Dopo
l’accecante luce del portale luminoso i sensi e la
vista di Eraqus furono colpiti da quello che lo aspettava nella Valle
Fiorita.
Il
villaggio era stato completamente devastato
dall’oscurità dilagante,
portatrice di rovina e disperazione, di sofferenza e di tragedie: le
graziose
casette e i begli edifici erano stati distrutti, gli alberi sradicati e
fatti
volare via, i parchi e i meravigliosi giardini rivoltati.
L’oscurità
era l’incarnazione di tutto il male presente
nell’universo, ecco
perché Eraqus viveva per distruggerla.
La
desolazione invadeva il borgo; la gente era scappata o finita
chissà dove.
Ma si sentiva il pianto lieve di una bambina, poco dietro di loro.
Topolino,
come Eraqus, era esterrefatto, e non esitò a correre dalla
fanciulla. Era una
bambina sui tre-quattro anni, dai capelli lisci di un blu vivace,
legati in un codino;
portava una lunga e graziosa canottiera scura sopra dei piccoli
pantaloncini.
Vicino a lei, a tenerle la mano, c’era un altro bambino
più grande di un paio
d’anni, dai capelli castani fino alle spalle, una maglietta
color grigio scuro
e dei calzoncini marroni. Il bimbo più grande provava a
consolare la più
piccola, che si gettò sulla sua spalla e continuò
a piangere. «Mam-ma! Pa-pà! »
urlò, nel
suo disperato pianto.
Quando
Eraqus si avvicinò lentamente ai due fanciulli, Topolino era
già corso l’oro
incontro. «Piccolini, tranquilli, va tutto bene. Siete al
sicuro ora!»
Pronunciando queste parole, il topo accarezzo i capelli della piccola
con il
tocco delicato dei sui grossi guanti bianchi.
«Non
temete, ora ci siamo noi a proteggervi» disse Eraqus,
chinandosi e posando
una mano sulla spalla del più grande.
Intanto
la bimba, tranquillizzata dalle carezze, si voltò verso di
loro; alla
vista di Topolino, il suo viso, rigato dalle lacrime,
s’incurvò in un sorriso.
«Come
vi chiamate, bambini? » chiese Eraqus.
«Terra»
mormorò il bimbo. «La mia amica si chiama
Aqua». Quando Eraqus lo guardò bene
negli occhi,
rimase profondamente colpito e quasi scioccato dalla sua espressione;
nei suoi
piccoli occhi azzurri si vedeva trasparire un dolore lieve ma intenso,
la
profondità di emozioni e pensieri che non avrebbe mai
pensato di percepire in
un essere umano talmente giovane, nel pieno dell’infanzia.
Eraqus
era un Maestro del Keyblade formato da ormai molti anni, con tante
esperienze
e studi dietro di sé. Dopo aver imparato a padroneggiare un
Keyblade e a sfruttare
tutte le sue potenzialità, un Maestro può
dedicare la sua vita a ciò che gli
pare. Anche se, come nel caso del suo antico compagno Yen Sid, se non
si è più
intenzionati a combattere è giusto rinunciare al titolo di
“Maestro del
Keyblade”. Yen Sid era ormai uno stregone saggio e potente,
ma non brandiva più
alcun Keyblade. Probabilmente ormai aveva perso persino la
capacità di
evocarlo. Quasi tutti i maestri, di solito, dedicano i loro primi anni
di studio
alla magia. La magia comprende infinite sfumature. Esiste la magia di
base:
fuoco, tempesta, tuono e tanti altri elementi costituivano
un’infinità di
tecniche da utilizzare in battaglia, molto efficaci e, se compiute da
custodi
esperti o specializzati, molto molto potenti. Ma non erano quelli i
misteri più
profondi della magia; costituivano infatti il minimo che un buon mago
dovesse
imparare.
La
magia avanzata era qualcosa di molto più complesso,
introspettivo, mistico,
molto difficile da apprendere e da capire; soprattutto, molto
impreciso.
Qualunque tipo di magia, a partire da quella di base, aveva un aspetto
molto
soggettivo. In particolar modo, la magia avanzata. I poteri mistici
erano misteriosi
proprio perché potevano cambiare o funzionare diversamente
da persona a persona.
Questa soggettività includeva anche il fattore della
predisposizione personale,
naturalmente. Il Maestro era sempre stato affascinato da questo aspetto
della
magia, perciò aveva studiato a fondo. Ma lo studio poteva
portare fino a un
certo punto: proprio a causa di quella soggettività, non
esistevano regole
precise o indicazioni da seguire per avere, per esempio, il potere di
vedere il
futuro. Era infinitamente difficile, almeno per lui. Non era tuttavia
la prima
volta, per Eraqus, in cui percepiva un potere di luce. Quando si
trovò davanti
a questi bambini, ad ogni modo, sentì qualcosa di
più; riuscì a percepire un
cuore molto forte.
Eraqus
era ancora, da molto tempo, in cerca di uno scopo. Quello ricorrenre
era
solo uno dei suoi tanti viaggi compiuti per proteggere la luce; questa
volta
era arrivato troppo tardi. Quasi tutti erano ormai stati consumati
dalla bestia
oscura. Che cosa ingiusta, crudele, innaturale, opera
dell’oscurità. Oscurità
significa rovina e distruzione,
Eraqus non aveva più dubbi. Il suo scopo era combattere il
divulgarsi dell’Oscurità,
per la salvezza delle anime e dei cuori innocenti…
Topolino
e il Maestro Eraqus presero i due bambini con loro e li portarono in
una delle case che non era stata distrutta dalla catastrofe. Diedero
loro da
mangiare e da bere, li tranquillizzarono e dopo altri pianti e qualche
dolorosa
protesta, Topolino riuscì a farli addormentare.
«Ma
come fai?» gli chiese Eraqus. «Sei
incredibile».
«Oh,
diciamo che è nella mia natura» rispose Topolino,
accennando un sorriso e,
anche se era difficile dirlo visto l’aspetto del custode,
arrossendo
leggermente. «Io… non ci posso credere. Dove sono
finite tutte quelle povere
persone? »
«Non
saprei proprio» rispose il Maestro. «Non capisco
perché… perché tutto
questo. Non può essere finita; non può essere
stato tutto inutile». Eraqus era
a pezzi e sconsolato; si trattava di uno stato d’animo
piuttosto raro per lui,
a dire il vero: aveva un carattere molto forte, e inoltre era raro che
fallisse
le sue imprese.
«Non
è stato tutto inutile» mormorò
Topolino. «Non te l’ho ancora detto, ma
sono riuscito – siamo riusciti
– a salvare
la maggior parte di loro. Pensavo fosse la fine definitiva di questo
mondo,
così ho preso uno strumento che il mio maestro mi ha dato,
avvertendomi
tuttavia di usarlo solo in caso di emergenza. Un
frammento
di stella».
Nel sentire quella notizia, il peso sull’animo di Eraqus si
era
alleggerito; il Maestro fece un sospiro.
«Quindi
sai dove sono finite quelle persone? »
«Beh,
no… è questo il problema. I frammenti di stella
sono oggetti magici su
cui il mio maestro sta ancora lavorando. Lui dice che forse non saranno
mai
perfetti, e sono estremamente difficili da elaborare. Quelli che mi ha
dato
sono alcuni dei prototipi che sembravano funzionare a
dovere».
«Quelli? Quindi
ne avevi più di uno? »
«Sì,
tre o quattro»
«Hmm…»
moromorò il Maestro. «Frammenti
di
stella… Mi sembra
di averne già sentito parlare… Ah! Sì,
ma certo… Ora
ricordo, mi aveva anche parlato di un apprendista
particolare» disse infine,
con un’illuminazione improvvisa. Topolino, confuso,
girò leggermente la grossa
testa di lato e lo guardò perplesso. «Cosa vuoi
dire?»
«Topolino,
come si chiama il tuo maestro? »
«Beh,
si tratta dello stregone Yen Sid! »
Ma
certo,
pensò Eraqus, sorridendo. Eccolo
qui, l’apprendista stregone.