio di Shay.
  «Scusa, fai sul serio?»
  «Okay, sto per dirti qualcosa che se lui sentisse, mi costerebbe caro. Voi vi conoscete da quanto? Bhe, parecchio tempo, amici, colleghi, Batman e Robin, spalla a spalla contro il mondo e tutto il resto. Ma io lo conosco in modo diverso e, credimi, se tu facessi qualche casino davvero gli spezzeresti quel cocciuto cuore che si ritrova. Soprattutto, non azzardarti più a morire.»
  Matt sorrise e alzò le mani in segno di resa, ma non disse nulla, assorbendo semplicemente quelle parole. Non gli risultava difficile crederle. Kelly aveva paura di essere ferito tanto quanto ne aveva lui, cambiava solo il loro modo di reagire: l'uno si buttava in relazioni senza futuro, l'altro rincorreva il sogno di una relazione che avesse un futuro stabile. Ora erano giunti a un punto di incontro e l'equilibrio poteva rivelarsi fin troppo instabile. Guardò Shay e annuì. Rimasero così a lungo, senza bisogno di aggiungere altro, finché un fischiettare acuto li riscosse.
   «Allora, che si mangia?» chiese Kelly poggiandosi al bancone, i capelli ancora umidi e ancora quel sorriso sul volto.
   Matt tornò alla pentola, guardano distrattamente il contenuto.
  «Manzo, tonico e succoso manzo» sillabò Shay.
  «Davvero, Shay? Proprio tu te ne esci con queste battute?» Kelly le fece una smorfia, prima di raggiungere Matt e poggiargli il mento sulla spalla. «Dimmi che mi salverai da quella strega. La metà delle volte non ho idea di cosa stia mangiando.»
  Matt rise, senza azzardarsi a controllare la reazione di Shay. Un brivido piacevole gli corse lungo la schiena quando Kelly gli posò un bacio sulla nuca. Con sollievo pensò che gli veniva naturalmente semplice abituarsi a quella fisicità con lui.
  Guardò Shay e Kelly immergersi in una lunga e insensata argomentazione su soggetti casuali e si sentì a casa come mai prima.




   Kelly era completamente consapevole delle parole del dottor Callighan: Matthew ha bisogno di riposo e sconsiglio qualunque sforzo fisico eccessivo per un paio di giorni.
   Forse fu la Tequila che, in qualche momento tra la cena e un film, Leslie aveva tirato fuori felice come una bambina. Forse fu il modo in cui il corpo di Matt si riscaldava accanto al suo sul divano. O forse, si disse, non gli occorreva la sua mano sulla coscia per risvegliare un bisogno impellente.
   Qualunque fosse la ragione, Kelly si era alzato seguendo Matt su per le scale, strizzando l'occhio a Shay che, malgrado ruotasse gli occhi, aveva riso attaccandosi alla bottiglia di Tequila.
   Ora era sopra di lui, ancora.
   Questa volta cercò di prendersi tutto il tempo disponibile, svestendolo con cura e cercando di ignorare il modo in cui le sue dita tremavano in anticipazione. Le strinse intorno all'orlo della t-shirt, poggiato ad un gomito per non esercitare troppa pressione sul suo corpo. La sua bocca era così incantata dal suo collo, che gli ci volle più di un secondo per registrare le dita che si strinsero intorno al suo polso. Alzò il viso, interrogandolo con lo sguardo. Matt non disse nulla e Kelly lo baciò con forza, perché a lui non importava delle cicatrici, voleva solo sentire i loro petti incollati.
  Quando finalmente la maglia fu tolta e lanciata insieme agli altri vestiti chissà dove, Matt rise e la sua lingua cominciò ad esplorare ogni parte del suo collo, dal mento alla clavicola.
  Kelly credette di grugnire in un modo gutturale che non riconosceva, prima che tutto divenisse sfocato e il mondo cominciasse a girare. Si ritrovò di schiena contro il materasso, chiedendosi come fosse accaduto. Le domande si fermarono lì dove la bocca di Matt cominciò a scendere oltre il petto e l'addome.
  Serrò una mano sul suo collo e si ritrovò a spingergli la testa sempre più in basso. Quando sentì la sua bocca lì dove il sangue sembrava volergli esplodere fuori dalla pelle, si portò una mano al volto e urlò un'imprecazione. Avvertì appena la risata soffocata di Matt, piena di quella compiacenza che era pronto a giurare un giorno avrebbe anche potuto amare. Come tutto il resto.


  Per un lungo e piacevole momento, i loro respiri affannati sul cuscino furono l'unico rumore a invadere la stanza. Il sudore cominciava a raffreddarsi sulla pelle e Matt tirò su le coperte, senza mai cancellare dal volto quel sottile sorriso appagato. Si risistemò sul materasso, il piacere interrotto bruscamente dalla fastidiosa sensazione delle lenzuola lungo il fianco.
  «Tutto okay?» chiese Kelly con un cipiglio che per poco non lo fece ridere.
  «Sicuro, duecento per cento.» Matt sistemò il braccio dietro la testa, seguendo con la coda dell'occhio i movimenti del moro. Lo vide poggiare un gomito sul cuscino, girarsi di fianco e scrutarlo.
  «Oh mio dio, non dirmi che sei tipo da chiacchiere da letto.»
  «Tu no?»
  Matt scrollò le spalle e si passò la lingua sulle labbra, saggiando i rimasugli del sapore di Kelly.
  «Dì la verità, dove hai imparato certe cose?» chiese Kelly con un ghigno, indicando sotto le coperte.
  «Talento naturale.»
  «No no, non esiste che me la bevo.» Kelly si chinò a scrutarlo e Matt evitò il suo sguardo, sperando che semplicemente si arrendesse. «Oh...non sono il primo!»
  «Io sì?» chiese scetticamente.
  «Forse...» ammise Kelly, mordendosi il labbro.
  Matt si voltò, rotolando sul fianco. «Stai scherzando?»
  «Tu?»
  Si guardarono a lungo, entrambi sorpresi dalle rivelazioni dell'altro, finché Kelly non scoppiò a ridere. «Non ci credo, aspetta che lo dica a Leslie!»
  Matt gli posò le dita sul collo, carrezzando la pelle ispida alla base della mascella con un polpastrello. Si morse il labbro, prima di stamparlo su quello di Kelly e baciarlo. Non aveva intenzione ora di condividere la sua storia, di ritornare a Edward e a tutto ciò che era successo.
 Quando si staccarono, Kelly chiese di colpo: «Perché Hellie?»
 Quella domanda a ciel sereno lo lasciò interdetto. Sospirò e poggiò la testa sul braccio. «Mi sembrava la cosa giusta, al momento.»
  «La amavi?»
  Matt distolse lo sguardo, ma annuì. Negli occhi spalancati di Kelly c'era un'attenzione che non gli aveva mai rivolto, non così. Sentiva le sue dita sul fianco tracciare piccoli cerchi, e gli sembrò incredibile quanto riuscisse quel gesto a calmarlo. «In ogni caso, le cose andavano male già prima che finissero. Diciamo che lei era ciò che volevo, ma non quello di cui avevo bisogno.»
  «E questo che vuol dire? Cazzate filosofiche?»
  «Forse» rispose ridendo. Si massaggiò il lobo dell'orecchio, in quel gesto che una volta gli era così abituale. Quando se ne accorse, smise subito e un breve cipiglio gli comparve sul volto. Quel confronto era scomodo, ma glielo doveva. «Pensavo che avere una famiglia fosse okay, cioè sai sistemarsi, avere bambini, sembrava così giusto. Vedevo Andy e quanto era felice e pensavo perché no? Dopo un po' è diventato un sogno, una meta da raggiungere per riempire tutti i vuoti. Mi ero convinto che fosse la mia strada, sai, per essere felice. E quando lei mi ha detto di no io, bhe, non ho trovato altri motivi per continuare.» Fece una pausa, colpito dal peso di quello che non aveva mai detto a nessuno. «Immagino che non fossi pronto ad accettare che avevo bisogno di altro.»
  «Sai che non rimarrò mai incinta, vero?»
  Matt rise e scosse la testa, rotolando di schiena. «Me ne farò una ragione» disse con un sorriso. Sentì le dita di Kelly scivolare sul petto, i polpastrelli caldi sulla pelle scesero e sfiorarono il bordo della cicatrice. Un brivido involontario gli scese lungo la spina dorsale. Voltò la testa sul cuscino perché lui potesse guardarlo in viso.
 «Matt, io non sto giocando» mormorò Kelly con uno sguardo serio. «Questo per me non è uno scherzo. O tutto o niente, intesi?»
  Non c'era ambiguità nella sua voce o nella sua espressione. Non c'era esitazione nella risposta di Matt.
  «All in.»









Note: A chi legge, grazie come sempre!
   Mi scuso per il rallentamento nell'aggiornare (sono stata via un paio di giorni e sono tornata con la salute a metà). La storia va avanti e aggiornerò presto.
   With love, Ax.

  
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