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Autore: CrisBo    08/03/2015    4 recensioni
Il tavolo era imbandito di pietanze di ogni tipo. Una varietà di legumi e ortaggi erano stati disposti sopra i piatti, s'affollavano i formaggi e le piante verdi del vecchio contadino del decumano ovest, colui che coltivava le migliori carote di Hobbivile (il più quotato tra le hobbittesse, perbacco!)
Volavano i piatti e s'infrangevano nel fumo dell'erba pipa di Gandalf, spargendo i vapori di quell'odore per tutta la sala da pranzo. Bofur e Dwalin suonavano allegri, seguiti da Dori, i loro busti ondeggiavano a ritmo e con le braccia facevano saltare le stoviglie. C'erano tutti i nani chiamati per la spedizione di Scudodiquercia, persino quelli che non discendevano dai Durin. [ Dal prologo ]
***
- 2941, T.E. Partono in sedici dalla casa di Bilbo per la spedizione verso Erebor e ciò che l'avventura comporta cambierà le sorti dei discendenti di Durin. Il sedicesimo compagno è una nana, Berit, del quale si sa poco e niente. Mangia tanto, beve tanto, è chiassosa ed ha un rapporto particolare con Bofur. - Prima ff, c'è dell'autocritica in me.
[ IN REVISIONE! ]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Bofur, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 40.
Un giorno ho conosciuto un nano




I raggi del sole filtravano come bagliori lucenti dalle finestre, s'infrangevano sulle lame cadute e lasciavano scintillare gli elmi e gli scudi d'una luce propria. Il calore dell'alba avvolgeva la stanza creando un sottile riverbero onirico, gli stormi degli uccelli lasciavano i loro canti al di fuori della Montagna e a stento si sentivano le voci negli accampamenti degli Uomini. Era tutto lasciato sopire sotto una pace odierna e, in quella stanza dal soffitto alto e le pareti rocciose, si sentiva solo il morsicare ininterrotto di Berit. Era seduta a gambe incrociate all'angolo del letto disfatto e tratteneva una ciotola tra le mani. Dentro v'erano i rimasugli di un rimpinzimonio trucidato, aveva avuto la briga di adeguarsi a quella colazione mattutina senza usare le dita per saziarsi. Impugnava un cucchiaio d'argento con cui tirava su grandi quantità di quella crusca improvvisata.
Fissava ininterrottamente Bofur che ronfava beato avvolto da un cumulo di coperte; da queste sbucava solo il capo scuro e il cappello che gli era rimasto saldo – sopra ogni previsione – e storto sul capo. Stava abbracciando quella che era la giacca di Berit, avvolgendola con un braccio. La nana non aveva avuto l'accortezza di constatare che sotto quelle lenzuola il nano non era vestito e lei s'era giusto infilata di nuovo la propria blusa, coprendosi dalla frescura che filtrava dalle finestre.
Il suo sguardo vacillò su tutto il volto del nano e un leggero sorriso gli comparve, illuminandole il volto arrossato. Bofur sorrise quasi in contemporanea nel suo sonno e lei si ritrovò a guardare le piccole fossette che gli si formarono come leggere mezze lune agli angoli delle labbra. Non venivano nascoste dalla peluria, erano esattamente una piccola firma apparente del sorriso di Bofur. L'impulso di scendere col viso e baciargliele era stato improvviso e si sentì sopraffare da quel pensiero, tanto da sbrodolarsi ulteriormente la bocca col cibo poltiglioso. Per poco non gli scivolò la ciotola dalle mani e fece tintinnare il cucchiaio contro il bordo dello stesso.
Allargò lo sguardo e ritornò a osservare Bofur che, ora, aveva scalciato via un pezzo di coperta facendo sgusciare un piede da lì sotto. Non era di certo un pensiero usuale il fatto che avesse voglia di afferrare le coperte e copriglielo di nuovo, proteggendolo dal freddo dell'inverno. Era un gesto insolito. Si ritrovò ad arpionare la propria ciotola e abbassare lo sguardo fino a guardarsi le mani.
Tutto ciò che era stato, in quella notte, sembrava avvolgerla come una profonda fiamma. Un'incisione radicata nelle ossa, nell'anima stessa. Non era sicura di aver mai provato niente del genere prima d'ora, in nessun contesto a cui potesse paragonare il pensiero, e la cosa le turbò il petto. Sentiva ancora il corpo di lui, sotto al proprio, e la loro unione completa e appagante che li aveva plasmati sotto dei leggeri sospiri, dei graffianti ringhi, dei morsi e dei baci. Chiudeva gli occhi e riviveva l'immagine di loro due, seduti sul letto l'una sopra l'altro, senza più niente a proteggere i loro corpi e le loro menti. Le sue mani che tenevano stretto il cappello di Bofur sul suo capo e lui che le baciava il collo, glielo mordeva, ricercava le sue labbra ogni qualvolta la mancanza di esse diventava opprimente. Si erano inebriati di quel piacere, avevano raggiunto l'apice di tutto questo insieme, e lo avevano ricercato ancora - per ore - fino a che ogni arma o scudo presente sul letto non fu fatto rotolare da questo. Nemmeno al più festoso banchetto dei nani ricordava di aver mai provocato così tanto frastuono in una volta sola.
Senza che potesse frenarlo il cuore tornò a rimbombare forte dentro al petto e si ritrovò la pelle bollente; dovette reggere meglio quella ciotola di cibo, stava ondeggiando pericolosamente. Si protese giusto per posarla nel punto più tattico possibile quando il piede di Bofur le sfiorò la gamba.
«Ehi.»
La voce del nano non la trovò preparata. Le partì dalle mani la ciotola e quella volò verso Bofur senza che potesse fare niente per evitarlo – o evitare tale traiettoria – così che il nano si ritrovò ricoperto di poltiglia grumosa su tutto il volto. La ciotola gli era scivolata di lato e il cucchiaio era volato oltre il letto, tintinnando al di sotto di questo.
«Oh per tutti i cani pazzi!» Esclamò lei, allargando lo sguardo, con ancora le braccia protese in un'ovvia posa colpevole.
Bofur aveva arricciato tutto il volto e appiattì le labbra tra loro, evitando di farci filtrare quella sostanza farinosa.
«Sei..scusa...scusa io..eh..» Ci provò a parlare lei, appiattendo le labbra tra loro invasa da un principio di risa imminente, tirandosi avanti la manica della blusa per coprisi il palmo. Senza chiedere alcun permesso cominciò a ripulire il volto di Bofur con la propria manica, sfregando via tutta la poltiglia. Quello continuava a non parlare, restando tutto rincagnato per i gesti della nana. Non era stato il risveglio che s'aspettava e – ancor di più – era conscio che Berit stava trattenendo una risata maligna, altisonante si azzardò a pensare.
«Ecco eh, ho...quasi fatto.» Accodò lei poco prima di trattenere le labbra chiuse con fin troppa foga. Le guance le si erano arrossate all'inverosimile e fu allora che non riuscì a trattenersi. Spostò lo sguardo sul suo e cominciò a ridere, scivolando all'indietro con la schiena, fino a rotolare nel letto. Non aveva pulito per niente bene il volto del nano e quello si ritrovò a guardarla con la medesima espressione scettica e rassegnata, nonostante un sorriso felino gli comparve sul volto ancora assonnato.
«Io non ho parole.» Biascicò lui, alzandosi meglio con la schiena fino a guardarla. Lei stava ancora ridendo, la sua risata era cristallina, non gracchiava come quando si riempiva di vino o birra nanica.
Gli piaceva terribilmente quel suono e si ritrovò a ridere insieme a lei, scivolando fuori dalle coperte per lanciarsi letteralmente sopra il suo corpo, placcandola sul letto. Lei per poco non si strozzò per quell'improvviso peso che le schiacciò il petto.
«Aaah Bofur, mi uccidi così...!» Si lagnò lei, tossendo, prima che lui cominciò a strusciare il volto sporco su quello della nana. Lei annaspò via, cercando di sgusciare fuori da quella presa ma Bofur era più forte di lei, riuscì a trattenerla lì sotto mentre rideva come un ebete.
«Oooh Beeerit, ti dono un po' del mio nettare.» Disse lui tra le risate, andando a stringerle i polsi per serrarle le braccia contro il materasso.
«No no..no...Bofur, ti strappo il naso! Te lo giuro!» Esclamò lei e cercò di divincolarsi, sia col corpo che col volto, ma il nano non le lasciò spazio per tali azioni. Lei si arrese, ad un certo punto, sospirando via con pesantezza e puntò lo sguardo su quello di Bofur. Aveva smesso di divincolarsi e aveva abbandonato le braccia così da lasciarle imprigionare senza problemi.
Erano entrambi sporchi in volto, ora; emanavano un insolito odore di latte e frumento.
«Amica.» Lui sorrise, strusciando la punta del naso con quello di lei.
«Amico!» Lei esclamò, arricciando il proprio naso, e allungò il collo per lasciargli un lungo bacio sulle labbra. Bofur fu molto contento della seconda parte di quel risveglio e non si scompose troppo quando sentì Berit spingerlo via con una foga da guerra, facendolo ruzzolare fuori dal letto con una pedata.
Un tonfo sordo si mischiò al frastuono di ciò che Bofur colpì con quella caduta e quando si rialzò con una smorfia – fintamente – dolorante si ritrovò a guardare verso il letto. Berit s'era eretta sopra al materasso, impugnava la ciotola della sua colazione e – completamente a sorpresa – aveva sul capo il cappello di Bofur. Durante la caduta era riuscita a sfilarglielo poco prima che lui piombasse fuori dal suo territorio.
«Ehi! Guarda che la scommessa è ancora in corso.» Pungolò lui, afferrando il cucchiaio che, poco prima, era caduto a terra.
«No, valeva solo stanotte.» Incalzò lei, alzando il braccio con la ciotola. Aveva un'insistente sguardo pieno di vendetta. «Te lo sei meritato!»
«Non hai dato un limite di tempo. Il cappello non è più sulla mia testa...quindi ho vinto io.» Bofur aveva alzato il braccio anche lui e la stava “minacciando” con il cucchiaio. Berit, senza alcuna possibilità di combatterlo, si rese conto di non essere preparata a ciò che il suo sguardo stava guardando, scivolando con un'indifferenza studiata verso il corpo del nano. Non aveva avuto la stessa accortezza di Berit nell'indossare qualsiasi cosa che gli coprisse le nudità. Era arrossita violentemente, per questo, e il suo braccio aveva perso la rigidità che aveva così prontamente acquisito.
Non che non fosse abituata a vedere spesso i suoi Compagni in preda a bagni senza vesti in Compagnia ma questa volta era diverso.
«..No..n-no allora, io ho detto solo mentre...mentre...» provò a dire lei, balbettando quelle parole, prima di scostare lo sguardo con un sorriso pregno di imbarazzo.
Solo in quel momento Bofur abbassò lo sguardo verso il basso, rendendosi conto di non essere propriamente vestito. Abbassò il braccio col cucchiaio e si ritrovò ad arrossire alla stessa stregua di Berit. Quando rialzò il capo per guardarla lei stava molleggiando sopra al materasso, guardando tutto tranne che lui.
«...Mi...mi potresti passare dei vestiti?» Chiese lui, corrugando la fronte.
Rimase a guardarla per un limite di tempo infinitesimale e, di nuovo, le mille sensazioni provate quella notte divennero incalzanti, senza che potesse abituarsene neanche col solo pensiero.
Era proprio vero, quindi? Adesso era...completamente sua?
Vederla lì, col suo cappello in testa, gli fece provare qualcosa di indescrivibile. Era sempre stato molto geloso del suo copricapo e non solo per il fattore che fosse un dono di sua madre, donatogli quando ancora la sua testa non era abbastanza grande per poterlo indossare e la barba era più corta di quella di Kili. Era qualcosa di suo – di unico – che era riuscito a conquistarsi grazie all'insistenza che aveva avuto verso la propria genitrice; se Bombur poteva avere doppia porzione di carne per cena, allora lui pretendeva di essere viziato a suo modo. Glielo aveva cucito personalmente per un'intera notte, trattenendo quella sorpresa fino al mattino. Bofur non s'aspettava quel cappello, aveva pensato ad un'arma, ad un gioiello, a qualche gemma da portare con orgoglio. E invece, quando glielo ficcò in testa con la sua poca grazia nanica, pinzandogli il naso, lui si era sentito semplicemente a casa. Ogni qualvolta Berit provava a rubarglielo veniva invaso sempre sentimenti contrastanti; si fidava delle sue mani ma – allo stesso tempo – non si fidava delle sue mani. Se ne lamentava sempre e Berit lo sapeva fin troppo bene, evitava di farlo il più delle volte ma sapeva che si divertiva non poco a provare a sfilarglielo dalla testa. Quella volta, invece, qualcosa dentro di lui era cambiato.
Se lei glielo avesse chiesto lui avrebbe avuto l'ardire di regalarglielo, persino.
«Credo...mh, credo che i tuoi vestiti siano...insomma forse ieri sono stata un po'...un po' irruente.» Disse lei mortificata, abbassando il tono di voce. Puntò lo sguardo sul letto e indicò con un indice i vestiti – sbrindellati e non – rimasti sgualciti sotto di loro per tutta la notte. «Potrei...chiedo a Dori di cucirteli, o posso farlo io ma credo che uscirebbe una cosa del tutto orr...» stava ancora parlando quando sentì il letto ballonzolare, ritrovandosi Bofur di fronte a sé. Alzò lo sguardo su di lui e abbozzò un sorriso colpevole, ma docile. Quello gli picchiò il cucchiaio sulla ciotola che ancora teneva in mano, prima di lanciarla dietro di sé e prenderle il viso tra le mani.
«Scommetto che non riesci a tenerti in testa il cappello per tutto...il tempo.» Mormorò lui, guardandole le labbra. Lei aveva momentaneamente perso l'uso della parola e della ragione stessa. Schiuse le labbra e si ritrovò a guardarlo con aria inebetita.
«Sessanta ghian- mh, monete?» Biascicò lei con voce bassa e lui sorrise pienamente, soffermandosi a guardare il suo sguardo grigio.
«No.» Sospirò lui fino ad alzare gli occhi sul proprio cappello, in testa a Berit. «Scommettiamo il cappello.»
Lei allargò lo sguardo con aria incredula. Se Bofur stava ammattendo quello era sicuramente uno dei sintomi più comuni. Si ritrovò a far salire la mano sulla sua fronte e corrugare la propria, non mascherando la sua perplessità.
«Bofur...credo che tu sia affetto dalla gravissima malattia di...corbellerie enunciate in assenza di luce.» Provò pure a esporre quella teoria con sguardo e voce seriosa ma Bofur sorrise di pieno gusto, avvicinando le labbra a quelle di Berit per baciarla profondamente. Chiuse gli occhi e inspirò il suo odore a lungo, prima di scostare il viso – con una certa controvoglia – poggiando la fronte sulla sua.
«No, è solo che...io...»
Ma non fece in tempo a finire la frase che una voce, alle loro spalle, si levò di colpo.
«Berit ma si può sapere che stai combinando?! È tutta la notte che sento dei frastuoni spaventosi qui dentro, stai per caso lottando contro un- OH PER TUTTI I FETIDI ELFI DELL'OVEST!» Ori rimase con lo sguardo sgranato e la bocca che penzolava senza vergogna davanti alla visuale che gli si parò davanti. Non si rese nemmeno conto dell'insulto che gli sfuggì dalle labbra verso gli il popolo degli Elfi – non si sarebbe mai permesso, senza una vera ragione – e si ritrovò a coprirsi il volto con le mani.
«Oh andiamo Ori...hai le stesse cose anche tu qui sotto, lo sai?!» Esclamò Bofur – rosso in volto – dopo che sia lui che Berit si voltarono di scatto, col cuore galoppante. Il giocattolaio subito aveva afferrato la propria blusa bianca, almeno quello che era rimasto, e se l'era infilata frettoloso.
«Sì ma...ma...ma io, allora, non ho mica...oh per la barba arricciata! Per tali visioni io devo essere preparato, per tutte le chiappe!» Squittì quello, sopraggiunto da un Bifur che – probabilmente – era capitato lì per caso. Spuntò da dietro le spalle di Ori e si mise a guardare i due nani ancora sopra al letto, sporchi di rimpinzimonio, scarmigliati e rossi in volto. Si prodigò in un veloce iglishmêk* mentre guardava tutti con aria stralunata.
«Bofur perchè...sei nudo?» Incalzò il nano biondo, piantandosi entrambi le mani sul volto. Poteva anche aver smesso di respirare per la rigidità in cui si era impalato.
«Non sono nudo!» Sottolineò Bofur con una punta di nervosismo. In realtà era ben poco coperto e la blusa non voleva proprio saperne di coprire i punti importanti del proprio corpo. «Sto solo facendo arieggiare prima di...di...i nostri parenti sono già giunti?»
«Comunque non stavo lottando contro nessuno stanotte, lo posso ben giurare! A meno che tu Ori non voglia conoscere gli esatti particolari del perché tutte le armi, e gli elmi, e le cotte, e il ferro, e le mazze e..»
«Berit!» La placò Bofur.
«...erano a terra, ma dovresti sederti perchè è una storia lunga.» Incalzò lei con un sorriso, scendendo giù dal letto con un balzo.
Ori si tappò le mani con le orecchie, scuotendo il capo.
«No no no no non voglio sapere nulla. Volevo richiamarvi, Thorin...insomma dovete venire giù e...è urgente. Dàin è a poco cammino da noi e la Guerra sta per...per ...oh per l'amor del cielo, Bofur ti prego copriti!»
Bofur stava cercando di legarsi insieme la blusa con i lembi stracciati ma qualcosa riusciva sempre a sfuggire alla visuale.
«Ori ma perché non ruoti la testa?» Disse quello, ruotando su sé stesso almeno un paio di volte. «Cosa succede a Thorin? È...è tornato?»
«...e quindi è picchiato giù, capisci? È stato imprevedibile e alquanto insolito, perchè il vecchio tordo – quello con l'ala guercia – mi disse “non t'abbandonare ai sogni funesti” e quindi...» Berit continuava a parlare, gesticolando, in una colta e profonda conversazione con Bifur. Quello sembrava ascoltarla con profondo trasporto.
«Dwalin è andato a parlargli ma qualcosa...forse qualcosa sta cambiando in meglio.» Disse Ori, guardando di sbieco verso Berit e Bifur. Bofur sorrise di pieno gusto.
«Ma è fantastico!» Esclamò quello, alzando le braccia. La blusa risalì insieme a quelle braccia e, di nuovo, Ori si ritrovò a coprirsi la faccia con le mani.
«...e strappò via tutti i vestiti di Bofur perchè non gli piacevano. Disse che erano troppo poco altolocati, poi dopo aver visto Dori insomma- uno strappo violento! Io sono riuscita a salvargli il cappello.» E se lo auto indicò.
Bifur annuì di gusto, picchiandosi un avambraccio con forza.
«Esatto! Ma pensa te questi uccelli!» Disse Berit, scuotendo il capo e allargando lo sguardo. «Il che mi sono ingigantita d'orgoglio e ho ben pensato di lanciargli contro un mestolo di Bombur così che-»
«Berit?»
La nana fermò il suo racconto personale quando si ritrovò stretta per la vita da Bofur. Quello la colpì in testa con il cucchiaio, in balia d'un affetto pieno. Ori stava iperventilando, agitando la mano davanti al volto rosso e Bifur sghignazzava mentre si picchiava una mano contro il petto.
«Credo che non ti stia credendo nessuno.» Disse Bofur, alzando le spalle.
«Non voglio più vedere alcun nano nudo per almeno un intero inverno!» Balbettò Ori, girandosi con la schiena e uscendo dalla stanza con passo frettoloso, borbottando altre parole che loro non poterono udire se non come brusio lontano.
«...perchè non ha detto “per sempre?”» Domandò Berit, inarcando un sopracciglio.
«Credo che questa domanda mi perseguiterà per tutto il giorno.» Rispose Bofur con un cenno blando del volto. Bifur fece un grugnito strano prima di dare una pacca sonora ad entrambe le spalle dei due nani. Loro non fecero in tempo a dire niente che lui si lanciò contro di loro con una testata violenta.
Era l'approvazione migliore che potessero ricevere.



 

Dopo una sapiente spiegazione che riguardava il flusso dei pennuti, il movimento delle fronde e la strabiliante trasformazione dei girasoli, Bifur decise di congedarsi dalla volta di Berit e Bofur, sgusciando fuori dalla Sala fino a che i suoi passi non sparirono in un rimbombo lontano. Per quanto l'imbarazzo iniziale li aveva avvolti non era stato per niente noioso trovare spiegazioni inusuali al fatto che Bofur fosse completamente nudo e Berit fosse conscia del fatto che Bofur fosse completamente nudo.
Erano tutti d'accordo che quella storia poteva essere sì interessante, ma alquanto insolita, e non s'erano aspettati di certo di essere presi sul serio. Vista la notizia che Ori aveva dato loro  - in tutto fretta - avevano ripreso a vestirsi con foga, erano volati gli stivali, le cinte ed avevano imbastito il lancio del cappello di Bofur almeno per tre volte consecutive mentre tentavano di ricomporsi. Bofur dovette convenire che, in quello stato, non era in grado di azzeccare la giusta sequenza per infilarsi gli stivali. Com'era possibile che sbagliava sempre?
Era intento a legarsi tutti i ganci della giacca quando si ritrovò le mani di Berit sulle spalle. Lei era già pronta; di nuovo coperta dalla sua cotta e s'era pure infilata sul capo uno strano elmo dalla forma ridicola. Sapeva che era stato un regalo di suo padre quando l'aveva congedata con un profondo saluto prima del viaggio. Lui aveva la mania di creare elmi dalle forme regali e fin troppo pompose ma ogni qualvolta gli dicevano che assomigliavano a quelle immonde schifezze arzigogolate degli Elfi lui s'offendeva e non parlava con nessuno per un giorno intero.
Quell'elmo, per Berit, assomigliava ad un gufo intento a frullare le ali per colpa del vento. Era estremamente buffa ma, allo stesso tempo, Bofur pensò che fosse bella come non mai.
«Un giorno ho conosciuto un nano...» parlò lei mentre gli afferrava con dolcezza le ciocche di capelli scuri. Aveva cominciato a dividerle con le dita un po' tozze e lo sguardo s'era fatto concentrato ma sorridente. Gli stava intrecciando i capelli, restandogli di fianco. Lui cominciò a provare un indicibile torpore, un rilassamento inconsueto che gli provocò uno stato di benessere. «...era davvero un nano strano. Aveva questo cappello in testa e stava continuando a dare pacche sulle mani ad un nano panciuto, vicino a lui. Quello stava faticando non poco a tenere salda la sua ciotola di cibo.» Le dita continuavano a muoversi sapienti sulle ciocche di lui, intrecciandole con naturalezza. Erano ancora un po' sporchi di rimpinzimonio e provò a pulirglieli con le unghie. «E ho pensato: “Dovrò passare la maggior parte delle mie giornate insieme a questo bacchettone d'un nano, che gioia.” E quando ho detto “che gioia” in realtà volevo dire “mmmh che gioia.”» Lei sorrise cambiando la tonalità della voce per quell'ultima esclamazione, e lui sorrise di rimando, abbassando di poco il capo. Mentre lei continuava a toccargli i capelli poteva percepire uno sfioramento leggero delle sue dita sulla base del collo. I brividi che scaturivano da quel contatto erano incontrollabili, si ritrovò spesso ad alzare le spalle mentre veniva invaso da un calore avvolgente.
«Il nano grasso sembrava lagnarsi per questo continuo picchiettare sulle sue mani. Volevo andare lì e dire a quel cappellaio: “Smettila, non vedi che quando mangia è così felice? Perché lo vuoi interrompere?” E non so per quale motivo mi balenò in testa questo pregiudizio così odioso verso di lui. Forse...» lei si fermò per qualche secondo, agganciandogli un anello metallico sopra le punte della treccia. Spostò le mani per imitare lo stesso lavoro con la seconda ciocca e – di nuovo – Bofur si distese in un sospiro. «...ma poi successe qualcosa. Il nano grasso spostò la ciotola, potevo sentire lo stufato lì dentro ballare sulle pareti della conca, e quel nano col cappello allungò la mano un'ultima volta. Colpì la ciotola da sotto e quella fece uno scatto, facendo finire tutto lo stufato in faccia al nano panciuto. Quello fece uno scatto e un urlo talmente acuto che pensavo avesse avuto un problema di...insomma era diventato paonazzo. Fu lì che quel nano, col cappello, cominciò a ridere.» Lei soffiò una piccola risata e Bofur voltò appena il volto per guardarla di sbieco, schiudendo le labbra in ascolto. «Rise davvero di gusto, tanto da perdere l'equilibrio e rotolare all'indietro, cadendo dal rialzo della roccia su cui era seduto. Ero quasi convinta che si fosse distrutto qualche osso, ma quello non smetteva, la sua risata...era esplosiva come la pirica di Balin. Era contagioso. Ed è stato in quel momento che, mi sono accorta, che quel suo modo di ridere era...era...» bloccò le parole e strinse maggiormente le ciocche di lui, finendo di sistemargli la seconda treccia. «...mi piaceva. Mi piaceva e non riuscivo a capire perché. Fu allora che optai per un piano geniale nei suoi confronti, la prima cosa che il mio cervello riuscì a pensare in un lasso di tempo calcolabile tra il lancio di un sasso verso la discesa del fiume e la velocità con cui Bombur è solito mangiarsi due cosce di prosciutto, così decisi di volerlo tramortire per rubargli il cappello.»
«La tua mente è proprio geniale, allora.» Incalzò lui con un sorriso divertito, infilandosi dentro a quel discorso. La sua voce era roca e bassa, avvolta da una sensazione piacevole.
«All'inizio avevo pensato di accettargli la barba. Ma credo che questa non me l'avrebbe perdonata facilmente.»
Istintivamente Bofur si piazzò le mani sulla peluria che gli copriva il volto, guardandola con sguardo sgranato. «Ma hai pensieri assassini!»
«...ho pensato anche di spintonarlo giù dal contrafforte...» lei continuava senza più nemmeno ascoltarlo, indicando le sue variabili opzioni con le dita.
«Che cosa?» Pigolò lui, esterrefatto.
«...riempirlo di frumento per invogliare gli uccellacci di Oin a planargli sulla testa...»
«Berit!?» Quello provò a richiamarla ma lei ancora guardava altrove, concitata.
«...e scappare col bottino, ma lui non era bravo a trovare le gemme preziose mentre scav-» si ritrovò bloccate la labbra dalla mano di Bofur e quello le stava sorridendo con aria divertita.
Quello sguardo aveva delle sfumature calde che lo screziavano fino a farlo brillare, ne rimaneva rapita ogni volta.
«Stai divagando.» Mormorò lui con un sussurro dolce, sfilandole via le dita dalle labbra.
«Non sto divagando.» Brontolò lei, gonfiando le guance. Era conscia che lo stava facendo ma non amava dargliela vinta. Intanto stava richiudendo l'anello per tenere stretta la treccia di Bofur. Rialzò le mani per sistemargli meglio il cappello in testa e fece un passo in avanti per fronteggiarlo. Bofur trattenne lo sguardo sui suoi movimento fino a soffermarlo quando se la ritrovò davanti a sé, così vicina e così profondamente libera.
«Hai uno strano modo di dimostrare affetto, te ne rendi conto?» Si lagnò quello, corrugando la fronte.
«Non è strano, cosa ti aspettavi, che venissi da te e ti dicessi: “Salve signor Nano, posso dirle gentilmente che ha una bella risata e che, questo, non è assolutamente un atteggiamento da nana profondamente disturbata?.»
«Mi avrebbe fatto alquanto ridere una cosa del genere.» Disse lui, concitato, alzando il mento e spostando lo sguardo per afferrare il manico di un martello. «Ma devi pur convenire che passare in rassegna svariati modi per uccidermi forse è meno ragguardevole.»
«Non volevo ucciderti, volevo che mi notassi.» Ma subito dopo quella spicciola confessione si ritrovò a pigiare le labbra tra loro, respirando profondamente. Lui stava sorridendo come un ebete, gongolando nel suo silenzio, e lei incalzò subito con una roteata di sguardo e cambiare disperatamente discorso. «Bene. È...giunto il momento. Stiamo per andare. Sei pronto?»
«Sono pronto!» Rispose lui con un cenno sicuro, non cambiando espressione.
«Ottimo!» Lei rispose con un tono di voce artefatto, fin troppo acuto. «Allora direi che bisogna fumare un'ultima volta così - magari - avrò il tempo per convincermi ad essere pronta.» 
I suoi occhi si spostarono rapidamente verso punti a caso, della grande stanza, prima di sospirare pesantemente. Non lasciò il tempo a Bofur di dire nulla.
«E con questo non voglio dire che sono diventata una mollacciona come te, ma che...ero sicura di voler aspettare una cosa del genere da anni, ormai. Essere sull'orlo della battaglia e sentire il cuore pulsare d'orgoglio e esaltazione insieme. E adesso mi viene solamente in mente il momento in cui – per Durin il Mangione – ti ho conosciuto e vorrei smetterla di pensarci. Smetterla perché è un ricordo stupido, perché è...insomma ti ho dato una martellata in testa quel giorno. Non è una cosa normale...non è normale...»
«Berit...» quello sorrise di gusto facendo salire le mani sul volto di lei. Era davvero strano il modo in cui riusciva a capire ogni profondo turbamento nella voce di Berit e capirlo come se fosse stato lui stesso a pensarlo. Sapeva perfettamente cosa volesse dire il divagare di Berit; lo faceva sempre quando voleva egregiamente evitare un discorso, o un'emozione che la trafiggeva. «...non è un ricordo stupido. Tu quel giorno potevi anche tagliarmi la barb- no bè quello no, però insomma il punto è che tu sei tu e che è ciò che ti rende così, in ogni tua piccola sfumatura. E so che tu sai di essere tu ma è...proprio questo, questo che mi ha fatto...che...insomma che mi ha fatto...in-» Bofur non riuscì a finire la frase che si ritrovò le labbra di Berit sulle proprie, con uno slancio talmente irruente da venire spintonato all'indietro. Persino il suo elmo cozzò contro la sua fronte e la cosa lo fece sorridere divertito, mentre premeva le mani sul suo volto.
Quando si staccarono lei restò col volto vicino, gli occhi insistenti su quelli di Bofur e il respiro affannoso. Bofur corrugò la fronte con sguardo apprensivo quando notò che lei aveva del tutto cambiato espressione. Era spaventata. Profondamente. Il solco intorno ai suoi occhi s'era ombreggiato di nuovo e sentiva la sua presa stringersi intorno alla giacca di Bofur in continue strette pressanti. Si poteva percepire la paura di vedere sgusciare via qualcosa dalle proprie dita.
«Non dirlo.» Soffiò lei con voce carica di un sentimento profondo. Per la seconda volta, durante quella giornata, Bofur si rese conto di essere davanti ad un comportamento di Berit che non aveva mai visto prima. «N-non dirlo. Non adesso. Non prima della battaglia. Insomma...è - è come quando ti rendi conto di non avere più il tempo per fare qualcosa e allora decidi di farlo improvvisamente perché se rimandi ancora sarà sicuramente troppo tardi. E adesso sembra che dobbiamo sentirci in dovere di dire qualcosa perchè...perchè potrebbe essere una di quelle cose che – se non dette – si possono rimpiangere. E quando si rimpiangono è perché non ci sarà più modo per dirle di nuovo, capisci...cosa voglio dire?»
Bofur provò a risponderle ma Berit strinse maggiormente la presa e se la ritrovò pressata contro il proprio corpo, con gli occhi chiusi e la mente aggrottata. «Insomma sembra che così ci diciamo cose perchè potrebbe essere l'ultima volta che possiamo dirlo e...no, io...io insomma ti devo vedere rientrare a Erebor dopo la battaglia con la consapevolezza che resisterai. Che sarai aggrappato a qualcosa pur di non abbassare mai la guardia. E io non devo abbassare la guardia perchè – Dwalin me lo diceva – non abbassare mai la guardia o...il nano al tuo fianco muore. E tu non...non devi mor...non devi...» ci provò a dirlo e strizzò tutto il volto in una smorfia risentita, allontanandosi da quel contatto e biascicando un imprecazione a bassa voce. Bofur non era più sicuro di avere alcuna parola in corpo che potesse avvicinarsi a spiegare ciò che stava pensando. Si ritrovò ad avvicinarsi a lei e guardarla con insistenza. La mano destra cominciò a scivolare fino a raggiungere i capelli della nana e farle filtrare le dita attraverso, stringendoglieli appena sulla nuca. Il viso a ridosso del suo e lo sguardo pieno di fermezza.
«Io sono...sono totalmente d'accordo con te. Hai...hai ragione, è giusto. Sì insomma è...ci sarà tutto il tempo di dire un sacco di cose dopo. Di parlare. Possiamo parlare veramente tantissimo, di tutto quello che vuoi, dei minerali nella roccia, di come è splendente il Mithril e di quanto sono immense le sale di Moria e di come Bombur – da piccolo – era conosciuto come il nano più magro degli Ered Luin...insomma sì.» Le sorrise – paonazzo in volto come pochi – facendo scivolare via tutte quelle parole mentre saldò la presa con una stretta più ferrea e, questa volta, il suo sguardo ridiscese sulle labbra di lei. «Io non morirò. Tornerò sempre da te.»
Lei aprì gli occhi dopo l'ennesima strizzata convulsiva del volto e sorrise, guardandolo con occhi pieni. Fece un cenno d'assenso e prese un respiro molto profondo. Talmente profondo che le tremò il petto. Il cuore. Tutto il corpo, in effetti.
«S-sì. Sì. Ottimo.... Allora dobbiamo...Andiamo verso la battaglia allora.» Incalzò lei frettolosa, con la voce meno enfatica di cui potesse mai disporre e fece per voltarsi – sgusciando via da quella presa - e allontanarsi da lì quasi incespicando sui propri passi, quando Bofur le pinzò la mano e la ruotò con un po' di slancio, tirandola verso di sé. Subito indirizzò le labbra per baciarla nuovamente, armandosi di tutto ciò che poteva dimostrare con quel gesto, stringendola forte e abbandonandosi totalmente a quella dimostrazione pratica di ciò che lui stesso non era capace di spiegare.
C'erano molti altri modi per dirglielo senza bisogno di parlare, su questo erano i signori indiscussi. 





linguaggio testuale dei nani.

 

NA.
Ecco...non abituiamoci troppo a questi quadretti fin TROPPO romantici per i miei gusti ahahahah. Ho voluto lasciare questo capitolo con un'aria un po' spensierata (anche se non troppo v.v) perchè dal prossimo non sarà così, quindi perdonate se vi ho annoiato. La battaglia imperversa e le cose andranno come devono andare prima della fine di tutta questa storia! Sono praticamente quasi giunta al termine e credo che questo non sarebbe mai successo così velocemente se non grazie a chi mi recensisce ogni giorno e a chi mi segue anche nel silenzio <3 Non smetterò mai di ringraziarvi per questo.

  
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