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Autore: Iaiasdream    06/03/2015    5 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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34° capitolo: L’AULA DI CHIMICA
 



<< Dannazione >> impreco sotto voce infilandomi la maglia fra il cinto dei pantaloni, per nascondere lo strappo causato dalla mia stupidità. Era la mia maglietta preferita. Ho dovuto strapparla perché rischiavo di essere vista; ma porca miseria! Non sono io quella che deve nascondersi per non essere scoperta, ciò che ho visto in quell'aula va oltre la mia immaginazione.
Aperta la porta del mio ufficio e richiusala alle mie spalle, vi rimango appoggiata per qualche secondo con lo sguardo immerso pienamente nel vuoto; poi sbuffo infastidita << Cacchiarola, questa non ci voleva >> sussurro raggiungendo la scrivania. Non vado a sedermi, non ne ho voglia. Rimango solo con i glutei appoggiati sul piano di legno e ripensando all'accaduto, incrocio le braccia al petto, accavallando una gamba sull'altra. Facendo quel movimento, un fastidioso dolore al ginocchio annuncia la sua presenza. Accenno una smorfia. Non so per quale motivo mi sono comportata come una ladra che scappa alla vista della guardia, ma quando mi sono accorta di ciò che stava per accadere, tutti i sensi si sono alleati ordinando al mio corpo di allontanarsi il più in fretta possibile da quella situazione, e a quel punto non solo ho dovuto, contro la mia volontà, strappare la maglia, ma di conseguenza, sono caduta sul terreno, sbattendo il ginocchio contro una pietra. Per fortuna non sono stata scoperta, così sono ritornata nel mio ufficio come se niente fosse successo.
Ma non posso continuare così. Però, come diavolo faccio a cancellare dalla mente quell'immagine e quelle parole?  E naturalmente, come ci si dovrebbe aspettare dal mio carattere, rimango a rimuginare sul da farsi.
Ora, se fossi ancora la Rea diciassettenne, avrei preso questa situazione come un'ispirazione alla mia fantasia e ne avrei fatto un romanzo; purtroppo non ho più quell'età, e quindi, ripensando alla carica che rivesto come preside di questo liceo, dovrei prendere provvedimenti molto seri, ma fortunatamente, fra questi due tipi di Rea, ho messo da tempo la terza incomoda, e cioè quella che se ne sbatte altamente, cancellando dalla memoria ciò che succede intorno a sé.
La domanda adesso è: se accettassi l'ultima opzione, sarebbe la cosa più giusta?
Sbuffo per l'ennesima volta portando indietro la testa e chiudendo gli occhi << Ah, ma perché devono succedere tutte a me? >> sibilo rassegnata.
A un tratto, la porta del mio ufficio, si apre di scatto facendo entrare Nathaniel, che nel frattempo ha iniziato a chiedermi qualcosa, ma si blocca guardandomi allibito.
Non nego di essermi spaventata. Cavolo! È entrato mentre la mia mente era beatamente concentrata nei suoi affari; così mi ritrovo con le mani che artigliano la scrivania, gli occhi sgranati e il fiato spezzato.
<< R-Rea...? >> balbetta il biondino, abbassando la mano che fino a qualche istante fa, teneva sospesa a mezz'aria stringendo un fascicolo << va... va tutto bene? >> aggiunge fissandomi con circospezione.
<< P-perché me lo chiedi? >> ribatto imitando il suo modo d'esprimersi.
Dal canto suo, il delegato dà un'ultima ispezione alla mia immagine e grattandosi imbarazzato la tempia con l'indice dell'altra mano, risponde: << Scusami se non ho bussato, vado di fretta >>
<< Cosa ti serve? >> chiedo quasi con uno sforzo, distogliendogli lo sguardo di dosso, ripensando a ciò che ho visto in quell'aula e continuando a chiedermi, con incredulità: che diavolo sta succedendo?
<< Mi chiedevo se per la giornata dei club, facessimo a meno di usare l'interno del liceo. Vedi, se si presentassero allievi di altre scuole, ho paura che possano sparire oggetti, com'è successo altre volte... >>.
Silenzio. Non rispondo, e lui non ribatte. Guardandolo in volto, so perfettamente che si sta chiedendo per quale motivo rimango zitta e ferma come una perfetta idiota. "Sai Nath, non so neanche io per quale motivo lo sto facendo. L'unica cosa che so, è che vorrei porti una domanda".
<< Ehm... Rea? >> lo sento chiedere dopo un po', mentre nervosamente si massaggia la nuca.
<< C-cosa? >>
<< Se c'è qualcosa che non va, puoi dirlo tranquillamente >>
<< Va tutto bene, Nathaniel >> rispondo secca.
<< E allora...? >> chiede ancora guardandomi imbarazzato.
<< Fa come ritieni opportuno >>, cerco di congedarlo frettolosamente, non riuscendo più a reggere quella maschera da gnorri, che mi sono costruita alla velocità della luce, non appena è entrato.
Prima di andarsene, Nathaniel mi lancia un'ultima occhiata circospetta, poi salutandomi esce, chiudendo educatamente la porta.
Non appena il rumore della serratura riecheggia nell'aria, lascio libero il mio respiro che si stava quasi solidificando in gola impedendomi di ingoiare. Torno a sedermi, sprofondando esausta sulla poltrona. << Come faccio a non pensarci? >> sibilo fissando intensamente la porta.
Una sensazione d'ansia mi pervade tutt'a un tratto, scatto in avanti alzandomi dalla sedia, e dopo aver camminato avanti e indietro per pochi istanti, decido di prendere la palla al balzo, ma senza esagerare, almeno per saperne di più. Esco dall'ufficio, nuova destinazione: aula delegati. Per il corridoio, vedo alcune ragazze intente a rovistare negli armadietti. Una di loro, sentendo il rumore dei miei passi, si volta verso di me pronta per salutarmi, ma mentre si accinge a farlo, rimane bloccata a fissarmi allibita.
Indifferente alla sua reazione, faccio finta di nulla e proseguo il mio cammino. La porta dell'aula mi si avvicina agli occhi lentamente. Mi ritrovo con la maniglia a pochi centimetri di distanza, ma la mia mano non ne vuole sapere di afferrarla. "Dannazione, Rea, apri questa cazzo di porta. Possibile che a ogni situazione che ti si presenta davanti, devi comportarti come una perfetta idiota?"
Il mio avatar mentale ha perfettamente ragione, ma come posso continuare a far finta di nulla, quando ciò che ho visto non è stato affatto un sogno?
Ok adesso basta! Sei la preside, giusto? Quindi comportati da tale!
Afferro decisa il saliscendi, e mentre lo spingo verso il basso per aprire la porta, vedo due mani sbucarmi da dietro le spalle, afferrare spudoratamente i due seni e premerli come si fa con le arance.
È inutile descrivere lo spavento e lo sdegno, seguiti a ruota dall'incazzatura che mi pervade.
Da reazione a queste sensazioni, getto all’aria un urlo, mi divincolo bruscamente recitando frasi poco consone ai panni che rivesto.
<< Ma che caz... >>, fortunatamente, dopo essermi girata, curiosa di vedere il misterioso pervertito,  blocco le mie volgari parole e, un verso indecifrabile anche per me che ne sono l'artefice, prende il loro posto.
<< K-Kim! >> balbetto quel nome incredula e allo stesso tempo piena di gioia, mentre i miei occhi si colmano di lacrime nel vedere i suoi che mi sorridono con strafottente affetto.
<< Ed io che pensavo di trovarle più sode dell'ultima volta! >> esclama incrociando le braccia al petto.
Non riesco a rimanere ferma, d'istinto mi piombo su di lei abbracciandola e stringendola forte a me. Kim non mi ricambia, inizia solo a imprecare e spingermi per riuscire a liberarsi.
<< Ma che cazzo fai? >> digrigna << guarda che non sono il bel fusto dai capelli infuocati! >>
<< Oh, Kim! >> esclamo tra i singhiozzi << pensavo che non mi volessi più vedere... >>
<< Beh, a dire la verità, l'avevo presa come un'idea... >>
<< Non dire sciocchezze! >> la rimprovero mollando la presa. Rimaniamo a fissarci per qualche istante, durante il quale mi accorgo che il suo sguardo strafottente, si tramuta in sbigottimento. Mi fissa dalla testa ai piedi e con una smorfia, sbotta in una risata di scherno arrivando finanche a reggersi la pancia e a piegarsi in avanti, biascicando qualche frase incomprensibile.
<< Perché ridi? >> chiedo scioccata.
<< Buah-ah-ah! Come diavolo ti sei conciata? >> riesce a dire fra le risate.
<< Di che stai parlando? >> replico toccandomi il viso.
<< Aspetta, aspetta! >> esclama gesticolando con le mani, dopodiché afferra il cellulare e piantandomelo davanti, mi scatta una fotografia, poi si avvicina per farmela vedere.
Frastornata da quell'atteggiamento, acciglio gli occhi guardando quell'immagine impressa male, si vede una parte sfocata e le mie mani in movimento, ma la causa per cui Kim è scoppiata a ridere, si nota molto bene: fra i miei capelli risiedono indisturbate foglie secche di cespugli
Irritata come non mai, mi piego in avanti, sbattendo i capelli per liberarli dagl'intrusi.
"Ecco perché mi guardavano tutti straniti!" penso sentendomi il volto avvampare. Nel mentre, Kim si è appoggiata al muro e continua a ridere, sembra quasi sfinita.
Mi rialzo e la guardo con occhi minacciosi.
<< Hai finito? >> chiedo seria.
Lei come risposta, si serra la bocca, continuando a ridere in silenzio.
<< Piantala Kim, mi stai facendo pentire di essermi preoccupata per te >> sentenzio afferrando la maniglia della porta dell'aula delegati.
<< Non è colpa mia se ti ritrovo conciata in questa maniera! Non cambierai mai Rea... ma cosa ti è successo? >>
<< Se ci tieni alla nostra amicizia, non me lo chiedere, perché è scritto nelle pagine del mio destino che devo sempre trovarmi in situazioni spiacevoli >>
<< Ma di che stai parlando? >> chiede non comprendendo ciò che le sto dicendo.
Non rispondo, scuotendo la testa irritata, apro la porta preparandomi a chiamare Nathaniel, ma per mia sfortuna trovo la sala delegati completamente vuota. Kim si avvicina alle mie spalle chiedendomi cosa sto cercando.
<< Nulla >> rispondo sospirando, poi richiudendo la porta, mi volto verso di lei domandandole se ha voglia di un caffè.
 
***
 
Non saprei dire se è partito tutto dall’inizio o è ultimamente, ma ammetto che le risate mi inculcano un senso di fastidio.
Cercando di non pensarci, giro lentamente il cucchiaino nella tazzina bianca contenente quel cremoso e profumato espressino, mentre la mia amica di fronte a me, cerca disperatamente di riprendere fiato e successivamente il controllo sulla sua serietà, che da quando si è rifatta viva, l'ha sotterrata in non so quale fossa.
Le persone agli altri tavolini ci guardano curiosi, mentre il barista, alza il volume della tv affissa sulla parete per coprire con la musica i versi inopportuni della bruna, che se ne sbatte altamente di fare figure.
<< Kim, ti prego, finiscila >> sussurro senza muovere le labbra e mettendomi una mano come para-ventino sul lato destro del viso. In quanto a discrezione: zero.
<< Scusami, ma è più forte di me! Non riesco a credere a ciò che mi hai appena confessato. Che diamine! Stiamo parlando di Nathaniel! No, dico: quel perfettino rompi palle! Ti rendi conto? >>
<< Sì, però abbassa la voce. Ci stanno fissando tutti >>
<< Ok, ok. Non ti allarmare >>, è strabiliante il modo con il quale ha ripreso il suo controllo sulla serietà. Sorseggia il suo caffè come se fosse nulla, ed io la guardo sbigottita, anche se avrei dovuto aspettarmelo da una come lei.
Tranquillizzata, libero il mio viso dalla mano e finalmente posso gustarmi in santa pace l'espressino.
<< Il preside lo sa? >> chiede ad un tratto la bruna facendomi andare di traverso una goccia della bevanda. Tossisco dandomi dei colpetti sul petto.
<< C-Castiel? >> chiedo balbettando.
<< E chi se no? >>
<< No, non lo so >> rispondo incerta << cavolo Kim, ho visto solo io questa cosa, come fa a saperlo Castiel? E poi anche se lo sapesse, penso che me lo direbbe >>
<< Oh sì certo! Come quando ti disse che suo padre gli fece firmare quella maledetta carta per il matrimonio con quella puttana, oppure come quando ti disse che il padre è caduto nella merda e lui si è finalmente liberato di quella stronza... >>
<< Kim... >> la interrompo con sguardo triste.
<< Ok. Basta. Mi ero ripromessa di fregarmene. È per questo che sono sparita per quasi due settimane. La vostra storia mi sta facendo nascere dei sentimenti. Ma purtroppo anche volendo allontanarmi da voi, è impossibile farlo. Che cazzo! Mi state attaccate come stalcker in calore! >>
Sorrido sentendola parlare in questo modo. Scherza, e so che lo fa per cambiare discorso, ed io non posso fare altro che accontentarla.
<< Allora? Cosa farai, glielo dirai? >> chiede dopo qualche istante di silenzio.
<< Non lo so, prima vorrei arrivare in fondo a questa storia >> rispondo passandomi una mano sul viso.
<< Ma dovrai farlo in fretta, prima che lo scopra qualcun altro >>
Guardo atterrita il volto della mia amica, al solo pensarci mi sta venendo il volta stomaco, e non in senso figurato. Un conato di vomito mi pervade la gola facendomi istintivamente portare una mano sulla bocca.
<< Cos'hai? >> chiede la bruna appoggiando la tazzina sull'apposito piattino. Scuoto la testa ingoiando a fatica la saliva.
<< Nulla >> rispondo poi sorridendo << È che ciò che mi hai detto mi ha un po' scosso >>
<< Non l'ho detto per scherzo. Se quell'idiota si fa scoprire così facilmente, e soprattutto a sua insaputa, di sicuro farà succedere un cataclisma >>
<< Cosa posso fare? >> chiedo scrollando le spalle afflitta.
<< Cerca di trovare una soluzione >> risponde sicura.
<< Sì, ma come? Io non posso, e non voglio prendere provvedimenti, tutto questo è assurdo! >> esclamo volgendo lo sguardo da un'altra parte, poi affondando la fronte sulla mano sbuffo innervosita << Quando penso di stare lontana da queste situazioni, alla fine, mi rendo conto di trovarmi a un passo da loro. Non so per quale motivo continuo a voler lavorare ancora in quel liceo >>
<< Te lo dico io il perché >> m'interrompe incrociando le braccia al petto << Sei troppo legata al passato, che è il liceo a rappresentarlo. Non riesci a guardare al presente o a pensare al futuro, l'unica cosa che non riesco a capire, è perché lo fai? >>
<< Io... >> guardo nel vuoto rendendomi conto che ha perfettamente ragione << non lo so >> riesco a rispondere, con il pensiero di un'unica persona che mi balena nella mente: Armin.
Subito quel miscuglio di dolorosi ricordi ritorna a logorarmi.
Anche se adesso per lui non provo altro che disprezzo, nel mio cuore non ho mai accettato il modo con il quale è andata a finire. Anche se non l'ho mai amato, gli ho voluto veramente bene. Cos'è successo? E perché è accaduto?
Se solo quel giorno non avessi accettato...
<< Rea mi stai ascoltando? >>, quella domanda mi riporta repentinamente al presente, apro e chiudo velocemente le palpebre volgendo gli occhi sul viso di Kim.
<< C-cosa c'è? >> chiedo smarrita.
<< Ti ho chiesto se possiamo andare? >>
<< S-sì, sì, certo >> rispondo alzandomi dalla sedia e guardando l'ora sul televisore a schermo piatto.
Ritorniamo al liceo in silenzio. Kim si congeda dicendo che ha da fare. Non le chiedo nulla, la saluto soltanto ed entro nell'edificio raggiungendo il mio studio.
Percorrendo lentamente il corridoio, vedo a un tratto sbucare la figura alta e snella di Nathaniel. Il mio cuore ha un sussulto, e inizio a sentirmi a disagio. Mi guardo intorno cercando di scorgere una porta di qualsiasi aula, per ficcarmici dentro e risparmiarmi la sua vista, ma sfortunatamente l'unica cosa che vedo, sono file a schiera di armadietti blu.
<< Rea! >>, mi chiama lui in lontananza.
"Dannazione, non voglio parlargli". Mi accingo a voltarmi indietro, ma sento i suoi passi farsi più veloci e in men che non si dica, me lo ritrovo a pochi metri di distanza.
<< Rea, aspetta! >>
Mi fermo, preparando un sorriso forzato, il meglio che possa fare.
<< Dimmi? >> chiedo voltandomi lentamente.
<< Ti stavo cercando, Castiel si trova nel tuo ufficio e ha chiesto di te >>
<< Castiel? >> chiedo sbigottita << Ma oggi non doveva venire... >> mormoro titubante "Mi ha detto che aveva da fare con la vendita della villa". Vedo il biondino fare spallucce e guardarmi con aria innocente.
<< Ci vado subito, Nathaniel >> soggiungo. Lui annuisce, poi salutandomi, si allontana con la sua composta andatura. << Nathaniel! >>, ho però la felice idea di fermarlo. Lui si gira per guardarmi incuriosito.
<< Cosa c'è? >>
Ecco, brava. Adesso cosa t'inventi? E non pensare di rispondere nulla, oggi hai già fatto abbastanza figure del cavolo, non crearne altre!
<< Oggi scherzavo >> rispondo prendendo al volo il primo mezzo pensiero accucciato in un angolo della mia mente.
<< A proposito di che? >> chiedo lui non comprendendo.
<< Per la giornata dei club. Se non riesci a vedertela da solo, chiedi aiuto a qualcuno >>
<< Grazie Rea, ci penserò >>; e detto questo ritorniamo ognuno nei rispettivi uffici.
Arrivata davanti la porta del mio, apro senza curarmi di bussare, sicura di fare un dispetto al rosso, ma con mia sorpresa non lo trovo. Eppure il delegato mi ha detto che mi stava aspettando. Mi dico pensierosa.
Afferro il cellulare dalla tasca dei miei pantaloni, e digitando il suo numero telefonico lo chiamo.
Non si fa attendere molto, dopo uno squillo risponde alla chiamata.
<< Mi cercavi? >> chiedo emozionata come una ragazzina alle prese con il primo amore, dopo aver sentito la sua voce calda e sensuale.
<< Dove sei? >>
<< In ufficio >>
<< Vieni sul retro del club di giardinaggio >>
<< P-perché? >>
<< Vieni e vedrai >>. Con queste due piccole parole, termina la chiamata lasciandomi in balia di fremiti e furiose palpitazioni.
Senza pensarci due volte, esco dall'ufficio recandomi quasi con passo svelto verso il posto indicatomi da Castiel.
Arrivata non vedo nessuno, ho il fiatone, e mi guardo intorno speranzosa di trovarlo, quando a un tratto sento due braccia calde e forti cingermi da dietro i fianchi, due labbra più brucianti del fuoco poggiarsi sulla mia nuca e un profumo a dir poco travolgente penetrare le mie nari facendomi chiudere le palpebre estasiata.
<< C-Cass... >> sibilo chinando il capo all'indietro, dandogli così libero accesso al resto della mia epidermide.
<< Mi sei mancata >> sussurra il rosso continuando a mordicchiarmi. Mi volto verso di lui, afferrandogli il viso, e dopo avergli donato un fugace e languido sguardo, gli offro le mie labbra vogliosa dei suoi ardenti baci.
Lui non perde altro tempo, e poggiatami di spalle al muro, appoggia il suo busto sul mio passando le mani sotto la mia maglia, libero di esplorarmi.
Anche se presa dall'eccitazione, riesco ad accorgermi, che vuole portare i suoi atti a livelli più alti, non appena ha passato le sue mani sulla cinta del mio pantalone. Subito lo fermo, divincolandomi dai suoi insaziabili baci.
<< Castiel, no che fai? Non possiamo, non qui! Se ci vedesse qualcuno... >>
Lui si distacca guardandomi con i suoi occhi tramutati in specchi d'acqua, talmente sono lucidi e ricolmi di lussuria, e con l'affanno che gli impedisce di proferir parola, mi afferra la mano, invitandomi a seguirlo.
Mi blocco << Dove mi porti? >> gli chiedo curiosa.
<< Vieni con me >>
<< Sì, ma dove? >>
Senza rispondermi, mi indica la finestra dell'aula di chimica.
Seguo il suo sguardo e non appena vedo la parte indicata, sgrano gli occhi incredula.
"Oh, no! Non ci pensare nemmeno! Ma per quale cazzo di motivo con tutte le aule di questo istituto, devono scegliere per forza quella di chimica? Che cos'ha di tanto speciale?".
Castiel continua a tirarmi, e senza obbiettare lo sto seguendo, mentre nella mia mente una piccola vocina mi dice di fermarmi. Decido, così, di seguire il suo consiglio.
<< Aspetta Castiel, non possiamo andare lì >>
<< E perché no? >> chiede lui senza lasciarmi la mano.
<< Perché... perché è scomodo. Andiamo in infermeria >> "ma sono un'idiota o cosa?"
<< A quest'ora l'unica stanza vuota è quella di chimica >> risponde riprendendo a camminare e trascinandomi con se.
Non replico, e lo seguo in silenzio, ma è in questo momento che mi viene in mente un pensiero: forse dovrei dirgli ciò che ho visto e chiedergli cosa pensa di fare; ma se non glielo dico ho paura che possa scoprirlo qualcun altro. Dannazione! Perché ho quest'ansia? Non voglio andare in quell'aula, ho come una strana sensazione.
Mentre penso a tutto ciò, la porta dell'aula di chimica si avvicina repentinamente ai miei occhi. Ho uno scatto, fermo ancora una volta Castiel, mettendomi davanti a lui per bloccargli il passaggio.
<< Ma che ti prende? >> chiede inarcando le sopracciglia.
<< Nulla, non voglio entrare qui dentro >> rispondo con voce tremante.
<< Ma perché? >>. Non rispondo. Cazzarola, non so cosa dirgli. Lui sbuffa infastidito, mi afferra per un polso tirandomi a se. << Sono due giorni che non ti vedo, e adesso non puoi comportarti in questa maniera... >>, allunga la mano verso la maniglia, abbassandola. Dal canto mio, non posso fare altro che guardare arresa, le sue mosse. Ma sì. Mi dico. È solo una mia fissazione.
<< Non verrà nessuno >> aggiunge beffardo Castiel, aprendo la porta, e mentre lo fa, ciò che si staglia subito dopo davanti ai suoi occhi, gli fa ingoiare le altre parole che si era accinto ad esprimere.
   
 
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