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Autore: Yasha 26    06/03/2015    1 recensioni
Mi volto verso la foto sul comodino e la prendo tra le mani. Ritrae me e la mamma sedute al parco, sotto una distesa immensa di ciliegi in fiore.
“La Via dei Ciliegi” l’ha soprannominato lei quel posto. E' qui che mi rifugio quando voglio pensarla, restando ore ed ore seduta sulla stessa panchina su cui era solita sedersi lei.
***
Resto immobile a terra, rannicchiata su me stessa.
Piango e prego che la sua furia si plachi in fretta, non potendo far altro.
Vedi, Hiro Watanabe? Sono queste le uniche lacrime che mi concedo ogni maledetto giorno della mia vita e che non dedicherò mai a te!
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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-Ti odio! Ti odio! Ti odioooooo!!! Tu sia dannato Watanabeeeeeee!!!!!!!!!!!!!- continuo ad urlare con la faccia schiacciata contro al cuscino, dopo averlo anche picchiato, poveretto.
Non sono mai stata così fuori di me come oggi. Ci voleva pure la scusa di avermi salvato la vita per mettermelo dentro casa. Dannazione!
Comunque, ancora non capisco cosa sia accaduto di preciso davanti quel semaforo. Io non avevo certo intenzione di uccidermi. Non potrei permettermi questo lusso, purtroppo. Però è quello che sembrava stessi per fare, anche se inconsciamente.
Spero non mi capiti mai più una cosa del genere. Non posso essere egoista e pensare a me stessa. Prima di tutti viene Daiki. Devo crescerlo come solo la mamma avrebbe saputo fare, gliel’ho promesso. Non posso sottrarmi a quella promessa……
 
 
 
 
 
“-Bambina mia, non sai quanto mi spiace farti passare tutto questo. Perdonami.- dice lei piangendo.
-Non dirlo neanche, mamma! Non ho nulla da perdonarti. Non è colpa tua.- la rassicuro, asciugandole gli occhi, dato che lei non ne ha più la forza.
-Resta il fatto che sto distruggendo la tua adolescenza.- continua triste.
-Non stai distruggendo nulla. È solo un momento. Ne sono sicura! Presto ti rimetterai e uscirai da questo maledetto ospedale, e ritornerai a casa con me, Daiki e papà. Devi solo avere fiducia.-
-Keiko, sappiamo entrambe che non uscirò viva da questa camera. Il momento si avvicina e non possiamo fermarlo.-
-No! Non dirlo! I dottori si sbagliano! Ti rimetterai grazie alle nuove cure. Noi abbiamo ancora bisogno di te. Io ho bisogno di te! Ti prego, non ti arrendere!- la supplico in lacrime.
Lo so. Lo so che sta morendo. La vedo spegnersi ogni giorno di più, ma le preghiere ai Kami e le speranze non mancano! Sono sicura che non mi toglieranno la mia mamma. Non possono!
-Ascolta, figlia mia, devo chiederti un favore. So che è ingiusto da parte mia chiederti un così grande sacrificio, ma solo tu puoi aiutarmi a morire serena.- inizia seria, prendendomi la mano e stringendola quel po’ che riesce.
-Tutto quello che vuoi mamma.-
-Prenditi cura di Daiki. Crescilo come se fossi sua madre, oltre che una sorella. Educalo, curalo quando starà male, insegnagli a parlare, a camminare, abbi pazienza con lui, stagli vicino quando ne avrà bisogno, festeggia i suoi compleanni, come se io fossi con voi, sempre col sorriso. Ti prego Keiko…- mi supplica, guardandomi dritta negli occhi.
Crescere io Daiki? Perché lo chiede a me? C’è papà. Perché devo farlo io, quando anch’ io ho bisogno di qualcuno che si prenda cura di me?
-Mamma io…non so se ne sarò in grado. Ho solo quattordici anni. Non so come crescere un bambino di pochi mesi. Non so cosa significhi essere madre. Come farò? E poi c’è papà…- do voce alle mie perplessità.
Che può fare una ragazzina di quattordici anni per crescere un bambino di neppure un anno?
-Tuo padre non ne sarà in grado. L’ho capito in questi giorni, osservandolo al mio capezzale. Non ne avrà la forza, almeno non i primi tempi. E’ troppa la disperazione nei suoi occhi. So che quello che ti sto chiedendo è una grandissima responsabilità, ma ti conosco, sei una ragazza forte Keiko, lo sei sempre stata. Solo tu puoi prenderti cura di tuo fratello quando io non ci sarò più, e purtroppo temo dovrai fare lo stesso con tuo padre. Sii forte per me, bambina mia, e per tuo fratello. Promettimelo!- insiste disperata.
-Va bene mamma. Te lo prometto. Mi prenderò cura di Daiki, qualunque cosa succeda.- le prometto con un peso sul cuore.
-Ti ringrazio figlia mia.- dice sorridendo tranquilla.
Mi siedo accanto a lei ed inizio a raccontarle la mia giornata a scuola, mentre la vedo addormentarsi serena.
Crescere Daiki come fossi sua madre…ne sarò mai in grado?
Vi prego Kami, risparmiateci tutto questo. Fate un piccolo miracolo per la mia mamma. "
 

 


 
Quali vane speranze le mie.
La mamma è morta proprio quella sera, poche ore dopo averle fatto quella promessa, come se aspettasse solo quello per andarsene.
Ogni volta che ci penso sto malissimo. Fino alla fine ho sperato in un miracolo. Purtroppo nessuno ha raccolto le mie preghiere, oggi come allora. Ho comunque mantenuto quel giuramento, prendendomi cura di mio fratello.
Peccato non sia rimasto nessuno a prendersi cura di me da quel giorno.
Insieme a mia madre ho perso anche “Keiko”. Chissà che ne è stato di quella ragazzina allegra e spensierata che passava le sue giornate con le amiche, a fare tutti gli sport più assurdi, a suonare il pianoforte e a cantare a squarciagola. Credo sia morta insieme a sua madre, in quella camera d’ospedale, quattro anni fa.
A volte mi fermo a pensare che se papà non avesse reagito annegando il dolore nell’alcool, forse avremmo una vita diversa. Non dico felice, ma tutti e tre insieme avremmo potuto andare avanti. Invece eccoci qui, dopo quattro anni, con una vita disastrata e priva di senso. Almeno la mia.
Il mio unico scopo è crescere mio fratello, e dopo? Ci sarà un dopo per me? Sinceramente neanche m’importa più.
Tutta la rabbia di poco fa scivola via, lasciando posto alla solitudine, alla disperazione, al vuoto totale che mi circonda.

Sono sola. Completamente sola.

Non che io abbia fatto molto per farmi qualche amico, ma neanche gli altri hanno fatto nulla, giudicandomi solamente come la strana dell’istituto. Sinceramente, gente così come amici non li voglio.
Mi stringo su me stessa, abbracciandomi, unica posizione che mi da conforto, lasciandomi andare ad un sonno pieno di incubi confusi e senza senso logico, con fiumi microscopici, scale senza fine, topi che mi assalgono e altre cose senza capo né coda. L’unica cosa che riesco a distinguere in tutta quella confusione è la figura di mia madre, che mi abbraccia e poi va via, lasciandomi, purtroppo, nuovamente da sola.
 
 
-Buongiorno cozza sfigata!- mi accoglie “caloroso” come sempre Watanabe, che ignoro bellamente come al solito, sedendomi al mio posto.
Due mesi! Due stramaledettissimi mesi che Watanabe è diventato la mia ombra. Non lo sopporto più! Ovunque mi giri lui è tra le scatole. Mi chiama al telefono perfino la notte, per il solo piacere di svegliarmi, così sono costretta a spegnerlo. Finirò col lanciargli iettature di ogni sorta. Mi ha rotto!
E ovviamente mai una volta che sia non dico gentile, ma quantomeno non offensivo. L’unica cosa buona che ogni tanto fa è darmi qualche dolcetto per mio fratello, anche se ne ignoro il motivo. A volte temo sia avvelenato, ma dopo averlo assaggiato, facendo da cavia, lo do a mio fratello più tranquilla.
Almeno una cosa positiva però c’è, mio padre sembra essersi dato una calmata, o meglio, continua ad ubriacarsi e a picchiarmi, però meno rispetto prima, e non mi fa neanche poi così male. Forse tutto quell’alcool ha iniziato a corroderlo dentro, facendolo marcire una volta per tutte nel suo vomito acido, che mi costringe a pulire dalle sue lenzuola. Lo spero! Avesse solamente il buon gusto di aspettare tre anni prima di tirare le cuoia!
-Buon giorno ragazzi. Da oggi avrete un nuovo compagno nella vostra classe.- ci informa il professore di storia appena entrato, attirando tutta la nostra attenzione.
Un nuovo compagno? Che meraviglia! L’ennesimo coglione che si divertirà a prendermi di mira.
-Prego signor Kobayashi. Si presenti.- lo invita l’insegnante.
Entra un ragazzo dalla bellezza incredibile, alto, capelli neri e occhi di un insolito color marrone/rossiccio.
-Salve. Il mio nome è Nobuo Kobayashi. Mi sono da poco trasferito a Tokyo a causa del lavoro dei miei genitori. Piacere di conoscervi.- si presenta, inchinandosi.
-Può sedersi vicino la signorina Tanaka, lì in terza fila.- lo avverte il professore, notando il banco vuoto vicino al mio.
Evviva, lo avrò vicino ad insultarmi. Meglio di così…
-Salve Tanaka.- mi saluta sorridendo.
-Salve a te Kobayashi.- ricambio, sorridendo a mia volta. Almeno nel salutare sembra educato.
Le ore volano e arriviamo alla pausa pranzo. Non mi sono portata nulla oggi, così resto nella classe ormai vuota a ripassare qualche materia, aspettando la prossima ora.
-Non mangi?- mi chiede il nuovo arrivato, rientrando in classe.
-No, non ho molta fame.- rispondo semplicemente. Diciamo più che altro che non avevo nulla da portarmi, quel che c’era l’ho dato a Daiki, ma questo non lo dico certo ad uno sconosciuto.
-Non dirmi che sei a dieta?- chiede nuovamente.
-No, non sono a dieta.-
-Non sei una tipa di molte parole, eh?- scherza, sedendosi accanto a me. Sta cercando di fare conversazione con me o sta già iniziando a prendermi in giro?
-Diciamo che solitamente a scuola non parlo mai molto.-
-Sì, mi è giunta voce.-
-Eh? Che significa?- chiedo curiosa.
-Mi hanno detto di non rivolgerti la parola perché sei una persona strana, asociale e scorbutica.-
-Ah…capisco. Allora perché se ti hanno detto così, stai parlando ugualmente con me?-
-Perché odio la gente che mi dice cosa devo fare. E poi, se non vorrai parlarmi, sarai tu a dirmelo.- replica tranquillo.
-Non credo di avere motivo per non parlarti, almeno finché non comincerai anche tu a deridermi.- spiego triste.
-Deriderti? Perché dovrei?-
-Lo fanno tutti.- rispondo sospirando.
-Perché?-
-Perché? Non lo so il perché. È così da quando ho messo piede in questa scuola.-
-Mi spiace. Devi sentirti sola senza amici.-
Sapessi quanto!
-Ci sono abituata.-
-Beh, se vuoi, io posso essere tuo amico. Mi stai simpatica!- esclama sorridendomi.
-Ti sto simpatica? Come, se nemmeno mi conosci?.- gli faccio notare. Non sarà che lo mandano gli altri, per prendersi gioco di me?
-Non so perché, però, il tuo modo d’essere mi intriga. Il trucco, l’abbigliamento, di certo sei un tipo singolare.-
-E questo non ti disturba?-
-No, perché dovrebbe? Anzi, le cose strane sono più interessanti di quelle normali.-
-Chi ti dice io sia strana, scusa? Solo per il mio modo di conciarmi?- chiedo indispettita.
Odio essere definita strana anche dal primo venuto!
-Affatto, lo dico per il tuo isolamento. Si vede sei una persona diffidente.-
-Sei uno psicologo per caso?- ribatto accigliata.
Mi conosce da meno di mezza giornata e crede di conoscere tutto di me?
-No. Semplicemente capisco le persone. Allora Keiko, ti va di essere mia amica?- chiede allungandomi la mano.  Lo guardo qualche istante, indecisa e titubante.
-Ok, Nobuo.- rispondo stringendogli la mano, e sperando non sia un nuovo trucco di Watanabe per spillarmi informazioni.
 
Con mia immensa gioia, Nobuo si è dimostrato un ragazzo molto simpatico, tranquillo e gentile. Parliamo spesso, certo non del mio “problema”, però sto iniziando a confidarmi con lui di alcuni miei stati d’animo.
Da quando c’è lui poi, Watanabe ha poco spazio per le sue angherie dato che Nobuo mi è sempre vicino. Si limita solo agli insulti verbali, sempre contrastati dal mio amico comunque. Certo è strano che Watanabe si arrenda o si faccia mettere i piedi in testa da altri, ma alla fine a me che importa?! È bello essere difesa ogni tanto!
 
 
-Certo che se potesse difendermi anche a casa non sarebbe male.- mi dico ad alta voce, mentre medico gli ennesimi colpi di mio padre.
Ho parlato troppo presto a quanto pare, visto che stasera era più incavolato del solito. Forse perché oggi sarebbe stato l’anniversario del matrimonio con mamma. Come sia riuscito a ricordarlo è un mistero, fatto sta che ha sfogato su di me la rabbia, tanto per cambiare. Mi ha picchiata solo perché ho detto a Daiki di andarsene nella sua camera. Ha iniziato a sbraitare che volessi tenerlo lontano da lui, che intuito! Nonostante il cervello spappolato da tutte le porcherie che ingurgita, ogni tanto qualcosa ricorda e capisce. Ovvio che voglia tenerlo lontano dalle sue grinfie, o lo ucciderebbe con un pugno. Comunque, da quando gli importa di suo figlio? Mah.
Spero solo non mi abbia rotto nulla, perché il dolore alla schiena è insopportabile.
Mi faccio un’iniezione di antidolorifico alla meno peggio. Non avendo nessuno che può farmela devo arrangiarmi da sola anche in questo. Dopo qualche ora, il dolore diminuisce un po’, grazie anche agli impacchi di ghiaccio. Almeno riesco a dormire un po’.
Il giorno dopo mi faccio un’altra iniezione. Non fa miracoli, ma aiuta parecchio, rendendo i movimenti meno impacciati. Almeno riesco a camminare eretta.
Purtroppo oggi Nobuo non verrà a scuola perché ha preso l’influenza. Dopo la scuola andrò a portargli gli appunti delle lezioni di oggi. Non abita molto lontano, per fortuna. Qualche minuto di strada riesco a farlo.
-Tanaka, oggi niente guardia del corpo?- mi blocca una voce, prima di entrare in classe.
-Che vuoi Watanabe?- sbuffo, girandomi a guardarlo spazientita.
-Io? Nulla. Sono solo curioso di sapere dove tieni quell’imbecille che ti porti dietro come un cagnolino da guardia.-
-Nobuo non è il mio cane da guardia! È solo mio amico!- rispondo irritata.
-Io la vedo diversamente. Lo vedo sempre attaccato alle tue gonne. Anzi, forse ci sta pure sotto alle tue gonne.- insinua maligno.
Sotto le mie gonne? Sta insinuando che io e Nobuo facciamo… no, questo è troppo!
-Come ti permetti? Qui l’unico che sta sotto le gonne sei tu, che sei il peggior puttaniere della scuola che si porta le oche nello stanzino delle scope! Degno posto per quello che ci fai!- ribatto più incazzata che mai, complice anche il dolore che mi tormenta.
-Guarda guarda, stai attenta a chi mi scopo e dove. Interessante. Immagino ti piacerebbe trovarti al loro posto, sfigata.- si vanta l’idiota, che ha frainteso il mio insulto, come se me ne importasse nulla di quello che fa.
-Sinceramente, Watanabe, piuttosto che venire a letto con te, preferirei rotolarmi nuda in un campo di ortiche!- gli rispondo stizzita, ignorando il suo ennesimo insulto ed entrando in classe, lasciandolo come un ebete.
Pensarmi a letto con lui non è nemmeno l’ultimo dei miei pensieri! Non lo farei neppure se fosse l’ultimo uomo sulla Terra. Lo odio troppo! Mai! E ripeto…MAI!!!
 
 
Come stabilito prima, dopo scuola vado a trovare Nobuo.
-Ciao Keiko, ma cos’hai? Sei più pallida di me che ho la febbre.- chiede il mio amico.
Non devo avere una bella cera mi sa. La schiena fa un male terribile. Vorrei solo gettarmi per terra e dichiararmi morta.
-Solo stanchezza, tranquillo. Tu invece? Come ti senti?- chiedo mentre mi accomodo.
-Sto meglio, grazie. Non è che quel bastardo ti ha fatto qualcosa, approfittando del fatto che non ci fossi?- insiste preoccupato.
-No no. E’ stato tutto tranquillo.- mento per non farlo arrabbiare.
Certo non posso dirgli che Watanabe lo ha definito cane da guardia. Riguardo all’insinuazione che io e lui stiamo insieme, lo tengo per me. Sarebbe imbarazzante raccontarglielo.
Perché poi, dovrei imbarazzarmi con Nobuo? Forse perché è il primo amico maschio che ho. Chissà.
-Sicura? Guarda che me ne accorgo quando menti. Ti viene una fossetta qui…- dice sorridendo, sfiorandomi delicatamente la fronte con un dito, mentre io arrossisco.
Il cuore inizia a battere forte per la sua vicinanza. Perché?
-Beh…ecco…io…- balbetto come una sciocca. Che mi prende?
-Sei tutta rossa.- mi fa notare, mentre io arrossisco ancora di più. Non sono abituata a queste gentilezze da parte di qualcuno. Forse è questo.
-Keiko?- mi chiama lui, così alzo la testa, che tenevo bassa per l’imbarazzo.
-Sì?- chiedo curiosa, ma lui non risponde, si avvicina al mio viso e mi da un leggero bacio sulle labbra.
Sgrano gli occhi per la sorpresa. Mi sta baciando? Nobuo mi sta baciando?
-Grazie per avermi portato gli appunti.- mi dice quando si stacca, continuando a guardarmi dolcemente.
Il mio primo bacio. Ho appena avuto il mio primo bacio! Ok, non un bacio “vero”, ma sempre di un bacio si è trattato.
-Pre…prego.- rispondo imbarazzata fino alla punta dei capelli.
Lui da un’occhiata ai miei appunti, chiedendomi ogni tanto qualcosa, ma io rispondo a monosillabi, avendo la testa da tutt’altra parte, precisamente a ciò che ha fatto cinque minuti fa. Nobuo, invece, sembra così tranquillo.
Vorrei chiedergli che significato avesse quel bacio, ma ho paura. Paura che non mi piaccia la sua risposta, e paura che invece possa piacermi. Ed io? Io come lo considero quel bacio? Di sicuro come qualcosa di pericoloso. Non posso permettermi che qualcuno si avvicini a me così. E se me ne innamorassi? Se scoprisse di mio padre? Mi lascerebbe? Lo denuncerebbe? Lo picchierebbe?
Oh Kami, quanti pensieri!
-Ora vado. Mio fratello sta per uscire dall’asilo.- dico notando l’ora.
-Ok. Grazie ancora per gli appunti. Credi riuscirai a portarmeli anche domani, o sarebbe chiederti troppo?-
-Certo che verrò, nessun problema.- lo rassicuro.
-Ne sono felice. Ciao Keiko, a domani.- mi saluta, avvicinandosi nuovamente a me, ma lasciandomi un bacio sulla fronte e non sulle labbra, come prima…peccato.
Peccato? Ho detto peccato? Ok, io sto impazzendo!
-A domani. Ciao Nobuo.- lo saluto ancora imbarazzata.
Accidenti, che figuraccia ho fatto? Devo essergli sembrata una bambina che arrossisce per nulla. Beh, un bacio non è esattamente nulla. Forse per lui era un semplice modo per ringraziarmi. E’ così. E’ sicuramente così.
Ora finiscila con le fantasie Keiko! Le cose belle non fanno per te. Quindi stai coi piedi per terra e fila da Daiki, l’unica cosa a cui devi pensare.
 
 

                                                           **********************
 
 

Stramaledetto scorfano a due gambe! Questa me la paga cara! Non avrebbe dovuto affermare davanti a tutti che piuttosto che fare sesso con me, preferirebbe rotolarsi tra le ortiche. La farò pentire amaramente!
È le ortiche che vuole? Bene…le avrà!
Il giorno passa veloce. Quando torno a casa trovo quello che cercavo in fondo al cassetto. È un regalo, se così possiamo chiamarlo, di mio padre, ottenuto grazie al suo lavoro di poliziotto. Non ho mai saputo che accidenti farci, ma adesso lo so eccome!
Speriamo che quel leccapiedi di Kobayashi non venga neppure domani. Quanto mi sta sui coglioni! Da quando è arrivato sta sempre appresso a quella cretina! Non li sopporto! Con me faceva tanto la difficile, con lui invece è tutta smielata e sorridente, ma le farò sparire quel sorriso dalle labbra. Parola di Hiro Watanabe!
 
Aspetto con ansia il giorno successivo. Preparo minuziosamente il mio piano, anche grazie all’aiuto dei due imbecilli che mi porto dietro. Aspetto davanti l’entrata della scuola l’arrivo di Tanaka, per attuare la prima parte del piano. Quando finalmente arriva, faccio segno ai due idioti di nascondersi.
-Sfigata! Oggi sei più ridicola del solito con quelle calze. Sembri un cocomero! Con le calze rosse e la divisa verde sei perfetta.- la sbeffeggio come mio solito.
-Ah ah ah. Che battuta divertente Watanabe. Molto divertente.- risponde sarcastica, facendo per superarmi ed entrare.
-Aspetta un po’, tu!- la fermo, afferrandola per un braccio e vedendole fare una smorfia di dolore. Che esagerata! Non l’ho nemmeno stretta con forza!
-Cosa vuoi Watanabe?-
-Non sei stata affatto carina ieri con la tua affermazione sul fare sesso con me. Hai ferito il mio povero cuore!- fingo offeso, recitando in modo teatrale.
-Da quando avresti un cuore?- sorride ironica.
Ridi pure. Non sai quello che ti aspetta!
-Da ieri direi. Quindi devi pagare cara la tua offesa.- la informo, facendo segno agli altri di avvicinarsi con il secchio che gli ho dato prima.
-Certo, ti serviva la scusa per maltrattaaaaaahhh!!!- urla, quando Juro ed Kenji, alle sue spalle, le gettano addosso diversi litri di sciroppo alle fragole, terribilmente appiccicoso e dal nauseante odore dolciastro.
-Che schifo! Che roba è?- chiede confusa, cercando di togliersela dal viso.
-Delizioso succo di fragole, che ti consiglio di toglierti subito da dosso, prima che attiri mosche e formiche.- sghignazzo divertito.
-Ti odio Watanabe! Ti detesto!- urla con tono sprezzante.
-E perché? Ti ho fatto un favore, adesso hai tutto abbinato al colore delle calze ahahahahahha!-
-Tu sia dannato!- grida, correndo come un fulmine verso le docce della palestra, come speravo.
-Ha funzionato! Bravo capo!- si complimenta Juro.
-Non sono il capo di nessuno, imbecille!-
-Adesso che si fa? La seguiamo negli spogliatoi, eh?- chiede con una luce sinistra negli occhi. E non so il perché, ma la cosa mi fa incazzare parecchio.
-Tu prova anche solo a mettere un piedi lì dentro e ti rompo ogni singolo osso che hai in corpo! Sono stato chiaro?- lo minaccio afferrandolo per il colletto della camicia.
-Ma…ma io…pensavo che…- balbetta terrorizzato.
-Pensavi Cosa? Che ci saremmo divertiti con lei?-
-Veramente…anche io pensavo che…beh ecco…scusaci, abbiamo mal interpretato il tuo piano.- interviene l’altro stupido del fratello.
-Non mi pare di avervi mai dato modo di pensare che avremmo approfittato di Tanaka! Prenderla in giro è un conto, violentarla è un altro. Fate proprio schifo voi due! Sapevo foste idioti, ma anche porci mi mancava! Sparite dai miei occhi se non volete passare un brutto quarto d’ora!- ringhio minaccioso,
-Capo, ma noi…-
-“Ma” un cazzo! Sparite dalla mia vista ho detto!- insisto imbestialito come mai, andandomene. Per chi mi hanno preso? Soprattutto, che esseri ripugnanti sono loro?
Comunque non ho tempo adesso. Devo correre negli spogliatoi femminili, o la seconda parte del mio piano andrà in fumo.
Arrivato alle docce la trovo ancora intenta a togliersi di dosso quella roba appiccicosa. Mi avvicino, cercando di non fare rumore e nel frattempo prendo dalla tasca lo spray urticante che mi ha regalato mio padre. Non saranno ortiche, ma sempre pruriti e bruciori le porterà. Apro lo sportello della doccia, che copre appena il necessario e…
-Prendi Tanaka! Vediamo se questo ti piacerà più del farlo con...- me, avrei voluto dire me, ma ciò che vedo mi lascia paralizzato, con la mano ferma a mezz’aria e il dito bloccato sopra l’erogatore dello spray.
-Wa…Watanabe…- sussurra voltandosi con occhi sgranati, quasi terrorizzati direi.
-Che…accidenti…- balbetto, fissando il suo corpo nudo davanti i miei occhi, decisamente diverso da come lo immaginavo fino a poco fa.
Lei mi guarda come in trance, ancora più sconvolta di me.
-Fu…fuori…vai fuori! ESCIIIII!- inizia ad urlare, spingendomi lontano da lei e uscendo come una furia dalla doccia per prendere un asciugamano e coprirsi.
La seguo con lo sguardo, fissando la sua schiena prima che venga coperta del tutto, ma non osservo solo quella, guardo anche le braccia, le gambe, le spalle.
-PERCHE’ DANNAZIONE SEI QUI, WATANABE?!- sbraita con una tale rabbia da lasciarmi ancora più sorpreso.
Sta tremando. Gli occhi sono spalancati dal panico. L’espressione del suo viso è deformata in una maschera di pura collera. Se potesse sono sicuro mi ucciderebbe in questo stesso istante. E non certo perché l’ho vista nuda.
E’ la stessa Tanaka che conosco?
-Cosa sono…quelli?- chiedo come un idiota, indicandoli. So cosa sono quei segni dalle varie sfumature di rosso, viola, verde e nero. Ne ho avuti tanti dopo le classiche scazzottate tra ragazzi. Ciò che non capisco è perché ricoprano praticamente tutto il suo corpo.
Mi sento il cuore in gola. Di tutto mi aspettavo, ma non quello che vedono adesso i miei occhi.
-Non sono affari che ti riguardano! Vattene immediatamente fuori da qui!!!- sbraita infuriata, stringendosi al telo più che può.
Ovviamente non l’ascolto. Mi avvicino di più a lei per guardare meglio il suo viso struccato, notando anche lì gli stessi segni, ormai quasi del tutto sbiaditi.
E’ stata picchiata, e non una volta soltanto, ma da chi?
-Hai sentito che ho detto? FUORI!!!- continua ad urlare.
Nella mia mente si formano immagini di lei rannicchiata per terra, picchiata brutalmente, e la cosa mi manda il sangue al cervello! E’ vero che anch’io le ho dato qualche ceffone, ma non ci sono mai andato giù così pesante, e mai lo farei. Nemmeno quando l’ho spaventata prendendola per il collo ho stretto la presa, consapevole che avrei potuto farle male più del dovuto.
C’è solo una spiegazione a questi segni.
-E’ stato quel bastardo, non è così?- chiedo furioso, stringendo i pugni, gli stessi che presto gli andrò a stampare personalmente in faccia. Quell’idiota che le sbava dietro da giorni ormai, non può essere stato che quel dannato!
-Non so a che ti riferisci. Ora vattene!-
-Lo sai eccome! Parlo di questi!- insisto, tirandole via l’asciugamano, mentre lei cerca di coprirsi con le braccia.
-Chi è stato? Scommetto quel Nobuo, vero? Come diavolo hai potuto permettergli di ridurti così? Non hai un briciolo di amor proprio per te stessa? Non sei altro che una debole e stupida femmina, che per amore di un uomo sopporta tutto senza batter ciglio!- sputo velenoso, rivolgendomi forse più al comportamento remissivo di mia madre, che a lei.
Mi guarda sconvolta, senza rispondere. Quando poi sembra riprendersi, fa una cosa che mai mi sarei aspettato da una debole come lei, spiazzandomi del tutto…mi da uno schiaffo.
Porto la mano sopra la guancia, colpita con tutte le sue forze, e sento che inizia già a pulsare. Lei mi ha…schiaffeggiato? La stessa Tanaka che fino a poco fa si è lasciata maltrattare senza mai reagire?
-Come ti permetti? Come osi offendermi così, senza neppure conoscermi? Chi sei tu, per arrogarti il diritto di sputare sentenze? Dove trovi il coraggio di giudicare debole una donna che subisce i maltrattamenti di chi le sta vicino? Che ne sai di cosa si prova? Che ne sai del perché si è costretti a subire? Molte donne sopportano perché hanno paura di essere uccise, altre perché hanno paura di perdere i loro figli, oppure perché temono di finire in mezzo ad una strada! Nel mio caso ho paura di essere divisa da mio fratello. Mi spiace per te Sherlock, ma non è Nobuo a riservarmi questo trattamento da ben quattro anni, bensì mio padre! Colui che dovrebbe proteggermi dai tipi come te, colui che dovrebbe starmi vicino, colui che dovrebbe aiutarmi a crescere serena, colui che dovrebbe asciugarmi le lacrime quando piango. Invece…- si ferma, coprendo la bocca per fermare i singhiozzi che iniziano a scuoterla.
Resto pietrificato dalle sue parole e dalle innumerevoli lacrime che le scorrono addosso.
Non so che dire. Non so che fare. Resto solo immobile come un babbeo ad osservare le ferite e le contusioni, come se guardandole potessero sparire, perché frutto di una visione, ma non sono una mia fantasia, ci sono davvero, e sembrano non avere fine. Deglutisco a fatica immaginando il dolore che le causino. Come ho fatto a non accorgermene?
A questa mia domanda, arriva spontanea la conseguente risposta: li copriva!
Sono un coglione! Un emerito idiota! La consapevolezza di ciò che ho fatto mi arriva addosso con la furia di un macigno, schiacciandomi con la mia stessa coscienza. Come ho potuto farle questo? Cosa sono diventato? Guardo la bottiglietta dello spray, ancora tra le mie mani, e la getto via, stizzito e nauseato da me stesso.
-Adesso sarai felice di aver scoperto il mio segreto, no? Potrai andare a sbandierarlo ai quattro venti. Era per questo che mi perseguitavi, giusto?- riprende con un filo di voce, appena udibile. Non so che risponderle. Ha ragione. Ovviamente il mio silenzio è un assenso per lei.
-Bene Watanabe, ora sai a cosa servivano il trucco pesante, i dolcevita, i foulard, le calze e tutto il resto che usavo. Vai pure a raccontare ai tuoi amici che lo “scorfano sfigato” viene picchiata dal padre alcolizzato, impazzito dopo la morte della moglie! Vai a prenderti gioco di me, distruggendo quel briciolo di vita che mi resta! Fallo e sparisci per sempre dalla mia vista!- grida disperata, rannicchiandosi in un angolo del muro a piangere.
Una fitta atroce mi pervade il petto, per poi salire fino in gola, come una morsa che vuole strozzarmi.
Che ho fatto?
Se i sensi di colpa uccidessero, in questo momento sarei già stecchito. Vederla ridotta così, piccola e indifesa, in un angolo, come se aspettasse la morte…è straziante. Dovrei andarmene e lasciarla tranquilla, invece riprendo l’asciugamano e glielo poggio addosso, per coprirla e ridarle, almeno in parte, la dignità che le ho tolto.
Ha la testa nascosta tra le braccia, strette attorno le gambe, dondola nervosa, scossa dai singhiozzi. Non riesco a lasciarla così, da sola, in un lurido spogliatoio dove chiunque può vederla.
-Tanaka, forse è meglio che ti rivesti. Andiamo, ti accompagno a casa.- tento, ben sapendo che mi manderà al diavolo, invece non dice nulla, mi ignora.
-Tanaka…- provo ancora, ma niente. Ok, allora dovrò fare da me.
La prendo in braccio, pronto a beccarmi qualche insulto o qualche pugno, invece non fiata nemmeno, come se nemmeno si accorgesse che l’ho presa in braccio. La copro con altri asciugamani, e stando attento che nessuno ci veda la porto fuori, ma non posso certo portarla in braccio, mezza nuda, per la città.
Digito velocemente un messaggio all’unica persona che può aiutarmi a portarla via da qui, ed aspetto dietro la scuola. Sta ancora piangendo, mormorando frasi sconnesse contro il mio petto. Le tocco la fronte e noto che scotta. Dannazione! Come diavolo le è  venuta la febbre in nemmeno un’ora?

-Cos’è successo? Perché mi hai fatto saltare le lezioni? Ehi ma…che hai combinato?- chiede mio fratello appena arrivato con l’auto, notando Tanaka tra le mie braccia.
-Non ora. Aiutami a portarla a casa sua.-
-Mi auguro tu non le abbia torto un capello, Hiro!-
-Zitto e portami dove ti dico!- rispondo guardandolo male.
Quando arriviamo al tempio suono il campanello per vedere se il bastardo del padre è in casa, ma per fortuna non c’è. Apro, prendendo le chiavi dal suo zaino.
-Mi dici che le è successo?- chiede nuovamente Shinji, sospettoso.
-Non quello che immagini. Ora taci e aiutami a metterle qualcosa addos…no, lascia perdere! Meglio che non ti avvicini a lei.- dico ripensandoci.
-Eh? Che stai insinuando?-
-Che sei un maniaco che quando vede una donna perde la testa. Figuriamoci se la vede del tutto nuda.-
-Tutta…nuda? Andiamo a metterle un bel pigiama!- esclama allegro.
È il solito idiota!
-C’è poco da scherzare stavolta, Shinji! Credo sia praticamente svenuta. Guarda com’è ridotta.- gli dico mostrandogli una parte della schiena, ma senza scoprirla del tutto.
-Che accidenti le hanno fatto?- chiede, finalmente serio.
-Il padre si ubriaca e la picchia.- spiego solamente, per poi salire al piano di sopra ed entrare nella sua camera.
-E’ assurdo! Perché non lo ha denunciato? Dobbiamo dirlo a mamma e papà!- esclama, prendendo il telefono per chiamarli, e non so perché, qualcosa mi dice che è meglio di no, almeno finché non si sveglia.
-No, lascia stare. Se non l’ha fatto c’è un motivo. Chiediamole prima il perché. Fammi un favore, cerca delle garze, del disinfettante, delle pomate, tutto quello che trovi. Forse ci vorrebbe anche un antibiotico visto quanto scotta.- e qualcosa mi dice che non è stato solo lo stress emotivo a ridurla così.
La stendo sul letto e cerco tra i suoi cassetti qualcosa da metterle addosso. Prendo un pigiama con le pecorelle rosa, così infantile e diverso da quello che avrei creduto di trovare. Le metto un paio di slip e la giro a pancia in giù, scoprendole solo la schiena, martoriata da giganteschi ematomi. La pelle è caldissima, non solo per la febbre.
-Non ho trovato nulla in giro.- mi avverte rentrando in camera.
-Però qualcosa la terrà pure per medicarsi. A volte la vedevo uscire con buste piene dalla farmacia.-
-Hai visto sotto al letto?-
-In effetti no…-
Mi abbasso sotto al letto e trovo diverse cassette per il pronto soccorso. Ne apro una e vi trovo dentro una farmacia ambulante. Prendo un unguento per le contusioni e glielo spalmo su tutta la schiena e le braccia. Le scopro anche le gambe e la passo anche lì. Fasciarla del tutto è impossibile, quindi la ricopro velocemente per infilarle il pigiama.
-Perché ho l’impressione che la copri per non farmela vedere? Ne sei geloso?- mi punzecchia quell’idiota.
-No! Evito solo di violare ulteriormente la sua privacy, mostrandola ad un depravato come te!- chiarisco subito.
-Tu però intanto l’hai vista, anche troppo, eh?- sostiene malizioso.
-La vuoi piantare? Secondo te, dopo averla vista piena di lividi su tutto il corpo, il mio primo pensiero era quello di guardarla nuda?!- sbotto scocciato.
Non l’ho pensato nemmeno per un secondo. Prima sì, ammetto che quando ideavo il piano, qualche pensiero lo facevo, sono sempre un maschio insomma! Quando poi ho visto la sua schiena, tutto si è annullato nella mia testa. Nemmeno quando si è voltata di fronte ho guardato le sue forme, solo i segni. E mi sento così in colpa per quello che le ho fatto in questi anni. Giudicata e maltrattata solo perché tentava di nascondere lo schifo che le fa il padre. Aspetta, ora che ci penso…l’ustione al braccio, è stato suo padre! Gli ha gettato addosso il brodo bollente di proposito. Non riesco a crederci! Col rischio di deturparla per sempre. Guardandole il braccio infatti è ancora molto evidente la cicatrice della scottatura. E se l’avesse presa sul viso? Che bastardo! Come può picchiare così i figli? Figli? Accidenti, Daiki! Il fratello! Sarà già uscito dall’asilo?
-Shinji, stalle vicino, torno subito. E guai a te se osi anche solo sfiorarla con lo sguardo, capito?!-
-Ok gelosone! Ma dove devi andare proprio adesso?-
-A prendere il fratellino. Mi raccomando, non toccarla. E se viene suo padre dagli un pugno!-
Corro veloce fino all’asilo di Daiki. Lo trovo ad aspettare dietro i cancelli dell’asilo, da solo. Che accidenti di maestre ha che lo lasciano fuori da solo? Non hanno visto che Keiko non c’era?
Ehi…ma da quando mi rivolgo a Tanaka chiamandola per nome?
-Hiro!- esclama Daiki appena mi vede, correndomi incontro.
-Nanerottolo! Come va?- lo saluto prendendolo in braccio. Chissà se anche lui è stato picchiato.
-Come mai la sorellona non è venuta?- mi chiede preoccupato.
-Non sta molto bene, così ha mandato me per oggi.-
-E’ stato papà?- domanda subito allarmato.
-Daiki, cosa fa il tuo papà a tua sorella?- chiedo serio, per capire cosa sappia.
-Lui è cattivo con lei. Urla sempre e le fa la bua. Piange tanto lei. Io provo a difenderla, ma la sorellona mi manda sempre in camera mia.- dice triste.
-Anche con te papà è cattivo?-
-No, perché Keiko mi fa chiudere a chiave in cameretta e dice che devo stare la finché non me lo dice lei.-
Sentire queste cose mi gela il sangue, ma che essere ripugnante è? Anche se io farei meglio a stare zitto. Non sono certo migliore di quel mostro.
-La mia sorellona dice sempre che mancano tre anni e andiamo a Loaneleles. Così papà non le farà più bua.- riprende poi, mentre ci avviamo verso casa.
-Dove ha detto?- chiedo perplesso.
-Una città dove ci sono gli angeli dice lei.-
Una città dove ci sono gli angeli? Los Angeles? Perché vuole andare così lontano? Soprattutto, perché saperlo mi fa contorce lo stomaco?
-E perché vuole andare lì?-
-Ci vive Yoko!- risponde ovvio, come se io dovessi già conoscerla.
-Ah. E perché fra tre anni e non ci va subito?- indago ancora.
-Lei è piccola. Dice comanda papà, ma fra tre anni no.-
Intende che è ancora minorenne forse.

Quando arriviamo a casa trovo un pandemonio. Keiko sta lanciando oggetti contro mio fratello, che corre come un idiota da una parte all’altra, ma che succede?
-Sparisci brutto maniaco! Come sei entrato?- urla lei, afferrando una sedia, pronta per lanciargliela. Meglio fermarla prima che lo uccida, anche se sono convinto che se lo meriti!
-Aspetta Tanaka, calmati! E’ entrato con me, è mio fratello.- la chiamo, per attirare la sua attenzione.
-Tu? Che diamine ci fai qui? E perché c’era questo porco nella mia camera?- chiede inviperita.
-Ti avevo detto di non toccarla, brutto imbecille!- mi rivolgo a quell’idiota.
-Non ho fatto nulla! Le stavo solamente rimboccando le coperte!- si giustifica lui.
-E casualmente la mano ti è scivolata sul mio fondoschiena, eh?- ribatte Keiko. Ecco, lo sapevo!
-Shinji, è meglio che sparisci se non vuoi che ti uccida.- gli intimo minaccioso.
-Sparisci anche tu con lui, Watanabe! Non voglio depravati e prepotenti in casa mia!- inveisce anche contro me.
Come darle torto, maledizione!
-Io e te dobbiamo parlare prima che me ne vada.-
-Non me ne frega un accidente! Non voglio vedere la tua faccia Watanabe! Ormai sai cosa nascondo, quindi non ho bisogno di subire anche da te. Vattene fuori dai piedi!-
-Ti ho detto che prima dobbiamo parlare. Quindi non mi smuoverò da qui.-
-Ti conviene non insistere oltre. Non sembra, ma questa ragazza è la violenza fatta persona!- dice mio fratello, massaggiandosi la testa, per poi andarsene.
-Watanabe, ho detto vattene!- minaccia con sguardo truce, prendendo un posacenere, pronta per tirarmelo.
-Sorellona…- la chiama Daiki in lacrime. Ci eravamo dimenticati di lui.
-Daiki! Che c’è piccolo, perché piangi?- chiede la sorella avvicinandoglisi.
-Sembri papà! Anche tu sei cattiva ora? Fai anche a me come lui fa a te?- domanda piangendo.
Lei lo guarda prima sorpresa, poi dispiaciuta. Vederla così arrabbiata gli avrà ricordato gli atteggiamenti del padre, spaventandolo.
-No amore mio, scusami! Non sono cattiva come papà, tranquillo.- gli dice lei, abbracciandolo.
Resto a guardarla qualche istante mentre parla col fratello per calmarlo, poi prendo il telefono e mando un messaggio a mia madre per dirle che stasera non torno a casa, infine ordino tre pizze. Non conosco i loro gusti, quindi optò per la classica margherita.
Come se nulla fosse vado in cucina a preparare la tavola, ricordando dove tiene le stoviglie.
-Insomma, si può sapere che vuoi? Perché sei ancora qui?- chiede dopo aver mandato il fratello in camera a cambiarsi.
-Te l’ho già detto, voglio parlarti.-
-Io non ho altro da dirti. L’essenziale l’hai saputo, anzi lo hai visto. Non sei ancora soddisfatto? Vuoi continuare ad infierire?-
-Senti Keiko, mi dispiace terribilmente averti trattato in quel modo. Pensavo fossi solo stramba, non che avessi una vita così drammatica. Mi spiace.- ammetto dispiaciuto.
-Primo, non prenderti tante confidenze chiamandomi per nome. Secondo, dovrei credere che ti spiaccia avermi tormentata, offesa, picchiata, minacciata e derisa in questi tre anni? Vai a raccontarlo a qualcun altro, perché con me non attacca!-
Sbuffo rassegnato. Certo non può perdonarmi solo perché le chiedo scusa.
-Capisco ciò che provi, ma non era mia intenzione fare…-
-Capisci ciò che provo? Davvero?- mi interrompe, guardandomi torva  -E dimmi, Watanabe, sai che vuol dire vedere tua madre spegnersi giorno dopo giorno sotto i tuoi occhi, pieni di impotenza, dilaniata dal cancro? Sai cosa si prova nel vedere tuo padre ubriacarsi e poi prenderti a cinghiate, a calci, pugni, mentre ti trascina per casa, tirandoti i capelli? O ancora, vedertelo entrare in camera in piena notte, scambiandoti per la defunta moglie alla quale chiede di assolvere ai suoi “doveri coniugali”? Conosci il terrore che ti costringe a dormire con un occhio chiuso ed uno aperto, con un coltello sotto al cuscino? Sai cosa si prova nel crescere un bambino di un anno, da sola, gestendo casa, scuola, visite mediche, bollette e tutto il resto? Sai anche cosa significa non avere uno yen per comprare a tuo fratello almeno una caramella? Non credo proprio! Quindi scusami davvero se non credo che tu sappia cosa provo!- afferma nuovamente in lacrime, mettendomi a tacere anche questa volta.
No. Per mia fortuna non so cosa si provi con tutte le cose che ha elencato. Il mio unico problema è essere uno stronzo. Per il resto non so altro.
Il suono del campanello interrompe il pesante silenzio creatosi, distraendoci.
-Chi sarà?- chiede, asciugandosi le lacrime e andando ad aprire.
-Buonasera! Ecco le vostre pizze.- dice il ragazzo delle consegne.
-Pizza? Io non ho ordinato nessuna…-
-Sì, grazie. Ecco, tieni pure il resto!- intervengo io, interrompendola e pagando il fattorino, prendendo la pizza. Lei mi guarda con sguardo indecifrabile quando porto le pizze in tavola e chiamo il fratello per la cena.
-Che si mangia?- chiede allegro, annusando e guardando interessato il cartone.
-Pizza.- rispondo stranito. Dal cartone si capisce, no?
-E cos’è?- chiede, guardando me e la sorella.
-Non l’hai mai mangiata, nanerottolo?- chiedo, vedendolo scuotere la testa. Guado Keiko e la vedo abbassare la testa, come mortificata. Ovvio, non avrà avuto i soldi per portela prendere.
-E’ una buonissima ricetta italiana che sono sicuro ti piacerà.- spiego, evitando commenti. Taglio subito una fetta e gliela faccio assaggiare, vedendolo illuminarsi per la felicità.
-E’ buonissima sorellona!- esclama allegro, mentre ne addenta un altro morso, finendola velocemente.
-Ehi non correre così. Ce n’è quanta ne vuoi e non te la toglie nessuno.-
-Grazie Hiro!- mi ringrazia contento.
-Si può sapere cos’è questa storia? Cosa stai cercando di fare?- mi chiede lei a bassa voce per non farsi sentire dal fratello .
-Che sto facendo? Ho solo preso una pizza.-
-Non mi riferisco alla pizza, ma all’assurda gentilezza che mostri a mio fratello. Qual è il tuo scopo? Conquistare la sua fiducia e poi prendere anche lui in giro? Sappi che non te lo permetterò!-
-Rilassati, non sono così subdolo. Sono stato un vero stronzo con te, me ne rendo conto, ma non potrei mai essere così bastardo da prendermela con un bambino. Esattamente come non sarò così stronzo da andare in giro a raccontare tutta la tua storia. Sono stato solo…gentile, come ha i detto tu. Senza doppi fini. Ora sediamoci o le pizze si freddano.-
-Grazie ma non ho fame.- dice andandosene.
-Keioo non voe la piaza?- chiede Daiki con la bocca piena di pizza.
-Mangerà dopo. Nel frattempo tu finisci la tua.- dico facendogli una carezza sulla testa.
Quando il bambino mangia tutto lo accompagno a letto. Keiko si è chiusa nella sua stanza e non ne è più uscita. Devo prenderlo come un segno di fiducia nei miei riguardi se mi ha lasciato solo col fratello?
La raggiungo in camera, aprendo piano e vedendola seduta per terra, nella stessa posizione di oggi negli spogliatoi. Non sembra sentirmi, forse dorme. Mi avvicino a lei poggiandole una mano sulla spalla, ma quando lo faccio sussulta terrorizzata. Solo quando mi guarda il terrore va via, lasciando posto alla rabbia.
-Sei ancora qui tu?-
-Ti eri addormentata.- dico ignorando la sua domanda.
-Ma va?-
-Non sarebbe meglio se ti stendessi a letto?- le chiedo provando ad essere gentile.
-Non riesco a starci.- risponde stancamente.
-Immagino ti faccia male ovunque.-
-Il corpo guarisce, Watanabe. È il cuore che non si rimarginerà più.- dice triste.
-Mi spiace. Mi spiace davvero tanto Tanaka. Ti prego di credermi. Sono pentito per quel che ti ho fatto.-
-Ti sono bastate due macchiette rosse per pentirti? Bah…a saperlo te le facevo vedere tre anni fa, magari non diventavi così stronzo.- risponde nascondendo nuovamente la testa tra le gambe. Nel suo tono non ho sentito rabbia. Direi più dolore.
-So di apparire per nulla credibile. Non mi crederei neanch’io al posto tuo.- rido amareggiato.
Lei non risponde, se ne sta ferma in quella posizione. Stanco di stare in piedi mi siedo vicino a lei, ma quando lo faccio vedo sbucare qualcosa da sotto al cuscino. Quando capisco cos’è ripenso alle sue parole di prima. Cosa intendeva dire che suo padre l’aveva scambiata per la moglie? Che abbia tentato di…
Prendo il coltello da sotto il cuscino e lo osservo con dispiacere. Chissà cosa deve aver passato per arrivare a tanto.
-Rimettilo dov’era!- urla improvvisamente, cogliendomi alla sprovvista, facendomi scivolare il coltello e ferendomi un dito. Accidenti! Almeno se l’è scelto bello affilato!
-Ufffff…sei proprio un imbecille Watanabe! Quand’è che te ne vai e mi lasci in pace? Mi stai sporcando il pavimento di sangue!- sbuffa irritata, uscendo da sotto al letto una delle cassette del pronto soccorso. Prende una garza e ci versa sopra un disinfettante, prende il mio dito e lo stringe forte, avvolto nel cotone.
-Ahi! Mi fai male!- mi lamento guardandola male.
-Oh scusami. Non volevo!- dice ridendo, per poi stringere ancora di più. Lo fa apposta!
-Ahi ahi ahi! Lasciami il dito!-
-Che femminuccia che sei! Non ti vergogni? Io non ho mai fatto una piega quando mi facevi più male di questa sciocchezza.- dice togliendo la garza. Il sangue si è già fermato, così prende un cerotto e lo mette sulla ferita, ricoprendolo con del cerotto adesivo, non mancando di stringere più del dovuto anche stavolta.
-Grazie.- dico grato per il gesto, anche se mi ha fatto penare.
-Mica l’ho fatto per bontà d’animo. Mi stavi sporcando la stanza, e conciata così non ho voglia di pulire.-
-Scusami.- ripeto per l’ennesima volta. Sembra che nelle ultime ore non sappia far altro che scusarmi con lei.
La vedo prendere il coltello da terra e rimetterlo sotto al cuscino. Restiamo in silenzio a lungo. Sono io a spezzarlo con una domanda che mi frulla in testa già da un po’.
-Tanaka…prima…quando dicevi che tuo padre…è entrato di notte, nella tua camera…ecco…lui ti ha…- balbetto in difficoltà, lasciando la frase in sospeso.
Non so neanche più esprimermi senza sembrare un perfetto imbecille. Dannazione!
-Vuoi sapere se mi ha violentata? Così avrai un altro argomento per i tuoi amici?-
-No! Ti ho già detto che non ho intenzione di parlarne con nessuno! Volevo solo sapere se è giunto a tanto.-
Ovvio però che non lo viene a dire a me. Non sono un cazzo di nessuno per lei, perché dovrebbe confidarsi col suo peggiore nemico?
-Per tuo dispiacere no, mi sono difesa, quindi hai poco su cui fantasticare.- risponde sprezzante.
-La vuoi piantare? Ok, sono stato un bastardo, uno stronzo, un farabutto, quello che vuoi, ma non sono così meschino da provare piacere nel dolore altrui! Non ho chiesto per infierire su di te, ma solo per poterti aiutare!- sbotto stanco delle sue accuse. Lo so che ha ragione a non fidarsi, ma addirittura pensare che potrei gioire se fosse stata violentata dal padre…questo è troppo!
-Aiutarmi? Tu vuoi aiutarmi? Ed in cosa, sentiamo.-
-A liberarti da questa situazione! Non puoi vivere così.-
-Sono affari miei, Watanabe. Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno, tantomeno il tuo, che sei uno dei miei problemi maggiori insieme mio padre.-
-Non più da oggi. Ti prego, permettermi di darti una mano, magari posso parlare con tuo padre e cercare di farlo ragionare.-
-Farlo ragionare dici? L’ultima volta che c’ho provato mi ha rotto tre costole. No grazie!-
-Allora denuncialo! O finirà col picchiare tuo fratello, o peggio, con l’ucciderti!- insisto preoccupato. Qui non c’è da scherzare! Quel bastardo ci va giù pesante. Un calcio dato al punto giusto e ci lascia la pelle.
-Non posso denunciarlo.- risponde mesta, perdendo nuovamente lo spirito battagliero.
-Perché?-
-Perché lo arresterebbero sicuramente, e a quel punto che ne sarebbe di me e Daiki? Darebbero mio fratello in adozione, ed io non posso permetterlo. Non me lo farò portare via da nessuno!-
-Non è detto che accada, magari adotterebbero entrambi.-
-Sì, certo! Credi troppo alle favole per poppanti, Watanabe. La vita non è una fiaba con il lieto fine. Non lo è mai, o mia madre sarebbe qui con noi, e mio padre non sarebbe quello che è. Purtroppo la realtà fa schifo. Inutile sperare in qualcosa che mai accadrà. Io ho smesso di credere e sperare già da parecchio. La mia vita è questa e non posso far altro che viverla, perseguendo lo scopo che mi sono prefissata quattro anni fa: crescere mio fratello. Il resto non ha importanza. Le mie sofferenze passano in secondo piano. E bada bene che il mio non è vittimismo, sono costretta a fare così. Ho una promessa da mantenere.- spiega, terminando l’ultima frase con immensa tristezza.
Chissà a che promessa si riferisce.
-Ci deve pur essere una soluzione.-
-Vai a casa Watanabe, te lo chiedo per favore.- mi prega stanca, per l’ennesima volta.
-E se tuo padre tornasse?- chiedo allarmato dal pensiero.
-E’ sicuro che ritornerà, è casa sua questa, vive qui. Comunque, io me ne starò chiusa nella mia camera, quindi mi è indifferente che torni o meno. Finché non ci vediamo siamo tutti felici.-
Forse è meglio non insistere oltre. Non mi vuole affatto tra i piedi e non posso obbligarla alla mia presenza, non più.
-Va bene, allora me ne vado. Se avessi bisogno d’ aiuto chiamami però, a qualunque ora!-
-Cos’è, da carogna ti stai trasformando in buon samaritano?- domanda accigliata.
-Non sono un buon samaritano. Mi sono solamente scontrato con una realtà che non conoscevo e che ho contribuito a peggiorare. Te lo ripeto ancora: ho capito di aver sbagliato. Mi sono comportato malissimo con te, senza neppure conoscerti, giudicandoti e tormentandoti per il tuo abbigliamento, senza sapere cosa nascondeva. Scusa.- ripeto mortificato.
-Forse non cogli il problema di fondo. Non si giudica qualcuno che non conosci dal suo abbigliamento. Adesso sei pentito perché hai scoperto cosa mi portava ad essere “stramba”, ma se anche non avessi avuto un motivo tanto serio, nessuno ti dava il diritto di prendermi in giro per il mio modo di vestire. Sei stato insensibile, scortese, maleducato e stronzo fin da quando mi hai conosciuta, e non ne ho mai capito il motivo.-
-Non mi pare che tu facessi molto per apparire simpatica! Quando ti ho conosciuta ti ho perfino chiesto di uscire, ma hai sempre rifiutato. Forse, se anche tu fossi stata meno stronza, più solare e aperta con gli altri, non saresti tanto emarginata. Non credi?- le dico stanco di essere sempre offeso senza potermi difendere. Anche lei ha le sue colpe in fondo!
La vedo fissarmi sbigottita, con la bocca spalancata dallo stupore. Forse è più sconcerto che stupore. Oh oh…forse questo potevo risparmiarmelo, soprattutto la parte in cui le ho rinfacciato che non è voluta uscire con me. Adesso penserà abbia fatto tutto per ripicca, perché mi ha rifiutato.
A ben pensarci, però, se fosse davvero quello il motivo delle mie ostilità nei suoi confronti?
Comunque sono fottuto! Ora chi la tiene più questa?









E rieccomi con un altro capitolo ^_^ 
Hiro finalmente conosce la verità, e forse inizia a conoscere anche un pò se stesso.
Che farà adesso? Davvero non dirà a nessuno ciò che ha scoperto? E Nobuo che ruolo avrà nella storia?
Se avrete voglia di scoprirlo, ci rileggiamo al prossimo cap ^_^
Baci baci Faby <3 <3 <3 
 
   
 
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