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Autore: Herm735    06/03/2015    7 recensioni
Quando una nuova cattiva minaccia la sicurezza di Storybrooke, sarà compito di Regina ed Emma cercare di tenere la città al sicuro. Regina vuole essere buona e cerca di redimersi, ma per farlo deve aiutare Emma nella lotta contro un nemico che metterà a dura prova entrambe. Quello che non avrebbero mai potuto aspettarsi è che ogni passo di Regina verso la propria redenzione è anche un passo verso la loro sconfitta. Se neanche la redenzione può salvarle dal male, cosa possono fare? Dove il resto fallisce, solo un atto di fede potrebbe riuscire a salvarle. (SwanQueen)
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Malefica, Regina Mills, Ruby/Cappuccetto Rosso
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Path Less Traveled'
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Scusate il ritardo, buona lettura!




Misery Loves Company



Ti rendi conto di cosa hai fatto?”
In una manciata di minuti, tutto era cambiato.
Anche quando vincevano, riuscivano ad uscire comunque sconfitte.
Hai rovinato tutto.”

Quando il portale si richiuse, nessuno di mosse.
Bianca continuò a fissare la sfera che ormai giaceva a terra, infranta.
David estrasse la spada dal torace di Malefica, il suo cuore aveva già smesso di battere da diversi secondi. Era ora di lasciarla andare.
Ruby stava premendo le mani contro la ferita sul fianco sinistro di Mulan, erano ricoperte ormai di sangue e gli occhi della donna sdraiata a terra stavano iniziando lentamente a chiudersi, stava scivolando via.
Passarono solo una manciata di secondi.
Bianca cadde in ginocchio, iniziando a piangere, David le corse accanto, abbracciandola.
Ruby sfiorò la guancia di Mulan, guardandola negli occhi per l'ultima volta.
Erano passati solo una manciata di secondi da quando il portale si era richiuso. E già ogni cosa era cambiata per sempre.

Continuarono a guardarsi, nessuna delle due sapeva cosa dire.
A malapena continuarono a respirare, cercando di evitare ogni possibile rumore.
Per un istante, solo per un istante, Emma pensò che se fosse rimasta ferma, immobile, senza dire o fare niente, non sarebbe successo quello che stava per succedere. Ma sapeva che non stava facendo altro che ritardare l'inevitabile ed ingannando se stessa.
Regina, d'altro canto, aveva così tante cose da dire in quel momento, che neanche sapeva da dove iniziare.
Fu lei la prima ad abbassare lo sguardo, cercando di capire quale era la cosa migliore da fare.
Era di nuovo sola.
Lontana da casa, lontana da Henry. Lontana perfino da Emma, anche se era l'unica che era lì proprio davanti a lei.
Era sola più che mai.
Sentì le proprie mura alzarsi di nuovo, pronte a proteggerla da qualsiasi cosa fosse uscita dalla bocca della donna che le stava davanti.
In qualsiasi universo alternativo si trovassero in quel momento, una cosa era certa: il cuore che Malefica aveva usato per l'incantesimo era il suo.
Regina ne era immune.
Il suo cuore non mentiva, amava Henry proprio come aveva sempre fatto, così come amava ancora Emma.
Quindi, c'era solo un piccolissimo problema, a quel punto. Ovvero che se le supposizioni di Regina erano corrette ed in quel mondo l'Incantesimo dei Cuori Impuri era riuscito, se tutti odiavano le persone che avevano amato, allora c'erano solo due cose che potevano succedere a quel punto, entrambe terrificanti.
Se Emma l'avesse guardata con disprezzo e risentimento, un solo sguardo l'avrebbe distrutta una volta per tutte. Perché significava che avrebbe passato il resto della sua vita ad essere innamorata di qualcuno che la odiava. Ci era già passata con Henry ed era stato dilaniante. Ma aveva paura che con Emma sarebbe stato doloroso ad un livello ben più insopportabile che semplicemente dilaniante.
Ma c'era un'altra opzione.
Ed era ben più terrificante.
Perché Emma avrebbe potuto guardarla, senza odio, risentimento né disprezzo negli occhi. Ed avrebbe voluto dire che, molto semplicemente, non era mai stata innamorata di lei. Che non la odiava perché non l'aveva mai amata davvero. Che Emma, come aveva promesso, stava cercando di salvarla e di darle il lieto fine che meritava. Sarebbe stato così da Emma, con quel suo bisogno compulsivo di salvare sempre chi aveva più bisogno del suo aiuto.
E quello sarebbe stato peggio dell'odio.
Sarebbe stato un milione di volte più devastante.
Perché avrebbe significato che per Emma era stato solo un gioco, solo una bugia. Che lei in realtà non provava niente per Regina.
Qualsiasi cosa fosse successa in quel momento, non avrebbe portato altro che indicibile dolore dentro il suo cuore.
E allora ne ebbe la certezza.
Quel mondo era il posto più lontano possibile dalla sua felicità e dal suo lieto fine.
Malefica aveva vinto.
Con riluttanza, sollevò gli occhi su Emma, guardandola attentamente, studiando ogni dettaglio della sua espressione.
Vide confusione, paura, incertezza.
“Mi dispiace” mormorò a bassa voce, gli occhi sbarrati, non sapendo né cosa aveva fatto, né come rimediare.
Era chiaro che non aveva idea di cosa Regina la stesse accusando.
Non ne aveva idea.
Perché provava esattamente ciò che provava fino a poco prima.
Emma non ne aveva idea.
“No” mormorò Regina, il cuore spezzato, la voce rotta, gli occhi pieni di lacrime. “No” pregò con più decisione, portandosi le mani a coprirsi il viso ed indietreggiando.
“Regina.”
“Come hai potuto” urlò, scuotendo la testa.
“È perché siamo intrappolate in questo mondo senza Henry?” domandò Emma con un filo di voce, il suo tono chiaramente perplesso. “Sei arrabbiata con me per questo? Perché non sono rimasta con lui?”
Regina scosse la testa, iniziando a piangere.
Era così strano per Emma, vederla piangere. Regina non piangeva mai, si teneva sempre tutto dentro, preferiva affrontare da sola il dolore. Non era una cosa che era abituata a condividere con qualcun altro.
Quindi Emma sapeva che qualcosa di grave non andava.
“Tu non mi odi” mormorò alla fine.
Emma fu confusa. Scosse la testa, facendo un passo verso di lei.
“Ovviamente no, Regina, io ti amo!”
Regina indietreggiò di molti più passi, tenendo Emma a distanza di sicurezza.
Dopo qualche istante si asciugò le lacrime dal viso con rabbia, inspirando a pieni polmoni nel vano tentativo di calmarsi.
“Siamo in un mondo” iniziò a spiegare con voce tremante “dove un incantesimo fa in modo che tutti odino le persone che amano davvero.”
Emma iniziò a capire dove quel discorso stava andando a finire, e non le piaceva per niente.
“E tu, Emma, tu non mi odi.”
“Regina-”
“Quindi non mi hai mai amato davvero.”
“Regina.”
“Ora è un po' tardi per fingere di odiarmi, quindi risparmiatelo. Te l'ho già detto, Emma. Il mio lieto fine non è qualcuno che vuole salvarmi. È qualcuno che vuole amarmi.”
“Ed io ti amo!” le disse Emma, avvicinandosi velocemente e prendendole una mano prima che Regina potesse indietreggiare.
Lei provò a districarsi dalla sua presa, tirando via la mano, ma prima che riuscisse a realizzare quello che stava succedendo si ritrovò avvolta nelle ormai familiari braccia della donna di cui era innamorata.
Dopo parecchi momenti di lotta, capì che lo sceriffo era più forte di lei e che non era quello il modo di sfuggirle.
“Lasciami andare.”
“Mai.”
Quella singola parola fu abbastanza per far tornare le lacrime dentro i suoi occhi.
“Regina, io ti amo. Ti amo. Che tu ci creda o meno, questa è la verità. Io ti amo come non ho mai amato un'altra persona in tutta la mia vita, ed abbiamo avuto un totale di tre appuntamenti, di cui uno a pranzo, ma non importa. Perché tu sei la mia famiglia, sei la mia casa. Non ti perderò, non posso perderti. Sono venuta fin qui con te, non posso perderti adesso.”
Regina continuò a cercare di liberarsi dalla sua presa, ma i tentativi divennero sempre più flebili, finché rimase immobile dentro le sue braccia, gli occhi chiusi con forza, rifiutandosi di crederle, ma rifiutandosi anche di credere alle sue stesse insinuazioni.
“Non sappiamo neanche se davvero in questo mondo c'è quell'incantesimo o se Malefica pensava semplicemente che saresti venuta qui da sola. Non sappiamo se siamo nel mondo reale, nel mondo delle favole, non sappiamo niente ancora. Io ti amo, Regina. Con tutto il mio cuore. Stavolta devi fare un atto di fede e credermi.”
E Regina pensò a quando Emma l'aveva guarita baciandola, due volte. Pensò a quando l'amore per lei le aveva permesso di liberarsi da Malefica nella caverna. Non poteva non essere reale, non essere ricambiato.
L'amore, per Regina, era come un legame, come un filo. Se non c'è nessuno a tenere l'altra estremità, il filo cade. L'amore cade. Ma Regina amava Emma in un modo così immenso, l'amava nel cuore, ma anche nelle ossa e nei muscoli e nelle terminazioni nervose, la amava nello stesso modo in cui percepiva la magia. La amava ovunque.
Qualcosa del genere, un legame del genere, non poteva esistere se non ricambiato.
Aprì piano gli occhi, rilassandosi tra le braccia di Emma.
Si allontanò da lei lentamente, il minimo indispensabile per guardarla negli occhi.
“Emma?”
Lei le sorrise debolmente.
“Ti amo davvero” disse per l'ennesima volta. “Qualsiasi cosa succeda, non dimenticare mai che è la verità.”
“Mi dispiace” si scusò, districandosi dalla presa di Emma solo per poter gettare le braccia attorno al suo collo e stringerla a sé. “Ti amo anch'io. Mi dispiace.”
Emma ricambiò immediatamente l'abbraccio.
“È tutto apposto” accarezzò lentamente la sua schiena. “Va tutto bene adesso. Troveremo una via d'uscita, te lo prometto. Torneremo da Henry.”
Senza esitare neanche un secondo in più, Emma la baciò dolcemente sulle labbra, cercando di farle capire quanto l'amasse.
Quando si separarono, dopo parecchi istanti, si guardarono finalmente attorno. Non erano nella foresta incantata, quello era abbastanza ovvio. Entrambe riconobbero subito il luogo in cui si trovavano in quel momento.
“È il punto esatto in cui siamo entrate nel portale” osservò Emma.
“Siamo a Storybrooke” concluse Regina per lei.
Ma non c'era nessuno per le strade, non c'era un'anima viva da nessuna parte. Percorsero la strada principale, ma tutti i negozi erano chiusi.
Dopo una breve perlustrazione si diressero verso l'unico posto in cui sapevano che sarebbero state al sicuro, almeno finché avessero deciso cosa fare per tentare di fuggire da quella che sembrava essere una città fantasma.
Si diressero al bosco e da lì, dentro la cripta di Regina.
Erano convinte che l'avrebbero trovata vuota, perché era incantata perché nessuno tranne Regina potesse entrarvi, a meno che lei non fosse già dentro.
“Dobbiamo trovare una via d'uscita” disse Emma, appena Regina spostò la bara ed iniziarono a scendere le scale.
“Potrebbe non essercene una” mormorò in risposta. “Cosa faremmo se rimanessimo bloccate qui per sempre?”
Emma non rispose. Non sapeva cosa dire, né se c'era una risposta da dare a quella domanda. Stava per suggerire che avrebbero cercato di capire cosa fare di momento in momento, quando Regina si bloccò bruscamente.
“Cosa c'è?” chiese Emma.
“C'è qualcuno qui.”
“Come lo sai?”
“Lo so e basta.”
“Ma come è possibile, Regina? Nessuno può entrare se tu non sei qui.”
“Allora forse ci sono” rispose in un sussurro. “O meglio, la versione di me di questo universo potrebbe essere qui.”
Emma sospirò.
“Un po' affollata, come cripta.”
Regina non rispose. Percorse gli ultimi gradini lentamente, una volta giunta in fondo sollevò le mani in segno di resa.
Quando anche Emma fece lo stesso, prendendo esempio da lei, la sua supposizione di rivelò corretta. Sentirono la voce di un uomo provenire da dietro di loro.
“Non voltatevi. Chi siete?”
Regina abbassò immediatamente le mani.
“Non vogliamo fare del male a nessuno” rispose Emma con una calma quasi innaturale, vista la situazione.
“La tua voce” disse invece Regina. “Io ti conosco.”
“Nessuno che sia soggetto alla maledizione può entrare qui dentro eccetto me.”
Era una voce familiare, ma qualcosa era strano. Come se fosse abituata ad una versione di quella voce meno profonda, meno mascolina, meno adulta.
“Henry.”
Si voltò, noncurante di quello che aveva detto l'uomo poco prima.
Indietreggiò immediatamente, appena lo vide.
Quello non era il suo Henry.
Emma a quel punto si voltò a sua volta, trovandosi faccia a faccia con un ragazzo che doveva avere circa vent'anni, il cui viso era cupo, la voce segnata da sofferenza.
Aveva l'aria di qualcuno pronto a strapparti il cuore dal petto, rifletté Regina.
E sebbene quel ragazzo fosse fisicamente simile a suo figlio, tanto da farle pensare di essere la sua versione adulta, non era il suo Henry.
Quando le vide in faccia, qualcosa nella sua espressione cambiò.
I suoi lineamenti si distesero, quasi a tal punto da far intravedere loro il ragazzo che avevano lasciato indietro.
“Mamme” sussurrò.
Poteva avere venti, trenta o settant'anni, Henry sarebbe sempre stato un ragazzino, per loro. Sarebbe sempre stato loro figlio.
Quindi quando lui si avvicinò a loro velocemente, non pensarono alla maledizione. Non pensavano che potesse essere pericoloso o che volesse fare loro del male. Non pensarono e basta. Perché era Henry.
Quindi quando lui si avvicinò entrambe si limitarono ad aprire le braccia ed accoglierlo in un abbraccio di gruppo, stringendolo e cullandolo.
Dopo diversi istanti, il ragazzo si allontanò bruscamente.
“Voi non siete soggette alla maledizione. E non siete le mie mamme. Non potete esserlo. Quindi chi siete e perché siete qui?”
“Non siamo solo in una realtà alternativa. Siamo nel futuro” osservò Regina, studiando i suoi lineamenti.
“Realtà alternativa?” ripeté lui.
“Sì” confermò Emma. “Veniamo da un altro mondo in cui la maledizione non è mai stata lanciata, un mondo in cui abbiamo sconfitto Malefica. Un mondo in cui tu hai quattordici anni.”
Henry ci rifletté a lungo.
“Siete entrate nella cripta, nonostante l'incantesimo ed io non vi odio, ma vi voglio ancora bene, per cui non state mentendo quando dite che venite da una Storybrooke diversa, perché tutti qui sono stati colpiti dalla maledizione e voi non potete essere le mie mamme. Ma come è possibile che siate qui?”
Raccontarono brevemente la loro battaglia con Malefica, la trappola, la sfera, il vortice. Quando ebbero finito, Henry annuì, dicendo che aveva senso.
“Ora parlami dell'incantesimo che c'è sulla cripta” gli disse Regina. “Chi l'ha fatto?”
“L'ho fatto io” rispose Henry con semplicità.
“Impossibile. Tu non hai magia” lo contraddisse Emma.
Ma Regina sorrise e basta. “Ha la tua, geneticamente, ed ha avuto anni per imparare. Quanti anni nel futuro siamo?”
“Se il vostro Henry ha davvero quattordici anni, siete cinque anni nel futuro. Io ne ho diciannove, ho iniziato ad avere la magia a diciassette anni. La maledizione di Malefica era già piazzata da circa tre anni e mezzo quando mi sono chiuso qui dentro. Esco raramente. È pericoloso là fuori.”
“E come sei sopravvissuto prima di riuscire a fare l'incantesimo di protezione?” domandò Emma, perplessa.
“Tu mi hai protetto” le disse. “Beh, non tu. La tua versione di questo mondo.”
“E poi cosa è successo? Sono” deglutì, non credendo alla domanda che stava per porre. “Sono morta?”
“No. Sei solo” sospirò, scuotendo la testa. “Quando la maledizione è stata lanciata, le uniche persone immuni eravamo tu, io e Gold. Lui aveva fatto un patto con Malefica, ovviamente, mentre io e te eravamo protetti a causa della scia del Vero Amore.”
Emma corrugò la fronte, perplessa.
“Ma certo” disse invece Regina. “Ha senso. Se ha lanciato la maledizione con la mia magia appena l'ha ottenuta, c'era ancora una considerevole traccia di me in essa. Ha percepito il vero amore tra me e voi due e vi ha risparmiati.”
“Esattamente” il ragazzo annuì. “È così che l'hai spiegata a mamma ed è così che lei l'ha spiegato a me.”
“E poi cos'è successo?”
Henry inspirò, non del tutto pronto a quella conversazione.
“La magia ha perso la traccia” intervenne Regina. “Non c'era più niente di me.”
Lui annuì. “Io e mamma abbiamo iniziato lentamente ad odiarci. Abbiamo avuto un po' di tempo, però. Io avevo appena scoperto di avere la magia quando le cose sono peggiorate all'improvviso, sono scappato e mi sono chiuso qui dentro.”
“Perché lei non ti ferisse” concluse Emma.
“Perché io non ferissi lei” la corresse. “Era stanca, debole, ormai arresa a questo destino. La mia magia era fresca, giovane, forte. Non la vedo da più di un anno. Penso viva ancora alla villa di mamma. Anche quella è protetta da un incantesimo uguale a questo. Quindi so che è al sicuro, ma so che non posso vederla. Perché un tempo è stata la persona che ho più amato al mondo. E adesso, ogni volta che la guardo, la disprezzo.”
“Ma sai che non è reale.”
“Al contrario. Sembrava tutto davvero molto, molto reale fino a circa un paio d'ore fa. Immagino che voi due c'entriate qualcosa.”
Loro due si guardarono. Regina ci arrivò per prima.
“Il bacio.”
Emma corrugò la fronte, perplessa.
“Il bacio del Vero Amore” concluse. “Ma non siamo di questo mondo, la maledizione non ha effetto su di noi, quindi non possiamo romperla.”
“Non abbiamo rotto la maledizione. Le strade erano vuote, le persone sono ancora barricate dentro le loro case. È solo Henry” spiegò Regina. “La scia del Vero Amore. In qualche modo potremmo essere riuscite a riattivarla.”
“C'è solo un modo per saperlo” intervenne il ragazzo. “Dobbiamo andare a cercare mia madre.”
Entrambe annuirono, pronte ad uscire dalla cripta.
Ma poi una domanda sorse spontanea ad Emma.
“Ehi, ma la tua versione in questo mondo dove si trova?”
Sia Regina che Henry si paralizzarono alla domanda.
“Non è ovvio, mia cara?” le chiese, esitante. “Io sono morta.”
La semplicità e la complessità di quella frase, quasi fecero venire ad Emma voglia di ridere fino alle lacrime.
“Morta?” ripeté con una risata incredula. “Come fai ad esserne così sicura?”
“Malefica aveva la mia magia, aveva il mio cuore. È un miracolo che tu ed Henry siate ancora vivi, presumo che molti non abbiano avuto lo stesso privilegio.”
Entrambe si voltarono verso Henry, che deglutì, chiudendo gli occhi ed inspirando solo per un istante.
Si fece forza, tornando a guardarle.
“Avete detto che nel vostro mondo, quando stavate per saltare nel portale, Mulan era in punto di morte.”
Entrambe annuirono.
“Qui le cose sono andate diversamente. Molto diversamente.”
Quella frase fece pensare loro al peggio, ma non le preparò minimamente per la storia che Henry stava per raccontare.
“Ho sentito solo un racconto di mia madre, quindi non so come sono andate esattamente le cose, ma so che Malefica è riuscita ad un certo punto della battaglia a rispedire una delle frecce di Biancaneve contro di lei, trafiggendole il cuore.”
Regina, istintivamente, passò un braccio attorno alle spalle di Emma, stringendola protettivamente contro di sé.
“David è morto insieme a lei, visto che condividevano lo stesso cuore. Solo a quel punto ha ferito Mulan nel modo che voi avete descritto. Avete continuato a lottare a lungo, finché entrambe eravate esauste. Dopo che Mulan fu morta dissanguata e voi tre eravate allo stremo delle forze, si è avvicinata a Ruby.”
Entrambe trasalirono. Non poteva essere.
“Ha preso il suo cuore.”
Regina chiuse gli occhi, Emma scosse la testa.
“Mamma ha fatto ciò che aveva fatto la prima volta che Malefica aveva minacciato Ruby, ovviamente.”
Quello colse di sorpresa entrambe.
“Non ha ucciso Ruby?”
Henry scosse lentamente la testa.
“Le ha riservato un destino peggiore. L'ha lasciata libera di tornare a casa ed odiare per il resto dei suoi giorni le persone che amava in quel momento, in cambio della vostra resa. Avete entrambe ignorato le sue preghiere di lasciarla morire, e l'avete salvata. E non è passato da allora un singolo giorno in cui lei non vi abbia odiato per averlo fatto. Ironicamente, però, il suo destino è stato ancora peggiore che essere sottoposta alla maledizione.”
“Quindi ci siamo solo arrese. Così. Semplicemente” mormorò Emma, tentando di capacitarsi della cosa.
“Non proprio” continuò Henry. “Avete tolto l'incantesimo che la intrappolava e trasportato via Ruby, continuando a combattere. Ma a quel punto voi eravate sole, la magia non aveva effetto, veniva assorbita dalla sfera, lei poteva di nuovo trasportarsi. Avete fatto tutto il possibile e anche qualcosa in più.”
“Ma non è bastato” intervenne Regina.
“Si è presa la tua magia alla fine. Ed ovviamente ha tenuto il tuo cuore. Ha lanciato l'incantesimo. Un sacco di gente ha iniziato a morire, uccisa dai propri cari. Tutti hanno iniziato a chiudersi in casa, rifiutandosi di uscire.”
“E tu ha dovuto assistere. Mi dispiace così tanto, Henry” disse Regina.
“Abbiamo tutti dovuto assistere. Tu eri devastata, mamma. Pensavi fosse colpa tua.”
“Lo era. Lo è” si corresse Regina. “È la mia magia, il mio cuore, la mia resa. Quindi tutto questo è colpa mia.”
“No. È colpa di Malefica. Tutto quanto, ogni vita, ogni cuore, questa è colpa sua, mamma. Non puoi prenderti per l'ennesima volta la responsabilità di qualcosa che non sei riuscita ad evitare, non è giusto. Stavolta più che mai, è colpa sua.”
Per diversi istanti nella cripta vi fu silenzio.
Poi il racconto di Henry continuò.
“Per un paio di settimane ci ha fatto guardare. Voleva che vedessimo che aveva vinto. Tu hai lanciato l'incantesimo di protezione sulla casa, per proteggere me ed Emma una volta che avesse deciso di usare il tuo cuore, ma non ne ha mai avuto l'occasione.”
“Certo che no” lo interruppe Regina. “Poteva ordinarmi di farvi del male. C'è un numero massimo di volte che posso ripetermi di rimanere ancora un giorno sperando di non uccidere involontariamente le persone che amo, suppongo” sospirò. “Poi avrò deciso di dover andare via e lasciarvi al sicuro.”
Henry annuì.
“Non potevi ucciderti. Malefica non te lo lasciava fare, ordinava al tuo cuore di non farlo, di non ucciderti. Voleva che vedessi. Voleva che soffrissi.”
“Ma io non potevo correre il rischio.”
“Sapeva, come lo sapevi anche tu, che prima o poi la scia si sarebbe esaurita ed io ed Emma avremmo iniziato ad odiarti. Non voleva assolutamente perdersi la tua faccia quando l'unica persona ancora immune alla maledizione saresti stata solamente tu. Ma abbiamo tutti e tre concordato che avevi sofferto abbastanza per altre cento e mille vite. Non volevamo che assistessi anche a tutto questo.”
Gli occhi di Emma si riempirono di lacrime. Si rifiutava di crederci, non poteva essere.
“L'ho fatto io?” la sua voce era ridotta a meno che un sussurro. “L'ho uccisa io, perché lei non poteva?”
Si sentì mancare al solo pensiero.
Pensò alla sua mano dentro il petto di Regina, attorno al suo cuore. Ma quello era il punto, Regina non aveva il suo cuore al tempo, quindi l'aveva fatto in un altro modo. Pensò ad una spada, ma era un dolore inutile. Pensò ad una pistola. Veloce. Indolore. E sentì l'impulso di urlare, di dire che non l'avrebbe mai fatto, anche se era già successo e se a farlo non era stata lei, sentiva il bisogno di gridare comunque.
Henry scosse la testa con forza.
“Non l'avresti mai fatto.”
Emma sospirò di sollievo, sentendosi nuovamente come se conoscesse se stessa.
“Mamma ha optato per una soluzione molto più da lei” spiegò. “Molto più regale.”
Senza aggiungere altro le condusse alla fine della cripta, dove giaceva una bara di cristallo incantata per non far deteriorare il corpo al suo interno né per far avvicinare nessuno che avesse intenzione di fare del male alla donna.
“La maledizione del sonno eterno.”
“Ma io la posso infrangere” osservò subito Emma. “Cioè, l'altra me.”
Henry scosse la testa. “Ieri la odiavi. La odiavo anche io. Perché avresti dovuto svegliarla? E poi mamma ancora non ha il proprio cuore. È lo stesso motivo per cui non avete rotto la maledizione nell'istante esatto in cui Malefica l'ha lanciata: il bacio del Vero Amore non ha effetto se non avete entrambe il vostro cuore dentro il petto. L'unico modo per svegliarla è che mamma torni ad amarla, che rimetta il cuore al suo posto, risvegliandola poi con il bacio del Vero Amore. È solo un'alternativa elegante alla morte, perché nessuna delle cose che ho elencato è anche remotamente possibile.”
Regina gli sorrise, scuotendo la testa.
“Se abbiamo riattivato la scia, tua madre sta di nuovo sentendo ciò che prova davvero per lei. E se facciamo in fretta, se arriviamo a Malefica prima che la maledizione ritorni su di lei e su di te, possiamo sconfiggerla e riprenderci il cuore di tua madre.”
Lui le guardò, perplesso.
“Voi non siete colpite dalla maledizione. Potreste andarvene, andare a vivere a New York, o Boston, ed essere felici per sempre. Perché volete aiutarmi?”
“Per prima cosa, non importa che mondo è questo, tu sei nostro figlio e noi ti aiuteremo sempre, Henry” iniziò Emma.
“Seconda cosa, sconfiggere Malefica e liberare tutti dalla maledizione è la cosa giusta da fare e noi siamo i buoni” continuò Regina.
“Terza cosa, sconfiggere Malefica e riattivare il portale che ci ha fatto arrivare qui attualmente contenuto nella sfera del suo bastone, potrebbe riportarci a casa dal nostro Henry. Quindi faremo di tutto per aiutarvi.”
“E per ultimo, vedere me stessa in quella bara di cristallo è leggermente inquietante, che razza di persona sarei se non aiutassi la versione di me stessa di una realtà alternativa a liberarsi da una maledizione del sonno eterno auto inflitta?”
Henry sospirò pesantemente.
“Sì. Siete davvero le mie mamme.”

Uscirono dalla cripta, camminando il più discretamente possibile per le strade di Storybrooke.
“Se n'è andata troppo presto” mormorò Henry senza preavviso, mentre Emma, qualche metro avanti a loro, perlustrava la strada successiva.
“Tua madre?”
Il ragazzo annuì.
“Ha aspettato solo qualche settimana, mentre la maledizione non è arrivata a noi per anni. Il suo amore era più forte di quello che pensava.”
“Lo è ancora” lo corresse Regina. “Qualsiasi cosa abbiamo fatto per riattivare la scia, non sarebbe stata possibile se lei non vi avesse ancora amato.”
“Già. È rimasto stabile per tre anni prima di iniziare ad indebolirsi, poi ha iniziato a vacillare ed infine è svanito.”
“Per essere sotto una maledizione, è durato tantissimo.”
“Sarebbe durato anche di più, se fosse rimasta con noi. Ma pensavamo di non avere tempo, pensavamo di svegliarci un giorno e di saltarci alla gola. E lei non sopportava di vedere la città spaccarsi a metà in questo modo, sapendo che era a causa della sua magia. Non riusciva a capire che sebbene fosse stata la sua magia, non era lei la colpevole. Ho spesso pensato che se fosse rimasta con noi, con tre anni di tempo, saremmo riusciti a sconfiggere Malefica e a riprenderci il suo cuore senza problemi.”
“Non lo sapeva” sussurrò Regina.
“Adesso lo so. Ma per tutto questo tempo l'odio mi ha accecato. Solo adesso capisco il motivo per cui se ne è andata così presto.”
Regina continuò a guardarlo studiare le case davanti a sé.
“Non pensava di essere così forte. Non pensava che il suo amore valesse così tanto, che ci avrebbe dato abbastanza tempo per farcela a sconfiggerla.”
La voce di Emma li fece trasalire entrambi.
“Tua madre ama in modo disarmante, ragazzino. Ama più in profondità di chiunque altro, sente di più e lo sente troppo forte, per questo è stata ferita così tante volte. Per questo è stata delusa. Per una donna che ama come lei, immagina cosa significhi rinunciare all'amore.”
Regina sospirò. “Mi ha trasformato in un mostro, la prima volta. Probabilmente aveva paura che sarebbe successo di nuovo. Non voleva ripetere i nostri errori da capo.”
Henry annuì. “Lo capisco adesso. Ma non è giusto. Tre anni senza di lei hanno trasformato sia me che mamma in due casini. Quando la maledizione è arrivata, ha trovato una buona base di risentimento sopra cui cementare l'odio.”
“Tu pensi che sia colpa mia?” mormorò Emma, sorpresa.
Lui scosse la testa. “Io ho incolpato me, pensando che se foste state sole forse mamma avrebbe combattuto più a lungo. E tu hai incolpato te stessa per non essere riuscita a sconfiggere Malefica da sola. Sapevamo entrambi che l'unica in grado di riuscirci era mamma, ma senza il suo cuore non poteva fare niente. Io e te non siamo riusciti a riprendercelo. E questo ci ha distrutto.”
“È questo” disse Regina improvvisamente, sorridendo. “Ci serve questo, riprenderci il suo cuore, andare da Regina e svegliarla. Ma dobbiamo farlo in fretta, prima che la traccia del Vero Amore sparisca di nuovo. Dobbiamo svegliarla e tutte e quattro insieme possiamo riuscire a sconfiggerla una volta per tutte.”
Henry annuì, seguito da Emma.
“Non sarà facile. Non avremo aiuto.”
“Qualcuno ci aiuterà, invece” disse Henry. “La stessa persona che mi ha aiutato in questo anno e mezzo, la stessa persona che ho continuato ad odiare ma che adesso devo ringraziare. Ma prima di andare da lei, dobbiamo trovare mia madre, assicurarci che non sia ancora sotto l'effetto della maledizione e convincerla a venire con noi.”
Entrambe annuirono, poi tutti e tre ricominciarono a camminare verso la villa di Mifflin Street.
“Non capisco a cosa è servito” mormorò Emma, guardandosi attorno. “La città intera è distrutta, non ha sudditi, ha solo morti e codardi, anche chi aveva deciso di combattere da tempo ormai si è arreso. Quindi che cosa ha ottenuto, con questa maledizione? Non è il suo lieto fine, non può essere felice in mezzo a questa città in rovina.”
“Credo che invece, in un certo senso, per quanto perverso e assurdo, lo sia.”
“Ma come? Perché?” chiese Emma, scuotendo la testa con incredulità. “Non ha senso, perché dovrebbe essere felice di questo?”
Regina sospirò, scuotendo la testa.
“L'infelicità ama la compagnia” sussurrò. “Neanche io ero felice con la mia maledizione, ma almeno tutti gli altri erano infelici. Ed è stato abbastanza per anni.”
“E poi cosa è successo?”
“Mi sono resa conto che non stavo andando da nessuna parte, che ero intrappolata dentro la mia stessa maledizione. Certo, potevo lasciare Storybrooke, potevo girare il mondo sapendo che nessuno avrebbe potuto seguirmi, visto che tutti erano intrappolati lì, ma non è mai stato quello che ho voluto. Sapevo che non mi avrebbe mai resa felice. Questo mondo, per quanto affascinante, non è il mio. Non poteva rendermi felice. Volevo di più, volevo smetterla di sentirmi vuota, di non sentire” deglutì, sospirando. “Di non sentire niente.”
“Henry. È stato lui, non è vero? Che ti ha fatto provare di nuovo felicità.”
“Esatto. Per dieci anni, siamo stati felici. Ma poi ha scoperto di essere stato adottato, ha trovato quel libro ed ha capito che qualcosa nella nostra città non andava.”
La mano di Emma scivolò dentro quella di Regina, stringendola con la sua.
“La vita mi ha insegnato che l'infelicità purtroppo non è dimezzata, se condivisa. Io lo so, ma Malefica deve ancora impararlo a quanto pare. Rendersi conto che rendere infelici tutti gli altri non la farà mai sentire meglio. Perché l'infelicità condivisa non è dimezzata, ma la felicità condivisa è raddoppiata.”
Regina la guardò negli occhi con un sorriso che aleggiava sulle labbra. Emma lo ricambiò immediatamente.
“L'infelicità ama la compagnia, ma è la felicità ciò che ti fa capire davvero cosa significa non essere soli.”
Emma era stata sola tutta la vita, era cresciuta da sola, aveva vissuto da sola. Ma non si sentiva più sola da quando sapeva di essere amata, dai suoi genitori, da Henry, da Regina. Quindi capiva perfettamente ciò che la mora volesse dire.
Strinse di più la presa sulla sua mano, avvicinandosi per baciarla velocemente a fior di labbra.
Quando si voltarono di nuovo, Henry era fermo davanti a loro, con una mano sul cuore e lo sguardo basso.
“Cosa c'è, qualcosa non va?” domandò immediatamente Emma.
Lui alzò lo sguardo su di loro. L'espressione sul suo viso era più simile a quella del quattordicenne che conoscevano rispetto a pochi minuti prima.
“Ho sentito qualcosa” disse loro. Poi sorrise. “Come se mi rendessi sempre più conto di quanto sono insensati i pensieri che ho avuto in questo anno e mezzo passato ad odiare tutte le persone che adesso amo di nuovo.”
Regina pensò alle sue parole con attenzione. Alla fine, sorrise.
“Penso che il tuo mondo non sia più abituato all'amore” concluse, spostando poi lo sguardo su Emma. “L'amore è più prezioso che mai, dobbiamo sfruttare questo arco di tempo, prima che l'odio vinca di nuovo. Andiamo, dobbiamo trovare tua madre” disse, guardando nuovamente Henry e appoggiando una mano sulla sua spalla, mentre lo guidava verso la villa, continuando a stringere la mano di Emma.

Mifflin Street era molto diversa da come la ricordavano.
Non c'erano luci, se non una ogni tanto, la maggior parte delle case erano ormai distrutte o quasi, c'erano automobili abbandonate in mezzo alla strada o sui vialetti. C'era soltanto una casa che sembrava reggersi ancora in piedi.
Una casa che tutti e tre conoscevano molto bene.
Giunti alla porta d'ingresso, valutarono cosa fare.
“Se entriamo senza avvisare potrebbe insospettirsi. Potrebbe coglierci alle spalle ed attaccarci prima di darci un'occasione di spiegare” valutò Emma.
“Beh, sta a te decidere” fece presente Henry. “Non penso che nessuno al mondo la conosca meglio di quanto la conosci tu, no? Siete la stessa persona del resto.”
“Non proprio. Chi lo sa cosa mi passerà per la testa tra cinque anni? Non sono più sicura di conoscermi così bene.”
Mentre stavano ancora discutendo per capire cosa fare, uno strano suono li distrasse.
“Che cosa hai appena fatto?” domandò Emma, un'espressione incredula sul viso.
“Beh, tesoro, ho suonato il campanello” le disse Regina, come se fosse la cosa più scontata del mondo.
“Tu” Emma inclinò la testa, guardandola come se fosse completamente pazza. “Tu hai suonato il campanello.”
“Sì” rispose con semplicità. “Che altro avremmo dovuto fare? Tu tendi ad essere leggermente paranoica quando la tua famiglia è in pericolo e fai cose avventate. Quindi probabilmente sarai al secondo piano in questo momento e ci starai studiando per capire chi siamo. Ben presto ti renderai conto che alla porta ci sono te stessa, tuo figlio e la donna che ami. Niente sorprese, niente mosse avventate. Aspetteremo che tu venga ad aprirci e sia disposta a parlarci. Cosa che accadrà solo se la maledizione non ha ancora effetto sull'altra versione di te. Quindi ecco che avremo anche la risposta che stiamo cercando.”
Emma ed Henry la guardarono senza dire niente, completamente ammutoliti da quel ragionamento.
“A quanto pare c'è qualcuno che ti conosce meglio di te stessa” si corresse Henry in un sussurro.
Si voltarono di nuovo verso la porta, aspettando che qualcuno la aprisse. Passarono diversi momenti, tanto che Emma stava per far notare a Regina che il suo piano non aveva funzionato, quando successe.
La luce del portico si accese, illuminandoli.
Lentamente, la porta si aprì.






Fatemi sapere che ne pensate, alla prossima!



  
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