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Autore: Claire Penny    04/03/2015    1 recensioni
[REVISIONATA]
C'era una volta una principessa.
Ora non più.
A sostituire la dolce, graziosa e bellissima fanciulla di sangue blu, adesso c'è un'anonima, goffa ed ingenua adolescente, con un'incredibile propensione a ficcarsi nei guai e desiderosa di darsi alla ribellione tipica della gioventù.
C'era una volta il principe azzurro.
Un nobile rampollo, alto, gnocco e affascinante, sempre pronto a salvare la vita alla bella di turno in sella al fedele destriero? Seh, una volta, forse.
Al suo posto ora c'è un misterioso, solitario ed asociale studente dal fascino tenebroso, circondato da un'aura che emana pericolo.
Ah, dimenticavo di aggiungere che è perennemente assetato di sangue, preferibilmente quello della sopracitata giovane donna. Contemporaneamente però, scopre di esserne innamorato.
Ora, chi di voi ragazze non ha mai sognato di vivere in una "fiaba moderna" con questi presupposti? Sembra tutto incredibilmente romantico, non è vero? Bene, vi posso assicurare che di romantico qui c'è ben poco.
Come lo so? Beh, perchè io, Serena Dale, e le mie amiche, ci siamo passate.
E credetemi, le nostre storie vi faranno sicuramente cambiare idea sui moderni principi azzurri.
Genere: Satirico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dal diario di Aly, 4 ottobre:
«Un anno e un mese esatti. Fatico a rendermi conto del fatto che sia già passato tutto questo tempo dall’ultima volta che ho visto James, quella notte, nel bosco. Devo avere qualche problema con la percezione del tempo, perché per me è come se fossero passati al massimo pochi giorni.
Ogni tanto mi porto ancora la mano al collo, nel punto in cui amava mordermi, per sentire le cicatrici lasciate dai suoi denti. Dai suoi perfetti, bianchissimi denti.
Il ricordo dell’ultima volta in cui ha lasciato il suo segno su di me è ancora impresso, anzi, marchiato a fuoco nella mia memoria: dopo essersi nutrito del mio sangue (che lui definiva "una libagione ancora migliore dell'ambrosia") e con gli occhi lucidi, mi aveva detto addio, un addio che ho riascoltato nella mia testa un imprecisato numero di volte e di cui ricordo alla perfezione ogni singola parola.
“Alyssa, il tuo profumo per me  come il canto di una sirena a cui mi è impossibile resistere. La tua bellezza risplende come la luna in questa notte magnifica (e poco importa se mentre parlava una grossa nuvola avesse scelto proprio quel momento per piombare davanti alla suddetta luna). Amo ogni cosa di te ma, ahimè devo andarmene. No! Taci, amor mio! (N.B.: non avevo detto niente) Ogni tua parola si trasformerebbe per me in una dolorosa pallottola d’argento che porterei appresso nel cuore. Ricorda solo questo, mia dolce Alyssa: lo sto facendo per noi. Per un domani che...potrebbe durare per sempre".
A quelle parole, ovviamente, mi ero sciolta come burro sui pancake ed il mio lato ragionevole era andato a farsi benedire, impedendomi di conseguenza di vedere la verità per quello che era: James mi stava lasciando. E io, invece di iniziare a pormi qualche domanda sul significato ambiguo delle sue ultime parole, avevo continuato a crogiolarmi nei suoi complimenti e in quelle due parole che ogni ragazza sogna di sentir pronunciare dal proprio fidanzato vampiro, “per sempre”, anche dopo che lui se n'era andato, lasciandomi sola nel bosco alle due di notte. Meno male che non c’eravamo inoltrati troppo.
Quando ho raccontato questa storia alla seconda riunione del club, Serena e Clare hanno trattenuto a stento una risata e, considerati i miei livelli di permalosità dell’epoca, dire che mi ero sentita offesa è un eufemismo. Adesso però, dopo un anno di “gruppo di sostegno", quando rivivo quell’episodio finalmente non mi sento più triste e depressa come qualche tempo fa. Ora provo più che altro vergogna per essermi comportata come una tonta imbecille, per essermi fidata ciecamente di lui e  per aver creduto alle sue parole anche se mentre le pronunciava era perfettamente consapevole che non sarebbe mai più tornato, che non ci sarebbe mai stato alcun eterno domani. Del resto però, ragionando col senno di poi non si va da nessuna parte. Bisogna semplicemente cercare di imparare dai nostri errori, come ha detto una volta Serena. Quelle parole ora sono il mio mantra.
...
Okay, lo ammetto, nonostante tutto provo ancora qualcosa per James e forse lo proverò sempre. Sento ancora quel piccolo fremito dentro di me quando lo sento nominare. Sogno ancora molto spesso il suo ritorno ma, rispetto solo a qualche mese fa, le mie ansie, le mie paranoie ed i miei momenti di sconforto sono notevolmente diminuiti e questo l’hanno notato anche le altre.
L’anno scorso, quando dovevo prendere una qualunque stupida decisione mi chiedevo “cosa farebbe James?” come se questo avesse potuto in qualche modo farmi sentire più vicina a lui e, nei momenti in cui la disperazione prendeva il sopravvento, mi spingeva addirittura a credere che in questo modo avrei potuto farlo tornare. Ora riesco a non farmi più influenzare così pesantemente.
Nonostante tutto però, c'è ancora qualcosa che continua a preoccuparmi.
È stata già abbastanza dura dovermi liberare della mia collezione dei libri sui vampiri che comprendeva la saga di “Twilight” , quella de “Il diario del vampiro”, più diversi libri derivanti dalle scopiazzature dei primi due che non so come ho fatto a leggere. So però che presto Serena ci chiederà di sbarazzarci anche degli oggetti che ci tengono ancora legate ai nostri ex e non sono affatto sicura di  riuscire a farcela, né di volerlo, a dirla tutta. C’è sempre quella vocina, quella piccola parte di me che continua a sussurrami: “E se James tornasse, come la prenderebbe? Non puoi buttare il poema epico di cinquanta pagine che ha scritto in tuo onore ispirato, a suo dire, dal modo in cui abbracci il cuscino mentre dormi. E come potresti cestinare la cornice che ha intagliato e dipinto a mano nella quale ha inserito un ritratto di voi due in stile vittoriano realizzato sempre da lui? Oppure la copia di "Dracula" che ti ha regalato dopo averti sorpresa a leggere "Breaking Dawn", sulla cui prima pagina aveva scritto: Con la speranza che non ti veda mai più leggere certi obbrobri! Tuo, James.
Già, per non parlare delle mille altre cose disseminate qua e là nella camera e nei ricordi. Tornerà vedrai. Non è colpa sua, la sua concezione del tempo è diversa, tutto qui. Abbi solo un altro po’ di pazienza...”
. […]»
 
Aly richiuse il suo diario e si accasciò sul tavolo sospirando forte.
-Cos’hai, angelo mio?- chiese Helena, mentre sfornava la sua crostata alla marmellata di mele, impregnando l’aria del delizioso profumo della pasta frolla cotta alla perfezione e della frutta calda.
-Lo sai cos’ho. Mi manca lui- rispose Aly, affondando il viso nella nicchia tra le sua braccia.
Helena si sfilò i guanti da forno e si sedette davanti a lei.
-Stellina…lo sai che alla tua età queste situazioni sono normali. È solo questione di tempo, vedrai che troverai un ragazzo di cui ti innamorerai, che ricambierà i tuoi sentimenti e ti renderà la persona più felice della Terra. Magari lo conosci già e ancora non hai capito che è quello giusto, magari è un tuo compagno di scuola, un amico, qualcuno che non immagini nemmeno-.
La ragazza si chiese in quale universo parallelo avrebbe potuto amare una persona che non fosse James.
-In realtà a scuola c’è qualche ragazzo a cui credo di interessare ma…-
-…ma non sono lui- concluse Helena al suo posto, rivolgendole un sorriso comprensivo. -Credimi, so bene come ti senti-.
Aly riemerse dalla sua nicchia per lanciarle uno sguardo scettico. Sapeva che da lei poteva aspettarsi tutto l’affetto e la sicurezza che voleva e di cui aveva bisogno; che era l’unica oltre alle ragazze del club per cui la sua compagnia sembrava non essere un peso da sopportare in silenzio come le avevano già dimostrato troppe persone, tuttavia dubitava fortemente che Helena sapesse esattamente ciò che stava provando. Lei non aveva per niente l’aria di una a cui un vampiro aveva rubato il cuore per poi restituirglielo a brandelli. Quest’ultima però, quando si accorse dello sguardo di Aly, si fece seria.
-So che può sembrare una frase fatta, ma sto dicendo davvero. Non è una storia che mi piace molto rivangare ma, quando avevo circa la tua età, mi innamorai di una persona meravigliosa. Non ho mai creduto nell’anima gemella, ma quello era il genere di ragazzo che sembrava essere stato creato su misura per essere l’uomo dei miei sogni. Siamo rimasti insieme per tre anni. Eravamo arrivati a quel punto del rapporto in cui si iniziano a fare progetti, a pensare seriamente al futuro. Parlavamo spesso di matrimonio, di dove saremmo andati a vivere, di come avremmo chiamato i nostri figli e cose di questo genere. Progettavamo una vita insieme. Mi sorprendevo di volere tutto questo, proprio io, che avevo sempre guardato tutto ciò con scetticismo semi-femminista. All’improvviso però, proprio quando credevo che le cose non potessero andare meglio, lui scomparve. Così, da un giorno all’altro. Mi lasciò solo un biglietto in cui mi chiedeva di non cercarlo e di dimenticarlo. Ne sono uscita a pezzi. Pensavo di meritare almeno una spiegazione, dopo tutto quello che avevamo passato. Si era reso conto di non amarmi più? Aveva cambiato idea ed aveva capito di non essere disposto ad impegnarsi seriamente? Si era innamorato di un’altra? Avevo commesso qualche sbaglio di cui non mi ero resa conto? Mi sono tormentata a lungo con domande di questo genere-. Sorrise tristemente, quando si accorse dell’espressione sinceramente stupita di Aly.
-E com’è finita?- chiese incuriosita la ragazza. L’idea che sua nonna avesse avuto un’esperienza così simile alla sua non l’aveva mai minimamente sfiorata e non le faceva affatto piacere sapere che qualcuno a cui teneva aveva provato un dolore così simile a quello che lei stava provando in quel momento ma, se non altro, la faceva sentire un po’ meno sola per la prima volta dopo tanto tempo. Serena, Clare e le altre del gruppo erano brave ragazze, sempre pronte ad ascoltarla e sostenerla, tuttavia nessuna di loro si era trovata in una situazione simile alla sua con i loro ex, di conseguenza la potevano capire solo fino ad un certo punto.
-Beh, io ero completamente sola. I miei familiari mi consideravano una specie di pecora nera, quindi nessuno di loro mi è stato accanto e ciò mi ha spinto a reagire in maniera molto diversa dalla tua, portandomi a commettere un grosso errore: ho ceduto quasi subito al corteggiamento di un ragazzo che conoscevo da tempo e che sapevo essere innamorato di me. Volevo amare e sentirmi amata come prima, così ho cominciato a frequentarlo ma già dopo qualche settimana ho capito che non era in quel modo che sarei tornata ad essere felice. Le persone non possono essere semplicemente rimpiazzate, se le abbiamo amate così come io amavo Kevin. Non era in quel modo che sarei riuscita a superare la fine della mia relazione. Stavo facendo del male sia a me stessa che a quel ragazzo, che non c’entrava nulla con tutta quella storia. Si era solo trovato nel posto sbagliato al momento giusto. Ruppi con lui, lasciandolo lì, col cuore infranto, mentre io mi ritrovai, oltre che col cuore infranto che avevo già prima, anche con un orribile senso di colpa per come mi ero comportata nei suoi confronti. Gli piacevo davvero, invece io l’avevo solamente usato come toppa con il quale avevo cercato di ricucire lo squarcio causato da Kevin. Giusto poco tempo dopo però, ho scoperto di essere incinta e la preoccupazione per la creaturina indifesa che stava crescendo dentro di me ha fatto sì che rivedessi la scala delle mie priorità. A quel punto ho capito che lui non meritava né me, né tanto meno le mie lacrime. Avevo qualcosa di immensamente più importante a cui pensare-.
In quel momento, Aly finalmente capì perché Helena fosse sempre stata così restia a parlarle di suo nonno: raccontare di una delusione così cocente significava riviverne tutta la sofferenza che ne era derivata e Aly era certa che il fatto che ormai fossero passati molti anni, non rendesse la cosa meno dolorosa. D’istinto si alzò e andò ad abbracciarla, abbraccio che sua nonna ricambiò prontamente e con tutto il calore che poteva darle, come sempre. Dopotutto, per certi versi l’aveva cresciuta di più lei che i suoi genitori, sempre troppo occupati anche solo per ascoltarla. Ma ad Aly ormai non importava più, c’aveva fatto l’abitudine e aveva imparato a chi doveva rivolgersi in caso di bisogno, o per una chiacchierata, o anche solo se voleva sentirsi a casa.

***

-Sono tornata!- gridò la ragazza appena fu rientrata in quella che chiamava la sua “dimora ufficiale”, ossia quella che divideva con sua madre e suo padre.
Certo, l’appartamento in quel condominio di lusso era molto più grande ed elegante del cottage rustico di sua nonna, per Aly però quel posto era troppo freddo, troppo formale, nonostante ci fosse cresciuta. Quando era lì non aveva mai la sensazione di essere davvero “a casa”, si sentiva più come l'ospite di un prestigioso hotel. Un motivo in più per non prendere sul serio sua madre quando la rimproverava servendosi di uno tra i più celebri luoghi comuni delle frasi genitoriali, ossia: "questa casa non è un albergo".
Aly aveva fatto appena pochi passi nel corridoio d'ingresso mentre si dirigeva verso la sua stanza, quando udì un familiare ticchettio. In quello stesso momento, sua madre uscì dalla camera matrimoniale. La ragazza notò come prima cosa che, oltre alle scarpe dai tacchi vertiginosi, indossava uno dei suoi completi eleganti, gli stessi che metteva per andare al lavoro, con l'unica differenza che la sua camicetta era meno abbottonata del solito, mettendo in questo modo in mostra una generosa porzione di decolleté. Un po’ troppo generosa, secondo Aly.
La donna era intenta ad infilarsi un orecchino e, quando vide la figlia, le rivolse un sorriso distratto, più di cortesia che materno, e passò oltre, dirigendosi all’ingresso.
-Ciao tesoro, scusami se stasera non ti faccio compagnia ma ho una cena con dei colleghi e non posso assolutamente mancare- disse, mentre indossava il suo trench beige. -Non so a che ora tornerò. Anche papà torna tardi, ha del lavoro da sbrigare in ufficio, lo conosci…comunque Maria Rosa ha chiesto una giornata di permesso, quindi ti ho ordinato una pizza ai quattro formaggi con poco gorgonzola, come piace a te. Il fattorino dovrebbe essere qui tra poco. I soldi sono sul bancone della cucina. Mi raccomando, entro le undici a letto, okay? Buona serata!-.
Poi, come al solito, se ne andò prima che Aly avesse il tempo di risponderle.
-Buona serata anche a te- disse, rivolta alla porta.
Mentre si dirigeva in camera sua per mettere giù la sua borsa con i libri di scuola e cambiarsi, si chiese se qualche altro ragazzo in quella città potesse contare le persone a cui importava davvero di lui sulle dita di una mano; se ci fosse qualche altro genitore la cui unica cosa che sapevano con certezza sul conto dei propri figli era il gusto preferito della pizza o i cibi che erano soliti ordinare al ristorante cinese take-away sotto casa. Avrebbe voluto conoscere quei ragazzi.
Forse, anzi, quasi certamente, nella sua scuola c’era qualcun altro con una situazione familiare simile, ma non era esattamente qualcosa di cui si era soliti vantarsi in giro. Ciò non toglieva però che le sarebbe piaciuto conoscere meglio quei suoi coetanei: avrebbero avuto molte cose di cui parlare. Magari anche i loro genitori usavano le cene di lavoro o gli straordinari in ufficio come scuse per coprire le loro relazioni extra-coniugali, stupidamente convinti che nessuno sospettasse niente.
La pizza arrivò pochi minuti dopo. Aly riconobbe il fattorino: era un ragazzo che frequentava la sua scuola. Era abbastanza carino nonostante il giubbino di denim slavato, la t-shirt con la stampa del logo della pizzeria per cui lavorava e il suo atteggiamento un po’ apatico.
Aveva i capelli dello stesso colore di James: neri come la notte.
Aly lo pagò lasciandogli una generosa mancia, tanto che il ragazzo gli concesse addirittura un breve sorriso di ringraziamento un attimo prima di andarsene. Mentre si allontanava, Aly rimase a fissarlo fin in quando girò l’angolo, scomparendo definitivamente.
Proprio come ha fatto James.
Richiuse la porta e vi si appoggiò contro. Si passò le mani sul viso, sugli occhi e tra i capelli, che strinse e tirò forte, fino a farsi male. Come se quel gesto fosse bastato ad estirpare definitivamente quel pensiero fisso, quella paranoia, quell’ossessione che s’insinuava in ogni suo più piccolo pensiero, anche in quelli più innocui, che in apparenza non avevano niente a che fare con lui. Non ne poteva più. Per quanto provasse a dimenticarlo, lui era sempre ovunque.
Decisa più che mai a distrarsi, Aly recuperò la sua pizza, accese il televisore e saltò sull’immacolato divano bianco, ignorando per l’ennesima volta il divieto imposto da sua madre di mangiarci sopra. Dopo cena infilò gli avanzi nel frigo e si sdraiò di nuovo sul divano, addormentandosi poco dopo, con la tv accesa.
E, ancora una volta, sognò il ritorno di James.


*NdA: Hello everybody! Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto. Se avete voglia, fatemi sapere come la pensate! Si accettano commenti di qualunque genere. ;)
P.s. come forse qualcuno avrà notato, ho avuto qualche problema con il capitolo precedente. Volevo solo correggere alcuni errori grammaticali di cui non mi ero accorta e, senza volerlo, ho cancellato la mia nota di fine capitolo. Ci tenevo quindi a precisare ancora una volta che quella che state leggendo è una storia satirica che mira a prendersi un po' gioco dei luoghi comuni presenti spesso in libri e saghe di genere soprannaturale (o urban fantasy) degli ultimi tempi. Prima che mettiate mano ai pomodori e prendiate la mira però, voglio sottolineare il fatto che i suddetti libri piacciono anche a me, quindi keep calm.
Arrivederci al prossimo capitolo :)*

   
 
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